Winged Sun

Xantares, the Hunter of the Dark!

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    Winged Sun
    Caso 1 di 10: Il rituale di Eldritch



    Atto I
    Ayarra e Xantares



    25 di Iyar, anno della Confederazione (C.Y.) 16.622
    Metropolis-formicaio di Neo-Shanti


    Se non fosse stato per il quotidiano striare dei vascelli siderali, il buio di quella notte sarebbe stato fitto al punto da essere impenetrabile.
    Una cappa di nembi temporaleschi copriva il riflesso delle tre lune, sostando imperterrito sopra alle più alte spire della metropolis-formicaio.
    Nelle profondità nuvolose si agitavano tuoni e lampi i cui riflessi, screziati da mille colori, facevano brillare l'infinita cascata di trilioni di gocce d'acqua.
    Una pioggia quasi costante scendeva da quelle nubi, seppellendo l'immensa formazione urbana con una opprimente cappa di cenere ed acqua non potabile. Implacabile, striava le superfici perpendicolari delle grandi piramidi, le vetrate delle spire alte più di venti chilometri e picchiettava con costanza le monumentali statue dei Signori di Azuras.
    Le divinità del popolo di Solaria, immortalati in pose severe e con i volti artisticamente scolpiti per essere oltremodo belli, parevano non curarsi di quella tempesta.
    I loro immoti occhi scrutavano ormai da lunghi millenni l'infinito, oscurato e gettato nell'ombra delle immense guglie di quella sconfinata metropolis-formicaio.
    Raffiche di boati supersonici annunciavano ad intervalli regolari, cadenzati come in una marcia dalla precisione meccanica, l'ingresso di una nuova ridda di navi nei cieli eternamente bui di Neo Shanti.
    Un ascoltatore attento avrebbe potuto, chiudendo gli occhi, distinguere i ruggiti smorzati dei mercantili dai più eleganti fruscii delle navi da crociera.
    Ogni giorno erano migliaia i bastimenti che lasciavano la metropolis-formicaio, diretti verso una miriade di diverse destinazioni: le loro stive colme di prodotti industriali, appena fatti o rifiniti, facevano la fortuna delle Mega-Corporazioni...e il tormento di incalcolabili moltitudini di lavoratori sotto-pagati.
    In corrispondenza a ciò che accadeva nelle ore diurne, ogni notte uno sciame di navi giungeva a Neo Shanti per scaricare materiali, beni di prima necessità, di lusso e commerciali, per trasportare persone e merci.
    Una metropolis-formicaio era un organismo tentacolare incapace di fermarsi, che non poteva e non voleva dormire.
    La forma più spaventosa, onirica e barocca mai raggiunta del concetto di città.
    La sua estensione, resa senza limiti dall'uso della tecno-magia, si sviluppava per interi continenti che, fisicamente, neppure esistevano. Dalle profondità più incandescenti del sottosuolo, dove vivevano e tribolavano decine di milioni di operai e membri delle classi povere, fino alle svettanti spire e alle monumentali piramidi, Neo Shanti pulsava, come un cuore umano.
    Era viva: un cancro nero e malato sulla faccia di un pianeta quasi interamente coperto da simili oscure meraviglie, catacombe metalliche che schernivano e glorificavano l'essenza umana, confinandola nello spazio angusto della quasi nullità così come della fastosa grandezza.
    Il fato voleva che Neo Shanti fosse stata edificata su di un mondo lontano dalla guerra con le Schiere Oscure, che di essa doveva solo provare i soffocanti stenti e l'opprimente certezza di una lenta morte.
    Milioni di pianeti e di piani dimensionali avrebbero pagato per essere al suo posto, avrebbero pagato per non vedersi tramutati in distese di cenere e macerie infestate. Ma il loro desiderio era, appunto, una semplice speranza.
    Privo di potere, non era altro che la voce di una razza che anche mentre stava morendo, nella sua era più oscura, non esitava a schiacciarsi a vicenda.
    Il popolo di Solaria era unito almeno tanto quanto era diviso.

    Ayarra aprì il frigorifero a due ante, cercando sulla destra la confezione delle uova. Grazie agli dei, ma sopratutto al lavoro del suo padrone, dentro a quel macchinario alto quasi due metri non mancava mai il cibo.
    Ero sicura di averle...ah, eccole.
    Prese la confezione, stringendola con dita dal colore pallido, quasi cereo, e chiuse il frigorifero, avviandosi verso la cucina dell'appartamento.
    Xantares, chino davanti al tavolo del salotto, commentò la scena: «Mi leggi nel pensiero, Ayarra?».
    Era inconsueto rivolgersi agli schiavi chiamandoli per nome. Inconsueto perché si dava l'impressione di averli a cuore e di considerarli esseri umani e propri pari, quando invece, secondo i dettami delle leggi teocratiche, essi erano oggetti animati.
    «Anche se fossi in grado di fare una cosa simile», disse Ayarra mentre posava la confezione delle uova sul bancone della cucina, «non mi azzarderei mai a leggere i vostri pensieri.».
    «Se tu ne fossi in grado di certo non saresti al mio seguito, non ti pare? Probabilmente faresti da servitrice a qualche pomposo Lord Inquisitore.».
    «La fate sembrare una cosa negativa.».
    «Perché, non lo è?», commentò Xantares, un onesto mezzo sorriso metteva in risalto i lineamenti del viso, a prima vista realizzati da uno scultore di eccezionale talento.
    Ayarra accese il fuoco, lasciando la padella a riscaldarsi per un momento. Una delle cose che quotidianamente stupiva Xantares era l'innata grazia della schiava. Alcune volte, il cacciatore dell'oscurità non poteva fare altro che seguirne rapito i movimenti, sempre aggraziati ma severi, come un fazzoletto di seta chiuso in un baule di acciaio temprato.
    «Non saprei come rispondervi», disse Ayarra, mantenendo come sempre il suo tono gentile ma distaccato.
    «Mh, la cosa non mi stupisce...», ribatté Xantares, intento a passare un panno benedetto sul piatto della lama di un lungo pugnale dalla flebile curva esterna.
    Pur avendo a disposizione tutti i file riguardanti la schiava che il Templis Burokratòs gli aveva assegnato, Xantares non aveva mai voluto appropriarsi del suo passato.
    Ayarra, d'altronde, non era una persona che amasse parlare di sé, a meno che non glielo venisse imposto.

    La sigla del telegiornale interruppe bruscamente il silenzio venuto a crearsi dopo le parole di Xantares. Questi, udendo il leit-motiv del telegiornale planetario, borbottò: «Bene, l'edizione speciale! Sentiamo le disgrazie di oggi...»
    Sullo schermo del novitaris, modellato sulla forma di un ottagono regolare, apparve l'onnipresente simbolo dell'Inquisizione, affiancato sulla sinistra da quello dell'autorità statale planetaria, rappresentata dalla Homeland Guard.
    La conduttrice, una extra-mondo dalla pelle color ebano e dagli occhi castani, rivolse uno sguardo convincente al pubblico, consistente in decine di milioni di persone solamente in quella metropolis-formicaio, ed esordì: «Buona sera. Partiamo subito con il servizio sull'incendio scoppiato negli stabilimenti Misoriah Cydoniia...»
    Xantares lasciò scorrere il polpastrello dell'indice lungo tutto il filo del pugnale, usando la dovuta cautela così da non tagliarsi. Lunga poco meno di una daga, quell'arma si presentava con un design che svirgolava verso l'esterno; l'impugnatura era in rilievo rispetto alla lama ricurva, leggera ed affilata come quella di un rasoio da barbiere.
    «Qualcuno aveva fretta di tornare a casa, eh?», domandò il ventiduenne al novitaris, «domani qualche dirigente si sveglierà molto male...»
    «Ci sono vittime?», Ayarra fece capolino dalla cucina.
    «Non lo hanno ancora detto, ma...», Xantares prese il fodero del pugnale con la sinistra, «suppongo di no.».
    «Ne siete convinto?»
    «Il turno della notte finisce un quarto d'ora prima delle nove, lo stabilimento dovrebbe essere stato vuoto a quest'ora. Prenditi cinque minuti e guarda il servizio con me.».
    «Vi devo preparare la cena», fu il commento della schiava. Con le delicate ed agili dita bianche stava stringendo i nodi del grembiule da cucina, indossato sopra all'abito rosso cardinale dal taglio semplice e modesto.
    Xantares ripose il pugnale nel fodero, che posò sul basso tavolino da salotto in cristallo blu. Una tovaglia bianca, filigranata da motivi religiosi in simil-argento, decorava quel comune pezzo di mobilio.
    Un candelabro a sette braccia si trovava al centro, vicino ad una scatola di fiammiferi ed un bastoncino d'incenso rituale. Uno dei riti serali da osservare quotidianamente era la Exodi ell'ntar'azur, l'accensione di sette candele bianche per ricordare il lungo e travagliato esodo dall'Antica Madre.
    «Non ho fretta, potrai farlo più tardi.».
    «Avete fame?»
    «Certo, ma...»
    «Vi preparo la cena», fu l'ultima parola della schiava, che girò i tacchi e tornò in cucina. Xantares alzò le spalle in segno di resa e commentò in un sospiro: «...certe volte mi chiedo chi comandi e chi serva, in questa casa...»
    Sul novitaris, intanto, scorrevano le immagini in diretta dell'incendio.
    La facciata nord dello stabilimento ardeva come una torcia, illuminando le oleose cortine di fumo tossico che veleggiavano incontrastate verso il cielo.
    Battendo la città come un tamburo, la pioggia riduceva il rischio di una contaminazione delle baracche dei lavoratori, già coscritti nelle operazioni di contenimento del disastro.
    Il dispiegamento di mezzi della Homeland Guard, che riuniva in sé la Guardia Planetaria, i pompieri, la protezione civile e la sanità pubblica, era notevole: disposte innanzi alla fabbrica vi erano almeno una decina di autobotti intente a sparare cryosta magico sulle fiamme, mentre un cordone di sicurezza composto da blindati e soldati teneva i curiosi alla larga.
    I flebili bagliori dei velivoli a-grav disegnavano contorti giochi di ombre al suolo.

    A Xantares Xeralla sorse un dubbio quando, per un momento, il drone-telecamera inquadrò lo stemma della Watchtower Guard. Serigrafato ed inciso sulla fiancata di un'aeronave in volo stazionario sopra allo schieramento delle forze dell'ordine, l'occhio onniveggente del braccio armato dell'Inquisizione sembrò ricambiare la sua espressione sorpresa.
    Il drone-telecamera cambiò subito soggetto delle riprese, come in risposta ad un secco ordine superiore, e riportò l'attenzione sulla fabbrica-archology che bruciava.
    La Watch non si mobilita per una cosa del genere. Xantares afferrò il telecomando a triangolo isoscele e se lo rigirò tra le dita, assorto nei suoi pensieri. Schiacciò il tasto per riavvolgere la scena e aguzzò la vista, desideroso di una conferma che quella inquadrata fosse davvero l'occulta spada del popolo di Solaria, il braccio armato della Sacra Inquisizione dei Signori di Azuras.
    Quando tornò al momento in cui l'aeronave era stata inquadrata, prontamente sostituita da una ricostruzione al computer del fumo che aleggiava sopra alla fabbrica, il giovane cacciatore dell'oscurità ebbe la certezza che si trattava della Watchtower Guard.
    Si sono accorti di essere stati visti e hanno già cancellato ogni dato...non voglio che la loro presenza sia nota. Posso capire l'aura di mistero, ma agire così...c'è qualcosa che non mi convince.
    Gettò con noncuranza il telecomando sul divano. La Watchtower Guard, divisa in ordini detti Templis, era l'organismo sovra-statale adibito al combattere gli oscuri nemici della razza umana.
    Escludendo i cacciatori free-lance come Xantares, quelli della Watch erano gli unici a sapere come uccidere le creature della notte, gli unici in possesso del potere di fronteggiare e sradicare il male in ogni sua forma.
    Se sono presenti sul luogo dell'incendio...
    «Ayarra!»
    La schiava, con la confezione da sei uova non ancora aperta stretta nelle mani, accorse immediatamente. I suoi passi, naturalmente leggeri, erano resi ancora più silenziosi dalle semplici ballerine nere che portava ai piedi. Si aspettava di trovare Xantares pigramente sdraiato sul divano, bisognoso di qualcosa, e invece lo vide in piedi.
    «Di cosa avete bisogno?», chiese chinando impercettibilmente il capo.
    «Lascia stare la cena, occupati dell'Exodi ell'ntar'azur, io esco.».
    «Vi devo aspettare alzata?»
    «Non è necessario», rispose Xantares mentre si avvicinava all'appendiabiti. Il giovane immortale sembrava la versione dal vivo delle statue dello splendente semidio Aidan, colui che aveva guidato le Arche da Azuras verso Solaria.
    I tratti del volto, dal profilo nobile e deciso, erano a metà strada tra quelli di un bellissimo dio e di un superbo cacciatore; non aveva mai detto a che popolo appartenesse e da quale mondo provenisse, ma fisicamente era imponente.
    Il suo aspetto non era il massiccio statuario tipici degli opliti corinthiani, era più fine e calibrato a dispetto della statura, molto alta. Stando alla carta d'identità, Xantares era alto un metro e novanta.
    Centonovanta centimetri di nervosa ed affilata bellezza, esaltata dai capelli castano scuri e dai magnetici occhi color azzurro ghiaccio.

    «Assicurati di accendere le candele.».
    «Sarà fatto», disse Ayarra, nei cui occhi scuri era nata una scintilla di preoccupazione. «al vostro ritorno le troverete accese.».
    Xantares staccò la lunga giacca dall'appendiabiti e la spiegò con il dorso della mano, scendendo dal colletto aperto sino all'orlo, che proseguiva per due centimetri oltre l'altezza delle ginocchia.
    Ayarra sapeva bene cosa volesse dire quella scelta. Quando Xantares vestiva quella lunga giacca, ornata sull'orlo e sulla spalla da degli eleganti motivi fiammeggianti in color oro, voleva dire che stava andando a caccia.
    L'immortale infilò per primo il braccio destro e poi il sinistro, dando una scrollata alla coda della giacca per togliere le ultime immancabili pieghe.
    Era un modello senza cappuccio, inutile alla velocità con cui il giovane cacciatore si sapeva muovere, e con l'allacciatura frontale a bottoni argentei. Era impermeabile, ma questa caratteristica contava poco nel devastato ambiente di una metropolis-formicaio.
    Il suo colore scuro si accostava a quello dei jeans e degli anfibi simil-militari. Quando non era costretto dalle evenienze ad un abbigliamento elegante, Xantares optava per colori scuri. Forse sceglieva così perché la notte era il suo momento, forse perché i suoi gusti erano semplicemente tali.
    Prese il palmare dal tavolino e digitò un paio di parole sull'applicazione Metropolitan Maps, ricevendo all'istante una pianta della città e il percorso più breve per giungere dalla sua casa agli infuocati stabilimenti Misoriah Cydoniia.
    «Potrebbe essere d'aiuto il portare un pugnale con voi», suggerì Ayarra, che prese l'arma da poco lucidata e la porse al ragazzo. Questi osservò l'artistica impugnatura in argento marino, attese un secondo e poi vi posò le dita sopra, stringendola per un secondo.
    «Credo sia meglio che la tenga tu», disse Xantares, interrompendo il contatto, «mi sento più sicuro sapendo che è con te...io non ne ho bisogno.».
    Ayarra annui: «Come volete voi.».
    Assicuratosi che la schiava avrebbe eseguito il rito dell'Exodi ell'ntar'azur, il giovane si mosse a grandi falcate verso la porta dell'appartamento. Con uno scatto metallico, questa si divise in tre tronconi isosceli e si ritirò dentro il muro, lasciando libero il passaggio.
    Una schiocco come di frusta, unito ad una impetuosa folata di vento che spazzò l'anticamera: questi furono gli unici segni della partenza di Xantares.


    Commenti, critiche e pareri sono i benvenuti! ^^

    Edited by dany the writer - 6/7/2012, 23:16
     
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    Dany!! bravissimo! possibile che siete tutti bravi a scrive? bè meglio xke è un piacere leggere i vostri scritti *_* molto bello il personaggio di Xantares
     
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    Ste, ti ringrazio per aver letto e messo un commento a questo strano intro di una strana storia ^^
     
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  4. Danilo Giallanza
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    A parere mio, stupefacente! Mi è piaciuto molto e leggere non risulta difficoltoso. La storia mi ha preso molto. Sarà perché a me piace questo genere Tecno-Fantasy. Il personaggio di Xantares attira l'attenzione già più del dovuto ma Ayarra per me è già qualcosa di incredibile! Spero si sappia più del suo passato, da dove viene e magari lottare fianco a fianco al giovane cacciatore oscuro. (Questo è quello che immagino io...poi se tuo lo scrittore della storia ahah XD). Il carattere dei personaggi secondo me è azzeccato. Per quanto riguarda l'ambiente sono riuscito ad immaginarlo in tutta serenità anche senza molte informazioni (Secondo me è necessario lasciare spazio anche all'immaginazione del lettore in modo che possa creare il mondo che più gli aggrada su quelle fonti che lo scrittore gli ha trasmesso). Sono molto contento di questa storia perché so che alla fine ci si può inserire veramente di tutto (nuove razze, androidi e cyborg, navi spaziali, armi tech e chi più ne ha più ne metta!). Per quanto riguarda la struttura del testo, mi sembra apposto, magari metterei una data speciale e attinente al genere all'inizio dell'incipit della storia tipo: ottavo seme Urla'n'in ( es: 08 (ottavo seme) Urla'n ( es: Ottobre) 'in (es: il secolo in cui si trova la storia, oppure l'anno o magari un giorno della settimana perché no!). Per quanto riguarda errori non me la vado io a correggere i miei testi ma bensì persone fidate , ma dando una lettura IO DA SCRITTORE non ne ho trovati a parte che forse qui volevi intendere DEI e ti sei dimenticato di scriverlo: Gli ... del popolo di Solaria, immortalati in pose severe e con i volti artisticamente scolpiti per essere oltremodo belli, parevano non curarsi di quella tempesta.

    Comunque io sono del parere che gli scrittori scrivano e i correttori correggano... a ognuno il suo lavoro! XD

    Ci leggiamo e posta presto Dany! ;)

    P.S. ti ho mandato un mp :)
     
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    Esordisco ringraziandoti per aver letto questo primo atto della storia, temevo che la sua ambientazione poco caratteristica potesse scoraggiare ^^ In genere le storie sui vampiri io le trovo o nel nostro mondo moderno oppure nel fantasy-gotico, ho voluto cambiare le cose ponendo tutto in uno scenario vastissimo e "dark", non solo per le creature, ma anche per le ambientazioni (vedi la città-formicaio)
    Ho seguito il tuo consiglio: ora è presente una data ed un mese, ispirato dal settimo mese del calendario ebraico.
    Sono contento che qualcuno abbia notato Ayarra rispetto a Xantares! ^^ può sembrare anonima ma è molto importante. Il tuo desiderio di sapere del suo passato...beh, dovrai seguire la storia per vederlo realizzato xD

    Ho corretto l'errore! Più tardi mi metto all'opera per il nuovo pezzo! ^^
     
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    Dany mi aggrego a Ste e Danilo facendoti i complimenti x la bella storia che si prospetta. Sono molto curiosa di conoscere un po' di più i personaggi e credo anche io che la deliziosa Ayarra possegga un ruolo decisivo nella vicenda... quindi non rimane che leggere il continuo!!
     
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    Secondo atto! Se trovate errori me lo potete fare presente? Volevo scrivere qualcosina di più, ma le forze hanno cominciato a diseratare, a braccetto insomma con la mia ispirazione. Se trovate errori o incomprensioni, ditemelo che provvederò a sistemare! ^^
    Per leggere il seguente pezzo è consigliato l'ascolto di una musica molto inquietante...
    www.youtube.com/watch?v=9kD3MLHFNnQ io consiglio questa per tutta la durata del pezzo che segue e di quello che verrà dopo, escludendo eventuali rettifiche!

    Atto II
    Guardie e ladri



    Costa est di Neo-Shanti
    Porto di Lophos, stabilimenti industriali “Misoriah Cydoniia”
    Terminal Container “Meta Carbo A”


    Maledizione!
    L'immortale si schiacciò contro il fianco del container quando, improvvisi come una folata di vento, i fari di un'aeronave fendettero il buio del raccordo.
    Il suolo tremò per la pressione mentre le ombre, un secondo prima pressoché totali, si sconvolgevano e riformulavano in un nuovo quadro, vagamente degno di essere impresso su di una psico-tela ed esposto in una galleria d'arte.
    Per i suoi occhi di sinrael l'oscurità, l'essenza dei demoni e dei servitori dei poteri oscuri, non era niente. Se solo lo desiderava poteva tagliarla come se fosse un panetto di burro sotto una lama calda. Se non desiderava diversamente, Xantares vedeva in ogni momento della giornata con la solare chiarezza di mezzo dì.
    Strinse gli occhi, dentro ai quali nacque una flebile luce azzurra, e subito poté abbracciare la meccanica grandezza dell'aeronave.
    Rae-al ena'yro ha-la Azuras! Pensò vedendo la mole del velivolo.
    Si stupiva sempre quando vedeva quelle sinuose macchine da guerra. Nei primi secondi non si rese nemmeno conto di aver pensato in lingua enoch azuris e non in corintha.
    Evitò di mordersi la lingua al pensiero che gli umani normali non potevano per il momento, nemmeno con tutte le loro strumentazioni tecno-magiche, abbracciare la lingua in cui aveva formulato quell'esclamazione. Il più abile degli psicommando avrebbe captato solo qualche lettera: le loro menti non erano ancora in grado di comprendere l'enoch azuris.

    In un certo senso l'aeronave poteva ricordare un selachìon, quello che su altri mondi veniva chiamato squalo, degli oceani corinthiani.
    Lunga ed affilata, con un design in parte organico ed in parte macchina, una fusione permessa dalle conoscenze di un popolo che non poteva fermarsi.
    Lungo lo scafo opaco, coperto da una barriera traslucida, brillavano gli occhi elettro-magici dei droni-arma.
    Tre ottagoni irradiati da una luce smeraldina, in costante comunicazione con il cervello della nave, alla ricerca di bersagli. Pur essendo opera umana evocavano un sentimento alieno; una gelida crudeltà, inconsapevole ma allo stesso tempo cosciente di cosa potesse fare.
    Otto fasci di luce bianco-argentea, trasfigurati dalle gocce di pioggia che striavano l'aria, si mossero come gli occhi di una creatura senziente, squarciando il buio della notte laddove si posavano; i loro bagliori avrebbero reso difficile guardare direttamente il vascello, che aleggiava sopra al container terminal.
    Sulla fiancata campeggiava lo stemma serigrafato in argento della Homeland Guard: una bilancia a due piatti in parità sorretta da un pugno di affilate scaglie metalliche, sotto al quale si trovava, vergata con una calligrafia chiare e tristemente riconoscibile, la scritta ARROR NAOS ARROR EL'TORAH.
    Legge severa, legge sacra.
    Quella scritta definiva lo stato delle cose nella legislatura solariana, nella quale non era un eufemismo dire che non esisteva l'innocenza ma solo diversi gradi di colpevolezza.
    Da sola bastava a definire la tremenda e dispotica realtà di un impero teocratico immenso, una tirannide resa crudele dall'epoca e dalle circostanze in cui si trovava a vivere. La Confederazione di Solaria, estesa su cinque galassie e su di un'incalcolabile numero di piani dimensionali, era la resa reale del concetto di distopia.
    Scacciando da sé quei pensieri tacciabili di eresia, Xantares si schiacciò ancora di più contro il profilo spigoloso e freddo del container. Rivoli d'acqua piovana scorrevano lungo il metallo, depositandosi sull'asfalto consumato dall'uso.
    Sotto la giacca e la t-shirt nera, all'altezza della spalla destra, il giovane immortale sentiva il kal ardere.
    Consapevole di ciò che questa manifestazione voleva dire, l'immortale era preoccupato. Doveva essere in zona, forse non era da solo, poteva essere qualunque genere di essere.
    Il kal non mentiva mai: se cominciava ad ardere era perché in zona vi erano dei nemici.
    L'aeronave orientò i cinque reattori verso il lungo e sinuoso flagello di coda. Il suo aspetto, a metà strada tra la coda di una lucertola e la spina dorsale di un essere umano, venne illuminato dai bagliori verde-azzurri del combustibile cyanocriosta a cristalli liquidi.
    Sapeva di poter passare al secondo stadio della realtà e diventare tecnicamente invisibile per i mezzi della Homeland, ma in questo mondo il vascello dell'Inquisizione, ancorato davanti allo stabilimento in fiamme, avrebbe percepito un picco di energia magica.
    Non era il caso di annunciare la sua presenza ai prediletti dei Signori di Azuras. Doveva correre il rischio di farsi scoprire, rimanendo in quello stadio. Mascherò la sua presenza il più possibile, chiamando a sé un muro di distrazione.
    Era una protezione blanda, quasi un trucco da prestigiatore per lui, ma non poteva esporsi più di cosi. Non gli restava che sperare di avere davanti dei semplici umani e non degli psichici o dei magici.

    Le luci dei fari smisero di danzare come un gruppo di ballerine ubriache e concentrarono i fasci oltre la prua del vascello, che si riebbe all'istante dalla sosta. Archi elettrici tinti di smeraldo corsero lungo lo scafo, balzando sulla prua per poi scendere verso la coda e scomparire nei reattori al cyanocriosta.
    E ora dove va...? Si chiese l'immortale.
    Era stato fermo con la schiena appoggiata alla parete del container così a lungo da sentirsi la giacca fradicia, completamente zuppa di sporca acqua piovana. Un'ironica smorfia gli affiorò sul volto quando pensò che, in quel preciso momento, Ayarra si stava crogiolando nel tepore dell'appartamento.
    E per un momento si sentì quasi in colpa: l'indomani mattina avrebbe dovuto mettere a lavare una giacca lunga più di centosettanta centimetri e gravato dal peso di mezza tonnellata di pioggia. La immaginò che cercava di infilare nella lavatrice quell'indumento, più alto di lei, e per poco non sorrise.
    Come un insetto che risponde agli ordini di una mente collettiva, l'aeronave scattò verso nord. Il rombo dei suoi reattori fu per un momento quasi assordante, paragonabile per intensità allo scoppio di un tuono nelle immediate vicinanze.
    Il kal riprese ad ardere, questa volta con più intensità. Aveva smesso per una manciata di secondi, lasciando Xantares con il dubbio che chiunque fosse la causa, questi aveva deciso di fuggire, ma nel momento in cui la voce tatuata nel suo spirito riprese ad echeggiare, il sinrael seppe che non era così. Si trovava ancora in zona, pronto a colpire. A giudicare da come stai ardendo...direi che non è da solo. Pensò Xantares, rivolto all'invisibile insieme di simboli magici che componevano il kal.
    Quando l'aeronave si fu allontanata di almeno seicento metri, Xantares si staccò dal container.
    La pioggia batteva l'asfalto con un'irritante frequenza. Quel suono, un picchiettare continuo ed incessante, cominciava ad infastidire anche il paziente cacciatore dell'oscurità. Normalmente non gliene importava un accidente che diluviasse o che ci fosse il sole, ma in quel momento era come sentire un gesso stridere sulla lavagna.
    Aveva esteso le sue percezioni, sondando ciò che aveva attorno nel raggio di cento metri. Poteva estendere il campo d'azione fino a coprire un intero chilometro, ma la pioggia lo infastidiva. Oltre ad essa vi era l'allarmante e persistente parlottare dei soldati della Homeland Guard e il brusio delle macchine in funzione.

    Il cacciatore dell'oscurità entrò lentamente, uno scricchiolante passo avanti all'altro, dentro l'ennesimo viale asfaltato ai cui lati vi era un colonnato fatto di container. Sebbene i suoi occhi fossero in grado di penetrare l'oscurità, sapeva di non poterci fare completo affidamento.
    Aveva sei sensi e usarne solo uno era, usando la massima gentilezza, un'idiozia.
    Udì delle voci provenire da destra e fulmineo si lanciò nello spazio tra due file di container. Sapere che aveva le spalle appoggiate a delle polveriere, colme fino all'inverosimile di armi prodotte dalla Misoriah Cydoniia, non lo rendeva più tranquillo.
    Pregando i Signori di Azuras di non essere con le spalle contro una cassa di fucili al necro-lampo, Xantares tornò a focalizzare le proprie sovrumane percezioni sull'ambiente circostante.
    Alle voci si aggiunse il rumore di due paia di stivali corazzati che battevano l'asfalto bagnato, accompagnato da un clangore metallico più sottile ed inquietante. Era come udire dei passi, ma percorsi da zampe composte di metallo ed ossa, senza carne e sangue.
    Dopo la sorpresa dell'aeronave, non voleva correre altri rischi. Doveva andarsene, cercare ciò che stava facendo praticamente squillare l'esteriorizzazione della sua anima armata e distruggerlo.
    Il viale dopo quello in cui aveva trovato riparo fu attraversato da due soldati. In silenzio, Xantares scivolò lungo il fianco del container e sporse timidamente il volto.
    Ciò che vide non gli piacque.
    A soli cinquanta metri dal suo riparo improvvisato vi erano due psicommando di pattuglia.
    «Io non sento niente», disse il primo.
    «Già, neanche io...secondo me sono stati i separatisti di Kolium Libera.».
    All'udire il nome Kolium Libera, il cacciatore dell'oscurità soffocò una risata. Che senso avrebbe avuto fare saltare in aria una fabbrica di armi, per dei ribelli? Sarebbe stato più assennato rubare le forniture.
    Come aveva fatto quel tipo a diventare uno psicommando?
    Da dove lo hanno preso questo idiota? Perché non mi lasciate fare il mio lavoro, invece che ostacolarmi facendolo voi al posto mio? E facendolo, tra l'altro, pure male...
    «Mah», il secondo psicommando alzò le spalle, «con tutto quello che sta succedendo sulle colonie esterne ci tocca tenere a bada della feccia ribelle.».
    Il primo soldato si guardò attorno, sondando telepaticamente la zona in cerca di ufficiali che potessero origliare la conversazione. Le sue capacità, pensò Xantares, erano buone ma nemmeno in una decina d'anni avrebbe raggiunto la forza necessaria a rilevare il cacciatore.
    Ultimamente stavano succedendo cose sempre più strane, i mastini dell'Inquisizione erano ovunque, in cerca di eretici e traditori persino nelle fila della Homeland Guard.
    Le autorità avevano inasprito le già draconiane misure di sicurezza interna, spinte a folli livelli di durezza e repressione dalle sempre crescenti minacce che giungevano dalle più estreme colonie...quelle che, per il momento, non erano state spazzate via.
    C'era una guerra in corso, una guerra i cui echi si sentivano persino su Neo Shanti, situata in un diverso piano dimensionale, su di un mondo protetto e relativamente al sicuro dalle influenze maligne.
    «Hai sentito... lo sai, delle stelle Varitas?»
    «Purtroppo si», rispose il secondo psicommando, abbassando la voce per non farsi sentire da eventuali orecchie indiscrete «ho ancora i brividi, se penso a tutta quella gente...»
    «Quanti pensi che...?», più che una domanda era un sussurro a mezza voce, impregnato di paura.
    «Parliamo di sessanta pianeti...un bilione e mezzo, forse due...forse anche di più...»
    «Ma abbandonarli così? Senza dire loro niente?»
    Approfittando di quella discussione, Xantares aveva messo quanti più metri possibile tra sé e il gruppo di pattuglia. Il fatto di non rilevare accuratamente il terzo essere, quello dai passi inquietanti, lo aveva convinto a spostarsi.
    Come mai vi era uno schieramento di forze tanto imponente? La Misoriah Cydoniia era una mega-corporazione, certo, ma un incendio non richiedeva navi e fanteria psicommando in armatura completa.
    Di questo passo, pensò Xantares, prima della prossima area di carico e scarico avrebbe visto carri armati modello Shanson, Hercules e Diomede, accompagnati da navette da combattimento e magari una corazzata da sei chilometri di lunghezza.
    Quasi in risposta a quel commento, la figura altra tre metri e mezzo di un cacciasangue emerse da dietro i container, affiancandosi ai due psicommando. Il primo gli riservò un cenno con lo sguardo, al quale la macchina bio-senziente rispose con un brusio incomprensibile. Se non fosse stato per la traduzione immediata fornita dai sistemi del casco, i due soldati non avrebbero capito una sola parola di quello che il cacciasangue aveva detto.
    Definirla mostruosa sarebbe stato un complimento, si disse Xantares tra sé e sé. Era scheletrica ed agile, con un paio di appendici falcate che le uscivano dalla schiena.
    Il volto era una maschera nera sulla quale brillavano otto spettrali occhi rossi, in perenne movimento lungo una traslucida superficie magica.
    Con le mani, dotate ognuna di cinque lunghe dita artigliate, brandiva una falce da guerra al necro-lampo.
    Lungo la lama ricurva scorrevano archi elettrici neri come il cielo di quella sera, le appendici falcate erano segnate da una schiera di occhi tecno-magici, impegnati a scrutare ogni cosa in cerca di ostili da abbattere.
    I suoi sensori captarono uno scricchiolio non previsto: qualcuno che non doveva essere li aveva appena mosso un passo.
    I due psicommando non si erano accorti di nulla, cosa che la macchina annotò, preparandosi al confronto con qualcuno in grado di schermare la propria mente.
    Si allarmarono solo quando videro l'immenso cacciasangue ergersi in tutti i suoi tre trecentotrenta centimetri di altezza, puntando la falce da guerra verso la fonte del rumore, nascosta dietro un container.
    Mosse un passo in avanti, l'input per aprire il fuoco pronto ad essere mandato. I sensori visivi danzavano lungo il suo campo visivo pluri-dodecaedrico, in cerca di un riscontro positivo.
    Con le carabine ad aghi energetici spianate e pronte a sparare, gli psicommando si mossero per affiancarla...



    Per ogni genere di curiosità e dubbio non esitate a chiedere! Mi piace molto parlare dell'ambientazione e dei dettagli, anche i più inutili. Quindi se un nome vi ha colpito, interessato, vi chiedete come si scriva, oppure cosa sia una metropolis-formicaio...chiedete pure :)

    Edited by dany the writer - 26/6/2012, 08:31
     
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    Doppio post? La storia è già diventata così noiosa? :2qlzcwi.jpg:
    Ecco la seconda parte dell'atto II

    Costa est di Neo-Shanti
    Porto di Lophos, stabilimenti industriali “Misoriah Cydoniia”
    Terminal Container “Meta Carbo A”


    Taina O'hira odiava la pioggia.
    Non era il costante ticchettio dell'acqua sull'asfalto, la sensazione di gelo lungo la schiena o il fastidio di trovarsi praticamente fradicia dopo pochi secondi di esposizione al devastato clima di Neo Shanti.
    Ciò che la spingeva ad odiare la pioggia erano i ricordati e gli eventi legati ad essa; gli stessi eventi che, per una curiosa ironia, l'avevano condotta in quella metropolis formicaio.
    Ogni persona ha in simpatia un determinato clima e, per contraltare, ne ha in odio uno diverso. È qualcosa che si deve al carattere, alle esperienze vissute e ad un grande insieme di fattori che condizionano, in maniera più o meno cosciente, le scelte e i gusti di ognuno.
    Ma in ultima analisi a darle sui nervi in quel preciso momento era proprio il ticchettio. Un costante e monotono cadere di gocce dal scialbo colore grigio traslucido, contaminate dagli scarichi di un trilione di fabbriche grandi come montagne.
    Le sembrava di essere con l'orecchio appoggiato ad una bomba ad orologeria.
    Attorno a sé aveva interminabili file di container: cassoni grandi come un modulo abitativo per i più poveri, impilanti in code che superavano i venti chilometri di lunghezza e i seicento metri di altezza. L'indomani sarebbero stati caricati sulle navi da trasporto e portati ai mondi dove più servivano.
    Per una mega-corporazione eventi come gli incendi erano catastrofici imprevisti. Disgrazie che potevano paralizzare la produzione di una città per ore come per settimane, ma che in definitiva non arrestavano il lamentoso lavoro di schiere innominabili di operai sotto-pagati e di schiavi meccanici.
    Si era abbassata per non farsi scorgere dagli occhi tecno-magici di un'aeronave della Homeland Guard, accoccolandosi sulla parete frontale di un container inutile alla sua ricerca. Il velivolo era rimasto in zona alcuni secondi, setacciando ogni angolo con i suoi otto fari al cristallo, poi aveva ripreso la ronda, scivolando verso un'altra sezione del container terminal.
    Non l'avevano localizzata.
    Il cursore dell'eye-patch, la protesi tecno-magica che portava all'occhio destro, aveva intanto ripreso il suo scan dei container. In un primo momento poteva essere difficile abituarsi a quell'ottagono arancio ardente, impegnato costantemente in un frenetico movimento lungo tutto il campo visivo fornito dalla protesi.
    Vi erano delle persone che preferivano la rigenerazione dell'occhio perduto invece che l'innesto di una protesi, e in fondo non avevano tutti i torti.
    La protesi osservò tutti i container nel raggio di cinquanta metri, evidenziandoli uno per uno alla ricerca del simbolo. Stando alle informazioni ricevute, era stato nascosto in una delle gigantesche casse del terminal Meta Carbo A.
    Era come cercare il proverbiale ago nel pagliaio.
    Finestre di stato e avvisi lampeggianti facevano la loro comparsa ogni volta che il cursore evidenziava un container, sondandolo con la visione a raggi X, incisa attraverso la magia nelle potenzialità del occhio elettronico. Quando non era costretta ad utilizzarlo, Taina lo copriva con un ciuffo dei capelli corvini.
    Il cursore tornò al centro dello schermo, pulsando con fare interrogativo: non aveva trovato il simbolo. Non poteva tornare a mani vuote dai committenti, l'avrebbero dissanguata a morsi: conosceva quel genere di persone e sapeva bene che odiavano i fallimenti più di quanto lei odiasse la pioggia.
    Normalmente non avrebbe accettato l'incarico, che proveniva da un pugno di maledetti xeno, ma il compenso che le avevano promesso aveva polverizzato quel residuo di xenofobia che ancora albergava nel suo animo.
    Come ogni umano di Noctalor, Taina aveva partecipato alla causa confederata con entusiasmo e convinzione, ma presto l'invidia aveva eroso quei sentimenti. Perché quelli come lei dovevano essere maledetti da una vita breve, interamente trascorsa nel dolore e nei tumori geneticamente radicati nel loro animo, mentre gli abitanti di una miriade di altri mondi vivevano anche per diversi secoli?
    Cosa avevano fatto loro per meritarsi una simile disgrazia? La vita media di un noctaloriano, salvo magie o costose operazioni tecno-magiche, non superava i quarantacinque anni. Quella di un corinthiano di classe media, invece, superava agilmente i centotrenta.
    I Signori di Azuras erano stati clementi con tutti tranne che con Noctalor: la sua patria era un mondo desolato, immerso in una notte eterna e battuto da spietate e negative tempeste magiche, che avevano disarticolato e spezzato il corpo dei suoi abitanti.
    Con quel denaro, Taina era decisa a comprare la vita eterna per se stessa, per Tisha e per il Maestro. Si poteva, non era una fantasia, ma per averla servivano molti soldi.
    Nessuno ti dava niente per niente.

    Dov'è? Si chiese la ragazza mentre sgusciava verso una nuova sezione, tenendosi bassa per non farsi notare.
    Rimase al coperto per alcuni attimi, poi decise di girare a sinistra ed imboccò un viale parallelo, dove una pila di container era stata portata nei pressi di una gru.
    L'occhio bionico sondò l'ambiente circostante in cerca di possibili contatti umani. La chiave di volta di quell'incarico, le avevano detto i committenti, era di non farsi scoprire. Se fosse stata catturata loro non avrebbero mosso un dito per lei, che comunque sarebbe stata tacciata di eresia e collaborazione con gli xeno...accuse sufficienti a farla deportare in un lager dell'Inquisizione.
    Si nascose dietro la banchina a-grav, dove i montacarichi venivano assicurati dagli operai al termine del turno lavorativo. Sollevò il capo di pochi centimetri oltre quel riparo, guardandosi attorno. Non c'era nessuno in vista. Ottimo.
    In una frazione di secondo percorse i trecentocinquanta metri che separavano la banchina dall'area di stoccaggio 5, dove attendevano speranzosi una mezzo migliaia di container in tinta grigio scuro. Sul fianco erano state serigrafate delle lettere di riconoscimento, associate ad un numero e alla destinazione che il carico doveva raggiungere. A prima vista sembrava semplice trovare il container ARC-401/SV, ma in realtà doveva analizzarli uno alla volta, in cerca del riscontro magico.
    La demo-tuta fornitagli dai committenti e l'occhio bionico aiutavano, ma non avrebbero fatto niente senza di lei; era come nel libro “La caccia al tesoro” di Yin-Man-Rei, si trattava solamente di cercare con attenzione e di non farsi scoprire.
    Il cursore a foggia di ottagono iniziò a navigare la parete di sinistra, evidenziando con una patina color ombra i cassoni che non corrispondevano. La pioggia batteva il terminal con insistenza, gli scoppi dei lampi e dei tuoni si confondevano a quelli dei reattori al cyanocriosta delle navi.
    Sul volto della ventottenne ragazza, pallido e già segnato dall'insorgere dei primi tumori, si dipinse un sorriso di vittoria. Il cursore pulsava ritmicamente, ancorato ad un container. Sulla fiancata, serigrafato in bella vista, si trovava la dicitura: ARC-401/SV.
    Al suo interno brillava un simbolo magico, visibile per il momento a lei soltanto: una goccia di fuoco viola e squassata da fremiti perlacei. Non era più grande di una spanna ed era stato creato, attraverso la magia, per essere scaricato dentro il palmare della noctaloriana.


    Commenti & critiche sono bene accette!
     
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    Cominciamo a conoscere nuovi elementi che caratterizzano questo universo e nuovi personaggi.
    Vedremo come si intersecano tra di loro!
     
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    Come si intersecano (nnuooh la gemometria no!) lo vedremo tra poco, e premetto che sarà molto interessante :) In questi primi atti ho dato molta più enfasi alla caratterizzazione dell'ambiente e dei personaggi che alle loro effettive azioni!
     
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    Ho notato e a mio parere hai fatto bene. Intanto mi son creata nella mia mente la location. E in contemporanea ho scoperto i primi personaggi che (presumo) tesseranno le fila della storia.

    p.s. Sììììì la geometria sììììì :P
     
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    Davvero sei riuscita ad immaginarti il posto? :D Posso capire che sia leggermente difficile quando si entra con ambientazioni "fantascientifiche", ma volevo dare l'idea di qualcosa di simile al nostro, ma anche alieno, come in effetti sono questi umani :)
     
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  13. Danilo Giallanza
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    Davvero Molto bello questo secondo atto!!! Bravo Dany!! Leggerti aiuta a migliorare anche me! sono contento che hai scelto di seguire il mio consiglio sulla data...adesso è molto più fico no!?
     
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    Ti ringrazio, Danylo! (metto la y così siamo in tema con il romanzo xD) Sono contento che tu possa imparare qualcosa, io sto leggendo il secondo capitolo della storia degli occhi d'argento!
    Inizialmente volevo evitare di mettere la data, poi ho pensato che un riferimento temporale fosse più stiloso! ^^
     
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    Beh sì a modo mio mi sono fatta nella mia testolina uno schizzo dell'ambiente circostante ai personaggi menzionati fino ad ora. Però x il momento non me lo sono proprio immaginato simile ai nostri tempi... come dire, mi ha dato l'impressione di un misto tra lo stile di Zion in Matrix e un po' ... cacchiarola non mi viene quell'altro film XD
    Cmq magari continuando a leggere riuscirò ad avvicinarmi alla tua immaginazione!! D'altronde te l'ho detto, questo non è il mio genere quindi un po' di fatichetta la faccio :P
    Però continuo a ribadire che sei molto bravo a scrivere!!
     
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92 replies since 24/6/2012, 02:38   785 views
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