CHIOSTRO E BASILICA DI SANTO STEFANO

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    Tra coloro che avevano preparato il buffet non sembrava esserci nessuna delle creature che ero venuto a sterminare, ma non abbassai comunque la guardia. Percepivo una presenza oscura costante, ma forse era solo il concentrarsi di tutte quelle forze soprannaturali in un unico luogo.
    Alzai le braccia per attirare l'attenzione dei presenti.

    < Vi ringrazio tutti per questo caloroso benvenuto.> cominciai con un sorriso. < Come tutti purtroppo sappiamo, questo luogo sacro è stato teatro di tragici eventi negli ultimi giorni. Eventi che non hanno nulla a che fare con la sacralità di questa basilica. Ciononostante noi siamo ancora qui, a dimostrare a Satana e alle sue creature che non abbiamo paura di lui, perché potrà anche profanare i nostri luoghi di culto, ma non le nostre anime!>

    Conclusi il mio breve sermone e salutai uno ad uno i fedeli, stringendo loro la mano e riservando ad ognuno qualche parola, infine mi ritirai nella sacrestia.
    Inspirai a fondo. Ora che avevo portato a termine quel compito, era finalmente il momento di dedicarmi al vero motivo per cui mi trovavo lì: la caccia!

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    CONTINUA IN LUOGHI CITTADINI - CITTA- PORTO DI LITTORIA
     
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    CONTINUA DA LUOGHI NATURALI - PROMONTORIO - SCOGLIERA

    Non appena misi piede nella basilica rimasi disgustata dall'oscurità che avvolgeva quel luogo un tempo sacro come una nebbia invisibile. Feci una smorfia di disappunto.

    Maledette creature blasfeme ed infedeli...

    Dovevano ringraziare il loro signore e la loro fortuna che mi trovavo a Littoria per un altro motivo e non come angelo della morte, altrimenti a quel'ora avrei già decimato il loro numero!

    La basilica era vuota, anche se avevo visto del movimento nel chiostro, ma preferivo tenermi lontana dagli essere umani, almeno per il momento. Mi inginocchiai davanti alla raffigurazione di mio padre, prima di intonare un canto in suo onore.

     
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    Mi rialzai, rinfrancata dal senso di beatitudine che la presenza di mio padre mi aveva concesso, nonostante il suo tempio fosse stato profanato. Avrei aggiunto alla lista delle cose da fare la purificazione di quel luogo, una volta portata a termine la mia missione principale.

    Era finalmente il momento di mettermi all'opera. Dovevo trovare i miei due fratelli caduti, anche se dubitavo che sarebbe stato così semplice. Littoria era grande e popolata da creature delle tenebre e se volevano sopravvivere lì in mezzo dovevano aver imparato a nascondere la loro natura angelica, o perlomeno a mascherarla. Per quanto potenti, due angeli contro tutta la città avrebbero avuto qualche difficoltà.

    Decisi di cominciare le mie ricerche tra i vicoli più oscuri, dove si annidava la feccia che l'inferno stesso aveva rigettato. Forse loro avrebbero saputo darmi qualche informazione utile. Prima di tornare a far visita a Lucifero!

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    CONTINUA IN LUOGHI CITTADINI - CITTA - NEGOZIO DI MAGIA
     
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    CONTINUA DA: LUOGHI DI FESTA - DIVERTIMENTO - CATACOMBE DI SANTO STEFANO

    Ascoltò le parole della donna, era un fiume in piena, un tornado che si era abbattuto su di una metropoli. Nonostante fosse sempre stato un uomo di poche parole concise, tutte quelle sillabe messe insieme, non le trovò irritanti, anzi lo fecero sorridere, di un vero sorriso spontaneo. Deciso a scortare l’umana all’esterno, le offrì il braccio per accogliere la mano minuta, si mise a fissarla spudoratamente in viso godendo di quegli attimi di esitazione nel decidere o meno di avere un contatto più intimo. Il lieve rossore purpureo sulle gote della fanciulla, gli fece assaporare sulle labbra la fiera innocenza di un’anima che avrebbe potuto stritolare, spezzare tra le sue mani. Se solo lo avesse voluto.

    Oh si, se ne sarebbe nutrito, l’avrebbe consumata. Lentamente. Un’anima pura era come un pezzo di Paradiso, da strappare al suo Nemico. Quella dimensione Suprema che gli era stata negata, dalla quale non avrebbe potuto più accedere. Niente e nessuno l’avrebbe più fermato ad insozzare ogni singolo pezzo che suo Padre aveva disseminato negli uomini durante la Creazione. Lo stupì il rendersi conto che la sua pronuncia non avesse seguito la giusta intonazione nel linguaggio degli uomini e la donna glielo fece notare. La cosa lo indispettì non poco. Ma dopotutto, nonostante parlasse ogni lingua del presente e del passato, non erano state molte le occasioni in cui avesse potuto dialogare con uno di loro. Erano pochi gli eletti alla quale si manifestava, le voci che da millenni circolavano su di lui, le possessioni, gli incontri erano solo il frutto di una mera menzogna. I suoi demoni si dilettavano con i semplici umani, ingannandoli di essere al cospetto del Re degli Inferi, un sogno della quale anche loro si crogiolavano, solo coloro che si erano distinti agli occhi del Creatore potevano vantare di aver ricevuto una sua visita.

    << Ho visitato questa parte di mondo molti anni fa. >>

    Era esattamente in questa terra che ci fu l’ultima battaglia, l’ingresso della sua cella, l’unica via d’uscita per ottenere la libertà. Michele , dei suoi fratelli, era quello che odiava di più. Ed udire quel nome sussurrato dalla giovane donna, gli era parso un modo creativo e crudele per mietere la sua prima vittima in nome di quel detestabile fratello. Avrebbe sacrificato l’anima di Sophie ed invocato Mikael a sfidarlo per discendere tra gli uomini in un’ultima e sanguinosa battaglia. Nella sua diletta si stillò un dubbio, di come avrebbero potuto trovare qualcuno a cui chiedere assistenza in una terra dimenticata da Dio. Gli piacque quel giro di parole.

    << Magari Sophie… >> pronunciò quel nome in un delizioso accento francese, come lei aveva espressamente specificato.

    << … è il luogo ad essersi dimenticato di Lui, sono i dettagli a fare la differenza. >>

    Sentì le sue dita stringere appena il braccio che le aveva offerto, proseguì verso l’uscita dell’oscura cripta conducendo la sua giovane promessa Sposa all'altare.

    << Le daranno assistenza. >> la rassicurò. << Sulle nostre teste poggiano le fondamenta di una vecchia Basilica. >>

    “ Siamo come insetti imprigionati nei fili di seta di una vedova nera” pensò irritato della casa di Dio.


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    “Se avessi un cuore avrei pianto. Avrei versato cosi tante lacrime fin quando non mi fossi accasciato a terra e le mie mani non avrebbero stretto nei pugni la madre terra.”

    … ma non avrebbe fatto niente di tutto questo. Avrebbe potuto solo immaginare di poterlo fare, di essere ancora capace di poterlo fare.

    Era da un tempo infinito che non vedeva la primavera, che non sentiva l’aria fresca della sera accarezzargli le guance o colmare gli occhi blu cobalto delle sfumature argentee della luna, che velavano della loro luce il cielo notturno. L’unica cosa che concesse a se stesso fu quello di chiudere gli occhi per una frazione di secondi e di respirare a pieni polmoni un’aria che sapeva di libertà. Quasi invidiò Sophie dell’esser scalza, i suoi piedi nudi avrebbero potuto calpestare il terriccio umido di rugiada e beneficiare della sicurezza e della magnificenza della vita che germogliava perfino nel più remoto angolo di questo mondo.

    Attraversò i giardini del chiostro in compagnia della sua prescelta e si diresse nell’antico tempio di suo Padre. Rammentava quel luogo, seppur fosse cambiato, rammentava un enorme vallata che si estendeva a perdita d’occhio, gli occhi di smeraldo di suo fratello Mikael che lo fissavano con severità e compassione un’ultima volta prima di sfilare la spada dal suo petto e condannarlo ad una logorante prigionia negli inferi.

    Si soffermò alcuni istanti sul profilo della donna, guidandola con grazia a procedere un passo dopo l’altro lungo il colonnato che circondava l’esterno della Basilica, i lunghi fil di seta dei capelli avevano il colore del Sole, le scendevano vaporosi a nasconderle parte dei lineamenti fini ed estremamente femminili. Era bella nella sua semplicità.

    << Avete un Dio , Sophie? >> il tono della voce mutò in una calda e soffice carezza, simile alle fusa di un gatto.

    Conosceva già la risposta, non poteva nascondergli una verità come quella, ma voleva sentirlo egli stesso dalla sua voce. L’intenso e inebriante profumo, trasportato dal vento, delle magnolie in fiore, sbocciate nei rigogliosi e fieri giardini del chiostro, copriva il naturale e seducente odore della prescelta.

    Poggiò il palmo della mano ad aprire l’antico portone, una volta che misero un piede all’interno l’incenso ed un solenne silenzio avvolsero le loro menti. Avanzò lentamente un passo, deciso, dopo l’altro, ai lati della navata centrale alcune donne anziane con il capo coperto da un velo pregavano inginocchiate a recitare le corone del rosario. Giunti all’altare, accompagnò Sophie a sedere in prima fila, lui invece, doveva a suo Padre una confidenza. La lasciò li, senza darle alcuna spiegazione.

    Non si prostrò ai piedi del Creatore, non posò lo sguardo sulla croce, ma alzò gli occhi al cielo nelle antiche e decorate vetrate della Basilica, solo una sottile fibra di vetro lo dividevano da Lui. Lo percepiva, sapeva che lo stava fissando dall'Alto dei Cieli, con quella odiosa e detestabile stretta al cuore, con l'amarezza e la delusione negli occhi. Quell'immagine di Lui, gli faceva arroventare il cervello. Lo imbestialiva, Lui che era stato la sua unica e sola ragione di vita lo aveva tradito per degli umani indegni della sua Grazia.

    Le braccia scesero tese lungo i fianchi, le mani serrate a pugno, le iridi blu cobalto infuocate di una luce eterna sfidavano l'antico Padre rinnegato. L'oscurità avanzò, si addensava lungo le pareti prendendo la forma di un preciso disegno. Ali nere, enormi, invisibili agli umani, si imposero sulla parete opposta all'altare, come un marchio che aveva scavato l'intonaco con fiamme infernali. L'aria che si respirava divenne densa, una cappa soffocante che opprimeva le menti delle anziane signore, le fece provare sui loro corpi sgraziati il fuoco dell'inferno. Percepì la loro paura, il loro terrore per non vedersi bruciare. Grazie al potere delle sue illusioni, risparmiò volutamente la sua umana, aprì i pugni, i ceri posti sotto ai santi si spensero in una folata di vento gelido come l' Artico.

    Un brutale silenzio che sapeva di morte annunciò la sua preghiera.

    "E' giunto il mio Regno in Terra. Padre."

    ... e fu in quel preciso istante che spalancò le porte dell'Inferno, liberando le sue creature dalle catene a popolare il mondo degli umani. Come loro Sovrano udì i ruggiti infernali, eccitate per essere ad un passo dalla vittoria. Dopo aver atteso tanto, tantissimo tempo.

    Le Tenebre avrebbero divorato il Mondo. Il Male stava calando sugli uomini.

    Ruotò il collo, sentì le ossa scricchiolare. Si voltò ad ammirare Sophie, inconsapevole della sfida che aveva lanciato alle schiere Celesti, a Mikael, ai suoi fratelli dispersi sulla Terra, a suo Padre.

    Le andò vicino, mentre le anziane, sottoposte all'influsso malevolo, una ad una lasciarono la Basilica, cercò i suoi occhi acquamarina, assicurandosi che la sua mente fosse libera dall'energia negativa che aveva regnato per alcuni istanti nell'ex luogo sacro, dove ora vi aveva posto il suo marchio.

    << Avrò cura di te, Sophie. >> quelle parole suonarono come una promessa, una condanna, una prigione ingannevolmente dorata.

    L'umana era sua. Non avrebbe consentito a nessuno di portargliela via.

    Si allontanò diretto in sacrestia, la prescelta aveva bisogno di ghiaccio per comprimere l'edema alla testa e giurò su i nove gironi infernali che glielo avrebbe portato a costo di ridurre in macerie la Basilica di Santo Stefano.

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  5. Maiky (Lys)
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    Continuarono a camminare. Ne lenti ne veloci. Quel passo che di certo permetteva alla fanciulla di muoversi senza ferirsi od indolenzire le piante dei piedi mentre la mano restava aggrappata al braccio ed una parte di scarpe penzolavano davanti al viso nel momento in cui portò quel braccio a riparare il viso da una luce che si stava facendo sempre più intensa. La colpirono, come un pugno in un occhio, i primi raggi una volta usciti dalle Catacombe. Il sole metteva in risalto l'incarnato dipingendolo quasi d'oro in un gioco tra luci ed ombre, esattamente come un'immagine chiara di ciò che al momento era sia dentro che fuori. Gli occhi si assottigliarono dopo un primo impatto e si schiusero lentamente una seconda volta. Le pupille a spillo dovevano abituarsi alla luce che da pochi mesi la infastidiva e non poco. Un cambio repentino di luminosità e poteva influire anche sulle emicranie, avendo sviluppato una sorta di fotofobia seppur leggera ma dannatamente fastidiosa. Anche se per le circostanze dettate dal momento il tutto sarebbe stato giustificato e chi aveva gli occhi chiari come lei poteva veramente capire come si sentisse in quegli attimi. Ci mise un po' ad abbassare la copertura della mano, posandola lungo al fianco mentre scortata da Michele, continuava a camminare lungo il sentiero che con modi gentili le imponeva di calpestare. Entrambi ebbero una sorta di reazione, seppur diversa tra loro. Si accorse del suo respiro trattenuto sentendo il suo torace gonfiarsi sul fianco del proprio braccio, assaporandosi qualche attimo ed in una sorta d'istinto, volle vederlo in quell'espressione, sentì scivolare una porzione di ciocca di capelli scivolare lungo la spalla, a spostarsi lungo la clavicola, nel vederlo respirare a fondo. Rimirando quei tratti, umettò qualche attimo le labbra prima di schiuderle in un sorriso. Metà del viso, i vestiti nascosti dal cappotto fasciato dalla cinta che lo chiudeva in vita ed il sorriso illuminati ancora mentre sentì pronunciare il proprio nome perfettamente con un marcato accento francese ed un sottofondo di fastidio. Nell'averlo corretto quando poi si mostrò perfettamente all'altezza della pronuncia. Calcando da subito la mano, per anche mostrarsi senza pretese, continuò a guardarlo per poi voltare lo sguardo di nuovo in avanti marcando un accento di lingue differenti tra loro, evidenziando i luoghi di provenienza diversi. Dalla sua, Sophie, conosceva diverse lingue e rimarcare l'accento che lui stesso aveva usato, la portò a rispondere in francese qualche attimo..come se intuisse che lui l'avrebbe compresa.

    Mikael, era solo un avviso il mio. Non vi ho ripreso...per ora.
    Non abbiate timore che possa farlo, altrimenti un appunto in proposito sarebbe già comparso e fidatevi di queste mie parole. Non mi risparmio e di certo non risparmio.


    Sospirò appena nel trovarsi ad accigliarsi qualche attimo corrugando la fronte e creare tra le sopracciglia, nel mezzo della fronte, un piccolo segno di dubbio che si era formato nel tempo e scuotendo appena la testa nel vedere l'entrata della Basilica, si pronunciò ancora dopo aver sentito il proseguo del suo discorso nella lingua che aveva imparato appositamente, l'italiano.

    La gente ha dimenticato troppe cose, non credo per pigrizia ma per facilità. Per stupidità. Chiudere gli occhi e far finta di non vedere porta a questa condizione..
    e non dico solo per il fatto che in questi luoghi od altri possano esserci davvero poche persone, il che porta ad essere calpestati poco rispetto a tempi passati. almeno.. il succo è la sfiducia della gente verso qualcosa e soprattutto sè stessi.
    Di gente che ha sfiducia nei propri simili ed una totalità di altre cose comportano il vissuto di questi tempi, portando la società a vivere beh, come ora.


    Sospirò appena, leggera per poi chiudere un discorso per subito gettarsi in un altro e staccando il braccio dal suo corpo mise anche l'altra mano sul fianco a percorrere sola qualche attimo la navata della Basilica nel momento in cui vi entrarono, facendola sedere subito dopo.

    Non so se ci possa essere assistenza ma non se ne dia cruccio, se c'è va bene..altrimenti mi arrangerò in seguito a casa.... e..
    No. Non l'ho. Sono solo venuta propriamente in visita, come se dovessi..volessi..farlo e così è accaduto. Curiosità per una città nuova. Apprezzo la cultura di un luogo e l'Italia propone qualcosa che a lei non sto a spiegare per cadere in banalismi quando sa esattamente di ciò che parlo.


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    Quella domanda scomoda la fece dondolare con le anche qualche istante sulla panca accanto alla parete su cui si era accomodata. Qualche istante e sollevò meglio lo sguardo, dopo aver finito di muovere i piedi a terra e lasciare le punte come un perno per restare comoda nella seduta e composta nella postura.
    Sorrise. Lo fissò negli occhi, nel cercarli a sua volta e prendersi dentro qualcosa che le scendeva fino in fondo alla schiena per poi lasciarlo in quel dubbio di parole come se fosse indirizzate ad un qualcosa che non voleva rivelare o se semplicemente parlava di qualcosa che riguardava la cultura del paese che la ospitava.
    Lasciato libero, poi, ugualmente di andare a cercare del ghiaccio e restare ferma sulla panca. Quelle parole, ancora una volta risuonavano nella testa.
    Non era la prima volta che le sentiva, ormai le detestava proprio per la snaturalizzazione che avevano subito sin ora nel corso del tempo, passando per le proprie orecchie. Per il fatto che il sentirsele ripetere ora la infastidiva ma quell'uomo era capace di darle una sensazione che nessuno aveva mai fatto e lei stessa, per proteggersi ancora, decise di contrastarle pronunciando ugualmente di propria volontà un flebile sì in risposta. Flebile ma non indeciso..facendole ricoprire ancora una volta le gote di un rossore che decise di nascondere posando le dita sopra mentre le labbra si richiudevano dopo la risposta. Così scivolarono dei respiri dal fondo della gola come delle carezze indirizzate a lui nell'attimo in cui ancora si fissavano. L'uscita delle donne accompagnò ancora i loro sguardi uno nell'altro in un magnetismo difficile da spezzare, non curandosi del fatto che ora sarebbero stati soli. Non curandosi nemmeno di degnare loro un'occhiata, un saluto o qualunque altra forma mista tra curiosità e cortesia. Da che era tornato, prima di lasciarla sola di nuovo quando nella sua determinazione decise di prestarle soccorso.
    In quella ''cura di lei'' che le aveva appena promesso come un patto sigillato.
    Le scarpe posate a terra. Una dritta ed una riversa sul fianco, coi tacchi che si toccavano nel lasciare quasi un disegno composto.
    La borsa appoggiata sulla panca assieme al cappotto che aveva levato e permetteva di vedere ora un corpo avvolto in abiti casual ma che risaltavano la figura fasciandola come i tessuti più preziosi. In un angolo, senza disturbare soprattutto il rituale di preghiera delle donne che aveva subito notato dall'ingresso come se lì ferme ci fosse solo il loro ricordo, un'ombra impressa sulle pareti opposte.
    Lei, donna di scienza viveva una condizione di vero dubbio e dilemma.
    Aveva basato la propria esistenza su basi scientifiche, spiegazioni per tutto che di certo non implicavano nessun Dio della Creazione però nel contempo, In Scotia, aveva vissuto una condizione per cui ogni sua certezza era stata ribaltata e sgretolata sotto agli occhi da esseri immondi che l'avevano martoriata, morsa, impossessata della mente quando nella stessa portava ancora segni tangibili.
    Era arrivata al punto in cui voleva attaccarsi a quella convinzione e quel No deciso di qualche attimo prima per non pensare davvero, non pensare più che tutto ciò che aveva passato poteva riproporsi e quella città era solo una mera speranza che non sapeva ancora che da qui a poco le si sarebbe sgretolata di nuovo tra le dita, scivolandole come sabbia che non avrebbe potuto trattenere. Viveva ancora secondi illusori di una vita mentre appoggiata con la schiena alle pareti, lasciava scorrere la mano tra i capelli così come i pensieri che la invadevano ogni volta che provava a chiudere gli occhi e ripetersi che sarebbe stata bene; che quella promessa dell'uomo magari sarebbe stata vera...magari una menzogna che ora le aveva dato un attimo di tregua. Riaperti gli occhi si trovò a fissare il soffitto e le volte che lo componevano trovandosi quasi in una sorta di disagio nel capire appieno in che luogo fosse seduta. Un sospiro e nel voltarsi a mezzo busto, fissò la porticina laterale che si era appena richiusa. Dalla piazza aveva una visione d'insieme che comprendevano le facciate delle tre chiese del Crocifisso, del Sepolcro e dei Santi Vitale e Agricola. Nello spazio esterni alla Basilica, appena raggiunta, si trovavano due sarcofagi medievali che custodiscono le spoglie dei primi vescovi della Chiesa. Dopo il restauro della pavimentazione della piazza, tali sarcofagi erano stati collocati nel giardino attiguo al lato destro della Chiesa del Crocifisso.
    Dall'interno della struttura di lei non vi era più traccia. Un solo colpo di piede sulla scarpa facendola sbattere sulla gamba della panca, un fruscio leggero del cappotto che cadeva a terra in un tonfo delicato era tutto ciò che rimaneva, mostrandosi così sfuggevole nella propria indole. Ora, nascosta dietro uno dei sarcofagi, con la mano posata su di esso intenta ad esplorare qualcosa che sminuiva ogni sua convinzione. La religione alla fine non era stata solo un'invenzione dell'uomo per porre veti e confini tra un popolo e l'altro.
     
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139 replies since 17/10/2013, 16:30   2090 views
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