Inverse Chronicle

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  1. Rue89
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    Ed eccovi un nuovo racconto che ho iniziato a scrivere ieri sul treno XD Spero vi piaccia!!! Ho già pronti i primi 4 capitoli ;) Spero vivamente vi piaccia!!! ><

    Capitolo 1
    -Stai soffrendo?- fu la domanda che quella minuta bambina mi porse. Imparai ad ignorare le domande che mi venivano fatte, indipendentemente dall’essere che me le porgeva. La bambina non era diversa dagli altri. Nonostante leggessi nel suo animo una pena sincera nei miei confronti, la odiavo. Io non avevo bisogno della pietà di nessuno. Non le risposi ma alzai leggermente il viso inclinandolo verso di lei. La vedevo a malappena perchè i miei folti capelli neri ricadevano come cascate sugli occhi. La bambina si avvicinò alle sbarre che mi imprigionavano e le sfiorò con un ditino ingenuo. Un ghigno si formò sul mio viso ed esposi senza accorgermene il mio segreto. Non che mi importasse particolarmente visto che ero imprigionato per quel motivo. Alla vista delle mie zanne la bimba si paralizzò come un gatto davanti ad un cane ma non percepivo da lei paura. I suoi genitori erano dietro di lei che mi fissavano ed aspettavano una mia reazione. Non si rendevano conto che in un secondo avrei potuto porre fine alla vita della figlia, nonostante le sbarre e le catene che mi tenevano imprigionato. Alzai gli occhi e li guardai senza batter ciglio.
    -Ivonne porta via Karin- Disse l’uomo senza distogliere lo sguardo da me. La donna prese con se la bambina e si allontanò dalla mia finestra su quel piccolo mondo. La bambina continuava a fissarmi nonostante la mamma la stesse trascinando via. Non la guardavo perchè ero concentrato sull’uomo ma lo percepivo. Il suo sguardo di pietà quasi mi dava la nausea ma al contempo mi creava una strana sensazione piacevole. Quando le due femmine scomparvero, l’uomo si avvicinò alle sbarre senza mai staccare il contatto visivo coi miei occhi.
    -Voglio che la guarisci- impose l’uomo. L’irritazione mi salì dalla colonna vertebrale fino al cervello. Chi si credeva di essere quell’uomo per dare ordini a me?
    -Tu non vuoi niente vecchio. Sono io che decido se donarti la guarigione o meno, non dimenticarlo- aggiunsi le ultime parole sottolineandole per ricordargli la sua posizione. Una grossa e profonda risata riempì i sotterranei e la mia cella come un lampo che squarciava il cielo.
    -Tu cosa? Forse non ti è chiaro che senza il nutrimento che ti doniamo tu saresti cenere, mostro- sottolineò lui per farmi capire il mio posto. Aveva ragione e la cosa mi irritava ancora di più.
    -Allora penso che potremmo arrivare ad un accordo- aggiunsi con indifferenza.
    -Io non faccio accordi con i mostri- ammonì l’uomo. Nell’istante in cui richiuse la bocca gli fui di fronte afferrandolo al colletto con un pugno ferrato e lo sollevai da terra. Le catene spezzate dalla mia forza caddero a terra con un rumore sordo.
    -Ti conviene invece perchè è vero che sono debole e prigioniero ma invecchiando mi rinforzerò sempre più e sarà la tua futura stirpe a subire le tue scelte. Ora o fai l’accordo con me o non salverò tua figlia, scegli- non aveva scelta chiaramente ma preferii essere cordiale dandogli da credere di averne la facoltà. Lo riappoggiai a terra e si allontano di corsa dalla cella. I suoi occhi mostravano la giusta paura che mi sarebbe dovuta.
    -Cosa vuoi?- chiese cercando invano di ritrovare la sua compostezza. Cominciai a fare avanti indietro per la cella buia in modo noncurante, con le braccia incrociate dietro la schiena.
    -Niente che ti sia difficile darmi Edgar- non sapevo ancora cosa volevo ma ad un tratto un’idea tanto maligna quanto ingegnosa mi ispirò. -Voglio tua figlia- dissi infine girandomi verso di lui guardandolo fisso negli occhi.
    -Mi stai prendendo in giro?!- urlò ora pieno di rabbia. Non risposi, continuai semplicemente a fissarlo negli occhi con determinazione e quello bastò. -Piuttosto la vedrò morta- e si diresse verso le scale.
    -E così sia- dissi a voce bassa ma facendo in modo che mi potesse sentire. Un attimo dopo sentii la porta sbattere e poi più nulla. Tornai a sedermi in un angolo d’oscurità ed appoggiai la testa alla parete. I capelli mi caddero lateralmente liberando la mia visuale. La stessa identica cella da troppo tempo, perchè ero ancora lì? E poi ripensai alla bambina dagli occhi senza paura.
    -Si piccola..- mi venne fuori in un sussurro quasi impercettibile.


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  2. Rue89
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    Eccovi il secondo cap ><

    Capitolo 2

    Sono passati ormai 10 anni da quell’evento. Da allora mi rifiutai ogni volta di guarire le persone che mi venivano mandate e, per punirmi, mi diminuirono le razioni di nutrimento al minimo indispensabile. Ero debole ma non in fin di vita perchè giorno dopo giorno sentivo la mia natura evolversi in qualcosa di più mentre gli altri appassivano col passare degli anni. Ecco, la luna è alta in cielo, è ora. Da un pò di notti a questa parte un bicchiere di nutrimento viene lasciato da una mano misteriosa vicino ad una sbarra all’estremità della cella e, all’alba, puntualmente svanisce. Non sapevo chi fosse ma ero troppo orgoglioso per accettare un segno di tale pietà. Ciononostante l’odore e l’atmosfera di quella presenza mi erano familiari seppur difficili da ricordare. Con tutte le persone che mi portavano davanti non potevo certo ricordarmele tutte anche con la memoria sviluppata che avevo. Quella sera non so perchè, ma avrei scoperto l’artefice di questa mia ossessione. Mi ero seduto dall’estremità opposta a dove lasciava il bicchiere per far sentire quella persona al sicuro e poi, con uno scatto, sarei apparso davanti le sbarre e l’avrei afferrata per la mano. Quell’umano non sarebbe scappato e avrebbe conosciuto me, il mostro.
    Sentii scattare la serratura del portone dei sotteranei. Dei passi furtivi scendevano cauti i gradini cercando di non farsi sentire. Tentativo vano se non voleva farsi sentire da me. Arrivata vicino la mia cella si fermò e sentii che appoggiò qualcosa sul pavimento. Continuavo a far finta di dormire come le altre sere ma i miei sensi erano all’erta. Quando scorsi l’ombra del bicchiere con un balzo afferrai la mano che mi stava porgendo quel dono e la trassi a me. Era un bastone a forma d’uncino. La figura in ombra scappò di corsa su per le scale fino a richiudere la porta dietro di se.
    Il bicchiere si era rovesciato nella foga di afferrare quella persona ed un pò del nutrimento mi cadde sulla mano sporcandomela. Potevo resistere se fosse stato distante ma quel contatto ravvicinato mi accese una miccia dentro di ansia dolore e agonia che mi pulsavano nel cervello. Avvicinai la mano alla bocca e pensai che era normale. Ogni giorno quello che portavano per me era una cosa normale ma questo..già dall’odore sembrava diverso. Non era tanto quanto quello quotidiano ma quel nutrimento l’avevo notato sin dai primi giorni era come il miele paragonato ad una zuppa. La poca quantità simboleggiava solo la qualità del prodotto. Non di animale come la schifezza datami per indebolirmi.. la mente mi divenne nera e non riuscii più a pensare. Allungai la lingua fino a raggiungere la mia mano per assaggiare quel nettare e subito una vampata di potere mi esplose dal petto ad ogni estremità del mio corpo. Un singolo sorso aveva un tale potere com’era possibile? Conoscevo quel nettare ed anche dopo un lungo digiuno niente mi era sembrato tanto delizioso e puro. Mi ripulii la mano e cercai di riacquistare il senno. Non poteva essere un caso. In fondo se ero rimasto lì per tutto quel tempo era per un motivo..che fosse arrivato il tempo? Che finalmente la mia attesa fosse finita? Alzai gli occhi al soffitto ricoperto di muschio e rampicanti e sorrisi. L’indomani sera avrei parlato con quella persona anzichè aggredirla. Le avrei chiesto delle spiegazioni, il perchè.
    Aspettai la sera dopo il suo ritorno ma non si presentò. Nè quella nè le altre sere per quel che mi sembrò un tempo enorme. Edgar continuava a portarmi gente da guarire ed io continuavo a negarglielo. Ora anche la mia sottospecie di zuppa annacquata mi fu tolta e patii la fame. Una vera fame che non provai da tanto tempo. Ne valeva davvero la pena? Me lo chiesi più e più volte. Sarebbe tornata quella persona? Non credevo l’avrebbe mai fatto. Rimasi nella mia cella a guardare la parete buia. Passarono settimane, mesi..e non mangiavo da allora. Ero così debole che a fatica riuscivo ad alzarmi.
    -Morirai se non guarirai quelle persone. Non ti nutriremo fino ad allora- mi disse una notte Edgar.
    -Se morirò, non avrete più la vostra gallina dalle uova d’oro. Sei poco furbo- ma ad Edgar non importava. Sapeva dove trovarne altri come me ma solo io non potevo ribellarmi e lui lo sapeva.
    Persi le speranze di incontrare quella persona. Era una notte di luna piena quando la sentii:
    -Stai soffrendo?-

    Rue

    Edited by Rue89 - 29/12/2010, 22:56
     
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  3. Rue89
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    Terzo capitolooo ><

    Capitolo 3
    Quella frase fu come un flash che mi illuminò un ricordo particolare. Una bambina con degli occhi così puri e senza paura da far venire il voltastomaco.
    -Non eri malata?- chiesi a fatica. Anche parlare era diventato uno sforzo da quando ero senza nutrimento.
    -Lo sono tutt’ora..ma non per molto- disse la ragazza rimanendo nascosta dalla mia vista. Risi quel poco che mi permetteva il dolore.
    -Non credere che ti guarirò piccola. Ho finito con questo giochetto- ammisi amaramente. Basta ero stanco di dover sopportare quella vita per ordine di..
    -Morirò presto- disse. Un riflesso incondizionato mi spense il cervello e spalancai gli occhi. Non stava supplicando perchè la guarissi? Girai con difficoltà lo sguardo verso le sbarre e vidi l’ombra di una giovane donna appoggiata alla parete della cella a fianco la mia. -Tieni- sentii qualcosa toccar terra e poco dopo vidi il bicchiere del nettare. Cercai con molto sforzo di alzarmi appoggiandomi al muro della cella. Arrancai fino alle sbarre e mi lasciai cadere con la schiena appoggiata al muro. Vidi l’ombra fare uno scatto in avanti e poi bloccarsi. -Tutto bene?- mi chiese ma rimase immobile. Allungai la mano per prendere il bicchiere ma le articolazioni delle dita non riuscivano a rispondere in modo adeguato. Non avevo abbastanza forza nella mano per stringere un’oggetto.
    -Sai non ho poi tutta questa gran fame. Vattene- dissi amaramente cercando di controllarmi. Non sono abituato a mostrare debolezza soprattutto davanti ad un’umana. Avrei aspettato che se ne fosse andata e poi un modo per prendere il bicchiere l’avrei trovato. Appoggiai la testa al muro e guardai verso il soffitto. I capelli si scostarono dal viso permettendomi di vedere meglio. Solo la flebile luce delle lanterne illuminava quel posto e l’ombra si fece debole man mano che si allontanava. Poi tutto d’un tratto divenne buio. Aprii gli occhi e guardai verso le sbarre. Era tornata. Ora non si nascondeva più dietro ad un muro ma era in piedi di fronte a me. Era come me la ricordavo: minuta con uno spirito forte e degli occhi puri. Ma non era più una bambina. Nonostante la statura minuta si intravedevano forme di donna sotto i vestiti ed i suoi lunghi capelli rossi ondulati le incorniciavano quel viso pallido come la neve. Ma niente mi colpì come i suoi occhi. Azzurri come ricordavo fosse il cielo a mezzogiorno con un contorno ben delineato di nero. Erano puri e senza paura come quelli della bambina che incontrai, come se la cattiveria di questo mondo non l’avesse ancora divorata.
    Si inginocchiò ed in quel momento potei guardarla alla mia altezza. Non c’era esitazione nei suoi movimenti, non c’era paura. Prese in mano il bicchiere ed infilò lentamente la mano tra le sbarre, tenendolo ben saldo. Lo avvicinò pian piano verso di me fino ad arrivare vicino la mia bocca.
    -Ora puoi bere- disse con voce decisa ma dolce.
    -Potrei romperti il braccio in un secondo- dissi in tono aspro. Non volevo la pietà di nessuno.
    -Potrai farlo solo dopo che avrai bevuto, o sbaglio?- Era perspicace e questo mi piaceva. La fame era troppo presente per prolungare oltre la mia testardaggine così feci una cosa che mai avevo fatto in vita mia: accettai il suo aiuto. Bevvi con avidità e man mano che mandavo giù sentivo il calore invadere nuovamente il mio corpo infondendogli forza. La ragazza ritrasse la mano ma rimase inginocchiata di fronte a me. Aspettava.
    -Non credere che ti guarirò solo per questo tuo gesto di nobiltà- feci per alzarmi ma il nutrimento era troppo poco per sopperire alla mancanza di mesi di digiuno. Ricaddi seduto, frustrato.
    -Te ne serve dell’altro?- mi chiese ingenuamente. Allungò la stessa mano con cui mi aveva porso il bicchiere e la strinse a pugno. I miei sensi captarono immediatamente il pulsare della vena principale del suo polso. Con un fremito di rabbia le scacciai la mano con la mia e a quel contatto una scarica mi colpì la mano. -Tanto morirò comunque. Mio padre mi tiene imprigionata quì perchè ha paura che qualsiasi cosa possa aggravare la mia malattia. Siamo entrambi prigionieri ma tu col mio aiuto puoi scappare!- dicendo ciò spinse ancora più all’interno il suo braccio, allungandolo verso di me.


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    Quello che non ti uccide ti rende più forte


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    Il racconto è molto interessante...continua a scrivere che sono curiosa!!!
     
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  5. Rue89
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    Grazie mille Artemisia!!!! Ecco il quarto cap!

    CAPITOLO 4
    -Se non tiri via quel braccio potrei seriamente prosciugarti!- La determinazione nei suoi occhi mi fece infuriare -Morirai!- le urlai ma questo non la intimorì. Aveva a che fare tutti i giorni con la morte che ormai non la riteneva più una minaccia. Cercai di alzarmi e mi allontanai dalle sbarre andandomi a sedere nel mio angolino nell’oscurità. La ragazza rimase lì immobile con il braccio ancora sospeso verso di me. Perchè non mi chiedeva di guarirla? Perchè preferiva rendere libero me perendo lei? Dove lo trovava tanto altruismo e forza d’animo quel minuscolo esserino? Quell’insignificante umana?
    -Il sangue di oggi..non è lo stesso di quella volta che cercai di afferrarti- non era una domanda ma più un’affermazione. La sentii annuire.
    -Quello di oggi è della mia domestica, anche lei vuole aiutarti. L’altra volta invece era il m..- si bloccò e distolse il suo sguardo da cerbiatto dal mio. Un profondo silenzio cadde nei sotteranei. Fu lei ad interrompere quel silenzio. -Capisci così tanto dal sapore del sangue?- mi chiese cercando di non dare a vedere l’imbarazzo che provava. Era una domanda che solo una bambina avrebbe potuto fare. Così vogliosa di conoscere le cose a lei sconosciute..così ingenua..
    -Certamente..so anche che malattia hai Karin ma non ti aiuterò nè accetterò il tuo aiuto. Ai tempi proposi un patto a tuo padre e lui rifiutò. Sono uomo di parola- anche se non più uomo.. Senza un attimo di esitazione afferrò con la mano sinistra una sbarra. Sembrava una bambina che guardava un negozio di dolciumi.
    -Fallo a me!- disse senza esitazione. Vedendo che la ignoravo mise dentro anche l’altro braccio e lo chiuse a pugno. -Proponi a me quel patto- aggiunse con perseveranza.
    -Gli proposi di guarirti ed in cambio gli chiesi di averti. Ma lui rifiutò- il suo sguardo cambiò in un istante passando dalla gioia al turbamento. Ma l’attimo dopo era nuovamente fresco e pieno di vita.
    -Posso proporti un altro affare? Io ti libero, ma in cambio tu mi porti con te, mi fai vedere il mondo e le cose meravigliose che ha..finchè potrò- aggiunse perdendo d’un tratto il sorriso sul volto. -Alla fine non sarà per tanto, non ti disturberò molto..ma non voglio morire senza aver l’impressione di aver vissuto..ti prego...- le due mani si congiunsero in un atto di preghiera. Perchè anche adesso non mi chiedeva di guarirla? Desiderava così tanto la morte? No..non voleva morire ma neanche che la guarissi. Non riuscivo a capirla..
    “Non posso. Non mi sembra molto allettante per me..” le risposi noncurante.
    “Ti darò il mio sangue quando ne avrai bisogno..” lo disse con tale purezza ed ingenuità che quasi provai imbarazzo per quell’affermazione. Allora decisi di metterla alla prova. Mi rialzai appoggiandomi al muro e mi diressi verso le sbarre. Avanzai verso le sue mani e quando esse furono sul punto di sfiorare il mio petto mi fermai. Alzai le mie mani e toccai delicatamente le sue. Non si ritrasse al mio contatto nè si spaventò. Mi inginocchiai per poterla guardare bene negli occhi. I capelli mi ricoprivano gran parte del volto perciò io potevo vedere lei ma lei non vedere me. Presi con entrambe le mani la sua mano destra ed avvicinai il mio viso al suo polso. Sentii l’aria vibrare ed i miei sensi di cacciatore reagirono afferrandole la mano sinistra che si stava dirigento verso il mio viso. Mi rimproverò con lo sguardo ma non mollai la presa. La mia attenzione tornò al polso destro e mi avvicinai fino a baciarlo teneramente per sondare le forme, i profumi, le sensazioni..infine, la morsi senza esitazione e sentii un leggero strattone da parte sua. Dovevo averle fatto male ma era una lezione che doveva imparare. Doveva aver paura di me! Continuai a nutrirmi di quel nettare unico e delizioso che solo un’altra singola volta provai.. mi faceva quasi dolore tale la bontà di quello che stavo ricevendo. Ora tenevo la sua mano con entrambe le mie perchè cominciai a sentire che si indeboliva e non volevo perdere neanche un sorso di quel sangue così unico. Non mi accorsi di niente finchè quel gesto non fu irrimediabile: la mano sinistra della ragazza riuscì a fare ciò che prima le impedii di fare. Con una delicatezza che mai avevo provato prima, mi scostò i capelli dal viso mostrandole il mio volto e, con un tocco lieve, mi accarezzò il viso. A quel contatto, una scarica elettrica mi pervase il viso nei punti in cui mi aveva toccato. Mi ritrassi con tale velocità che le danneggiai la vena ed ora perdeva molto sangue. Si accasciò a terra ma nonostante ciò che stava accadendo il suo sguardo non provava paura nè dolore. O almeno non lo dava a vedere. Non pensai nemmeno prima di agire. Mi fiondai sulla ragazza e le leccai il punto in cui mi stavo nutrendo. Dopo pochi istanti le ferite si cicatrizzarono e la ragazza non perdeva più sangue ma sembrava molto debole. I capelli le cadevano lungo il corpo rendendo la sua esile figura più matura. La mia mano si mosse verso di lei. Quei capelli sembravano così morbidi e setosi..quei capelli rossi come il fioco risplendevano d’oro alla luce delle lanterne.
    -Perchè mi hai salvata..?- chiese in un sussurro. A quella voce ritrassi la mano e la guardai come se non l’avessi mai sentita mia in quell’istante. Non lo sapevo manco io. Perchè l’avevo salvata? Eppure mi ero ripromesso di non guarire più nessun umano.. già manon potevo neanche ucciderne uno a causa mia.. Era solo quello il motivo. Non ero un’assassino da molto tempo..
    -Torna per altre 3 notti. Mi farai nutrire sufficientemente e poi accetterò il tuo accordo- Le dissi continuando a fissarmi la mano. Con la coda dell’occhio guardai verso la ragazza ed ora anche lei si fissava il polso da cui mi ero nutrito. Sembrava meravigliata, incredula. –Ora vai e riposati. Ma bada di non saltare neanche una notte, intesi?- Karin, la ragazza senza paura negli occhi, mi sorrise. Sentivo che avevo esagerato, che era debole. Non era da me perdere il controllo così ma quel sangue..non sapevo cosa significasse ma era unico nel suo genere. Si alzò piano appoggiandosi alle sbarre e, lentamente, si diresse verso la porta dei sotterranei.


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  6. XxMarTineTTaxX
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    Bello,bello,bello continua presto :)
     
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  7. Rue89
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    CAPITOLO 5
    La mattina dopo Edgar si presentò come suo solito. Chissà se era a conoscenza delle intenzioni di sua figlia? Molto improbabile. Non accetterebbe mai una cosa simile.
    -Ti ho portato un dono- disse in tono sprezzante. Non mi girai a guardarlo. Ad un tratto, sentii la serratura delle mie sbarre scattare ed aprirsi. Cosa stava accadendo? Quella porta non veniva aperta ormai da più di due secoli..cos’aveva in mente quell’uomo? Tesi al massimo i miei sensi ed aspettai.
    -No! Non voglio! Mi lasci andare!- sentii urlare una voce femminile. Mi girai di scatto e vidi Edgar spingere una giovane donna dentro la mia prigione. Aveva un aspetto molto familiare ma il suo odore non l’avevo mai sentito prima. Era molto magra e slanciata, aveva lunghi capelli rossi mossi proprio come..
    -Per cosa questo dono?- chiesi con aria strafottente. Quella ragazza era identica a Karin, l’unica differenza erano gli occhi. Erano colmi di terrore e di paura. Quella ragazza tremava come una foglia e continuava a smuovere le sbarre per cercare di uscire. Non era come la cerbiatta della notte precedente.
    -Mia figlia stà morendo. Oggi..è peggiorata di botto e..- la sua voce tremava. Non sapeva che in realtà la figlia era debole perchè le avevo succhiato troppo sangue la notte prima. –L’accordo era mia figlia in cambio della sua guarigione giusto? Questa ragazza è identica a lei! Prendi lei e cura mia figlia! Fa di questa donna ciò che vuoi!- Sbraitò
    -No! La prego mi faccia uscire! E’ un mostro!!!- continuava ad urlare la giovane donna. Non avrà avuto più di 15..16 anni. La cosa cominciava ad irritarmi ma dovevo mantenere la compostezza.
    -Dimmi Edgar..questa giovane è uguale a tua figlia giusto?- chiesi alzandomi, facendo finta di avere poche forze.
    -In tutto e per tutto- mi rispose gonfiando il petto in fuori.
    -Allora prenderesti questa ragazza con te quando tua figlia morirà? Sostituiresti Karin con lei?- a quelle parole il suo viso si fece paonazzo ed i capelli tanto in ordine cominciarono a drizzarsi come se percossi da un’invisibile scarica elettrica. Senza proferir parola si girò e se ne andò. L’unica cosa che rimase furono le grida di quella giovane. Mi rimisi a sedere nel mio solito angolino e cercai di dormire. Non mi importava di lei. L’unica cosa che aspettavo con ansia era l’arrivo della notte.
    -Mi mangerai? Mi ucciderai?- chiese una voce tremante dall’altra parte della cella. Avevo tutte le intenzioni di ignorarla ma i suoi singhiozzi cominciavano ad irritarmi.
    -Se ti avessi voluta morta lo saresti già. Ora smetti di piangere e fammi dormire- In molti mi avevano detto in passato che non sapevo farci con le donne e, a malincuore, devo ammettere che avevano ragione. Infatti, la ragazza, cominciò a singhiozzare più forte di prima. Continuò così per tutta mattina finchè non le portarono un pasto caldo che si rifiutò di mangiare, e a me..beh..ero ancora a digiuno per loro.
    -Non vorranno mica che ti nutrirai di me?- chiese la ragazza coi nervi a fior di pelle. Se continuava così avrebbe rischiato seriamente di avere un esaurimento nervoso.. In un impeto di frustrazione mi alzai in piedi di scatto e mi diressi verso le sbarre. A quel mio gesto la ragazza si drizzò in piedi e si appiattì ancora di più alla parete. Sembrava voler diventare parte di essa. Presi due sbarre nelle mani e le allontanai come fossero fatte di gomma. Mi diressi verso la ragazza e la presi per un braccio. A quel gesto si scatenò il putiferio.
    -Nooo!!! Lasciami lasciami andare!!! Non uccidermi ti prego!!!- L’alzai di peso e la feci passare attraverso le sbarre e la lasciai cadere aldilà di esse. La ragazza si zittì di colpo e si girò incredula verso di me con le lacrime agli occhi. Riaddrizzai le sbarre e le rimisi al loro posto. Mi girai e ritornai nel mio angolino. La ragazza si alzò adagio e si allontanò di soppiatto.
    -A destra! Troverai un passaggio se sollevi la terza lanterna da destra..sparisci e non farti più vedere- l’ammonii. La giovane ritornò sui suoi passi e fece come le dissi. Scomparve nel passagio senza neanche ringraziarmi.
    Mi addormentai e per la prima volta dopo decenni, riuscii a sognare. Una semplice fiamma rosso fuoco che illuminava l’oscurità. Ardeva viva e forte finchè col tempo, pian piano, diminuì, si affievolì, e si spense. Appena la fiamma svanì aprii gli occhi e rimasi un istante spaesato. Quella luce costante mi rese difficile abituarmi all’oscurità della cella. Un lieve movimento attrasse la mia attenzione e mi girai. Era lì, inginocchiata nello stesso punto della sera prima. Mi stava osservando.
    -Scusami, non volevo svegliarti- disse in tono imbarazzato giocherellando coi suoi capelli. Mi alzai, questa volta senza difficoltà e mi avvicinai a lei. Mi sedetti di fronte alla ragazza e la fissai negli occhi.
    -Pensavo che dopo l’altra sera avresti lasciato perdere- ammisi. Non volevo mantenere quel giuramento perchè sapevo che era sbagliato..ma ero un uomo di parola e se non si fosse tirata indietro lei io di certo non l’avrei fatto.
    -Sono ancora un pò debole ma ce la posso fare. Voglio vivere ciò che mi resta sapendo di averlo scelto io- Dicendo ciò mi porse la mano destra.
    -Non capisco perchè lo fai- dissi sperando mi rispondesse. Ma non lo fece. Semplicemente accennò un sorriso ed allungò la mano verso il mio viso. Avevo i nervi tesi ma non mi scostai. Accarezzò i miei capelli col dorso della mano e, con le dita, me li scostò dal viso. Riuscivo a vedere il mio viso riflesso nei suoi occhi, azzurri ed immensi come il mare. Da quanti secoli non vedevo più il mio viso? Non ricordavo neanche più la mia immagine..come apparivo agli occhi degli altri?
    -Lo faccio per questo- disse lei accarezzandomi il viso e, come la sera prima, ogni punto che toccava sentivo una forte scossa e poi calore. Un calore piacevole. –I tuoi occhi..sembrano i miei. Tu soffri come stò soffrendo io. Tu puoi capirmi..- Non risposi. Le presi la mano dolcemente e sentii che al mio tocco provava ancora un leggero dolore.
    -Dammi l’altra mano- le sussurrai. La ragazza mi porse la mano sinistra e mi nutrii cercando di fare attenzione. Questa volta non si ritrasse per il dolore perchè feci attenzione a non essere frettoloso. Certe cose vanno fatte con calma. Quando finii nessuno dei due parlò, ma i nostri occhi dissero tutto ciò che c’era da dire. La ragazza si alzò e se ne andò. Quella sera fu la prima volta che mi sentii colpevole. Colpevole della mia natura..colpevole di ciò che ero.


    Rue

    Edited by Rue89 - 30/12/2010, 13:53
     
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  8. ironic;
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    è davvero molto bello! ti prego continua. aggiorna presto.
     
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  9. Rue89
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    Grazie mille ironic! A presto il quinto cap ;)

    Rue
     
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    Quello che non ti uccide ti rende più forte


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    Questo racconto mi piace...cercherò nonostante il poco tempo di seguirlo perchè è diverso dagli altri...continua così!
     
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  11. Rue89
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    Tks artemisia >< Era proprio quello che speravo >< Di scrivere un qualcosa di diverso XD Grazie mille ><

    Rue
     
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  12. XxMarTineTTaxX
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    Bellissimo,posta presto :D
     
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  13. ironic;
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    non vedo l'ora >.<
     
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  14. Rue89
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    E per battezzare l'anno nuovo, e visto che il mio ragazzo è crollato a letto, ne ho approfittato per scrivere il sesto capitolo xD Spero vi piaccia ><

    CAPITOLO 6
    -Dove diavolo è la ragazza?!- Mi sbraitò contro Edgar l’indomani mattina. Cominciava a diventare fastidioso e la sua voce mi sembrava più forte dal momento in cui avevo ricominciato a bere sangue umano..
    -L’ho mangiata no? Dopotutto sono un mostro come dici tu- scherzai ma ciò lo fece infuriare ancora di più.
    -Tu menti razza di..di..mostro ripugnante! Dovrebbe almeno esserci il corpo prosiugato ma niente!- Urlò tirando svariati calci contro le sbarre della cella. Dopo un istante si bloccò di colpo e si girò verso di me con uno sguardo incredulo –Tu..l’hai trasformata!?- fece suonare quella frase più come un’affermazione che come una domanda.
    A quel punto incominciai a ridere e, credetemi, risi vedamente di gusto! Quell’uomo a volte se ne usciva con certe sparate..
    -Tu..tu si che sei divertente Edgar! Mi fai morire! Ahahah Ops..sono già morto- e continuai a ridere. Quella mattina, tutta la fatica che feci per costruirmi un’immagine fredda e distaccata andò a farsi benedire. Non capivo perchè ma non riuscivo ad essere altro se non..ottimista. Mi alzai svelto ed agile come solo uno della mia razza poteva fare ed un istante dopo ero alle sbarre ad un dito di naso da Edgar. Smisi di ridere e cominciai a guardarlo serio. Non era più il momento di giocare. –Come pensi che abbia riacquistato tutta la mia forza? Pensaci un attimo e le cose ti torneranno chiare- Lo guardavo come un lupo guardava la sua preda, studiandolo senza paura e senza aggressività. Ad un tratto la soluzione ai miei problemi mi comparve davanti agli occhi.
    -Ma allora..dov’è?- Chiese infine. Alzai le spalle.
    -Se non lo sai te Edgar. Per me potrei anche averla portata da qualche parte.. sai la tua sorveglianza non è poi il massimo- così dicendo afferrai con una mano una sbarra della prigione e la piegai, senza alcuno sforzo, davanti ai suoi occhi. Non gli avevo mai visto uno sguardo simile..era un misto di puro terrore misto a rabbia. Rimase immobile ma le guardie che lo accompagnavano si fecero piccole piccole cercando di nascondersi dietro di lui.
    -Cosa vorresti provare con questo?- chiese a denti stretti vedendo che non avevo la minima intenzione di scappare, tanto meno di attaccare.
    -Vedi Edgar..voglio solo farti capire che tu non mi tieni prigioniero. Io sono quì di mia volontà- era vero..più o meno. Ma decisi di non spiegare oltre a quel personaggio così insignificante. Rimisi la sbarra al suo posto e gli diedi le spalle, dirigendomi verso il mio angolino di cella.
    -Perchè resti quì se hai il potere di andartene?- mi chiese ma non gli risposi. Continuai ad ignorarlo e, dopo un pò, perse interesse e ne ne andò urlando. –Raddoppiate le guardie! Mettetene quattro alla porta superiore e due davanti alla sua cella!- urlò ma una vocina insulsa cercò di contraddirlo.
    -Ma signore nessuno vuole stargli così vicino..soprattutto ora sapendo che può uscire..- Un lamento mi fece intuire che quella persona fu punita per aver aperto bocca. Alla fine, però, Edgar non trovò nessuno che avesse più paura di lui di quanto ne avessero di me. Infatti tutte le guardie rimasero in gardia alla porta che conduceva ai sotterranei. Nessuno davanti la mia cella.
    -Vediamo quanto sei determinata piccola, o se finalmente lascerai perdere- l’unico dispiacere di quel pensiero era quel delizioso nettare che mi donava ogni sera. Per il resto non mi importava granchè..ma decisi comunque di metterla alla prova. A parole eran buoni tutti e io non prendevo neanche in considerazione le persone che per un minimo contrattempo rompevano la parola data. Era ormai mezzanotte ma la ragazza, ovviamente, non si fece viva. Aspettai ed aspettai ma niente. Aveva fatto la scelta giusta a non venire. Era quasi l’alba quando udii dei rumori aldilà della porta. Riconobbi subito i grandi passi di Edgar ma la cosa mi parve strana..non era un tipo mattiniero che ci faceva sveglio a quell’ora? La porta si aprì e sentii altri pasi accompagnarlo. Mi girai ad osservarlo e lo vidi fermarsi davanti a me tenendo nella sua manona un fragile ed esile braccino ricoperto da lunghi capelli mossi color rosso fuoco. Continuai a fissarlo e l’ira era presente sul suo volto. Che sua figlia fosse stata scoperta? Che il piano fosse andato a rotoli? Beh..meglio così.
    -Tu..pensavi che non sarei venuto a saperlo?!- sbraitò l’uomo e la ragazza sembrò tremare tra le sue mani. Non risposi ma continuai a fissarli. C’era qualcosa di strano in quella scena. Come mai Karin indossava un abito così..sgualcito? Di solito vestiva sempre con abiti molto eleganti e curati ma quello.. –Tu..quasi mi stavi fregando prima con quella sbarra! Ovviamente sarà stata arruginita..impossibile che nutrendoti di sangue animale diluito tu possa avere una tale forza!- continuò l’uomo. Forse stavo capendo.. –E se lei è ancora in vita vuol dire che non ti sei nutrito a sufficenza per avere una tale forza!- così dicendo scaraventò la ragazza contro le sbarre ma questa non emise alcun urlo di dolore. A quel gesto balzai in piedi coi nervi a fior di pelle ma Edgar non indietreggiò nonostante emanassi un’aura molto pesante. La ragazza si era ferita e sentivo l’odore del suo sangue. Non c’erano errori.. Edgar guardò la ragazza ma l’ira lo accecava. I capelli di lei erano come un mare di sangue che ricadevano sui suoi vestiti ma in mezzo a tutto quel rosso Edgar lo vide. Il suo ginocchio sbucciato rivelato dal vestito striminzito gli fece nascere un ghigno sul viso. Sollevò nuovamente la ragazza di peso e mi guardò. Fece scattare la serratura della mia cella e scaraventò la ragazza all’interno. Non mi feci avanti per evitare di farla cadere, sarebbe sembrato innaturale. Richiuse immediatamente la porta e mi fissò con sguardo di sfida.
    -Nutriti di lei, ora- disse con voce ferma. –E poi guarirai mia figlia- finì. Non avevo intenzione di accettare. Rimasi fermo ad osservarlo finchè lei si mosse. Ovviamente l’odore del sangue di lei associato alla mia fame era un mix irresistibile..ma Dio solo sapeva quanto fossi cocciuto e determinato quando mi impuntavo. Ed il mio puntiglio in quel momento era non darla vinta ad un misero umano..ma non tenni conto di lei. Lentamente si alzò e si diresse verso di me. Zoppicava leggermente ma nonostante ciò la sua andatura era elegante. Arrivata vicino a me allungò il suo braccio e mi fissò. Quegli occhi azzurro mare senza paura erano unici nel suo genere. Non erano passate tre notti bensì due, ma lessi nei suoi occhi la determinazione e ciò mi bastò. Guardai da sopra la ragazza Edgar e, sempre fissandolo, alzai una mano e la passai delicatamente tra i capelli della ragazza, sfiorandole il viso. Glieli scostai leggermente scoprendo quel collo così pallido e delicato che sembrava esser fatto di raggi di luna.
    -Sei proprio sicuro? Vuoi che mi nutrai di lei?- non rispose ma lessi un assenso nel suo sguardo. Abbassai leggermente il mio viso verso la ragazza e lei lo rifece. Per la seconda volta allungò le mani e mi scostò i capelli dal viso. Il suo sguardo interrogativo mi stava inviando un messaggio: “perchè ti nascondi?”. Mi prese alla sprovvista ma glielo lasciai fare. Il suo cuore batteva a mille, potevo sentirlo chiaramente pompare il sangue nelle sue arterie, quel sangue così unico e raro che bramavo da troppo tempo..
    -Scusa ti farà un pò male- le sussurrai sfiorando il suo orecchio con la mia bocca. Infine la morsi e mi nutrii. Non tanto da tirarle via le forze ma quel tanto che bastava per ciò che volevo fare. Nel momento in cui affondai le mie zanne nel suo collo la sentii accettare benevolmente ciò che stavo facendo, al contrario della prima sera. Provava dolore, lo sentivo, ma non lo dava a vedere. Guardai Edgar e vidi la vittoria dipinta sul suo volto. La consapevolezza che era riuscito ad avere ciò che ambiva da troppo tempo. Quanto si sbagliava. Ad un tratto, sentii che dovevo interrompere quel contatto..lei ne aveva bisogno. Come staccai la mia bocca dal suo collo la ragazza cadde in ginocchio e cominciò a tossire. Le guardai le mani e vidi del sangue..ma non era quello procuratogli dalla mia ferita, avevo fatto attenzione a cicatrizzarglielo appena staccato. In quell’istante Edgar realizzò tutto. Aveva capito che quella che credeva la ragazza del popolo portatami in sacrificio non era altri che sua figlia. Era così accecato dall’ira e dalla mia natura che non era riuscito a notare la differenza.. Aiutai la ragazza ad alzarsi e la sostenni col mio braccio. A quel gesto l’uomo esplose, non pensando più a ciò che era giusto e cauto e a ciò che era pazzia. Riaprì ferocemente la porta della cella e mi si fiondò addosso. Non riuscì mai a toccarmi. Nell’istante in cui tirò fuori un paletto da dentro la veste colpirmi, io ero già dietro di lui. Chiusi la porta della cella imprigionandolo al suo interno. Karin era scossa, in fin dei conti era suo padre.. ma a me non importava minimamente. Avevo ciò che volevo..ciò di cui avevo bisogno.
    -Non riconoscere neanche la propria figlia.. Addio bestia- Nei sotterranei cadde l’oscurità, interrotta soltanto dai gridi disperati dell’uomo.


    Rue
     
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  15. ironic;
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    wow, è bellissimo! aggiorna presto, sono molto curiosa
     
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287 replies since 29/12/2010, 20:41   2274 views
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