Winged Sun

Xantares, the Hunter of the Dark!

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    Perfetto! Per il titolo mi rivolgerò direttamente alla tua persona! Riguardo alle immagini sono quelle che più si avvicinano alla mia allucinante idea della metropolis-formicaio. Se sono riuscito a descrivere bene il posto non posso essere che contento ^^
     
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    Letto il III atto... addirittura i pomodori volanti?!? Naaaaaaaa la storia piano piano si sta evolvendo e sono pronta a leggere il seguito!!
    Intanto preparo i carciofi... non si sa mai :P
     
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    Nou, i carciofini nou :( :( non uccidermi con i carciofini volanti nou :(
    Allora, questo terzo atto ti è piaciuto? Sì, la storia si sta iniziando a smuovere, presto inizierà a delinearsi un quadro generale della situazione :)
     
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    Sì il terzo atto mi è piaciuto e mi sta incuriosendo scoprire di più qualcosina... come ad esempio l'umana Taina che (poverina piena di tumori :() è stranamente attrezzata di tecnologia vampiresca e armata di una forza non umana!
     
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    Le demo-tute conferiscono poteri sovrumani a chi le veste, le abilità che donano dipendono da quali segni magici vi vengono infusi dentro, in questo caso segni vampirici. Finchè ha indosso quella demo-tuta vampirica, come sta scritto, Taina ha i poteri di un guerriero vampiro, cosa non da poco :)
    La tecnomagia ci rende potenti!
    Più avanti scopriremo altri dettagli su questa coraggiosa noctaloriana, ora mi sono messo all'opera sulla seconda e conclusiva parte dell'atto III :)
    Sono contento che la storia ti stia incuriosendo! ^^
     
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    Quanto costa la tuta?!? La vorrei comprare anche io!! :D

    Cmq son curiosa di scoprire come mai ne è in possesso... aspetterò con (im)pazienza :)
     
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    Parte finale dell'atto III!

    «Umani? Vuoi dire che tu non sei umano?»
    Taina guardò Xantares come il peggiore degli eretici, nei suoi occhi esplose un'improvviso e precedentemente sopito sentimento di razzistico odio. Sibilò quella parola lentamente, infondendoci quanto più veleno possibile, noncurante del paradosso: «Feccia xeno!»
    «Detto da te che indossi una demo-tuta dei vampiri, poi...», ironizzò il sinrael, sul cui volto era rimasto stampato quel sorriso un po' di sfida e un po' di autentico divertimento. La prospettiva di scontrarsi con una creatura delle tenebre gli aveva dato la carica; era cresciuto affrontando il male in ogni sua forma, educato dalla “madre” allo spirito competitivo del popolo di Jaricho.
    Ogni nemico era una sfida, un metro per misurare non la sola e mera forza, ma l'ingegno, la mente fredda e l'astuzia: si vincevano gli scontri prima con la mente, poi con il corpo. Nemmeno la delusione di scoprire che la presenza rilevata dal kal era una semplice umana, stranamente dotata di tecno-magia vampirica, non era riuscita a demolire quell'entusiasmo.
    Xantares allargò le braccia, facendo svolazzare la giacca pregna di acqua piovana. Sfoderò un sorrisetto di sfida e commentò: «Siamo così diversi, a prima vista?».
    «Tu non sei umano...»
    «Ah, su questo puoi scommetterci...»
    La noctaloriana strinse i pugni, bruciando di rabbia davanti a quelle parole. La sua era una necessità, non era felice di servire dei nemici della sua razza, di dare loro qualcosa che avrebbero potuto usare per mettere in pericolo le genti di Solaria.
    Taina era costretta a farlo. Non aveva una pistola puntata alla tempia, ma sapeva di avere ancora poco tempo. Voleva salvare se stessa, Tisha e il vecchio Maestro dall'ingiusta maledizione di Noctalor, che cosa c'era di sbagliato in questo?
    Lei non era una xeno ma una donna umana, orgogliosa della propria storia. Nelle sue vene prese a scorrere quell'odio razziale che sedicimila anni di onnipresente propaganda avevano reso quasi una caratteristica fondamentale di ogni solariano.
    Questo xeno non ha indosso una corazza, non può resistere come ha fatto quel tipo...se lo colpisco posso superarlo con un balzo e perdermi nella folla.
    «Xeno!», lo chiamò Taina, «hai detto che posso andarmene?»
    «Chiamami xeno una seconda volta e non avrai quest'occasione...», l'ammonì il sinrael, facendosi da parte al fine di consentirle uno scatto. L'occhio bionico della noctaloriana si posò su di lui, usando lo scan per carpire qualche dettaglio.
    Aveva utilizzato la magia con la leggerezza di un esperto navigato, parato il suo pugno con noncuranza e l'aveva superata in velocità. Chiunque avesse davanti, che fosse umano o xeno, non poteva essere preso alla leggera. Doveva ingannarlo.
    Taina tese i muscoli del suo corpo: sostenuti dal potere della demo-tuta, l'avrebbero aiutata ad uscire da quella situazione. Normalmente non avrebbe avuto una sola possibilità contro un avversario del calibro di uno psicommando. Il suo corpo, indebolito dai naturali tumori che affliggevano dall'alba dei tempi la razza umano-noctaloriana, stava andando incontro ad una decadente quanto rapida fine.
    Non poteva permettersi delle bolle di crono-sospensione, o dei trapianti salvavita. La sanità pubblica non compiva simili azioni sui noctaloriani: era una spesa inutile essendo quei tumori, per quanto malvagi, una parte quasi indivisibile del popolo di Noctalor.
    «Sei stata tu ad incendiare lo stabilimento?», chiese Xantares, parandosi di fronte alla ragazza.
    «Non dovevi lasciarmi andare, se ti seminavo?»
    «No», il sinrael fece un cenno di diniego con il capo, «...io ho detto che ti avrei lasciata andare se tu fossi stata in grado di superarmi, ma non ho mai specificato quando o in che contesto!»
    Vedendo il suo interlocutore scoppiare a ridere, Taina sentì il sangue salirle alla testa: le sembrava di stare parlando con un oracolo, che diceva una cosa ma ne intendeva una completamente diversa.
    Sibilò due parole, rese amare dalla bile che si sentiva in bocca. Due parole che raccoglievano tutta l'ostilità e la rabbia di chi, ad un passo dal riuscire nel suo compito, si vede fermato da una forza esterna apparentemente insormontabile.
    «Feccia xeno...»
    Xantares alzò gli occhi al cielo.
    «Quando vuoi stringere un patto con un demone devi assicurarti due cose: la prima è di avere qualcosa che gli interessi, la seconda è di costringerlo a parlare con termini chiari e mettere tutto per iscritto!»
    Al sentire la parola “demone”, Taina si ritrasse di un paio di passi. Aveva davanti uno degli emissari delle Schiere Oscure? Un signore delle tenebre? Aveva affrontato i loro eserciti sui campi di battaglia di cinque pianeti diversi, tutti ridotti in cenere...è un demone? Una volta ho visto una delle Ombre Rosse, ma era diverso!
    Lo scan dell'occhio bionico non aveva rilevato niente di simile: se davvero aveva davanti un demone, questi si sapeva mascherare bene.
    «Tu sei un demone?»
    «No!», esclamò stizzito il sinrael, offeso dall'essere stato paragonato ad uno di quegli esseri, «ma la lezione vale ugualmente, non credi?»
    Vedendo che la ragazza taceva, Xantares borbottò: «...tralasciando il fatto che chiedere ad un demone “ma tu sei un demone?” è proprio da mediocre storia da novitaris, posso assicurarti che non sono uno di loro.».

    Non capisco se mi sta prendendo in giro oppure è scemo...
    Incappare in quella colonna ambulante non era stata affatto una buona cosa. Doveva liberarsi di lui e lasciare il container terminal, ma non aveva idee sul come realizzare questo proposito. Lo aveva colpito con un pugno che avrebbe fatto esplodere la cassa toracica di uno psicommando, vibrato ad una velocità vicina a quella del suono nell'aria, caricato di una rabbia che non faceva altro che ampliare la sua forza, e lui?
    Lo aveva parato.
    Il misterioso ragazzo con la giacca aveva parato quel pugno come se fosse stato quello di un bambino. Sul suo volto aveva visto un misto tra disprezzo e noia, come se non lo considerasse nemmeno pericoloso, come se avesse a che fare con una persona innocua.
    Non un brivido di paura, non un incontrollato fremito sul volto. Una maschera di ghiaccio che si era aspettata qualcosa di più e che aveva visto le proprie aspettative deluse.
    Era l'incarnazione fisica del pensiero dei signori delle Schiere Oscure quando vedevano le forze armate dell'esausta razza umana, piegata ed in ginocchio da una guerra persa in partenza, mentre cercavano di salvare il salvabile dai mondi sotto assedio.
    Era lo sguardo dei Signori di Azuras che, incuranti delle sorti della razza umana, la guardavano mentre si difendeva vanamente da un nemico numericamente e magicamente più forte. Un nemico che solo all'esorbitante sacrificio di miliardi di vite al giorno, vite di uomini e donne come lei, stavano rallentando. Solamente rallentando, nemmeno fermando o respingendo.
    Il nemico era alle porte, deciso a completare la sua empia crociata contro la razza umana. Lei lo aveva visto, lo aveva combattuto...e ne era fuggita. Come molti altri, aveva dato per inutile ogni resistenza. Che senso aveva combattere qualcuno che non poteva essere sconfitto?
    Uno sguardo beffardo e tronfio, maschera di arroganza e potenza abile solo nel distruggere ciò che la razza umana aveva, in sedicimila anni di fuoco e sangue, faticosamente costruito.
    «Non sei umano e questo mi basta. Non ti dirò niente.».
    «Oh, che patriottismo...», fece Xantares, «voi umani siete bravi a ritirarvi dietro la scusa del popolo eletto, eh? Se foste magici quanto ipocriti avreste già vinto la guerra. Dimmi solo se lo hai appiccato tu oppure no.
    Comincio a pensare che non fossi tu la fonte che ho percepito.».
    «Cosa ci guadagno se ti dico la verità?»
    «Vedo che cominci a ragionare!», esclamò il sinrael. Incrociando le braccia, guardò la ragazza dall'alto in basso e le rispose: «Se mi dici la verità...e io mi accorgerò se mi menti...ti lascerò andare via e vivere quel poco che ti rimane. Ho bisogno di sapere se sei stata tu a dare fuoco allo stabilimento.».
    Non ho molte scelte...
    «No», disse Taina, «non mi sono neanche avvicinata alle fiamme...»
    «Vuoi dire che c'erano già quando sei arrivata?», chiese Xan, lo sguardo indagatore puntato sull'orizzonte arrossato dal fuoco, «non so cosa tu sia venuta a fare qui, ma dimmi se le fiamme c'erano già.».
    La noctaloriana aggrottò la fronte: «Ti ho detto che non mi sono neanche avvicinata! Questo vuole dire che c'erano già! Sono venuta qui per recuperare una cosa, sono stata onesta.»
    Sta dicendo la verità...
    Xantares fece un passo in avanti verso la ragazza che inconsciamente tese i muscoli, pronta a colpire. La demo-tuta, grazie al sistema over-dermis, pareva non esserci, resa quasi invisibile dalla magia. Il sinrael scrollò le spalle, dicendo: «Sei onesta, il che vuol dire che c'è qualcosa che non quadra...se non sei tu la presenza che ho avvertito, allora che cos'è?»
    «Non mi interessa», commentò Taina, «perché ora me ne vado. Un patto è un patto, xeno.».
    Xantares annui e si fece oltrepassare dalla ragazza, più bassa di almeno dodici centimetri. Il ragazzo sospirò davanti a quello sfoggio di ostilità mista ad una chiara inesperienza nel trattare con gli esseri sovrannaturali.
    Un patto è un patto? Mh...
    «Sì,sì...puoi andare.».

    Edited by dany the writer - 30/6/2012, 10:30
     
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  8. anima97
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    Penso che tu sia molto bravo! hai stoffa da vendere Daniel (tolgo la e finale perchè mi piace di più)..
    Ho trovato un errore, penso che sia più per distrazione, è nella prima parte del II atto, a partire dal fondo nella 35esima riga;
    quando dice: parliamo di 60 pianeti e un bilione (milione) e mezzo forse...o forse ank di più.
    Per il resto mi è piaciuto moltissimo. :)
     
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    Ah, la strana situazione del bilione/milione! Per noi italiani indica un numero oltre i mille miliardi, così anche i francesi, ma per gli inglesi indica il miliardo duro e crudo!
    Quello che volevo indicare io era un numero molto oltre i milioni di miliardi: sono sessanta pianeti, considerando quante persone stanno in una metropolis-formicaio...
    Più avanti cerco una correzione!

    Ti ringrazio per la lettura, sono contento che la storia ti piaccia! :)
     
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    Prima parte dell'Atto IV, che prende il nome di Omen, presagio!

    Atto IV
    Omen



    Costa est di Neo-Shanti
    Porto di Lophos, stabilimenti industriali “Misoriah Cydoniia”
    Terminal Container “Meta Carbo A”


    Calore. Staticità.
    In principio fu una lieve scarica, un fremito disperso nell'aria.
    Per un secondo l'ambiente parve sfasare, distorto come durante le più calde giornate estive.
    Una sensazione d'impalpabile panico fece irrigidire ogni umano nel raggio di mezzo chilometro: anche se i loro sensi eterei erano paragonabili all'udito di un sordo ed alla vista di un cieco, istintivamente seppero.
    La mente di Lonas Nos, psicommando della 35esima squadra d'intervento rapido, fu subissata da una ridda di segnali psichici.
    Sul visore del casco lampeggiò un avviso che i suoi occhi, temporaneamente accecati dal fronte magico in eruzione, non lessero.
    Una schermata rappresentante lo stabilimento come visto dalla telecamera dell'aeronave, in volo stazionario a poche centinaia di metri, venne affiancata da una lista di parametri aggiornati all'ultimo secondo. Parametri in fulminea crescita, che prima erano rimasti sotto la soglia di guardia.
    Gli strumenti dell'Inquisizione avevano classificato quelle rilevazioni come una rappresentazione accurata di un pericolo minore, che non meritava la loro presenza. Stavano per lasciare il campo agli agenti della Homeland Guard quando tutti i rilevatori, da quelli oculari a quelli interni ai veicoli, segnalarono uno spaventoso picco di attività.
    Lonas si piegò sull'asfalto, reggendosi con una mano la piastra toracica. Non era il dolore del pugno ricevuto pochi secondi prima a ridurlo così.
    A piegarlo a terra era l'opprimente massa di potere magico improvvisamente sorta. I suoi sensi eterei, più fini di quelli di una persona normale, erano in grado di percepirla. La sentivano arrivare e mentre questo avveniva, lo psicommando sperimentava un senso di panico e di claustrofobia indescrivibile.
    Si portò le mani agli agganci magnetici del casco, schiacciò a tentoni i due triangoli per il rilascio e si sfilò quella sorta di teschio integrale dal capo. Gettato al vento con un gesto di rabbia e di paura, il casco rotolò sull'asfalto bagnato, la visiera rivolta verso il proprietario.
    In preda ad una crisi epilettica, Lonas crollò in ginocchio.

    L'aria attorno alla noctaloriana e al sinrael, frustata da archi elettrici dal brillante colore verde, sfasò. In risposta ad un cenno di Xantares, la bolla eretta dal chronometron valari cessò di esistere, riportando lo scorrere del tempo alla sua normalità.
    Come conseguenza della mancante protezione, l'implacabile acqua piovana tornò a frustare i due soggetti. Xantares tese la mano in avanti, il palmo rivolto verso l'alto, e borbottò: «...è diventata calda.».
    Il suo sguardo si posò su Taina, che ancora non era andata via. Lo fissava di rimando, fredda come lo era la pioggia un momento prima. Stringeva il pugno destro, indecisa se caricare nuovamente quell'avversario o fuggire e tornare nel buio.
    Qualunque cosa vi fosse nel suo sguardo, diffidenza, xenofobia, invidia o semplice ostilità, era animata da un proposito più elementare, che il sinrael poteva capire.
    Quella donna voleva vivere.
    Indicando con un cenno l'oscurità che si stagliava oltre l'ingresso al porto, Xantares le fece segno di andarsene.
    «Dai, sparisci», disse lui con un piccolo sorriso sul volto.
    Taina annuì, contenta di potersi cavare d'impiccio senza combattere, e mentre avanzava di qualche passo borbottò: «sarà fatto...non mi rivedrai in giro, qualunque sia il tuo nome.».
    Ascoltò i passi della sua ex-avversaria perdersi nel buio per almeno un metro, prima di rivolgersi a lei: «Puoi chiamarmi Ombra, se ti aggrada.».
    Taina si fermò di colpo, quasi sussultando.
    «Ombra? È ispirato a quella Ombra di cui...», si voltò per finire la frase, un refolo di vento bollente agitò la giacca del ragazzo, facendola ondeggiare, «...parlano sulla Wire?»
    «Decidi tu.».
    «Si parla di una sola Ombra, una che nessun video riesce mai a riprendere in volto, che gli scatti digitali rendono sempre sfocata. Se sei tu quell'Ombra, come fai a fidarti di me? Ti ho visto in faccia, so come sei...»
    «Io non ho fiducia in te...ed è per questo che ti lascio andare.».
    Senza ribattere a quelle parole, Taina guardò avanti a sé, tese i muscoli delle gambe e poi scattò. Un sibilo tagliente, come quello di dardo al momento della propulsione, avvisò il sinrael della sua partenza. Questi alzò il volto al cielo, invaso dalle fiamme dell'incendio, e pensò: non avrebbe avuto senso ucciderla stasera. Quanto le rimane da vivere, mezzo anno?
    Forse meno.
    Ho come la sensazione di aver fatto male a lasciarla andare, ma non posso perdere tempo combattendo ogni cosa. Mi ha detto la verità, l'incendio era già qui al suo arrivo...e l'Inquisizione non era qui per lei. Il che vuol dire che ho perso minuti preziosi.

    Xan sbuffò.
    E nemmeno mi pagano...

    Il kal si accese come un sole.
    Un reticolo di simboli più antichi della razza umana, incisi attraverso le vie della magia divina e visibili solo a pochi eletti, avvamparono sul corpo di Xantares.
    Un nastro di antiche chiavi vergate nella scrittura di Azuras, manifestazioni materiali di una potenza celeste, ora brillavano sul corpo di Xantares. Dal palmo della mano sinistra sino alla scapola, questi simboli erano in rilievo, pulsando nervosamente.
    Non è un buon segno. Niente affatto. Il sinrael si tastò la spalla, avvertendo l'energia magica del simbolo sotto la t-shirt e la giacca. Quel calore etereo, costruito dall'unione di molti simboli antichi, era una costante nella vita del giovane.
    Sin da quando aveva memoria lui sapeva che quando il kal si accendeva, emettendo quella bassa aura azzurro-dorata, il male era nei paraggi.
    Xantares si guardò attorno: la pioggia batteva incessantemente l'asfalto del suolo e il metallo dei container. Quel suo picchiettio, dissonante e fastidioso tanto quanto insistente, lo aiutò ad estraniarsi da ogni cosa. Decise di tenere da conto il fatto che l'acqua fosse diventata, più o meno da un momento all'altro, bollente. Conosceva i presagi meteorologici, ma potevano essere indotti da una vasta gamma di creature considerabili maligne.
    Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi.
    Aiyin Xa'rah, el-solar! Athid valo, Xa'rael! Athid daem-it fal-len! Athid! Gli Echi cercavano di metterlo in guardia, avevano pronunciato la parola daem-it fal-len, ma il sinrael non aveva percepito nemmeno l'ombra di un demone.
    Non potevano sbagliarsi, non lo facevano mai.
    Se lo avevano avvisato della presenza di un demone, questo doveva esserci per forza...ma allora dov'era? Contattando gli Echi del kal, Xantares pensò: Idari-val, kolo-kal! Eghos narin-va hal daem-it fal-len!
    Gli Echi non risposero. Il loro silenzio spirituale era più assordante della marcia trionfale del Grand Army. Se avesse provato a parlarli in lingue più semplici, come il jarichans, il corintha, l'aiuriano o il corinthiano, questi non avrebbero risposto per principio.
    Aggrottando la fronte, Xantares borbottò: «Okay, il mio azuris è un po' arrugginito, ma non penso di avere sbagliato la pronuncia...»
    Non so mai se sto chiedendo un saggio consiglio oppure dicendo che ho una pecora in casa...che si aspettano questi Echi? Non ho avuto un angi'eal a farmi da maestro!

    Il manovale Palir, che a quell'ora sarebbe dovuto essere a casa dalla moglie e dai suoi due figli invece che trovarsi ancora nella fonderia, aprì la bocca con il viso rivolto verso l'alto.
    Una patina nera ed oleosa, comparsa dentro ai suoi occhi quasi centoventi minuti prima, si ritrasse verso l'interno, come richiamata da una forza superiore. Al suo posto apparvero un paio di terrorizzati occhi castani, i capillari delle arrossate pupille dilatati e prossimi ad esplodere, l'iride stretto nella morsa della paura.
    Con un grido che in parte esorcizzava il dolore di essere posseduto da un servo degli inferi e che in parte ne favoriva la rinascita, Palir accompagnò la fuga dal proprio corpo da parte di una serpentina nera.
    Il corpo del manovale, lasciato in balia delle fiamme, fu per cinque lunghi secondi oggetto di spasmi terribili: contrazioni violente dovute al demone che si tramutava in fumo nei suoi polmoni e che risaliva velocemente la gola, sino alla bocca spalancata.
    Accompagnato da quel grido di dolore e rinascita, lo strale di fumo lasciò l'uomo al suo destino e s'inoltrò nelle fiamme. L'empio essere navigò nel fuoco, facendosi strada grazie all'orda di flagelli magici che, al pari di un batterio, si allungavano dal suo corpo.
    Le fiamme che stavano ardendo lo stabilimento della Misoriah Cydoniia lo rinvigorirono, trasmettendogli nuova forza.
    Gliene sarebbe servita molta per il suo proposito. Seguendo il suo naturale istinto di predatore, l'omen demoniaco volse i propri passi verso il container terminal Meta Carbo A.


    Curiosità:
    Xantares sembra essere ambidestro in prevalenza mancino.
    La lingua in cui parla con gli Echi del suo kal ha tratti vagamente enochiani ed ebraici.
    Omen in tedesco vuol dire presagio in senso negativo.


    Commenti, pareri, critiche, curiosità o dubbi sono bene accetti! ^^
     
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  11. Danilo Giallanza
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    Appena finito di leggere il Terzo Atto!!! XD Davvero bello! La lotta tecno magica - psichica era entusiasmante ho immaginato tutto come se fosse un anime ahahah !!! :)

    Ho visto l'immagine: si anche io la immaginavo così, solo più oscura e illuminata come nel film "Tron" solo da colori opachi-scuri...

    Devo dire che comincia a appassionarmi sta storia, diventa sempre più interessante!! XD Mi piace quando parli di Xantares come se fosse il Dio Aidan...chissà se ce qualcosa...
    Taina mi intriga e mi dispiace per lei... e alla fine Xantares è stato un pò stronzo...vediamo che fine le fa fare...

    Errori: ne ho letti due di battitura mi sembra, quindi basta che rileggi e te ne accorgi tu stesso.

    Un parere: dove parli del "TOPO" io metterei tipo: "in fondo poteva essere stato solamente un andro-parassita (topo)"...e subito dove scrivi: "...andro-parassita, la cosa più simile ad un sorcio meccanico che infestava una metropoli-formicaio"

    andro-parassita è un esempio XD

    COMPLIMENTI DANY mi è piaciuto molto...fallo valere sto racconto e portalo al massimo del suo potenziale. sfrutta tutto e tutti gli elementi del genere! più è caratteristico più al lettore piace e lo intriga!! ;)

     
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  12. Danilo Giallanza
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    Letto tutto! Alloora solo 2 cosette:

    1-
    QUI SEI PASSATO DALLA TERZA PERSONA ALLA PRIMA:

    Aveva davanti uno degli emissari delle Schiere Oscure? Un signore delle tenebre? Aveva affrontato i loro eserciti sui campi di battaglia di cinque pianeti diversi, tutti ridotti in cenere...è un demone? Una volta ho visto una delle Ombre Rosse, ma era diverso

    2-
    QUI SEMPLICEMENTE SEI ANDATO A CAPO...:

    «voi umani siete bravi a ritirarvi dietro la scusa del popolo eletto, eh? Se foste magici quanto ipocriti avreste già vinto la guerra. Dimmi solo se lo hai appiccato tu oppure no.
    Comincio a pensare che non fossi tu la fonte che ho percepito.»


    CMQ bello bello bello XD
     
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    Grazie per la lettura, Danilo! Premetto che una delle correzioni era giusta, l'altra invece era una mia svista! In realtà il passo in cui si cambiava tra terza a prima era perché leggevamo uno dei pensieri di Taina, ma mi ero dimenticato di metterlo in corsivo! xD
    Ora ho sistemato entrambe le questioni! ^^ Per quanto riguarda l'andro-parassita....è proprio un topo! Anche il più grande degli imperi ha bisogno delle fogne, che è dove prolificano i topi. Si può presumere che, nel caso non ci fossero naturalmente sul pianeta dove si ambienta la storia, qualcuno li abbia portati. forse nelle stive delle navi :)
    In realtà i bassifondi delle metropolis-formicaio sono generalmente infestati da ratti e topi, ma la Homeland Guard ci da poca o nulla importanza!

    Se quella lotta ti ha entusiasmato non oso immaginare cosa ti faranno i combattimenti seri, quelli dove si va sul pesante, per dirla alla Mcfly...
    Per quanto riguarda l'oscurità nella metropolis-formicaio, la cosa varia molto: più sei in alto e più sembra uno splendente tetto di guglie dorate, cattedrali d'argento e grattacieli-piramidi scintillati, ma più scendi più diventa brutale, grigia, povera e repressa dalle forze dell'ordine. A seconda del luogo dove abiti si ha la tua importanza, in un certo senso!

    Sono contento che la storia ti interessi man mano che procede! Al momento sto andando con calma, introducendo quasi una cosa per volta, ma non credere che sia tutto già finito, anzi! Hai notato il paragone tra Xan e il semidio alato Aidan, ma non ti dico cosa c'è sotto. I due hanno una cosa in comune, ma è più sottile di quello che credi. La sigla che ho messo serve in un certo senso a "mettere il tarlo del dubbio" e vedo che ha fatto effetto.

    CITAZIONE
    Taina mi intriga e mi dispiace per lei... e alla fine Xantares è stato un pò stronzo...vediamo che fine le fa fare...

    Questa parte del commento mi è piaciuta molto. In primo luogo perché sono riuscito a rendere interessante una antagonista, Taina, e in secondo luogo perché hai definito Xan uno stronzo. Sei riuscito a vederlo con gli occhi di Taina, con gli occhi di una umana condannata alla morte e al decadimento, costretta dalla situazione a scendere a patti con i vampiri per salvare se stessa e due persone.
    E con questi occhi cosa hai visto? Una statua. Uno un po' stronzo, distante dai problemi della razza umana, gelido tanto quanto alto, che affronta il male quasi perché li gira così.
    La differenza tra un umano e un sinrael non è solo nei poteri.

    Il racconto, non voglio esagerare, deve ancora prendere il volo xD Quindi lo farò valere molto, puoi stare tranquillo! ^^ Grazie per la lettura, i commenti e i tuoi pareri! A buon rendere!
    ho commentato Silver Blood!
     
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    Seconda parte dell'Atto IV "Omen"
    Buona lettura! ^^
    Dany ha sapientemente nascosto alcune citazioni cinematografiche e linguisitche nel pezzo, chi le trova vince addirittura un biscotto!


    Quando l'omen demoniaco emerse dal corpo dell'operaio, rivelando la sua presenza ad ogni persona dotata della capacità di percepire le aure, il kal di Xantares brillò con rinnovata intensità. Nell'animo del sinrael si destarono immediatamente sentimenti di disprezzo, di aperta ostilità e di furore guerriero.
    Non apparteneva alle schiere degli angi'eal, ma era nella sua natura di sinrael dare battaglia e distruggere ogni demone con cui entrava in contatto; l'ostilità tra i due cieli esisteva da un tempo immemorabile, molto prima che gli dei creassero la razza umana su Azuras, e non si sarebbe mai estinta.
    Dove sei? Rivolgendo quel pensiero più a se stesso che al suo invisibile avversario, Xantares trasse un profondo respiro. Non era stata la ragazza con i tumori a fare accorrere sul luogo l'Inquisizione, che quindi era presente già da diverse decine di minuti, ma qualcos'altro.
    Non serviva avere alle spalle quasi dieci anni di caccia al sovrannaturale per fare due più due.
    Attraverso i sensi eterei, affinati da molta pratica, Xantares percepiva come l'omen fosse in movimento. Era veloce ed evanescente, un dardo di fumo capace di direzionarsi a seconda della propria volontà.
    Questa sua condizione lasciava presagire che al momento fosse disincarnato. Tale situazione lo rendeva meno pericoloso ma anche più imprevedibile: un omen disincarnato non poteva rappresentare una minaccia imminente, non finché non trovava un tramite da possedere. Allo stesso tempo, il suo status di disincarnato ne complicava la distruzione o la cattura.
    Come stringi in pugno il fumo?
    Sotto la suola a carrarmato degli stivali, l'asfalto sussultò. Xantares posò lo sguardo su di una vicina pozzanghera e la vide riempirsi di onde concentriche, il loro moto era unidirezionale, sospinto da imminenti raffiche di vento ad ottanta chilometri orari.
    C'era un film dove il protagonista guardava le pozzanghere e capiva che stava arrivando un mostro. Che film era? Mh, non ricordo. Comunque sia non è il mio caso.
    Otto fasci di luce emersero dalla piovigginosa oscurità, dardeggiando alla ricerca del contatto segnalato pochi secondi prima. L'aeronave della Homeland Guard era tornata alla carica e il sinrael, per uno scherzo del destino, si trovava ad essere sulla sua strada.
    Non ho tempo di giocare con te! Essere bersagliato dai cannoni automatici della navetta in quanto intruso sulla scena del crimine non era nei progetti di Xantares che, con un ringhio di frustrazione, scavò nel suo repertorio di magie alla ricerca di quella che faceva al caso suo.
    La mia ìma conosceva abbastanza magie da riempire dieci pergamene. Sarei stato uno sciocco a non approfittare della sua esperienza. Con un gesto secco, Xantares invocò sam'ser, la nebbia della confusione; avvolgendosela intorno al corpo alla stregua di un mantello, si riparò dagli indiscreti occhi elettro-magici della Homeland Guard.
    La magia che aveva scelto consumava una quantità irrisoria di aura e in cambio forniva una protezione decisamente migliore rispetto a quella usata pochi minuti prima; chiedendosi come fosse possibile il suo essersene dimenticato, Xantares infilò le mani nelle tasche dei jeans ed attese.
    L'aeromobile si fermò a ventuno metri di quota dalla più alta pila di container, gli stabilizzatori inerziali emettevano una flebile luce al plasma azzurro, il muso, intento a scandagliare l'asfalto, era puntato verso il basso. Una persona estranea alle tecniche e ai mezzi della Homeland Guard, che mai prima di allora aveva incrociato con lo sguardo il simbolo della bilancia, avrebbe definito quel mostro meccanico come il sincretismo tra un predatore marino ed un rapace.
    Non era un modello recente, ma nemmeno da considerarsi obsoleto: il sempre affidabile Hunger Killer, modello “predatoris”, era considerato uno dei più vecchi e fedeli cavalli di battaglia dell'esercito-polizia confederato. Che fosse sul campo di battaglia o tra le spira di una metropolis-formicaio, l'Hunger Killer aveva sempre dimostrato di essere affidabile, facile da riprodurre, poco dispendioso e concreto nei suoi risultati.
    Ma nessuno dei suoi sistemi tecno-magici poteva penetrare la cortina di confusione alzata da Xantares. Dopo poco meno di venti secondi di attenta osservazione, l'aeronave diede energia ai motori e fece rotta verso lo stabilimento.
    Il ruggito dei suoi reattori al cyanocriosta si perse nel ticchettare della pioggia.
    Xantares volse lo sguardo alla coda dell'aeronave, intenta ad aprirsi la strada nelle tenebre straboccanti di pioggia. Nelle sue iridi color ghiaccio, segnate da una freddezza ultraterrena, l'enorme mole della macchina era ridotta ad un puntino striato dalle luci di bordo.
    Se il sinrael fosse stato mosso da istinti più ostili verso la razza solariana, quella che lo temeva e allo stesso tempo attendeva, avrebbe potuto disintegrare l'Hunger Killer con uno sguardo. Tale considerazione non nasceva da una vanteria o dal desiderio di percepirsi più potente, ma dalla fredda e cosciente cognizione delle proprie abilità.
    La veritiera portata del suo potere era tale da permettergli di abbattere una delle aeronavi della Homeland Guard con poco più che un momento di focalizzazione ed uno sguardo torvo. Era la differenza tra un umano e un sinrael.
    Iniziava a stancarmi, non se ne andava più!
    Di profilo, con lo sguardo rivolto all'orizzonte scuro e piovoso, Xantares non poteva vedere la figura che, a grandi falcate, si muoveva per venirgli incontro. Il fatto che non potesse vederla, tuttavia, non voleva dire che lui non sapesse che fosse lì.
    In verità, il sinrael sapeva del suo arrivo da alcuni secondi. Non vi aveva dedicato alcuna attenzione perché concentrato sul vascello della Homeland Guard. I suoi sensi eterei lo avevano avvisato della presenza malevola quando questa aveva trovato un nuovo tramite.
    I suoi pesanti passi, sintomo di un paio di stivali corazzati con la suola a carrarmato, ne annunciavano l'aspetto meglio di uno stuolo di campane in allarme.
    Xantares disperse il sam'ser con un comando a livello mentale, non preoccupandosi di scomodare le mani, arrogantemente tenute ancora nelle tasche frontali dei jeans.
    Lentamente volse lo sguardo sull'omen, ora proprietario del corpo di uno psicommando. Il demone calpestò brutalmente una pozzanghera, sollevando una bassa ridda di schizzi d'acqua, e poi lasciò vagare il proprio sguardo sul sinrael.

    Xantares squadrò l'omen con un disprezzo freddo come il ghiaccio ad adornargli il volto. Ai suoi occhi, capaci di vedere oltre il Primo Anello della realtà, il tramite appariva distorto: i suoi occhi erano neri come la pece ed eruttavano fili di fumo denso ed oleoso, la pelle era come scheggiata e le vene, rese più scure da una sostanza simile a catrame, erano messe in evidenza.
    «Guarda cos'ha portato Aidan!», disse Xantares, pronunciando un vecchio detto solariano.
    L'omen levò una mano verso l'alto e dalla stretta manica della tuta in plascarbonia uscì una voluta di vapore grigio scuro, presto dispersa nella pioggia. Le piastre laterali di cinque container vennero strappate dai loro raccordi magnetici e fatte levitare alle spalle del posseduto.
    «Ho portato morte!», esclamò il demone, rispondendo per le rime alle parole dell'arci-nemico, che strinse le spalle. Senza degnarsi di togliere le mani dalle tasche, Xantares inarcò un sopracciglio: «...per chi?».
    Con un sibilo metallico ed affilato, le piastre si lanciarono contro il sinrael. Ognuna era lunga sei metri ed alta due, strappata senza cerimonie ed affilata dall'innata potenza psichica di Lonas.
    Non servivano ragioni perché un soldato dei cieli bui ed uno dei cieli luminosi si dessero battaglia; essere l'opposto era l'unico motivo che alimentava la faida.
    Schieramenti opposti d'accorso su una cosa sola: uno di loro deve morire.
    Ardami.
    Una parola.
    Uno scintillio sovrannaturale in due occhi improvvisamente tinti da una luce liquida, al cobalto.
    Non una semplice parola pensata in una delle infinite lingue del popolo di Solaria, ma una parola di potere.
    Una sferzata di energia magica scaturì dal corpo di Xantares; era qualcosa a metà strada tra una folata di vento ed uno strale di fuoco dal vivace colore azzurrino chiaro, che si schiantò con la forza di una spallata contro le piastre, frenandole a mezz'aria.
    Sul volto dell'omen demoniaco apparve una smorfia di sorpresa e sgomento. Forse non era in grado di capire l'entità dei poteri del suo avversario, forse si era sopravvalutato e aveva sottovalutato il suo avversario, o nella sua arroganza si era considerato in grado di ucciderlo.
    Xantares lasciò che le piastre metalliche crollassero sull'asfalto, levando in alto una serie di rintocchi stonati. Accompagnò quel comando mentale con un cenno infastidito del volto.
    «Sei stato tu ad incendiare la fabbrica?»
    «E ti aspetti che te lo dica?», chiese l'omen, ridacchiando sotto i baffi, «...non montarti la testa per un colpo fortunato!»
    Il sinrael spazzò il terreno antistante a sé con la suola dello stivale destro, sollevando una piccola muraglia d'acqua piovana mischiata a fango cinereo. Il vento gonfiava gli gonfiava la giacca, facendola ondeggiare anche se fradicia e pesante un quintale in più della norma.
    «So essere persuasivo...»


    Commenti & critiche & pareri sono benvoluti! In nessun modo l'Inquisizione vi verrà a prendere a casa con un Hunger Killer...
     
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  15. anima97
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    mi piace! trovo che sia molto originale, ma cosa vuol dire ima (La mia ìma conosceva abbastanza magie da riempire dieci pergamene. Sarei stato uno sciocco a non approfittare della sua esperienza) :)
     
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92 replies since 24/6/2012, 02:38   785 views
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