Silver Blood (Sangue D'Argento)

Non è morto ciò che in eterno può attendere e col passare di strani eoni anche la morte potrebbe morire.

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  1. Danilo Giallanza
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    STORIA: NUOVA
    PERSONAGGI: NUOVI
    RAITING: ROSSO

    PER FAVORE E' UN LIBRO DA PUBBLICARE QUINDI SE QUALCUNO PUO' AIUTARMI CON CONSIGLI E CORREZIONI PUÒ' FARSI AVANTI...GRAZIE




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    Silver Blood
    Introduzione


    Salem 1693 – La Corte Segreta


    Era l'11 ottobre del 1693. Giorni abbastanza bui e dolorosi per Salem. Centinaia di vite spezzate come il vento porta le foglie d'autunno e la neve si scioglie al sole. Un città di anime erranti, brandelli di vite recise con unghia crudeli. Innocenti uccisi senza pietà per nascondere qualcosa che era più grande di loro. Un segreto che prima o poi sarebbe riaffiorato in superficie. La Corte, il tribunale creato per processare le streghe, stava cominciando a destare sospetti. Il Governatore Phips, membro della Corte Segreta era stato immediatamente convocato. Era lui, marionetta dei potenti, ad eseguire il lavoro sporco. L'uomo fu quindi obbligato a raggiungere il covo, ignorando la pioggia battente e il freddo pungente di quella notte autunnale. Si trovava poco fuori Salem. Stava viaggiando sulla sua carrozza e si preoccupava di più di sporcare i suoi costosi stivali che gli ordini dei suoi superiori. Il viaggio gli parve infinito quando il nitrito dei cavalli gli fece supporre che la destinazione fosse stata raggiunta. Il cocchiere aprì la carrozza pronto ad accompagnarlo con l'ombrello alla reggia vittoriana. Se non fosse stato per la luce della luna che illuminava il viale non si sarebbe visto niente. Due uomini incappucciati li attendevano al portone d'entrata. Quando gli furono vicini il Governatore emise dalla bocca delle parole silenziose quasi come un sussurro.
    << Malum nostrum officium exstirpare est.>>
    Una specie di codice di identificazione. Nel gergo corrente: “Estirpare il male è il nostro compito”. Uno degli uomini fece segno di proseguire mentre l'altro apriva la porta. Il cocchiere stava tornando indietro alla carrozza. Appena entrato appese il cappotto di pelle e asciugò per bene gli stivali sporchi di fango. L'ingresso era abbastanza buio. Da una porta a destra usciva una flebile luce gialla. Si diresse lentamente in quella direzione e varcò la porta. Continuò a camminare in questo corridoio illuminato da poche candele. Era la prima volta che veniva convocato di persona. Non sapeva dove andare e si stava facendo guidare dall'istinto. Alla fine si intravedeva una porta. L'aprì e si ritrovò davanti ad una scalinata di pietra che scendeva. Usciva un odore di vino. Forse era una cantina. Cominciò a scendere la scalinata. Non c'era molta luce perché le candele non riuscivano ad illuminare lo spazio necessario. Scendeva uno per uno gli scalini tenendosi appoggiato al muro che diventava sempre più umido. Cominciò a sentire delle voci avvicinandosi sempre di più alla fine.
    << Dobbiamo prenderci le nostre respons...>>
    C'erano tre uomini vestiti con delle tuniche marroni attorno ad un tavolo. L'uomo incappucciato con la barba bianca che gli veniva davanti mentre gli altri due gli davano le spalle si bloccò quando notò il Governatore davanti l'entrata.
    << Governatore Phips...>>
    Gli altri due uomini incappucciati che gli sedevano accanto a quel punto si accorsero anch'egli della sua presenza e lo fissarono in silenzio. Il loro volto era ben nascosto. Non si vedeva nessun particolare a parte il mento. Uno dei due era un uomo di colore.
    << Avete chiesto la mia presenza qui. Qualche problema?>>
    L'uomo prese una bottiglia di vetro contenente del vino e se ne versò un po' in un calice.
    << In effetti si. Bisogna che La Corte venga sciolta.>>
    Il governatore increspò le sopracciglia e si toccò la fronte.
    << Perché dovremmo fare questo?>>
    << La Corte sta attirando troppi sospetti e per adesso le strade sembrano più pulite. Non c'è più quasi un caso di stregoneria ormai. E' da un anno che stiamo operando. Molte persone corrotte dal demonio sono state giustiziate. Spetta a te il compito di porre fine alle accuse contro La Corte eliminandola completamente.>>
    Il Governatore sospirò e guardò il muro accanto.
    << Cosa dovrei fare?>>
    L'uomo bevve dal calice prima di rispondere.
    << Devi solo obbedire e istituire la nuova Corte...>>

    Capitolo 1


    Boston 2011 – Boston High School


    << Il 12 Ottobre del 1693 il Governatore Phips sciolse “La Corte” istituendo una “Corte di Giustizia” dando così fine alla caccia alle streghe. Da quel giorno a Salem non ci furono più casi di stregoneria.>>
    Il Signor Hayes stava spiegando la sua lezione di storia. Avevano cominciato bene. Suonò la campanella. Alec saltò in aria come se gli fosse passata accanto una mandria di bufali. Il professore se ne accorse.
    << Signor Dale. La stavo annoiando? Non pensavo che la storia fosse così soporifera.>>
    Alec si strizzò gli occhi prima di rispondere. Il Signor Hayes lo stava guardando con due occhi che esprimevano un tale rabbia che lui non si sapeva spiegare. Forse perché era il primo giorno di scuola e stava già sonnecchiando sul banco. Prendeva molto sul serio tutta questa roba.
    << No! No! Professore.>>
    Una ragazza si mise a ridere dalla sua reazione, ma la sua amica snob gli diede una gomitata per farla smettere. Naturalmente non voleva che ridesse alle battute di uno sfigato. Alec increspò il labbro e riguardò il professore.
    << Non voglio neanche sentire una scusa. Sono sempre le stesse da trent'anni di servizio...>>
    Guardò la lavagna elettronica per poi rivolgersi a tutta la classe.
    << Per domani, due pagine della lezione di oggi.>>
    Tutta la classe cominciò a versare polemiche.
    << Lo so, ma quest'hanno avete il diploma, ovvero gli esami. Quindi vi voglio pronti già dal primo giorno! Niente discussioni!>>
    Quasi tutta la classe uscì seccata. Alec si stava dirigendo all'uscita quando il professore lo fermò prendendogli il braccio.
    << Dale. Per te sono tre pagine.>>
    Gli mollò il braccio. Alec lo guardò torvo per poi uscire dalla classe. Non aveva ancora capito se fosse colpa sua oppure pura discriminazione. Quale professore non sarebbe così stronzo da importi più del dovuto? Lasciò raffreddare il suo spirito che stava prendendo a fuoco e si incamminò per il corridoio a testa basta. Di sicuro non aveva molti amici. Quasi tutti lo odiavano in quella scuola, o almeno quelli che sapevano che lui esistesse. Molti facevano finta di non vederlo....anche i nerd gli stavano alla larga. Ma almeno poteva starsene per conto suo. Aveva ancora cinque minuti prima della lezione di biologia. Poteva andare al gabinetto. Si diresse in bagno, entrò e si guardò attorno. Non c'era nessuno. Entrò in uno dei bagni, quando sentì la porta sbattere e qualcuno entrare.
    << Dai, forza! Non c'è nessuno, possiamo farlo qui.>>
    Era la voce di Zack Long, il capitano biondo della squadra di Lacrosse che si sentiva sempre il re della situazione. Alec lo considerava solo un cazzone.
    << Sei sicuro?>>
    Oddio era con Andrea Ross, la “tuttofare” della scuola. Se era nel bagno dei ragazzi c'era solo un motivo: bella, fisico quasi accettabile, capelli color rame, ma solo una che si dava per divertimento. Di certo Zack, il suo ragazzo, non le bastava. Certe volte aveva pensato se non ne potesse fare a meno di scoparsi mezza scuola. Era stata bocciata una volta, proprio per la brutta condotta. Restava comunque la più popolare...forse appunto per questo.
    << Non viene mai nessuno dei ragazzi in bagno il primo giorno. Sono tutti a vedere le nuove arrivate ed i nerd sono a salutarsi tra loro davanti a qualche computer con film porno. Puoi stare tranquilla...>>
    Cominciarono a pomiciare mentre entravano nel bagno accanto al suo. Si sentì uno slaccio di cintura e poi uno sbattimento sulla parete di legno. Quasi gli sembrò che arrivassero dalla sua parte del bagno. Alec si appoggiò alla parete opposta mentre sentiva tremare tutte le pareti di legno. Diventò rosso dalla vergogna. Poi tutto si fermò e si sentì solo la risata di Andrea, compiaciuta ed esausta. Sentì il tiro dell'acqua del cesso e qualcuno che si lavava le mani. Dopo di che lo sbattere della porta d'ingresso e il silenzio assoluto. Alec aprì lentamente la porta del bagno guardando da una fessura se era tutto nella norma. Uscì dal bagno, fece due passi indietro e due avanti, per poi buttarsi su un lavandino. Girò un pomello e lasciò scorrere l'acqua. Si bagnò il viso e chiuse l'acqua. Scrollò la testa e buttò giù una flebile risata. Si guardò allo specchio. Aveva il ciuffo di capelli corvini bagnato. Si guardava negli occhi: un grigio-argento bellissimo. Stava pensando se era un bel ragazzo. Forse aveva qualche brufolo, ma anche Zack ne aveva qualcuno. Era normalissimo per la sua età, ma non era questo che lo preoccupava: pensava se fosse lui ad avere ragione oppure torto. E se era quella la vita normale che tutti facevano, se era lui quello sbagliato in quel posto. Ci ragionò sopra poi pensò che in realtà era vero. Era lui lo sfigato. Tutti i ragazzi facevano poco o meno la vita di Zack. Lui neanche ci si avvicinava. Era diverso. Si morse il labbro così forte da farsi uscire del sangue. Le labbra gli diventarono ancora più rosse. Leccò con la lingua il sangue, inebriandosi la bocca del sapore di ferro, ma la ferita non accennava a chiudersi. Ad un tratto sentì sbattere la porta. Entrò di nuovo Andrea. Quasi gli venne un infarto quando vide Alec.
    << Merda! Ci hai sentiti!>>
    Alec abbassò lo sguardo. Non aveva avuto il tempo di nascondersi di nuovo. Era troppo intento ad affogare nei suoi pensieri disperati.
    << Adesso lo dirai ai tuoi amici...chi non lo fa. Dirai: ho visto questa troia che si faceva cavalcare nel bagno maschile della scuola. Il primo giorno di scuola! E poi tutti voi maschietti che ridete come degli arrapati in calore, immaginando la scena, amplificandole tutto ai massimi della realtà...>>
    Disse mentre inchinata cercava nel bagno qualcosa. Alec storse lo sguardo e si voltò alla finestra.
    << Non ho amici...>>
    Nel suo tono c'era tanta di quella tristezza che Andrea la percepì e si fermò nel cercare. Si girò e si alzò nella direzione di Alec con uno sguardo un po' preoccupato. La pelle di Alec era molto pallida alla luce bianca che penetrava dai vetri offuscati del bagno. Si accorse che lo guardava e finì per girarsi a osservarla anche lui. Aggrottò le sopracciglia quando vide il suo volto ed abbassò subito lo sguardo. Lei si accorse che gli usciva del sangue e gli si avvicinò.
    << Ti esce sangue dal labbro...>> gli alzò la testa dal mento con la sua mano.
    << Aspetta...ci penso io...>>
    Si mise a cercare qualcosa nella sua borsa. Uscì un pacchetto di fazzoletti. Ne prese uno e glielo appoggiò sul labbro. Lei sorrise. Alec non capiva perché lo stesse facendo, però non gli dispiaceva. Le sofferenze mentali che stava patendo prima erano sparite.
    << Come ti sei tagliato?>>
    Chiese lei osservando il fazzoletto che si inzuppava di sangue scuro.
    << Non mi sono tagliato...sono stato io. Cioè, i miei denti...>>
    Lei fece una faccia strana per fargli capire la stranezza. Non facevano altro che guardarsi negli occhi e stare in silenzio. Guardava gli occhi nocciola di lei e cercava di capire cosa stesse pensando.
    << Ti ha mai detto nessuno che hai degli occhi bellissimi?>> gliel'aveva detto con un tono sbalordito. Adesso sapeva a cosa stesse pensando.
    << E' la prima volta.>>
    Ad Andrea scappò una risata seguita da quella di Alec, che emise successivamente un rantolo di dolore per aver sorriso troppo.
    << Hanno un qualcosa di strano, sembra di guardare due lune d'argento.>>
    Era la cosa più bella che gli avessero mai detto dopo tanto tempo.
    << Allora..? Mi vuoi dire il tuo nome? O vuoi aspettare che ti faccia male un'altra volta?>> fece un sorriso grandissimo chiudendo gli occhi.
    << Alec.>> chiuse un occhio aspettando una risposta.
    << Io sono...>>
    <<...Andrea.>>
    Gli rubò il nome dalla bocca.
    << Già...mi conosci?>>
    Alec si mise la mano tra i capelli lisci.
    << In effetti, si. Siamo praticamente vicini di casa.>>
    << Oddio davvero!? Allora domani potremmo venire insieme a scuola se ti va.>>
    Non credeva alle parole che aveva appena sentito: una ragazza gli aveva chiesto di andare insieme a scuola. Non credeva ancora a come si era ribaltata la giornata. Da un momento all'altro si è trovato dalle pendici alla cima della montagna. Insieme ad una ragazza sexy.
    << Oh, ma si certo!>>
    Lei gli tolse il fazzolettino dal labbro. La ferita si era chiusa.
    << Hai la macchina?>>
    Alec prese respiro gonfiando i pettorali e per poi buttare un ampio respiro.
    << Certo!>>
    Andrea prese una penna e cominciò a scrivere sul fazzoletto pieno di sangue.
    << Ok allora, questo è il mio numero. Mandami un messaggio se non arrivo. Adesso devo andare a lezione.>>
    Gli mise il fazzoletto tra le mani, gli diede un bacio sulla guancia e scappò.
    << Ci vediamo!>>
    Scomparve. Alec rimase imbambolato.
    << Ciao...>>
    Si girò lentamente allo specchio e si guardò. Gli sembrava incredibile. Poco prima si torturava l'anima su come lui era diverso e poco dopo una ragazza gli chiede una specie di appuntamento e gli stampa un bacio...sulla guancia, ma era pur sempre un bacio! Se si conta che era fidanzata...questo rendeva le cose più interessanti. Ci ragionò su e poi concluse che appunto lei aveva un ragazzo. Doveva stare attento a non darle troppe attenzioni a scuola se no Zack gli avrebbe fatto il culo. Le uniche volte che aveva fatto a botte era con suo fratello David. Alec aveva un bel fisico atletico, ma Zack era una montagna vivente di muscoli. Sentiva ancora il calore del bacio sulla pelle delle sue labbra umide. Non sapeva neanche se era innamorato. Non aveva mai provato niente del genere prima. Si scrollò di dosso il pensiero e si ricordò che anche lui doveva andare a lezione. Uscì dal bagno e si avviò nella classe di biologia. Camminando nel corridoio gli sembrava che mille sguardi erano puntati su di lui. Era solo paranoia. Ma allora perché gli tremavano le gambe? Cercò di allontanare quella sensazione il più lontano possibile dalla sua mente, era tutto nella norma. Molte altre volte le persone avevano visto uscire Andrea dal bagno dei ragazzi. Ormai si dovevano essere abituati. Era arrivato davanti la porta della classe. Entrò sperando che nessuno lo guardasse. Così fu: come al solito nessuno lo guardava nè gli dava molta importanza. Passò come un fantasma e si sedette in fondo alla classe. La lezione iniziò in ritardo. La professoressa Wilson era stata tamponata da due macchine contemporaneamente. Per sua fortuna niente di grave, solo un lieve dolore al collo. Cercò di ascoltare, ma non riusciva a stare attento. Quel che era successo in bagno con Andrea era stato troppo per lui, non si aspettava che potesse essere così gentile. Dopotutto anche se faceva certe “cose”, era una brava ragazza. Sicuramente non sarebbe mai stata la sua prima ragazza, ma di sicuro poteva essere un qualcosa con cui cominciare. Pensò continuamente a tutto questo per tutta la lezione. Non era stato attento neanche un secondo. La campanella suonò. Per fortuna la professoressa era troppo stanca per fermare la classe e lasciare un qualche compito per casa come gli aveva rifilato il Signor Hayes, con del lavoro aggiuntivo per lui. Uscì dalla classe e si diresse al suo armadietto. Per prendere il libro di chimica. Prese l'occorrente per la lezione, ma ad un tratto si sentì tirare un pugno al braccio destro.
    << David! Ma che diamine fai!?...porca puttana!>>
    Alec si strinse il muscolo, lasciando cadere il libro e socchiudendo gli occhi dal dolore, guardandosi attorno per vedere se qualcuno stesse guardando. Per fortuna nei dintorni non c'era più nessuno. Solo qualcuno che sistemava i libri nell'armadietto, che si guardava allo specchio personale dell'armadietto, o che pomiciava contro l'armadietto. Tutto per così dire “normale”.
    << Scusa fratellino...ti ho fatto male?>>
    David appoggiò una mano sulla spalla del fratello, che in quel momento era leggermente curvato alla sua altezza. David era poco più basso di Alec non essendo del tutto fratelli ma fratellastri: stessa madre e padre diverso. Infatti li differenziava il fatto che lui avesse i capelli castani e gli occhi verdi.
    << In altre circostanze un fratello direbbe: No tutto apposto. Ma cazzo...David!>>
    David sbuffò.
    << Scusami!>> Gli scappò un'altra risata. << Dovresti vederti.>>
    Alec lo guardò in malo modo e si appoggiò all'armadietto stringendosi ancora di più il braccio e alzando la testa per imprecare contro il soffitto. Il braccio gli era diventato rosso. Ben presto gli sarebbe spuntato un livido.
    << Alec. Per favore scusa! Non l'ho fatto apposta!>>
    Non dimostrava i suoi sedici anni, anzi sembrava un bambino certe volte. Alec lo guardò a malapena.
    << Fanculo...lascia perdere...>>
    Dopotutto Alec amava suo fratello. Allungò il braccio buono per farsi dare “un cinque” da suo fratello. David tutto contento gli mollò una schiaffo sulla mano. La vibrazione del suono si espanse nell'aria dell'intero corridoio.
    << Porca troia!>>
    Alec si mise la mano tra le cosce. Quasi si stava mettendo a piangere dal dolore.
    << Ma sei fatto di carta...?>>
    David si guardava la mano e non era tanto convinto della sua forza.
    << Sembra che tu ti sia preso degli steroidi! Merda!>>
    All'espressione di sarcasmo del fratello, David fece spallucce.
    << Io...ti uccido...>>
    David alzò le mani al cielo sorridendo come se avesse un poliziotto davanti con la pistola puntata.
    << Dale...!>> Zack arrivò da dietro un angolo con altri due ragazzi della squadra al suo seguito dall'aria divertita. << Cosa state facendo orfanelli? Vi prendete a botte tra di voi come delle femminucce?>>
    L'espressione di David divenne seria. Zack si avvicinò di più ad Alec appoggiandolo all'armadietto faccia a faccia tenendo la mano destra sul suo petto mentre la sinistra tra i suoi capelli.
    << Oh...che capelli morbidi che hai...Dale...ti sei fatto lo shampoo alla pesca?>>
    Zack osservò i suoi amici sorridenti facendogli l'occhiolino. A quell'offesa David non resistette.
    << Cerca di andare a prendere per il culo qualcun altro Zacky.>>
    I compagni di Zack si misero a ridere alle sue spalle. Zack se ne accorse, mollò Alec e si diresse da lui. In confronto sembravano David e il gigante Golia.
    << Tu...tu vuoi dare ordini a me..?>> Zack si indicò. << Lurido marmocchio da quattro soldi...>>
    Alzò il braccio verso lui, ma David glielo bloccò con la mano. La faccia di Zack cambiò espressione. David increspò serio le sopracciglia e poi gli sussurrò abbastanza piano in modo che solo Zack potesse capire. <<puoi andartene e fare finta di niente... - accennò ai suoi compagni - oppure...>> Guardò il suo braccio e glielo strinse leggermente.
    Zack ebbe un rantolo, mentre nel suo sguardo si leggeva l'orrore. Si leccò le labbra, calmandosi e arrendendosi alla situazione, e guardò per terra sorridendo. << Forse e meglio non toccare...un poppante...>>
    Strattonò la presa di David che lasciò che cedesse.
    << Andiamo ragazzi! Non ce alcun motivo per perdere tempo con dei perdenti.>>
    Se ne andarono con la loro camminata da giocatore di lacrosse.
    << Cazzoni...>>
    David guardò suo fratello. La sua faccia non era molto entusiasta.
    <<penso sarai contento adesso! Tutti adesso mi prenderanno per il culo!>>
    Alec diede un pugno all'armadietto e se ne andò a passo veloce. David lo seguii con lo sguardo.
    << Alec!>>
    Niente. Alec continuò a camminare senza voltarsi né parlare. Lo lasciò da solo. Si diresse in segreteria.
    << Signora Thomas?>>
    La signora anziana e fragile si voltò e raddrizzò gli occhiali da vista.
    << Si, figliolo?>>
    << Avrei bisogno di un favore...>>
    L'anziana si spostò con la sedia girevole nella sua direzione.
    << Non ce problema tesoro. Dimmi pure. Cosa ti serve?>>
    Alec si mise una mano tra i capelli. Sudava freddo.
    << Avrei bisogno di uscire prima oggi...>>
    La Signora annuì senza fare obbiezioni e firmò un pezzo di carta.
    << Metti un firma qui caro...>>
    Indicò col suo dito leggermente tremante il punto dove firmare. Alec mise la firma e porse il foglio alla Signora Thomas.
    << Arrivederci e grazie.>>
    Detto questo uscì da scuola. Fuori pioveva, ed oggi era con la bici...lo era quasi sempre. Salì in sella e cominciò a pedalare. L'acqua fredda cadente gli avrebbe congelato il sangue bollente. Si fermò all'incrocio sgommando sull'asfalto fradicio per osservare un cartello. A sinistra portava verso casa sua, a destra al cimitero da sua madre. La sua vera madre. Pensò di andarla a trovare, l'avrebbe fatto sentire bene. Almeno era quello che sperava. La veniva a trovare spesso, pensando che la vita continuasse dopo la morte, che l'anima sarebbe rimasta in pace in eterno, immortale. Quindi le parlava di tutto. Era bagnato fradicio, i capelli ancora più neri attaccati alla pelle. L'acqua che scivolava sul viso pallido dalle guance arrossate. Non si notavano gli occhi lucidi e bagnati dalle lacrime che non voleva che scendessero. Acqua con acqua. Le lacrime fredde del cielo insieme a quelle tiepide di Alec. A testa bassa si inoltrava in quel luogo da lui considerato sacro. Il prato verde su cui stava camminando era tutto allagato. In lontananza vedeva la lapide, grigia e fredda. Lentamente si avvicinò, con lo sguardo perso nel fissare l'erba bagnata. La leggera nebbia si infrangeva su tutto. Si inginocchiò davanti la lapide. Non disse nulla. Fissava il nome di sua madre, Allyson Coole, perso tra i ricordi. Il suo volto stava quasi scomparendo dalla foto. Era morta quando lui aveva solo tre anni, per partorire David. “Salvate lui, non me!”: era questo che le aveva sentito dire mentre entrava in sala parto e lui intanto veniva preso in braccio da un'infermiera. Era morta per il bambino che portava in grembo. I primi giorni dava la colpa a lui, non lo voleva nemmeno vedere, ma un giorno si avvicinò all'incubatrice. David aprì gli occhi, gli stessi di sua madre, e gli sorrise. Da quel giorno giurò sempre di stargli accanto, di amarlo, proteggerlo. Furono affidati in adozione. Il padre di Alec era morto e quello di David se n'era andato prima che sua madre potesse dirgli che era incinta. Erano da soli. Alla fine un famiglia senza figli li adottò entrambi. E David adesso aveva protetto lui. Forse non era nemmeno in grado di proteggere se stesso. Tirò un pugno sul prato. Non lo voleva accettare. Alzò la testa al cielo buttando un grido di rabbia. Quando riaprì gli occhi in lontananza tra la nebbia e gli alberi di pioppo intravedeva un figura nera. Distolse lo sguardo per osservare attorno a se. Non c'era nessuno. Chi poteva esserci con quella pioggia? Tornò a guardare, ma l'ombra era sparita. Si alzò di colpo, spaventato e intimorito. Indietreggiò e poi sentì un fruscio sugli alberi. A quel rumore si mise a correre. Arrivò alla bicicletta e si lanciò nella strada. Si guardò indietro. Niente. Appena tornò a vedere la strada davanti, una macchina dovette frenare di botto per non investirlo. Il cuore di Alec batteva all'impazzata. Cercò di calmarsi e riprendere il controllo del suo corpo. Doveva essere la sua mente che faceva brutti scherzi. Arrivò a casa. La sua nuova famiglia era adagiata, non erano esattamente ricchi, però erano al di sopra di una normale famiglia del quartiere. Posò la bicicletta in garage ed entrò dentro. C'era una puzza di sigarette orrenda. Girò l'angolo dell'entrata ed entrò in salotto. La sua matrigna stava fumando guardando la televisione. Il suo sguardo perso nel vuoto.
    << Mamma?>>
    Era strano chiamare mamma un altra persona. Ma tuttavia era giusto che la chiamasse così. Era tutta trasandata. I capelli rossi scompigliati e il viso pasciuto e scheletrico. Si era ridotta così per un solo motivo...lo stesso sacrificio che fece sua madre. Solo che lei non ebbe scelta. Suo marito costrinse i dottori ad uccidere il bambino, piuttosto che sua moglie. Lei non poteva avere figli, ma un giorno diede la notizia al marito. Solo che la gravidanza non andò tanto bene dopo il sesto mese e fu costretta ad interrompere la gravidanza se non voleva morire. Lei sarebbe morta volentieri, ma questo non fu possibile. Lo shock fu talmente elevato da farla entrare in una depressione totale. Non mangia molto, non parla molto. Sembrava un guscio senza vita, vuoto. Continuava a fumare la sua sigaretta senza rispondere né dedicare ad Alec un solo sguardo. Alec sospirò e salì le scale per andare nella sua stanza. Passò davanti la stanza di David e tornò indietro per guardare. Era proprio disordinato. Roba sparsa dappertutto. Un vero è proprio adolescente. Gli scappò un risata. Entrò nella sua stanza che era l'opposto, chiuse la porta a chiave e si sdraiò sul letto. Cominciò a pensare alla giornata. Dal professore Hayes, ad Andrea, all'ombra. L'ombra. Chissà cos'era. Magari un fantasma, pensò. Chiuse gli occhi e si girò da un lato per addormentarsi. La sveglia puntata dell'iPhone suonò alle quattro in punto nell'orecchio di Alec che saltò in aria. Doveva andare a lavoro dal Signor Walker. S'alzò veloce per correre in garage e salire sulla bici. Doveva essere là in mezz'ora. Per fortuna era un uomo molto gentile e non si arrabbiava se perdevi qualche minuto in più, ma comunque era giusto non farlo aspettare. Era anziano e aveva bisogno di aiuto. Prese la bicicletta. Per fortuna fuori aveva smesso di piovere. In ogni caso avrebbe fatto attenzione, non voleva rischiare di essere quasi investito come qualche ora prima. Arrivò giusto in tempo, il Signor Walker stava facendo scaricare della merce. Alec buttò per terra la bicicletta e andò a prendere il pacco che l'uomo che stava scaricando la merce stava dando al vecchio.
    << Signor Walker. Ci penso io.>>
    Alec prese il pacco dalle mani dello scaricatore.
    << Grazie, Alec. Giusto in tempo.>> Sorrise. << Per favore, vai a catalogare questi oggetti>>
    Alec annuì e osservò i suoi capelli bianchi e ricci tutti fuori posto. Gli scappò quasi un sogghigno. ANTIQUARIATO WALKER, così si chiamava il negozio. Entrò e si sedette ad una scrivania antica. Prese lo schedario e cominciò ad annotare gli oggetti. Un vaso di bronzo, due candelabri, un orologio da taschino, un tagliacarte. Continuò a catalogare oggetti quando fu attirato da un medaglione d'argento antico con una mezza luna crescente incisa sul ciondolo. Non era nemmeno stato impacchettato e non aveva etichetta di identificazione. Era semplicemente stato buttato tra gli altri oggetti del pacco. Lo prese e se lo mise in tasca. In caso il Signor Walker ne avrebbe parlato glielo avrebbe fatto trovare da qualche parte nel negozio. Non voleva rubarlo, voleva solo osservarlo a casa con più attenzione. Lo trovava molto affascinante. Le ore passarono. Alec dopo aver finito di catalogare gli oggetti li pulì con cura e li lucidò.
    << Alec, credo che per oggi possa bastare. Hai fatto abbastanza puoi andare a casa.>>
    Il Signor Walker spuntò dal niente dietro Alec.
    << Finisco questo e vado.>>
    Il Signor Walker annuì e se ne andò lentamente dall'altra parte. Finito il suo lavoro prese la felpa e andò all'entrata dell'antiquariato.
    << Arrivederci! A domani!>>
    Alec aspettò una risposta. Silenzio assoluto. Era completamente sordo. Chiuse la porta e tornò a casa. Quando sali dalla scalinata interna del garage su in casa sentì il tonfo della porta d'ingresso. La camminata era leggera. Sicuramente era David. Lo lasciò andare nella sua stanza, non ancora sicuro di voler farsi vedere dopo l'episodio di quella mattina. Aspettò un po' e intraprese silenziosamente la scalinata. La soglia della porta di David era luminosa. Si avvicinò per ascoltare cosa stesse facendo. Si sentivano delle vocine soffuse: stava ascoltando della musica a volume esagerato con le cuffie. Entrò nella sua stanza, accese i riscaldamenti e si spogliò dei vestiti restando solo in boxer. Si distese sul letto e prese il Mac dal comodino e se lo poggiò sulle cosce. Erano le nove ed ancora non aveva scritto nessuna parola delle tre pagine sul tema della caccia alle streghe. Il Signor Hayes l'avrebbe ucciso se non l'avesse portato domani. Aprì Google alla ricerca di qualunque cosa. Sbarrò gli occhi quando spuntarono milioni di risultati sull'argomento. Guardò e lesse qualunque cosa fosse interessante: “Con il termine caccia alle streghe si indica la ricerca e la persecuzione di donne sospettate di compiere sortilegi, malefici, fatture, legamenti, o di intrattenere rapporti con forze oscure ed infernali dalle quali ricevere i poteri”. Continuò a cercare e trovò altre informazioni su diversi siti: “Il fenomeno della caccia alle streghe nacque all'incirca alla fine del XV secolo e perdurò fino all'inizio del XVIII secolo all'interno dell'occidente cristiano. Benché le prime tesi sulla stregoneria vengano fatte risalire alla letteratura cattolica del 1400 circa, fu in particolare nelle regioni protestanti che durante l'Umanesimo e il Rinascimento il fenomeno ebbe maggior rilevanza e recrudescenza”. E poi: “In quell'epoca, le streghe, ritenute sospette e pericolose dalle autorità civili e religiose, furono oggetto di persecuzioni che sovente terminavano con la morte. Le presunte streghe, appartenevano per lo più alle classi sociali inferiori ed erano di solito vedove, prostitute, levatrici ed herbarie. Soltanto una piccola minoranza di loro poteva essere realmente annoverata tra i veri e propri criminali, colpevoli di omicidi o di altri gravi reati. La stragrande maggioranza era invece composta da persone innocenti, di ogni età e condizione, spesso le levatrici e guaritrici o prostitute, in un tempo in cui decotti e infusi a base di piante usati dall'empirico sapere tradizionale delle guaritrici risultavano non meno efficaci e sicure di medicine e medici: e, d'altra parte, la popolazione, essenzialmente rurale, non aveva altre possibilità per curarsi del ricorrere ai loro rimedi, meno costosi di quelli dei medici”. Lesse ancora da un altro sito: “Molte streghe vennero torturate e bruciate vive, con le motivazioni ufficiali più varie, ma spesso in base a delazioni anonime mosse anche da futili ragioni e in molti casi, perché sotto tortura, in cambio della riduzione dei tormenti, facesse il nome di persone possibilmente benestanti, ree di complicità, in modo da poter istruire il processo successivo, considerato fortemente remunerativo, dato che il condannato subiva anche la confisca dei beni”. Una frase lo interessò: “Veniva considerata "strega" anche chi possedeva gatti neri, corvi o civette, aveva i capelli rosso sangue o corvini, o un neo nell'iride dell'occhio, il cosiddetto segno del diavolo”. Continuò a cercare il più possibile di informazioni e raggrupparle in un unico tema. Arrivò su una pagina molto interessante, piena di stemmi, simboli ed altra roba. Continuò a guardare interessato. Poi notò una cosa familiare. Un simbolo a dir la verità che aveva già visto. Si ricordò subito della collana. Si tolse il Mac dalle cosce poggiandolo sul letto e corse a prendere il medaglione nella tasca della giacca. Si risistemò come prima e controllò il simbolo sul ciondolo. La luna corrispondeva. Cliccò sull'immagine aprendone una nuova e lesse: “Simbolo della Luna Crescente, usato dalle streghe nei loro riti per usare l'energia della luna. Simboleggia l'argento”. Sorrise ed osservò la collana. Non era una caso averla trovata quello stesso giorno, pensò. La tirò in aria e prendendola al volo la indossò. Non era male a vedersi. Di certo non da indossare sopra alla maglietta. Magari tenerla sotto come portafortuna. Finì prima di andare a dormire. Aveva fatto mezza pagina in più del dovuto. Almeno il professore non avrebbe avuto niente da ridire. Posò il Mac e chiuse la luce per poi mettersi sotto il piumone. Domani sarebbe stato un giorno nuovo per lui.

    Edited by Danilo Giallanza - 14/12/2011, 15:26
     
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  2. ironic;
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    sei molto bravo, i miei complimenti :DD
    storia interessante, spero posterai presto
    qualche piccolo consiglio/correzione:

    CITAZIONE
    Una ragazza si mise a ridere dalla sua reazione, ma la sua amica snob gli diede una gomitata per farla smettere.

    A LEI, quindi è femminile; ci vuole "le"
    CITAZIONE
    Gli rubò il nome dalla bocca.

    idem, come sopra... "le"

    poi c'era una frasetta che mi era suonata male ma non l'ho più trovata ò.ò se non sbaglio avevo letto "prendere a fuoco". (non vorrei ricordar male, ma in tal caso...) sarebbe o "prender fuoco" o "andare a fuoco"

    consiglietto...: quando fai i discorsi diretti e usi un nome proprio, magari metti l'iniziale maiuscola, non solo quando non è la prima parola della frase.

    non credo ci sia altro :DDD

    continua così : D
     
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  3. Danilo Giallanza
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    [QUOTE=ironic;,3/12/2011, 20:20 ?t=48968318&st=0#entry340753517]
    sei molto bravo, i miei complimenti :DD
    storia interessante, spero posterai presto


    INTANTO, grazie tanto per i complimenti...spero di non deluderti... ;[

    Comunque i discorsi iniziali, iniziano con la lettera minuscola perché nel testo di word da cui ho copiato per postare non ho lasciato spazio tra le frecce e la parola. XD vedo di rimediare


    Ti faccio saper quando completo questo postato (perché ne manca un pezzo che volevo rivedere) e posto il secondo...!
     
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  4. ironic;
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    bravo : D
    e sarà un giorno nuovo anche per me, quando leggerò il prossimo cap! : D non vedo l'ora ;D
    CITAZIONE
    La cammina era leggera.

    camminata ;D oppure "i passi erano leggeri"... o.o
    xD

    : D
     
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  5. ~•~Khloe~•~
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    Alloura ecco quello che ho trovato che magari non andava...


    Salem 1693 – La Corte Segreta

    Era l'11 ottobre del 1693. Giorni abbastanza bui e dolorosi per Salem. Centinaia di vite spezzate, come il vento porta le foglie d'autunno e la neve si scioglie al sole. Una città di anime erranti, brandelli di vite recise con unghia crudeli. Innocenti uccisi senza pietà per nascondere qualcosa che era più grande di loro. Un segreto che prima o poi sarebbe riaffiorato in superficie. La Corte, il tribunale creato per processare le streghe, stava cominciando a destare sospetti. Il Governatore Phips, membro della Corte Segreta era stato immediatamente convocato. Era lui, marionetta dei potenti, ad eseguire il lavoro sporco. L'uomo fu quindi obbligato a raggiungere il covo, ignorando la pioggia battente e il freddo pungente di quella notte autunnale. Si trovava poco fuori Salem. Stava viaggiando sulla sua carrozza e si preoccupava di più di sporcare i suoi costosi stivali che gli ordini dei suoi superiori. Il viaggio gli parve infinito quando il nitrito dei cavalli gli fece supporre che la destinazione fosse stata raggiunta. Il cocchiere aprì la carrozza pronto ad accompagnarlo con l'ombrello alla reggia vittoriana. Se non fosse stato per la luce della luna che illuminava il viale non si sarebbe visto niente. Due uomini incappucciati li attendevano al portone d'entrata. Quando gli furono vicini il Governatore emise dalla bocca delle parole silenziose quasi come un sussurro.
    <<exstirpare quae malum est quae nostra officium.>> non faccio latino da molto ma mi pare sia piú corretto "malum nostrum officium exstirpare est"... il verbo va sempre alla fine della frase :)
    Una specie di codice di identificazione. Nel gergo corrente: “Estirpare il male è il nostro compito”. Uno degli uomini fece segno di proseguire mentre l'altro apriva la porta. Il cocchiere stava tornando indietro alla carrozza. Appena entrato appese il cappotto di pelle e asciugò per bene gli stivali sporchi di fango. L'ingresso era abbastanza buio. Da una porta a destra usciva una flebile luce gialla. Si diresse lentamente in quella direzione e varcò la porta. Continuò a camminare in questo corridoio illuminato da poche candele. Era la prima volta che veniva convocato di persona. Non sapeva dove andare e si stava facendo guidare dall'istinto. Alla fine si intravedeva una porta. L'aprì e si ritrovò davanti ad una scalinata di pietra che scendeva. Usciva un odore di vino. Forse era una cantina. Cominciò a scendere la scalinata. Non c'era molta luce perché le candele non riuscivano ad illuminare lo spazio necessario. Scendeva uno per uno gli scalini tenendosi appoggiato al muro che diventava sempre più umido. Cominciò a sentire delle voci avvicinandosi sempre di più alla fine.
    <<Dobbiamo prenderci le nostre respons...>>
    L'uomo incappucciato con la barba bianca si bloccò quando notò il Governatore davanti l'entrata.
    <<Governatore Phips...>>
    Gli altri due uomini incappucciati che gli sedevano accanto a quel punto si accorsero anch'egli della sua presenza, e lo fissarono in silenzio. Il loro volto era ben nascosto. Non si vedeva nessun particolare a parte il mento. Uno dei due era un uomo di colore.
    <<Avete chiesto la mia presenza qui. Qualche problema?>>
    L'uomo prese una bottiglia di vetro contenente del vino e se ne versò un po' in un calice.
    <<In effetti si. Bisogna che La Corte venga sciolta.>>
    Il governatore increspò le sopracciglia e si toccò la fronte.
    <<Perché dovremmo fare questo?>>
    <<La Corte sta attirando troppi sospetti e per adesso le strade sembrano più pulite. Non c'è più quasi un caso di stregoneria ormai. E' da un anno che stiamo operando. Molte persone corrotte dal demonio sono state giustiziate. Spetta a te il compito di porre fine alle accuse contro La Corte eliminandola completamente.>>
    Il Governatore sospirò e guardò il muro accanto.
    <<Cosa dovrei fare?>>
    L'uomo bevve dal calice prima di rispondere.
    <<Devi solo obbedire e istituire la nuova Corte...>>

    Capitolo 1
    Boston 2011 – Boston High School

    <<Il 12 Ottobre del 1693 il Governatore Phips (non ci va la virgola) sciolse “La Corte” istituendo una “Corte di Giustizia” dando così fine alla caccia alle streghe. Da quel giorno a Salem non ci furono più casi di stregoneria.>>
    Il Signor Hayes stava spiegando la sua lezione di storia. Avevano cominciato bene. Suonò la campanella. Alec saltò in aria come se gli fosse passato accanto una mandria di bufali. Il professore se ne accorse.
    <<Signor Dale. La stavo annoiando? Non pensavo che la storia fosse così soporifera.>>
    Alec si strizzò gli occhi prima di rispondere. Il Signor Hayes lo stava guardando con due occhi che esprimevano un tale rabbia che lui non si sapeva spiegare. Forse perché era il primo giorno di scuola e stava già sonnecchiando sul banco. Prendeva molto sul serio tutta questa roba.
    <<No! No, Professore!.>>
    Una ragazza si mise a ridere dalla sua reazione, ma la sua amica snob gli le diede una gomitata per farla smettere. Naturalmente non voleva che ridesse alle battute di uno sfigato. Alec increspò il labbro e riguardò il professore.
    <<Non voglio neanche sentire una scusa. Sono sempre le stesse da trent'anni di servizio...>>
    Guardò la lavagna elettronica per poi rivolgersi a tutta la classe.
    <<Per domani, due pagine della lezione di oggi.>>
    Tutta la classe cominciò a versare polemiche.
    <<Lo so, ma quest'hanno avete il diploma, ovvero gli esami , quindi vi voglio pronti già dal primo giorno! Niente discussioni!>>
    Quasi tutta la classe uscì seccata. Alec si stava dirigendo all'uscita quando il professore lo fermò prendendogli il braccio.
    <<Dale. Per te sono tre pagine.>>
    Gli mollò il braccio. Alec lo guardò torvo per poi uscire dalla classe. Non aveva ancora capito se fosse colpa sua (non ci va la virgola) oppure pura discriminazione. Quale professore non sarebbe cosí (cerca di mettere il meno possibile il verbo fare... la mia ex prof passava ore a parlarcene XD) stronzo da importi più del dovuto? Lasciò raffreddare il suo spirito che stava prendendo a fuoco e si incamminó per tutto il corridoio a testa basta. Di sicuro non aveva molti amici. Quasi tutti lo odiavano in quella scuola, o almeno quelli che sapevano che lui esistesse. Molti facevano finta di non vederlo... anche i nerd gli stavano alla larga, m a almeno (no virgola) poteva starsene per conto suo. Aveva ancora cinque minuti prima della lezione di biologia. Poteva fare “pausa cesso” (questa frase non mi convince molto). Si diresse in bagno, entrò e si guardò attorno. Non c'era nessuno. Entrò in uno dei bagni, quando sentì la porta sbattere e qualcuno entrare.
    <<Dai, forza! Non c'è nessuno, possiamo farlo qui.>>
    Era la voce di Zack Long, il capitano biondo della squadra di Lacrosse che si sentiva sempre il re della situazione. Alec lo considerava solo un cazzone.
    <<Sei sicuro?>>
    Oddio era con Andrea Ross, la “tuttofare” della scuola. Se era nel bagno dei ragazzi c'era solo un motivo: bella, fisico quasi accettabile, capelli color rame, ma solamenteo una che si dava per divertimento. Di certo Zack, il suo ragazzo, non le bastava. Certe volte aveva pensato se non ne potesse fare a meno di scoparsi mezza scuola. Era stata bocciata una volta, proprio per la brutta condotta. Restava comunque la più popolare ... forse appunto per questo.
    <<Non viene mai nessuno dei ragazzi in bagno il primo giorno. Sono tutti a vedere le nuove arrivate ed i nerd sono a salutarsi tra loro davanti a qualche computer con film porno. Puoi stare tranquilla...>>
    Cominciarono a pomiciare mentre entravano nel bagno accanto al suo. Si sentì uno slaccio di cintura e poi uno sbattimento sulla parete di legno. Quasi gli sembrò che arrivassero dalla sua parte del bagno. Alec si appoggiò alla parete opposta mentre sentiva tremare tutte le pareti di legno. Diventò rosso dalla vergogna. Poi tutto si fermò e si sentì solo la risata di Andrea, compiaciuta ed esausta. Sentì il tiro dell'acqua del cesso e qualcuno che si lavava le mani. Dopo di che lo sbattere della porta d'ingresso e il silenzio assoluto. Alec aprì lentamente la porta del bagno guardando da una fessura se era tutto nella norma. Uscì dal bagno, fece due passi indietro e due avanti, per poi buttarsi su un lavandino. Girò un pomello e lasciò scorrere l'acqua. Si bagnò il viso e chiuse l'acqua. Scrollò la testa e buttò giù una flebile risata. Si guardò allo specchio. Aveva il ciuffo di capelli corvini bagnato. Si guardava negli occhi: un grigio-argento bellissimo. Stava pensando se era un bel ragazzo. Forse aveva qualche brufolo, ma anche Zack ne aveva qualcuno. Era normalissimo per la sua età, ma non era questo che lo preoccupava: pensava se era fosse lui ad avere ragione oppure torto. E se era quella la vita normale che tutti facevano, se era lui quello sbagliato in quel posto. Ci ragionò sopra poi pensò che in realtà era vero. Era lui lo sfigato. Tutti i ragazzi facevano poco o meno la vita di Zackui neanche ci si avvicinava. Era diverso. Si morse il labbro così forte da farsi uscire del sangue. Gli diventò più rosso di quanto non lo fossero prima le sue labbra Le labbra gli diventarno ancora piú rosse. Leccò con la lingua il sangue, inebriandosi la bocca del sapore di ferro, ma la ferita non accennava a chiudersi. Ad un tratto sentì sbattere la porta. Entrò di nuovo Andrea. Quasi gli venne un infarto quando vide Alec.
    <<Merda! Ci hai sentiti!>>
    Alec abbassò lo sguardo. Non aveva avuto il tempo di nascondersi di nuovo. Era troppo intento ad affogare nei suoi pensieri disperati.
    <<Adesso lo dirai ai tuoi amici...chi non lo fa. Dirai: ho visto questa troia che si faceva cavalcare nel bagno maschile della scuola. Il primo giorno di scuola! E poi tutti voi maschietti che ridete come degli arrapati in calore, immaginando la scena, amplificandole tutto ai massimi della realtà...>>
    Disse mentre inchinata cercava nel bagno qualcosa. Alec storse lo sguardo e si voltò alla finestra.
    <<Non ho amici...>>
    Nel suo tono c'era tanta di quella tristezza che Andrea la percepì e si fermò nel cercare. Si girò e si alzò nella direzione di Alec con uno sguardo un po' preoccupato. La pelle di Alec era molto pallida alla luce bianca che penetrava dai vetri offuscati del bagno. Si accorse che lo guardava e finì per girarsi a osservarla anche lui. Aggrottò le sopracciglia quando vide il suo volto ed abbassò subito lo sguardo. Lei si accorse che gli usciva del sangue e gli si avvicinò.
    <<Ti esce sangue dal labbro...>> gli alzò la testa dal mento con la sua mano.
    <<Aspetta...ci penso io...>>
    Si mise a cercare qualcosa nella sua borsa. Uscì un pacchetto di fazzoletti. Ne prese uno e glielo appoggiò sul labbro. Lei sorrise. Alec non capiva perché lo stesse facendo, però non gli dispiaceva, le sofferenze mentali che stava patendo prima erano sparite.
    <<Come ti sei tagliato?>>
    Chiese lei osservando il fazzoletto che si inzuppava di sangue scuro.
    <<Non mi sono tagliato... sono stato io. Cioè, i miei denti...>>
    Lei fece una faccia strana per fargli capire la stranezza. Non facevano altro che guardarsi negli occhi e stare in silenzio. Guardava gli occhi nocciola di lei e cercava di capire cosa stesse pensando.
    <<Ii ha mai detto nessuno che hai degli occhi bellissimi?>>gliel'aveva detto con un tono sbalordito. Adesso sapeva a cosa stesse pensando.
    <<E' la prima volta.>>
    Ad Andrea scappò una risata seguita da quella di Alec, che emise successivamente un rantolo di dolore per aver sorriso troppo.
    <<Hanno un qualcosa di strano, sembra di guardare due lune d'argento.>>
    Era la cosa più bella che gli avessero mai detto dopo tanto tempo.
    <<Allora? Mi vuoi dire il tuo nome? O vuoi aspettare che ti faccia male un'altra volta?>> fece un sorriso grandissimo chiudendo gli occhi.
    <<Alec.>> chiuse un occhio aspettando una risposta.
    <<Io sono...>>
    <<... Andrea.>>
    Gli Le rubò il nome dalla bocca.
    <<Già...mi conosci?>> (non ci va la maiuscola dopo i puntini di sospensione ;)
    Alec si mise la mano tra i capelli lisci.
    <<In effetti, si. Abitiamo Siamo praticamente vicini di casa.>>
    <<Oddio davvero!? Allora domani potremmo venire insieme a scuola (no virgola :D) se ti va.>>
    Non credeva alle parole che aveva appena sentito: una ragazza (no virgola :D) gli aveva chiesto di andare insieme a scuola. Non credeva ancora a come si era ribaltata la giornata. Da un momento all'altro si è trovato dalle pendici alla cima della montagna... insieme ad una ragazza sexy.
    <<Oh, ma si certo!>>
    Lei gli tolse il fazzolettino dal labbro. La ferita si era chiusa.
    <<Hai la macchina?>>
    Alec prese respiro gonfiando i pettorali e per poi buttare un ampio respiro.
    <<Certo!>>
    Andrea prese una penna e cominciò a scrivere sul fazzoletto pieno di sangue.
    <<Ok allora, questo è il mio numero. Mandami un messaggio se non arrivo. Adesso devo andare a lezione.>>
    Gli mise il fazzoletto tra le mani, gli diede un bacio sulla guancia e scappò.
    <<Ci vediamo!>>
    Scomparve. Alec rimase imbambolato.
    <<Ciao...>>
    Si girò lentamente allo specchio e si guardò. Gli sembrava incredibile. Poco prima si torturava l'anima su come lui era diverso e poco dopo una ragazza gli chiede una specie di appuntamento ed glia stampa un bacio... sulla guancia, ma era pur sempre un bacio! Per di più Se si conta che era fidanzata... questo rendeva le cose più interessanti. Ci ragionò su e poi concluse che appunto lei aveva un ragazzo. Doveva stare attento a non darle troppe attenzioni a scuola se no Zack gli avrebbe fatto il culo. Le uniche volte che aveva fatto a botte era con suo fratello David. Alec aveva un bel fisico atletico, ma Zack era una montagna vivente di muscoli.
    Ancora sentiva Sentiva ancora (magari é meglio invertire, trovo che suoni meglio) il calore del bacio sulla pelle (no virgola) delle sue labbra umide. Non sapeva neanche se era innamorato. Non aveva mai provato niente del genere prima. Si scrollò di dosso il pensiero e si ricordò che anche lui doveva andare a lezione. Uscì dal bagno e si avviò nella classe di biologia. Camminando nel corridoio gli sembrava che mille sguardi erano puntati su di lui. Era solo paranoia. Ma allora perché gli tremavano le gambe? Cercò di allontanare quella sensazione il più lontano possibile dalla sua mente, era tutto nella norma. Molte altre volte le persone avevano visto uscire Andrea dal bagno dei ragazzi. Ormai si dovevano essere abituati. Era arrivato davanti la porta della classe. Entrò sperando che nessuno lo guardasse. Così fu: come al solito nessuno lo guardava né gli dava molta importanza. Passò come un fantasma e si sedette in fondo alla classe. La lezione iniziò in ritardo. La professoressa Wilson era stata tamponata da due macchine contemporaneamente. Per sua fortuna niente di grave, solo un lieve dolore al collo.
    Cercó di ascoltare, ma non riusciva a stare attento. Quel che era successo in bagno con Andrea era stato troppo per lui, non si aspettava che potesse essere così gentile. Dopotutto anche se faceva certe “cose”, era una brava ragazza. Sicuramente non sarebbe mai stata la sua prima ragazza, ma di sicuro poteva essere un qualcosa con cui cominciare. Pensò continuamente a tutto questo per tutta la lezione. Non era stato attento neanche un secondo. La campanella suonò. Per fortuna la professoressa era troppo stanca per fermare la classe e lasciare un qualche compito per casa come gli aveva rifilato il Signor Hayes, con del lavoro aggiuntivo per lui. Uscì dalla classe e si diresse al suo armadietto. Doveva per prendere il libro di chimica. Posò il libro di biologia e prese quello di chimica. Prese l'occorrente per la leziona, ma ad un tratto si sentì tirare un pugno al braccio destro.
    <<David! Ma che diamine fai!?... porca puttana!>>
    Alec si strinse il muscolo, lasciando cadere il libro e socchiudendo gli occhi dal dolore, guardandosi attorno per vedere se qualcuno stesse guardando. Per fortuna nei dintorni non c'era più nessuno. Solo qualcuno che sistemava i libri nell'armadietto, che si guardava allo specchio personale dell'armadietto, o che pomiciava contro l'armadietto. Tutto per così dire "normale".
    <<Scusa fratellino...ti ho fatto male?>>
    David appoggiò una mano sulla spalla del fratello, che in quel momento era leggermente curvato alla sua altezza. David era poco più basso di Alec non essendo del tutto fratelli ma fratellastri: stessa madre e padre diverso. Infatti li differenziava il fatto che lui avesse i capelli castani e gli occhi verdi.
    <<In altre circostanze un fratello direbbe: No tutto apposto. Ma cazzo...David!>>
    David sbuffò a ridere. (???)
    <<Scusami!>> Gli scappò un'altra risata. <<Dovresti vederti.>>
    Alec lo guardò in malo modo e si appoggiò all'armadietto stringendosi ancora di più il braccio e alzando la testa ad per imprecare contro il soffitto. Il braccio gli era diventato rosso. Ben presto gli sarebbe spuntato un livido.
    <<Alec. Per favore, scusa! Non l'ho fatto apposta!>>
    Non dimostrava i suoi sedici anni, anzi sembrava un bambino. Alec lo guardò a malapena.
    <<Fanculo... lascia perdere...>>
    Dopotutto Alec amava suo fratello. Allungò il braccio buono per farsi dare “un cinque” da suo fratello. David tutto contento gli mollò una schiaffo sulla mano. La vibrazione del suono si espanse nell'aria dell'intero corridoio.
    <<Porca troia!>>
    Alec si mise la mano tra le cosce. Quasi si stava mettendo a piangere dal dolore.
    <<Ma sei fatto di carta...?>>
    David si guardava la mano e non era tanto convinto. (???)
    <<sembra che tu ti sia preso degli steroidi! Merda!>>
    All'espressione di sarcasmo del fratello, David fece spallucce.
    <<Io...ti uccido!>>
    David alzò le mani al cielo sorridendo come se avesse un poliziotto davanti con la pistola puntata.
    <<Dale...!>> Zack arrivò da dietro un angolo con altri due ragazzi della squadra al suo seguito dall'aria divertita. <<Cosa state facendo orfanelli? Vi prendete a botte tra di voi come delle femminucce?>>
    L'espressione di David divenne seria. Zack si avvicinò di più ad Alec appoggiandolo all'armadietto faccia a faccia tenendo la mano destra sul suo petto mentre la sinistra tra i suoi capelli.
    <<Oh... che capelli morbidi che hai...Dale... ti sei fatto lo shampoo alla pesca?>>
    Zack osservò i suoi amici sorridenti facendogli l'occhiolino.
    A quell'offesa David non resistette <<Cerca di andare a prendere per il culo qualcun altro Zacky.>>
    I compagni di Zack si misero a ridere alle sue spalle. Zack se ne accorse, mollò Alec e si diresse da lui. In confronto sembravano David e il gigante Golia. (non ho capito... il gigante é Zack o David???)
    <<Tu... tu vuoi dare ordini a me?>>Zack si indicò. <<Lurido marmocchio da quattro soldi...>>
    Alzò il braccio verso lui, ma David glielo bloccò con la mano. La faccia di Zack cambiò espressione. David increspò serio le sopracciglia e poi gli sussurrò abbastanza piano in modo che solo Zack potesse capire <<Puoi andartene e fare finta di niente... - accennó ai suoi compagni - oppure...>> Guardò il suo braccio e glielo strinse leggermente.
    Zack ebbe un rantolo, mentre nel suo sguardo si leggeva l'orrore.
    David si leccò le labbra calmandosi, e guardò per terra e fece un sorriso sorridendo <<Forse é meglio non toccare... un poppante...>>
    David Lasciò la presa e Zack si girò guardandolo in strano modo <<Andiamo ragazzi! Non ce alcun motivo per perdere tempo con dei perdenti.>>
    Se ne andarono con la loro camminata da giocatore di lacrosse.
    <<Cazzoni...>>
    David guardò suo fratello. La sua faccia non era molto entusiasta.
    <<Penso sarai contento adesso! Tutti mi prenderanno per il culo me!>>
    Alec diede un pugno all'armadietto e se ne andò a passo veloce. David lo seguii con lo sguardo.
    <<Alec!>>
    Niente. Alec continuò a camminare senza voltarsi né (qnd é 1 negazione ci vuole l'accento... uddiu sembro 1 prof di grammatica :((:) parlare. Lo lasciò da solo. Si diresse in segreteria.
    <<Signora Thomas?>>
    La signora anziana e fragile si voltò e raddrizzò gli occhiali da vista.
    <<ai, figliolo?>>
    <<avrei bisogno di un favore...>>
    L'anziana si spostò con la sedia girevole nella sua direzione.
    <<Non ce problema tesoro. Dimmi pure. Cosa ti serve?>>
    Alec si mise una mano tra i capelli. Sudava freddo.
    <<Avrei bisogno di uscire prima oggi...>>
    La Signora annuì senza fare obbiezioni e firmò un pezzo di carta.
    <<Metti un firma qui caro...>>
    Indicò col suo dito leggermente tremante il punto dove firmare. Alec mise la firma e porse il foglio alla Signora Thomas.
    <<Arrivederci e grazie.>>
    Detto questo uscì da scuola. Fuori pioveva, ed oggi era con la bici... lo era quasi sempre. Salì in sella e cominciò a pedalare. L'acqua fredda cadente gli avrebbe congelato il sangue bollente. Si fermò all'incrocio sgommando sull'asfalto fradicio ad per osservare un cartello. A sinistra portava verso casa sua, a destra al cimitero (no virgola) da sua madre. La sua vera madre. Pensò di andarla a trovare, l'avrebbe fatto sentire bene. Almeno era quello che sperava. La veniva a trovare spesso, pensava pensando che la vita continuasse dopo la morte, che l'anima sarebbe rimasta in pace in eterno, immortale. Quindi le parlava di tutto.
    Era bagnato fradicio, i capelli ancora più neri attaccati alla pelle. L'acqua che scivolava sul viso pallido dalle guance arrossate. Non si notavano gli occhi lucidi e bagnati dalle lacrime che non voleva che scendessero. Acqua con acqua. Le lacrime fredde del cielo insieme a quelle tiepide di Alec. A testa bassa si inoltrava in quel luogo da lui considerato sacro. Il prato verde su cui stava camminando era tutto allagato. In lontananza vedeva la lapide, grigia e fredda. Lentamente si avvicinavaó, con lo sguardo perso nel fissare l'erba bagnata. La leggera nebbia si infrangeva su tutto. Si inginocchiò davanti la lapide. Non disse nulla. Fissava il nome di sua madre, Allyson Coole, perso tra i ricordi. Il suo volto stava quasi scomparendo dalla foto. Era morta quando lui aveva solo tre anni, per partorire David. "Salvate lui, non me!" : era questo che le aveva sentito dire mentre entrava in sala parto e lui intanto veniva preso in braccio da un'infermiera. Era morta per il bambino che portava in grembo. I primi giorni dava la colpa a lui, non lo voleva nemmeno vedere, ma un giorno si avvicinò all'incubatrice. David aprì gli occhi, gli stessi di sua madre, e gli sorrise. Da quel giorno giurò sempre di stargli accanto, di amarlo, proteggerlo. Furono affidati in adozione. Il padre di Alec era morto e quello di David se n'era andato prima che sua madre potesse dirgli che era incinta. Erano da soli. Alla fine un famiglia senza figli li adottò entrambi. E David adesso aveva protetto lui. Forse non era nemmeno in grado di proteggere se stesso. Tirò un pugno sul prato. Non lo voleva accettare. Alzò la testa al cielo buttando un grido di rabbia. Quando riaprì gli occhi in lontananza tra la nebbia e gli alberi di pioppo intravedeva un figura nera. Distolse lo sguardo per osservare attorno a se. Non c'era nessuno. Chi doveva poteva esserci con quella pioggia ? Tornò a guardare, ma l'ombra era sparita. Si alzò di colpo, spaventato e intimorito. Indietreggiò e poi sentì un fruscio sugli alberi. A quel rumore si mise a correre. Arrivò alla bicicletta e si lanciò nella strada. Si guardò indietro. Niente. Appena tornò a vedere la strada davanti, una macchina dovette frenare di botto per non investirlo. Il cuore di Alec batteva all'impazzata. Cercò di calmarsi e riprendere il controllo del suo corpo. Doveva essere la sua mente che faceva brutti scherzi. Arrivò a casa.
    La sua nuova famiglia era adagiata, non erano esattamente ricchi, però erano al di sopra di una normale famiglia del quartiere. Posò la bicicletta in garage ed entrò dentro. C'era una puzza di sigarette orrenda. Girò l'angolo dell'entrata ed entrò in salotto. La sua matrigna stava fumando guardando la televisione. Il suo sguardo perso nel vuoto.
    <<Mamma?>>
    Era strano chiamare mamma un altra persona. Ma tuttavia era giusto che la chiamasse così. Era tutta trasandata. I capelli rossi scompigliati, e il viso pasciuto e scheletrico. Si era ridotta così per un solo motivo... lo stesso sacrificio che fece mia madre. Solo che lei non ebbe scelta: suo marito costrinse i dottori ad uccidere il bambino, piuttosto che sua moglie. Lei non poteva avere figli, ma un giorno diede la notizia al marito, aspettava un figlio. Solo che la gravidanza non andò tanto bene dopo il sesto mese e fu costretta ad interrompere la gravidanza se non voleva morire. Lei sarebbe morta volentieri, ma questo non fu possibile. Lo shock fu talmente elevato da farla entrare in una depressione totale. Non mangia molto, non parla molto. Sembrava un guscio senza vita, vuoto. Continuava a fumare la sua sigaretta senza rispondere né dedicare ad Alec un solo sguardo. Alec sospirò e salì le scale per andare nella sua stanza. Passò davanti la stanza di David e tornò indietro per guardare. Era proprio disordinato. Roba sparsa dappertutto. Un vero è proprio adolescente. Gli scappò un risata. Entrò nella sua stanza che era l'opposto, chiuse la porta a chiave e si sdraiò sul letto. Cominciò a pensare alla giornata. Dal professore Hayes, ad Andrea, all'ombra. L'ombra. Chissà cos'era. Magari un fantasma, pensò. Chiuse gli occhi e si girò da un lato per addormentarsi. La sveglia puntata dell'iPhone suonò alle quattro in punto nell'orecchio di Alec che saltò in aria. Doveva andare a lavoro dal Signor Walker. S'alzò veloce per correre in garage e salire sulla bici. Doveva essere lá in mezz'ora. Per fortuna era un uomo molto gentile e non si arrabbiava se perdevi qualche minuto in più, ma comunque era giusto non farlo aspettare. Era anziano e aveva bisogno di aiuto. Prese la bicicletta. Per fortuna fuori aveva smesso di piovere. In ogni caso avrebbe fatto attenzione, non voleva rischiare di essere quasi investito come qualche ora prima. Arrivò giusto in tempo: il Signor Walker stava facendo scaricare della merce. Alec buttò per terra la bicicletta e andò a prendere il pacco che l'uomo che stava scaricando la merce stava dando al vecchio.
    <<Signor Walker. Ci penso io.>>
    Alec prese il pacco dalle mani dello scaricatore.
    <<Grazie, Alec. Giusto in tempo.>> Sorrise <<Per favore, vai a catalogare questi oggetti>>
    Alec annuì e osservò i suoi capelli bianchi e ricci tutti fuori posto. Gli scappò quasi un sogghigno.
    ANTIQUARIATO WALKER, così si chiamava il negozio. Entrò e si sedette ad una scrivania antica. Prese lo schedario e cominciò ad annotare gli oggetti. Un vaso di bronzo, due candelabri, un orologio da taschino, un tagliacarte. Continuò a catalogare oggetti quando fu attirato da questo un medaglione d'argento antico con una mezza luna crescente incisa nel sul ciondolo. Non era nemmeno stato impacchettato e non aveva etichetta di identificazione. Era semplicemente stato buttato tra gli altri oggetti del pacco. Lo prese e se lo mise in tasca. In caso il Signor Walker ne avrebbe parlato glielo avrebbe fatto trovare da qualche parte nel negozio. Non voleva rubarlo, voleva solo osservarlo a casa con più attenzione. Lo trovava molto affascinante. Le ore passarono. Alec dopo aver finito di catalogare gli oggetti li pulì con cura e li lucidò.
    <<Alec, credo che per oggi possa bastare. Hai fatto abbastanza, puoi andare a casa.>>
    Il Signor Walker spuntò dal niente dietro Alec.
    <<Finisco questo e vado.>>
    Il Signor Walker annuì e se ne andò lentamente dall'altra parte. Finito il suo lavoro prese la felpa e andò all'entrata dell'antiquariato.
    <<Arrivederci! A domani!>>
    Alec aspettò una risposta. Silenzio assoluto. Era completamente sordo. Chiuse la porta e tornò a casa. Quando sali dalla scalinata interna del garage su in casa sentì il tonfo della porta d'ingresso. La camminata era leggera. Sicuramente era David. Lo lasciò andare nella sua stanza, non era ancora sicuro di voler farsi vedere dopo come gli aveva risposto quella stessa l'episodio di quella mattina. Aspettò un po' e intraprese silenziosamente la scalinata. La soglia della porta di David era luminosa. Si avvicinò per ascoltare cosa stesse facendo. Si sentivano delle vocine soffuse: stava ascoltando della musica a volume esagerato con le cuffie. Entrò nella sua stanza, accese i riscaldamenti e si spogliò dei vestiti restando solo in boxer. Si distese sul letto e prese il Mac dal comodino e se lo poggiò sulle cosce. Erano le nove ed ancora non aveva scritto nessuna parola delle tre pagine sul tema della caccia alle streghe. Il Signor Hayes l'avrebbe ucciso se non l'avesse portato domani. Aprì Google alla ricerca di qualunque cosa. Sbarrò gli occhi quando spuntarono milioni di risultati sull'argomento. Guardò e lesse qualunque cosa fosse interessante: “Con il termine caccia alle streghe si indica la ricerca e la persecuzione di donne sospettate di compiere sortilegi, malefici, fatture, legamenti, o di intrattenere rapporti con forze oscure ed infernali dalle quali ricevere i poteri”. Continuò a cercare e trovò altre informazioni su diversi siti: “Il fenomeno della caccia alle streghe nacque all'incirca alla fine del XV secolo e perdurò fino all'inizio del XVIII secolo all'interno dell'occidente cristiano. Benché le prime tesi sulla stregoneria vengano fatte risalire alla letteratura cattolica del 1400 circa, fu in particolare nelle regioni protestanti che durante l'Umanesimo e il Rinascimento il fenomeno ebbe maggior rilevanza e recrudescenza”. E poi: “In quell'epoca, le streghe, ritenute sospette e pericolose dalle autorità civili e religiose, furono oggetto di persecuzioni che sovente terminavano con la morte. Le presunte streghe, appartenevano per lo più alle classi sociali inferiori ed erano di solito vedove, prostitute, levatrici ed herbarie. Soltanto una piccola minoranza di loro poteva essere realmente annoverata tra i veri e propri criminali, colpevoli di omicidi o di altri gravi reati. La stragrande maggioranza era invece composta da persone innocenti, di ogni età e condizione, spesso le levatrici e guaritrici o prostitute, in un tempo in cui decotti e infusi a base di piante usati dall'empirico sapere tradizionale delle guaritrici risultavano non meno efficaci e sicure di medicine e medici: e, d'altra parte, la popolazione, essenzialmente rurale, non aveva altre possibilità per curarsi del ricorrere ai loro rimedi, meno costosi di quelli dei medici”. Lesse ancora da un altro sito: “Molte streghe vennero torturate e bruciate vive, con le motivazioni ufficiali più varie, ma spesso in base a delazioni anonime mosse anche da futili ragioni e in molti casi, perché sotto tortura, in cambio della riduzione dei tormenti, facesse il nome di persone possibilmente benestanti, ree di complicità, in modo da poter istruire il processo successivo, considerato fortemente remunerativo, dato che il condannato subiva anche la confisca dei beni”. Una frase lo interessò: “Veniva considerata "strega" anche chi possedeva gatti neri, corvi o civette, aveva i capelli rosso sangue o corvini, o un neo nell'iride dell'occhio, il cosiddetto segno del diavolo”. Continuò a cercare il più possibile di informazioni e raggrupparle in un unico tema. Arrivò su una pagina molto interessante, piena di stemmi, simboli ed altra roba. Continuò a guardare interessato. Poi notò una cosa familiare. Un simbolo a dir la verità che aveva giá visto. Si ricordò subito della collana. Si tolse il Mac dalle cosce (no virgola) poggiandolo sul letto e corse a prendere il medaglione nella tasca della giacca. Si risistemò come prima e controllò il simbolo sul ciondolo. La luna corrispondeva. Alec cliccó sull'immagine aprendone una nuova e lesse: “Simbolo della Luna Crescente, usato dalle streghe nei loro riti per usare l'energia della luna. Simboleggia l'argento”. Sorrise ed osservò la collana. Non era una caso averla trovata quello stesso giorno, pensò. La tirò in aria e prendendola al volo la indossò. Non era male a vedersi. Di certo non era da vedere indossare sopra alla maglietta. Magari tenerla sotto, per come portafortuna. Finì prima di andare a dormire. Aveva fatto mezza pagine in più del dovuto. Almeno il professore non avrebbe avuto niente da ridire. Posò il Mac e chiuse la luce per poi mettersi sotto il piumone. Domani sarebbe stato un giorno nuovo per lui.



    Dani 6 bravissimo ^^

    La storia é coinvolgente e hai un metodo di scritture molto scorrevole... mi piace :) Aspetto il seguito XD

    P.S. = ti ho evidenziato in rosso i possibili errori... molti sono di punteggiatura (fai molte frasi corte, quando diverse potresti collegarle co delle virgole... le frasi corte lasciale soprattutto per le scene di suspens). Dacci un'occhiata :D

    Edited by ~•~Khloe~•~ - 12/12/2011, 19:20
     
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  6. Danilo Giallanza
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    Oddio Grazie... :') ti darei un bacio...MI VIENE DA PIANGERE! Grazie Klo!

    Ironic grazie anche a te!!! :*

    SN CONTENTISSIMO CHE VI PIACCIA!
    HO INIZIATO IL CAPITOLO DUE!!! SPERO CHE PER DOMANI SIA PRONTO! IL COLPO DI SCENA FINALE SARA' SPIETATO! RESTERETE A BOCCA APERTA!
     
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  7. ~•~Khloe~•~
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    di nnt ^^

    aspetto cn ansia il seguito :D
     
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  8. Danilo Giallanza
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    Vi avverto appena lo pubblico!
     
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  9. Danilo Giallanza
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    Capitolo 2

    Salem – La Corte Segreta – Una settimana prima


    Seppure erano passati più di trecento anni, la Corte Segreta restava totalmente attiva. Adesso lavorava più segretamente di prima. Non usava più niente come scudo per ottenere i propri scopi, come era successo tempo prima con la Corte. Restava nell'ombra ed agiva da lì. Si dovevano affrontare molti problemi. Il male secondo loro si era ritirato, ed era per questo che bisognava scovarlo e annientarlo adesso che era debole. I loro seguaci erano in tutto il mondo: in America si facevano chiamare cacciatori; in Italia assassini; in Grecia sacerdoti; in Francia chierici; in Egitto anime; in Oriente sterminatori e in Israele templari. Quasi tutti di diverse religioni, ma con lo stesso credo. Erano conosciuti come l'Ordine di Salomone, addestrati a combattere il male fin dalla tenera età., di generazione in generazione; da famiglia a famiglia, da padre a figlio. Le sue origini era molto antiche, dai tempi di Re Salomone, il quale aveva creato un tomo con lo scopo di abbattere l'oscurità che si annidava nel mondo. Il suo potere era immenso, non poteva assolutamente cadere nelle mani sbagliate. Per fortuna l'Ordine l'avrebbe difeso e custodito fino alla morte.
    Nei secoli si erano evoluti: nuove armi, armature e abilità. Erano uomini e donne semplici, con capacità eccezionali e naturali che però li rendevano dei temibili e letali avversari per le forze oscure. Erano infiltrati ovunque: in banche, caserme, scuole e nella mafia. Perfino il Vaticano con lo stesso Papa era coinvolto. Oggi erano riuniti in un assemblea per decidere il da farsi a Salem e dintorni. La villa vittoriana, sede principale dell'Ordine di Salomone in America, era tornata più attiva che mai nell'ultimo decennio.
    Un uomo entrò nella cantina, vestito con un'insolita veste nera con cappuccio che gli copriva gran parte del viso. Aveva pettorale, vambracciali e gambiere corazzate di uno strano metallo grigio-bluastro. Il suono dei suoi stivali di cuoio echeggiava nella stanza silenziosa. Attorno ad un tavolo erano riuniti otto individui in tunica nera. Si notavano a malapena perché la stanza era illuminata da poche candele. L'uomo si inchinò posando un ginocchio per terra.
    << Kraghen...>>
    Uno degli uomini con la tunica si alzò e fece segno di alzarsi all'uomo inchinato.
    << Malum nostrum officium exstirpare est.>>. Disse Kraghen poggiandosi la mano chiusa a pugno sul petto in segno di rispetto.
    Il loro motto di vita non era cambiato. Non solo si erano evoluti, ma avevano rintrodotto gli usi e i costumi delle antiche tradizioni. L'uomo incappucciato, il capo, poggiò a sua volta il pugno sul petto.
    << Ai suoi ordini Maestro.>>
    << Kraghen, ho un compito per te.>>
    Kraghen accennò a continuare al Maestro.
    << Voglio che raduni i tuoi uomini ed andiate a Boston. Abbiamo individuato un caso. Un ragazzo che sta cambiando...>>
    Capì subito che stava intendendo.
    << Andrai là. Si trova in una villa nella periferia a nord di Boston, la famiglia Dale. Troverai istruzioni e quel che ti serve appena fuori da qui dal capitano Angus.>>
    << Come vuole.>>
    Prese per voltarsi ma il Maestro non aveva finito.
    << Non così di fretta! Ancora un particolare...>>
    Si girò.
    << Non sabbiamo chi abbia questa “infezione”. Perché sono due i ragazzi in quella famiglia.>>
    Kraghen abbassò lo sguardo a terra sicuramente per riflettere e rispondere.
    << Quindi...cosa fare? Come faccio a sapere chi dei due è infetto?>>
    << Lo saprai quando ce l'avrai davanti e tenterà di ucciderti...>>
    << Altro?>>.
    Il maestro si sedette.
    << Puoi andare...è tutto.>>
    Kraghen si poggiò la mano sul petto per poi voltarsi e andarsene.
    Gli altri membri restavano in silenzio. Il Maestro si versò il vino della stessa annata della caccia alle streghe per poi rivolgersi al membro dell'Ordine che aveva alla sua destra.
    << Alan. Portala dentro. Sbrighiamoci...devo andare a teatro.>>
    << Si Maestro.>>
    Si alzò ed scomparì nell'ombra. Tornò con altri due membri guerrieri dell'ordine, vestiti esattamente come Kraghen. Stavano portando con forza e violentemente una ragazza dai capelli neri e mossi al centro della cantina, davanti al tavolo dei membri. Alan tornò a sedersi. La ragazza era stata torturata e non aveva più forze per gridare. Annaspava l'aria in continuazione, tossendo e sputando sangue. Era scheletrica, non avendo mangiato per giorni. Attorno ai fragili e sottili polsi e alla gola aveva degli strani anelli di legno con sopra incisi simboli arcani. Uno dei guerrieri cosparse la ragazza con una polvere rossa e poi le disegnò un cerchio attorno.
    << Procedete.>>
    Alzò la mano per dare l'ordine.
    Un guerriero prese una candela e accese la polvere che si infiammò, inondando la ragazza col fuoco. Tutte le candele della stanza alzarono la loro fiamma di colpo come per magia. O forse lo era. Una rito. Nessun urlo, solo lo straziante lamento strozzato della ragazza che periva in agonia e il Maestro che sussurrava: << Niente brucia l'anima torturata di una strega più del fuoco puro. Come la materia del suo corpo la sua essenza non farà mai più ritorno...>> sorrise. << Perché sarà consumata nell'eternità.>>

    Boston – Camera da letto di Alec

    Chissà cosa stesse sognando Alec per fargli uscire la saliva dalla bocca. L'iPhone gli vibrò così vicino alla guancia che gli tremò tutto il viso. Aprì gli occhi confuso guardandosi attorno: “E' mattina”, pensò. Si alzò e andò nel suo bagno a farsi la doccia. Si tolse i boxer che lanciò spudoratamente sul lavandino come un qualsiasi ragazzo ed entrò nella doccia, in tutta la sua perfezione di maschio. Aprì il rubinetto dell'acqua. Gli prese un colpo quando cadde fredda, quindi allungò immediatamente la mano per correggere l'errore e impostare il pomello sul rosso. Finalmente vide uscire un po' di vapore e cominciò a rilassare i muscoli delle braccia che aveva usato per scrivere un bel po' di ore. Cominciò a lavarsi il petto tonico con lo Shower Gel. Sentiva un leggero dolore al braccio e guardandoselo si accorse di avere un leggero livido nel punto dove suo fratello gli aveva tirato un pugno. Scosse la testa e prese lo shampoo per cospargersi i capelli nella schiuma. Stava pensando al sogno che aveva fatto poco prima. Andrea sopra di lui nel suo letto. Nuda. Al pensiero si guardò là sotto e fece un sorriso stentato. Aveva avuto un'erezione. Ora capiva perché tutti volevano scoparsela, se faceva questa reazione... Gli venne in mente che Andrea magari lo avrebbe aspettato. E lui non voleva fare aspettare una ragazza. Chiuse l'acqua ed uscì coprendosi dal bacino in giù con una asciugamano. Passò in camera e si vestì velocemente per poi asciugarsi la testa. Prese l'iPhone e scrisse un messaggio ad Andrea: “Dove ci vediamo? Alec”.
    Prese l'asciugamano umido ed andò in bagno a prendere i boxer dal lavandino e metterli nel cesto dei vestiti sporchi. Quando tornò in camera trovò un messaggio di Andrea: “Ma chi sei? Come fai ad avere il mio numero?”.
    Non sapeva come comportarsi. Di chi era quel numero? Possibile che avesse sbagliato a scrivere? No era impossibile, il numero era il suo. Ma allora perché quel messaggio, scrittogli come se non sapesse chi era lui né ricordasse cos'era successo ieri. Increspò le labbra. Non avrebbe risposto a quel messaggio. Tirò un calcio al letto.
    << Merda!>>
    Si diresse in fretta verso la porta della camera ma appena l'aprì si trovò David davanti.
    << Che cos'hai...? Ti ho sentito...>> fece spallucce guardando la stanza. << Bhè...lo sai...>>
    Alec lo guardò, la bocca chiusa ermeticamente, e prese a camminare verso il corridoio ma David lo bloccò mettendogli una mano sul petto.
    << Aspetta...>>
    Alec sospirò e lo guardò.
    << Lo so che sei arrabbiato con me...ma...>>
    << Non ce l'ho con te. Hai fatto solo il tuo dovere di fratello ieri... non importa se io sono il maggiore>> guardò il corridoio. << Ora lasciami andare...è già una brutta giornata.>>
    David lo lasciò e lui cominciò a percorrere il corridoio a passo veloce.
    << Se hai intenzione di andare in macchina oggi...potresti darmi uno strappo?>>
    Rallentò.
    << Sì, vieni.>>
    David fece un sorriso e rincorse il fratello.
    Scesero insieme in garage. Alec si fermò a guardare le due macchine che aveva di fronte. “La Porche o la Jeep?”, pensò. Senza dubbi, andò a prendere dall'armadietto le chiavi della jeep grigio scuro. Aprì lo sportello.
    << Non andiamo con la porche?>>
    Alec lo guardò alzando un sopracciglio.
    << Va bene, va bene. Vedo chiaramente che non è giornata oggi.>>
    A David sembrò che suo fratello sorridesse.
    Partirono. Alec non correva, era un ottimo guidatore. Se non fosse stato per il motore della jeep sarebbe stato un silenzio di tomba.
    David stava impazzendo dalla curiosità e alla fine non resistette. << Tutto apposto Alec?>> chiese torvo, magari perché si aspettava una certa risposta sgarbata dal fratello.
    << Se lo vuoi sapere, se vuoi metterti in pace con te stesso, perché percepisco che è così, non ha niente a che fare con quello che è successo ieri...o almeno...non quando c'eri tu.>>
    Arrivarono nel parcheggio della scuola.
    << Sei sicuro di...>>.
    << È lei!>>
    Mentre stava facendo manovra per parcheggiare interruppe David avendo visto Andrea da sola passare di lì. Posteggiò la macchina e scese.
    << Scendi veloce!>>
    Gridò al fratello che scese di colpo in preda al panico chiedendo: << Chi!? Il mostro della matematica!?>>
    Il mostro della matematica non era niente di meno che la professoressa Hughes. Insegnava alla Boston High School.
    Alec sbuffò alla battuta del fratello, chiuse la macchina e corse nella direzione di Andrea.
    << David, va in classe!>> gli gridò mentre scappava.
    Raggiunse Andrea che andava dritta verso il cortile della scuola. In quel posto c'era un punto dove le telecamere della scuola non potevano riprendere quel che accadeva. Ottimo per potersi fumare una sigaretta in santa pace. Andrea stava andando proprio in quel luogo, magari per incontrarsi con le amiche e fumare prima dell'inizio delle lezioni.
    << Ehi!>>
    Alec le spuntò di dietro facendole cadere per lo stupore il pacchetto di sigarette che nascondeva nella borsa. Si abbassò velocemente per vedere se qualcun l'avesse vista, entrando quasi in panico.
    << Ma sei impazzito!? Mi hai fatto prendere un colpo! Dio Santo...>>
    Si spostò i capelli di lato mentre sbuffava scocciata.
    << Scusami.>>
    Alec sorrise.
    << Scusami...cosa!? Ma chi sei!? Chi ti conosce!?>>
    << Sono Alec...ci siamo conosciuti ieri...avevi detto che saremmo venuti insieme stamattina.>>
    Il sorriso gli scomparve.
    << Oddio...seriamente? Eri tu quello che mi ha mandato il messaggio stamattina?>>
    Allora il numero non era sbagliato, tuttavia non capiva che stava succedendo.
    << Si...>>.
    Spalancò gli occhi.
    << Senti...non so che razza di pervertito sei, ma ti avverto...stammi lontano o chiamerò la polizia. Ah! Cancella il mio numero!>>
    Si girò facendo uscire dalla borsa una sigaretta nascondendola bene tra la mano.
    Alec restò lì, di stucco e senza parole. Adesso era più confuso di prima. “Ma che cavolo...?”, ripeté nella sua testa. Non capiva niente: il giorno prima gentile e il giorno dopo scontrosa. Era il mondo che stava andando in pezzi o la sua testa? Stava impazzendo? Si mosse lentamente indietro e girandosi continuò a continuare perplesso a camminare. Aveva subito un shock mentale. Ma che diamine le era successo? Si fermò di botto, una scintilla gli illuminò il cervello. Forse Zack aveva scoperto qualcosa, o almeno lo sospettava e lei per proteggerlo aveva inscenato tutto, per il bene di tutti e due. Sperò seriamente che fosse così, perché non aveva idea di come spiegarselo per stare in pace con se stesso. Una goccia gli cadde sulla mano. Alzò gli occhi al cielo: grigio con sfumature bianche. Stava per mettersi a piovere; forse un temporale. Entrò dentro e si diresse a l'ora di matematica.
    Non riuscì a stare attento per tutta la durata della lezione. Aveva troppe immagini confuse in mente. Doveva andare in bagno, ma il più vicino era quello dove aveva parlato con Andrea, quindi non gli sembrava il caso. Entrare li sarebbe stato essere sommerso da mille pensieri. Avrebbe resistito ancora per un altro po'. Adesso doveva dirigersi nell'ala est dell'edificio per la lezione di storia del professore Hayes. Entrò nell'aula a passo felpato dirigendosi ovviamente all'unico posto libero in mezzo alla classe. Il professore cominciò a spiegare un argomento diverso da ieri. Cavolo! Proprio ora che cominciava ad interessarsi sulla caccia alle streghe. Seguì lo stesso la lezione, facendo attenzione a non addormentarsi questa volta.
    << Voglio fatto per domani un'argomentazione scritta...adesso invece voglio che mi portiate il compito che avevo lasciato ieri per oggi. Posatelo sulla cattedra mentre uscite.>> disse il professore Hayes con un aria di superiorità.
    Alec si avvicinò alla cattedra solo dopo che fossero usciti tutti. Diede il compito in mano al professore che lo prese guardandolo fisso in faccia.
    << Sono più di tre pagine signore...>> abbassò lo sguardo.
    Hayes sbuffò e sorrise subito dopo esaminando velocemente la tesina. Alec alzò lo sguardo.
    << Bene, bene. Signor Dale, ha fatto un ottimo lavoro. Mi meraviglia dopo il calo di sonno di ieri mattina.>> continuava a guardarlo fisso, alzando la testa dato che Alec era più alto.
    << Mi scuso professore, non succederà più.>> si grattò il collo.
    << Lo spero.>> si sedette sulla sedia a controllare di nuovo il suo compito << Adesso va.>> si mise gli occhiali.
    << In realtà professore, vorrei mostrarle una cosa...>> uscì dalla tracolla un foglio e lo diede a Hayes che lo osservò con precisione. << Sono dei simboli che risalgono alla caccia alle streghe di Salem.>>
    Hayes poggiò il foglio sul tavolo e lentamente spostò la testa su Alec.
    << Lo so...non capisco perché me lo chiedi.>> si tolse gli occhiali mostrando uno sguardo scrutatore.
    << E proprio per questo che vorrei mostrarle questo.>> uscì dalla maglietta il ciondolo d'argento. << Speravo che potesse dirmi qualcosa.>> si leccò le labbra aspettando una risposta.
    Lo sguardo di Hayes si fece subito cupo. S'alzò e rimettendosi gli occhiali esaminò il ciondolo.
    << Dove lo hai preso...?>> guardò Alec dritto negli occhi.
    Alec si accorse che qualcosa nel suo tono non andava. Optò per una futile bugia come risposta, giusto per sicurezza.
    << L'ho vinta ad un'asta su eBay.>>
    << L'hai vinta...>> qualcosa nel suo sguardo non andava.
    Cercò di farsi strada in quella fitta nebbia.
    << Perché cosa ha che non va?>>
    << Niente di strano. Solo...una bella collana>>
    Alec spostò gli occhi osservando di lato il muro e facendo uno strano rumore con il labbro.
    << Nient'altro..? La luna che c'è incisa è raffigurata in quelle immagini.>> indicò il foglio che aveva dato ad Hayes. << Deve saper dirmi qualcosa. È una mia curiosità.>> incrociò le braccia.
    << Niente che non sai già a quanto pare...È un simbolo che veniva molto spesso usato nella stregoneria. Un bene che adesso sia soltanto raffigurato...>>
    << Perché ho l'impressione che non me lo voglia dire?>>
    Hayes si oscurò in volto. Sembrava quasi arrabbiato.
    << Perché voi ragazzi vi documentate troppo sulle cose sbagliate? Il ripasso della seconda guerra mondiale di prima non ti è piaciuto?>> Alec lo guardava insistente e lui sospirò. << Male. Qualsiasi cosa riguardi la stregoneria è male. E il male bisogna essere estirpato...è il nostro compito...>> guardò Alec in un modo strano, come in attesa in lui di un'emozione o comportamento.
    << Tutto qui?>> Alec lo guardò deluso.
    Hayes sospirò. << Tutto qui...>>
    << Che peccato...sembrava interessante. Ma su internet non trovo niente e oltre a lei non conosco nessuno che possa dirmi di più.>> Scocciato prese il foglio con le immagini dalla cattedra.
    << Forse è meglio che tu non indaga più su questo...>> gli prese il foglio dalle mani. << Tanto ti sei già meritato una bella A...>> si allontanò col foglio e lo chiuse in una carpetta giallo-senape. << Credo che tu adesso debba andare.>> intendeva l'inizio della lezione di anatomia.
    << Va bene...>> guardò per terra e poi di nuovo Hayes. << Allora...vado...>> fece segno della porta dietro di se.
    Hayes annuii.
    << Okay...arrivederci e...grazie...>> si girò perplesso e uscì chiudendo la porta alle sue spalle.
    Questo si che era un comportamento davvero molto strano. Certo voleva saperne insistentemente di più sul simbolo, ma così si era guadagnato dal nulla una A. Nemmeno aveva controllato il compito. Era strano. Tuttavia della stranezza non gli interessava granché quindi sorridente e compiaciuto a grandi passi si avviò nella classe della professoressa Evans, ma prima di arrivarci andò in bagno, perché laggiù nei suoi jeans c'era un assoluto bisogno di urgenza o sarebbe scoppiato.
    Quando entrò nel laboratorio di anatomia gli prese un colpo vedendo Andrea seduta che si specchiava. Il laboratorio era tutto pieno, ognuno col suo compagno di banco. Andrea si accorse di lui e spalancò gli occhi che rimasero fissi ad osservarlo. La sua compagna di banco oggi non c'era. Dovevo per forza sedersi con lei, ma sapeva benissimo come sarebbe andata. Cercò di filarsela ma una mano sulla spalla lo fermò.
    << Dove vai? Su siediti là.>> indicò il posto vacante vicino Andrea, che avendo sentito si mise una mano sulla fronte.
    Alec si girò, ma già dalla voce aveva capito che fosse la professoressa Evans.
    << Che guardi? Andiamo su! Non ho tempo da perdere.>> sorrise e lo spinse leggermente verso il posto mentre lei si sedette alla sua cattedra.
    Senza parole avanzò fino al posto e si sedette di fianco alla “Andrea impazzita”.
    Lei si girò lentamente. << Allora...cerca di non darmi fastidio.>>
    Lui fece finta di niente ma poi rispose. << Non capisco cosa ti sia successo...>>
    Si accigliò. << Cosa mi è successo...? Niente. Sinceramente sono sempre la stessa. Tu, invece. Mi arrivi di colpo al parcheggio, mi fai saltare in aria, mi parli come se ci conoscessimo, ah! Per di più mi mandi i messaggi di appuntamento senza che io ti conosca affatto. Cose da pazzi...>> si girò ad osservare la cattedra.
    Alec si appoggiò con una mano al tavolo e si sporse leggermente verso lei. << Sei stata tu a chiedermelo e darmelo! Sempre se poi non era tutto uno scherzo del...>> osservò qualche ragazzo che lei conosceva << Tuo gruppo.>> cercò di mantenere la calma.
    Andrea lo fissò torva. << Mi prendi per scema? Me lo ricorderei se ti avessi dato il mio numero. Poi l'appuntamento! Tzè! Magari mi hai scambiata per la bella copia di tua cugina...>> sospirò superiore.
    Alec alzò la testa chiudendo lentamente gli occhi per poi riaprirli appena si girò dalla sua parte << Come se non dai appuntamenti a tutti dappertutto! Per favore...stai zitta...vorrei seguire>> adesso era lui ad avere in mano la situazione.
    Andrea rimase a bocca aperta.
    La professoressa mise un ranocchio sul loro banco << Direi di cominciare l'anno con le rane. Divertitevi.>> sorrise e passo al banco adiacente.
    Alec prese il bisturi ma Andrea scocciata glielo prese dalle mani violentemente. << Dammi faccio io!>>
    Alec alzò le mani a mezz'aria per lasciarla fare e osservò mentre avvicinava il bisturi al ranocchio.
    << Dovete incidere leggermente l'addome da sopra verso il basso inizialmente! Spero che vi ricordiate...>> la Evans gridò dal fondo del laboratorio.
    Appoggiò il bisturi tremante alla pancia del ranocchio che tremava come se sentisse freddo da morto. Ebbe un tremito quando lo affondò.
    Alec intuì che lei avesse un qualche problema. << Dammi faccio io...>> avvicinò la mano per prendere il bisturi.
    << Lascia! Ho detto che faccio io!>> alzò velocemente il bisturi ferendo Alec nel palmo della mano. Un taglio superficiale ma abbastanza da far uscire qualche goccia di sangue.
    << Oddio scusa..!>> lasciò cadere il bisturi che cadde per terra e si mise le mani sulla bocca.
    Alec non disse niente. Guardava solo il sangue, scurissimo, gocciolare sui vestiti, sul banco, sulla rana.
    << Tutto apposto ragazzi?>> domandò la Evans.
    Alec a quel punto si girò per risponderle perché Andrea non lo avrebbe fatto. << Si.>>
    Cercò di tranquillizzarsi alla vista del sangue che Alec stava pulendo segretamente dal banco e sulla maglietta.
    << Mi dispiace...Alec.>> gli prese la mano ferita.
    Alec si fermò dal pulire. L'aveva chiamato per nome e gli aveva preso la mano. Cosa diamine stava succedendo...
    << Non fa niente...>> la osservò cupo. << È solo un po'...di sangue.>> si osservò il taglio, ormai si vedeva solo una leggera striscia rosso scuro.
    << È così strano...ha un odore...>> Andrea stava avvicinando la mano al viso ma Alec la ritrasse di colpo.
    Tutto era così strano. Andrea adesso era troppo gentile.
    << Forse è meglio che vada...>> prese la tracolla.
    << No...>>
    Andò via lasciandola e si avviò alla cattedra. << Mi sono tagliato.>> quasi tutti in quel momento lo stavano guardando, ma non diedero molta importanza all'accaduto.
    << Vai in infermeria Alec, veloce.>> sorrise.
    Si avviò alla porta quando fu strattonato per il braccio dalla Evans che stava annusando il sangue.
    << Professoressa, cosa sta facendo!?>> teneva stretta la presa.
    Tutti adesso stavano guardando. Non c'era più nessuno che parlasse, solo silenzio.
    << Oddio...!>> Andrea gridò.
    << Che succede!?>> mollò il braccio di Alec per alzarsi è andare da Andrea.
    << La rana! È...viva! Era morta un momento fa!>> la rana saltò giù dal banco e Andrea si ritrasse contro il muro << Per favore non fatela avvicinare a me! Ho paura!>>
    Adesso capiva perché tremava. Tutti scoppiarono a ridere e lui ne approfittò del trambusto per scappare silenzioso dalla classe. Uscito dalla classe si appoggiò al muro. Controllò la mano. Il sangue si era asciugato lasciando un sottile strato di crosta.
    << Questo non è normale...>> sussurrò tra se e se. << Non è normale...>>
    Notò da lontano il cartellino azzurro e quadrato raffigurante un omino maschile e si diresse in bagno. Aprì il rubinetto e si lavò le mani. La crosta se ne andò lasciando solo il rossore ai bordi del taglio. Si cominciò a chiedere se fosse un brutto sogno, ma il pizzicotto che si diede gli fece capire che si sbagliava. Questa era la realtà, e proprio per questo non si sapeva spiegare l'accaduto. Cercava in tutti i modi di capire, ma niente. Non aveva la minima idea di come porre in modo normale la situazione. Poi quella rana zombie che saltellava sul pavimento. Aveva giurato di aver visto Andrea recidere leggermente l'addome. Forse non era morta. Forse faceva semplicemente finta... Non sapeva neanche da dove cominciare: era tutto così assurdo!
    Si guardò la ferita. Forse era meglio disinfettare. Dopotutto quella lama maledetta era stata usata su un altro corpo. Poteva infettarsi e voglia di fare una puntura non ne aveva.
    Si guardò intorno prima di uscire dal bagno, non voleva imbattersi in nessuno. Quando fu sicuro che il corridoio fosse libero corse furtivamente in infermeria. Aprì la porta e la sbatte con forza alle sue spalle. L'infermiera saltò in aria.
    << Che succede?>> si mise una mano sul cuore.
    Alec aveva il fiatone e cercò di diminuire il flusso di aria che andava e veniva velocemente dai polmoni.
    Si avvicinò lentamente e le porse la mano mostrandole il taglio. << Dovrei medicare questa...>>
    Lo guardò torva e gli controllò la mano. << Ah, niente di grave. Bisogna soltan...>> si bloccò osservando la mano.
    << Bhè!?>> si agitò.
    << Calmo occhi belli..!>> sorrise e riosservò la mano. << È solo che...non ho mai visto del sangue così scuro...>>

    Edited by Danilo Giallanza - 15/12/2011, 23:28
     
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  10. dark_angel_666
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    complimeti!!
    la storia è davvero molto interessante o originale, mi affascina; sei davvero bravo, scrivi molto bene e i personaggi sono molto intriganti.
    sono davvero curiosa di sapere come evolve la situazione, cosa succederà ad alec, personaggio davvero molto particolare e interessante; il fatto della Corte Segreta è davvero figo xD
    non vedo l'ora ke posti il seguito!!
    p.s.:khloe mi aveva parlato molto bene di questa ff e mi aveva fatto venire voglia di leggerla e devo ammettere ke aveva ragione:sei davvero molto bravo!!
    p.p.s.:qnd verrà pubblicata scommetto ke avrà davvero successo ;)
     
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  11. ~•~Khloe~•~
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    Capitolo 2

    Salem – La Corte Segreta – Una settimana prima

    Seppure erano passati più di trecento anni, la Corte Segreta restava totalmente attiva. Adesso lavorava più segretamente di prima. Non usava più niente come scudo per ottenere i propri scopi, come era successo tempo prima con la Corte. Restava nell'ombra ed agiva da lì. Si dovevano affrontare molti problemi. Il male secondo loro si era ritirato, ed era per questo che bisognava scovarlo e annientarlo adesso che era debole. I loro seguaci erano in tutto il mondo. In America si facevano chiamare cacciatori. In Italia, assassini. In Grecia, sacerdoti. In Francia, chierici. In Egitto, anime. In Oriente, sterminatori, e in Israele, templari (non mi convincolo tt ste virgole...). Quasi tuttei di diverse religioni, ma con lo stesso credo. Insieme Erano conosciuti come l'Ordine di Salomone, Erano addestrati a combattere il male fin dalla tenera età, di generazione in generazione; da famiglia a famiglia; da padre a figlio. Le sue origini era molto antiche, dai tempi di Re Salomone, il quale aveva creato un tomo con lo scopo di abbattere l'oscurità che si annidava nel mondo. Il suo potere era immenso, non poteva assolutamente cadere nelle mani sbagliate. Per fortuna l'Ordine l'avrebbe difeso e custodito fino alla morte.
    Nei secoli si erano evoluti: nuove armi, armature e abilità. Erano semplici uomini e donne semplici, con capacità eccezionali e naturali che però li rendevano dei temibili avversari. Erano infiltrati ovunque: in banche, caserme, scuole e nella mafia. Perfino il Vaticano con lo stesso Papa era coinvolto. Oggi erano riuniti in un assemblea per decidere il da farsi a Salem e dintorni. La villa vittoriana, sede principale dell'Ordine di Salomone in America, era tornata più attiva che mai nell'ultimo decennio.
    Un uomo entrò nella cantina, era vestito con un'insolita veste nera con cappuccio che gli copriva gran parte del viso. Aveva pettorale, vambracciali e gambiere corazzate di uno strano metallo grigio-bluastro. Il suono dei suoi stivali di cuoio echeggiava nella stanza silenziosa. Attorno ad un tavolo c'erano riuniti otto tizi (mmmm tizi nn mi piace come parola) in tunica nera. Si notavano a malapena perché la stanza era illuminata da poche candele. L'uomo si inchinò posando un ginocchio per terra.
    << Kraghen...>>
    Uno degli uomini vestiti con la tunica (sono tutti vestiti no? o almeno si spera XD) si alzò e fece segno di alzarsi all'uomo inchinato.
    << Malum nostrum officium exstirpare est.>>. Disse Kraghen poggiandosi la mano chiusa a pugno sul petto in segno di rispetto.
    Il loro motto di vita non era cambiato. Non solo si erano evoluti, ma avevano rintrodotto gli usi e i costumi delle antiche tradizioni. L'uomo incappucciato, il capo, poggiò a sua volta il pugno sul petto.
    << Ai suoi ordini Maestro.>>
    << Kraghen, ho un compito per te.>>
    Kraghen accennò a continuare al Maestro.
    << Voglio che raduni i tuoi uomini ed andiate a Boston. Abbiamo individuato un caso. Un ragazzo che sta cambiando...>>
    Capì subito che stava intendendo.
    << Andrai lá. Si trova in una villa nella periferia a nord di Boston, la famiglia Dale. Troverai istruzioni e quel che ti serve appena fuori da qui dal capitano Angus.>>
    << Come vuole.>>
    Prese per voltarsi ma il Maestro non aveva finito.
    << Non così di fretta! Ancora un particolare...>>
    Si girò.
    << Non sabbiamo chi abbia questa “infezione”. Perché sono due i ragazzi in quella famiglia.>>
    Kraghen abbassò lo sguardo a terra sicuramente per riflettere e rispondere.
    << Quindi...cosa fare? Come faccio a sapere chi dei due è infetto?>>
    << Lo saprai quando ce l'avrai davanti e tenterà di ucciderti...>>
    << Altro?>>.
    Il maestro si sedette.
    << Puoi andare...è tutto.>>
    Kraghen si poggiò la mano sul petto per poi voltarsi e andarsene.
    Gli altri membri restavano in silenzio. Il Maestro si versò il vino della stessa annata della caccia alle streghe per poi rivolgersi al membro dell'Ordine che aveva alla sua destra.
    << Alan. Portala dentro. Sbrighiamoci...devo andare a teatro.>>
    << Sí Maestro.>>
    Si alzò ed scomparì nell'ombra. Tornò con altri due membri guerrieri dell'ordine, vestiti esattamente come Kraghen. Stavano portando con forza e violentemente una ragazza dai capelli neri e mossi al centro della cantina, davanti al tavolo dei membri. Alan tornò a sedersi. La ragazza era stata torturata e non aveva più forze per gridare. Annaspava l'aria in continuazione, tossendo e sputando sangue. Era scheletrica, non avendo mangiato per giorni. Attorno ai fragili e sottili polsi e alla gola aveva degli strani anelli di legno con sopra incisi strani simboli arcani. Uno dei guerrieri cosparse la ragazza con una polvere rossa e poi gli le disegnò un cerchio attorno.
    << Si, Procedete.>>
    Alzò la mano per dare l'ordine.
    Un guerriero prese una candela e accese la polvere che prese in fiamme si infiammó, inondando la ragazza col fuoco. Tutte le candele della stanza alzarono la loro fiamma di colpo come per magia. O forse lo era. Una specie di rito. Nessun urlo, solo lo straziante lamento strozzato della ragazza che periva in agonia e il Maestro che sussurrava: << Niente brucia l'anima torturata di una strega più del fuoco puro, che e lei non farà mai più ritorno...>> sorrise << Perché sarà consumata.>>.



    ke dire.... BRAVISSIMO ^^ Mi piace molto, soprattutto il lettore si immagina bene la scena e l'ambiente. Aspetto il seguito :D

    Edited by ~•~Khloe~•~ - 12/12/2011, 19:21
     
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  12. ironic;
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    molto bravo, danilo ;D
    ben descritto: sono riuscita a vedere nella mia mente le scene da te raccontate :DD
    bravo!

    grazie di che? non ho fatto niente... ;D
     
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  13. Danilo Giallanza
        +1   +1   -1
     
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    Grazie a tutti...adesso mi metto a correggere il pezzo del 2° cap che mi ha corretto la mia mitica Kloe e vediamo se per stasera riesco a postare la continuazione...è un capitolo molto fondamentale...voglio che sia accattivante per i lettori. Grazie ironic...era quella la mia intenzione... sn contento che ci sia riuscito! ^_^ un grazie ancora a tutti <3

    x Kloe: quando posti altro fammi sapere su MP ;)

    x Ironic: Hai fatto molto invece...

    x Dark Angel 666: sn contento che Alec abbia dato le stesse emozioni che ha dato a me! ;)
     
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  14. Danilo Giallanza
        +1   +1   -1
     
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    Ho corretto il primo pezzo del 2°...ora vediamo quando potrò postare... xD
     
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  15. dark_angel_666
        +1   -1
     
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    davvero carino, bravo!!
    adesso sono curiosissima di venire a conoscenza di cosa è successo ke ha portato Andrea a scrivere quel messaggio al povero Alec xD
    posta presto e grazie dell'mp con cui mi hai avvertito ;)
     
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209 replies since 3/12/2011, 13:13   1494 views
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