Brink of Oblivion

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  1. Rue89
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    Eccomi con un'ennesima storia xDDDD Scusate se vi inondo di ff ma spero vi facciano passare alcuni minuti spensierati e, chissà, magari che vi piacciano xD
    Eccovi il primo capitolo della nuova storia. Curiosi? Ebbene non indugio più!!!! Eccovi..



    CAPITOLO 1
    "Il ragazzo si avvicinò a Sabrina senza esitazione alcuna. La ragazza era titubante, ma sapeva che non doveva aver paura di lui. Nonostante avesse appena scoperto cosa fosse, voleva fidarsi di lui. Mitch la trasse a s'è e i suoi occhi del colore del rubino s'illuminarono in quelli di lei. La voleva. La desiderava con tutte le sue forze, ma sapeva che era pericoloso. Lui era pericoloso. Com'e quel pensiero gli sfiorò la mente, sentì il profumo di lei accendergli i suoi istinti più primitivi. Cadendo si era sbucciata un ginocchio e l'odore del suo sangue..era così dannatamente invitante. Il vampiro tastò i canini con la lingua e li scoprì pronti e letali. I suoi istinti gli urlavano di morderla, di farla sua. Il suo cuore gli sussurrava che amava troppo Sabrina per ferirla. Tirò indietro la testa e.."

    -Anne!!!!- un urlo mi fece sobbalzare facendomi cadere il libro dalle mani. Il volume cadde con un tonfo sordo sulla coperta del letto, per poi richiudersi ai miei piedi. Perfetto, oltre ad aver interrotto la mia preziosissima, e sudata, ora di lettura, avevo anche perso il segno della pagina.
    -Grianne Shrine se non scendi subito..- ecco l'ennesima minaccia lasciata in sospeso per incutere timore. Alzai gli occhi al cielo e capii che per quel giorno, potevo scordarmi la mia ora di pace.
    -Arrivo Sonia!- urlai in risposta. Presi il libro dal letto e lo riposi nella libreria. Lo guardai sconsolata. Se solo mia madre fosse stata ancora in vita..era stata lei ad avvicinarmi alla lettura. Un buon libro ti regala sempre qualcosa, ti lascia un insegnamento che ti aiuta a crescere. Sonia invece, era dell'idea che ciò che faceva crescere una ragazza fossero un reggiseno imbottito e delle scarpe tacco 18 di marca.
    -Grianne!- uscii dalla cameretta che era da poco diventata "la mia cameretta". Di mio li dentro sentivo solo la libreria, unico superstite della vendita dei beni dei miei genitori. Mio padre era morto quando ero piccola, un cancro incurabile dicono. Mia madre mi aveva lasciato qualche mese fa. Stessa identica sorte del suo amato. Certi ragazzi piangevano un solo genitore per via di questa atroce malattia. Io avevo la sfortuna di poterne piangere due. Se solo mi fossero rimaste delle lacrime da versare. Scendendo le scale, cominciai a sentire il fortissimo odore di cibo cinese nell'aria. Mi ero quasi dimenticata che oggi era giovedì, la sera del cinese. Mi venne quasi da vomitare al pensiero di dovermi mangiare ancora riso alla cantonese straunto e pollo alle mandorle senza mandorle e..non volevo neanche indagare su che tipo di carne animale potessero aver messo l'etichetta "pollo". Come scesi l'ultimo scalino, zia Sonia usci subito dalla cucina. Sembrava quasi si fosse appostata nascosta dietro alla parete ad aspettarmi.
    -Quando di chiamo, Anne, abbi la cortezza di venire. Per favore-
    -Si zia Sonia. Scusa- la zia non era una persona così cattiva come si poteva pensare. Certo, era totalmente l'opposto di mia madre quindi mi serviva del tempo per abituarmi ai suoi..atteggiamenti. Primo di tutti, il non saper cucinare.
    -Colpito! Muori brutto pezzo di-
    -Samuel!- urlò zia Sonia al figlio. Secondo, dovevo abituarmi alle sue continue urla. Ma per fortuna, in questo, avevo un alleato.
    -Piantala di urlare ma'! Sembri una pazza. Ah bastardo eri ancora vivo!- mi avvicinai a mio cugino e mi sedetti sul divano, accanto a lui. Stava giocando ad un picchiaduro, ma la mia conoscenza sui videogiochi finiva li. La zia, scoraggiata dal nostro comportamento, sbattè i tacchi e se ne andò.
    -Vado a chiamare tuo padre! Ci penserà lui a rimetterti in riga signorino!- mormorava. Come spari nel corridoio, Sam mi guardo e fece il conto alla rovescia con le dita. Tre, due, uno.. -George!!!!- urlò zia Sonia. Sam mi guardò e mi riuscì a strappare un sorriso. Lui e lo zio erano decisamente più normali. Una musichetta risuonò dalla tv e lo speaker disse: hai perso!
    -Merda mi sono scordato di mettere in pausa!- e lanciò il joystick accanto a s'è sui cuscini.
    -Capita, Sam. Non sempre si può vincere- il ragazzo si girò verso di me e vidi i suoi occhi celesti farsi seri.
    -Hai ragione, ma io detesto perdere- Si alzò e spense la tv. -Dai andiamo a mangiare. Già odio il cinese, se diventa freddo non lo digeriremo manco per natale-

    Come prospettò Sam, il cinese fu più difficile da mandar giù rispetto le altre volte. Incominciammo a mangiare noi tre perché zio George non aveva terminato ancora l'intervento. Faceva il veterinario ed aveva una clinica privata attaccata a casa. O per meglio dire, ha separato un'ala della clinica e l'ha resa una calda ed accogliente casa.
    Finimmo di mangiare ma di lui ancora nessuna traccia. Non era una novità, ma mi dispiaceva il pensiero della notte insonne che avrebbe passato. A quel punto speravo che saltasse direttamente la cena, almeno non avrebbe continuato a rigirarsi nel letto per tutta notte. Sam si alzò dal tavolo e fece per andarsene. Si fermò sulla soglia e si girò.
    -Vado a vedere un po' di stelle sulla collina. Vieni?- le alternative erano o Passare la serata a studiare, o a passarla stando a sentire zia Sonia darmi dei consigli su come migliorare il mio look. Continuava a ripetere che ero com'e la figlia che non aveva mai avuto e voleva istruirmi meglio che poteva. Non ci pensai su nemmeno un secondo.
    -Certo!- saltai subito in piedi e fummo fuori di casa ancor prima di sentire zia Sonia protestare. Sam aprì il pick up e salimmo.
    -Grazie per il salvataggio in extremis! Non avrei sopportato un'altra lezione su phard e rimmel..-
    -Ehi ehi! Non pronunciare certe cose davanti ad un uomo! Sono contento di non conoscere suddette parole, sarebbe raccapricciante se finissi con l'impararle- dicendo ciò, scosse le spalle com'e per liberarsi dai brividi invisibili che l'avevano colpito. Sorrisi e promisi di non accennarne più. Poi mise in moto e partimmo. La collina era poco distante dalla clinica, tuttavia il telescopio era decisamente troppo grosso e pesante da portarlo a piedi. Infatti, la sua postazione fissa era nel retro del pick up.
    Samuel scrutò verso il cielo e sorrise. Nonostante fosse più grande di me di tre anni, mi trovavo bene in sua compagnia. Era un ragazzo sincero, determinato ed onesto. Aveva iniziato quell'anno il college per diventare veterinario com'e il padre. Ma la sua vera passione erano le stelle. Tuttavia, come le ricordò la madre, guardare le stelle non porta il pane a casa. Lo ammiravo in un certo senso. Io ero più un tipo istintivo che razionale. Non penso sarei mai stata in grado di mettere da parte la mia passione per qualcosa di più concreto. Anche se non potevo esserne del tutto certa. Ero una ragazza piuttosto piatta. A parte l'amore per la lettura e gli animali, non avevo forti aspirazioni, non avevo passione verso qualcosa n'è hobby o doti particolari. Scribacchiavo ma non pensavo seriamente di far leggere qualche mio scritto a qualcuno. La macchina emise un fischio e si spense. Sam scese dalla macchina, eccitato com'e se fosse la prima volta che scrutava i cieli. Aprii la portiera e, com'e misi piede fuori, una frescura m'investì in pieno. Per essere giugno, ad Hastings faceva freddo. Nata e cresciuta al caldo della California, dovevo ancora abituarmi a quello strano clima inglese. Poi il vento portò quel profumo inconfondibile. Mi abbracciai per cercare di mantenere una temperatura corporea decente, chiusi gli occhi ed inspirai. L'aria trasportava l'odore salmastro dell'oceano. Quella collina era la preferita di Sam. Il giorno che arrivai da loro, dopo che zio George era venuto a prendermi in America, ero così triste e taciturna che nessuno sapeva com'e prendermi. Ero chiusa in camera nel mio lutto, rifiutavo di mangiare e di vedere chiunque. Quella sera, Sam, s'arrampicò fino alla mia finestra ed irruppe nella stanza. Mi sorrise e mi chiese se volevo vedere il posto più bello del mondo. E, da quella sera, divenne anche il mio posto segreto. Una collina ricoperta d'erba e fiori di campo. Ai suoi piedi, una boscaglia non troppo fitta ne ricopriva il suolo e poi.. Il mare. In lontananza, illuminato dalla tenue luce della luna e delle stelle, il mare luccicava di luci argentee su un tappeto scuro.
    -Grianne! Stasera il cielo è perfetto! Vieni a vedere!- Sam si era già appostato sul retro del pick up. Stava guardando nel telescopio e, di tanto in tanto, annotava qualche coordinata sul suo taccuino. Salii sul retro del pick up e lo spinsi via amichevolmente.
    -Mi dici di venire a guardare ma poi non ti stacchi mai dal binocolo! Si vede la via lattea?- rise e si rimise a sedere.
    -Può anche darsi, ma non di certo con questo. Ce ne vorrebbe uno decisamente più potente- si avvicinò a me ed allungò una mano, spostando la canna del binocolo.
    -Cosa mi fai vedere?- chiesi mentre cercavo di sbirciare dalla lente.
    -Un po' scontato, ma decisamente magnifica stasera- disse soddisfatto. Guardai nella macchina e vidi i crateri. La luce tenue e velata che ricopriva la luna era un qualcosa di bellissimo già ad occhio nudo, ma col telescopio..era ancora più fantastica. Rimasi affascinata, senza parole. Passammo quasi tutta la sera così. Sul retro del pick up, Sam a cercare stelle, io a guardarle.
    -Oh mio dio..- l'esclamazione di Sam mi distolse dall'ennesima stella di cui non ricordavo il nome. Guardai verso mio cugino e lo vidi con la punta del naso puntata verso l'alto. Seguii il suo sguardo e vidi una stella cadente.
    -Grianne, scusami ti prego!- si sedette al mio posto, facendomi alzare di colpo spodestata del mio trono. Cambiò le lenti e spostò la canna in cerca della stella cadente. Strano come non scomparisse nel nulla. La vedevo benissimo anche ad occhio nudo ed era ancora lì.
    -Non dovrebbe del tipo...sparire dopo pochi secondi?- chiesi all'esperto. Sam non mi degnò di attenzioni per quello che parve un'eternità.
    -Oddio..- fu quasi un sussurro, ma sentii subito l'incredulità nella sua voce.
    -Sam? Cosa succede?- era una mia impressione o la stella cadente..stava divenendo più grande?
    -E' un detrito. Un meteorite è entrato nell'orbita terrestre. Sta precipitando- spiegò senza staccare gli occhi dall'ammasso di roccia aliena.
    -Ma..cosa vuol dire scusa? Non c'è gente che studia questi eventi e distrugge o devia queste rocce prima che entrino nella nostra atmosfera?- le serate con Sam erano piuttosto ricche di nozioni. Sam si girò e mi guardò confuso.
    -Penso che..non so non tutto è calcolabile in modo preciso..- mi venne la pelle d'oca. Quella sfera stava divenendo mano a mano più grossa.
    -Non..non dovremmo spostarci da qui? E se ci cade addosso?- il panico stava cominciando ad impossessarsi di me e Sam era troppo occupato a pensare per rassicurarmi.
    -Non essere ridicola Grianne! Non sappiamo dove atterrerà n'è quant'e grande. E se ci spostassimo e venissimo colpiti mentre, stando qui, eravamo al sicuro?- capii che il suo discorso non faceva acqua, ma vedere quella cosa farsi sempre più grande..e che Sam lo credesse o meno, avevo la netta sensazione che stesse precipitando proprio verso di noi.
    -E cosa dovremmo fare allora? Aspettare che quella cosa ci cada addosso?!- Sam si girò verso di me e mi lanciò uno sguardo pieno di significato.
    -Puoi sempre coprirti la testa con le braccia e pregare che non cada quì, se la cosa può farti sentire meglio- una forte esplosione mi impedì di rispondere alla sua presa in giro. Il meteorite si divise in due masse luminose, leggermente più piccole.
    -Cosa..?- Sam mi mise una mano sulla spalla e sorrise.
    -Come pensavo. Si sta disintegrando. Vedrai che sarà completamente consumata prima di toccare terra- sentii la tasca del ragazzo vibrare. Sam distolse con malavoglia lo sguardo dal cielo e si allontanò per rispondere al cellulare. Sulla collina c'era sempre pochissimo campo, bisognava scendere un poco lungo la stradina sterrata. Vidi la chioma nera di Sam sparire e l'ansia mi avvolse nuovamente. Era come se sentissi che sarebbe successo qualcosa. Tornai con lo sguardo verso il cielo. I due pezzi di meteorite si erano divisi. Uno stava per cadere nell'oceano, ma l'altro puntava ancora pericolosamente verso terra. La voglia di rannicchiarmi e chiudere gli occhi era tanta, ma mi spaventava l'idea di non sapere se stava arrivando o meno. Poi, poco prima di toccare suolo, entrambi i bagliori sparirono. Guardai il cielo, ora totalmente oscuro. La forte luce di poco prima mi impediva di mettere bene a fuoco le stelle.
    -BOOOM!- caddi fuori dal pick up e precipitai sul manto erboso. Avevo il cuore in gola dallo spavento. Poi sentii la risata di Sam e mi cominciarono a bruciare le orecchie dalla rabbia. Il ragazzo fece il giro del pick up e quando mi vide, si piegò quasi in due dalle risa.
    -Non è stato per niente divertente! Cretino!- ero arrabbiatissima. Mi ero spaventata com'e mai prima e lui, senza la minima ombra di tatto, mi aveva fatto uno scherzo veramente non necessario!
    -Dai paurosa! Visto che alla fine non è successo niente? La caduta, l'attrito ed il surriscaldamento dovuto alla velocità li ha consumati. Niente di pericoloso. Cooomunque, mamma ha chiamato, o forse sarebbe meglio dire urlato al telefono, dicendoci di tornare a casa che è quasi l'1- sospirò guardando il cielo mentre mi rialzavo. -E' quasi ingiusto come passi in fretta il tempo quando si fa qualcosa che ci piace..non trovi?-
    -O quando stai per crepare di paura- aggiunsi lanciandogli un'occhiataccia. Alla fine non era colpa sua ciò che era successo, scherzo a parte. Tentai di sorridergli e lui rispose sereno al mio tentativo andato male.
    -Torniamo a casa va. Domani, a differenza di qualcuno che è in vacanza, devo andare all'uni- salimmo sul pick up e percorremmo la via di ritorno verso casa. Lo zio, alla fine, aveva avuto il coraggio, se non la pazzia, di mangiarsi il cinese. Risultato? In piena notte sentii rumori in cucina e la teiera che fischiava. Si starà facendo una limonata calda, pensai. Mi girai nel letto e tornai a dormire. Quella notte, non so perché, ma sognai le onde dell'oceano mentre s'infrangevano contro le scogliere.


    Rue

    p.s.: ringrazio di cuore il mio ragazzo per la copertina! *_________________________________*
     
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  2. ironic;
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    muahahahah l'hai postata alla fine!!! ahahah quando ho visto la copertina ho capito subito la sorpresa ahahah XDD
    brava rrrrrruettina, ed è ovvio che apprezziamo le tue ff! son fantastiche!!
    bel pezzo :DD
     
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  3. Rue89
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    Tks *^*

    Rue
     
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  4. Rue89
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    CAPITOLO 2

    Grazie agli avvenimenti della sera prima non riuscii quasi a chiudere occhio. Come sentii zio George trovar pace dalla cena che gli appesantiva lo stomaco, mi alzai. Mi vestii con una semplice maglia a maniche lunghe e dei pantaloni grigi che usavo di solito per fare educazione fisica. Quella mattina, contro ogni pronostico ed ogni mia abitudine, decisi di andare a correre. Mai fatto in vita mia, diciamo che il jogging non era una delle mie attività preferite. Non era affatto una mia attività, tra parentesi. Tuttavia, quello che era successo quella notte mi aveva scosso qualcosa. Vedere quella cosa mentre precipitava..vederla disintegrarsi mentre procedeva nella sua caduta..in un certo senso mi fece capire che stavo sprecando la mia vita. Che senso aveva starsene a letto a dormire fino a tardi? Ora ero giovane, quelle cose potevo permettermi di farle quando sarei stata anziana. Ora dovevo cominciare a vivere la mia vita. Immaginai che anche i miei genitori l'avrebbero pensata allo stesso modo. Uscii dalla porta in punta di piedi, cercando di fare meno rumore possibile. Passando davanti la camera di Sam, sentii il suo russare leggero e regolare. Avrebbe potuto godere ancora di una mezz'oretta di riposo prima che la sveglia suonasse, dando inizio ad una settimana di studio e lavoro. Nonostante andasse all'università di Brighton, a solo un'ora da quì, aveva preferito alloggiare in dormitorio durante la settimana di lezioni. La sua scusa era stata che almeno avrebbe potuto studiare meglio senza le continue grida della zia. Anche se, secondo me, lo faceva per le ragazze del campus. Scesi le scale, tenendo le scarpe in mano e pregando che quei maledetti scalini smettessero di cigolare come nelle case degli orrori. Come fui sul pianerottolo, mi potei chiamare salva. Uscii di casa e l'oscurità delle cinque di mattina m'avvolse come una coperta. Inspirai con forza, sperando di sentire l'odore pungente di salsedine, ma eravamo troppo nascosti dalle abitazioni perchè il vento lo riuscisse a portare fino a casa. Uno spiffero di aria gelida mi fece raggelare, scuotendomi per scacciarlo.
    -Cominciamo a correre, va- cercai di autoconvincermi. Dopo soli cinque minuti di corsa, maledissi la mia malsana idea di voler fare la maratoneta. Ero più una scattista e la stamina non era certo uno dei miei punti forti. Mi morsi il labbro e sentii un pò di ferro inondarmi la bocca. Dovevo arrivare almeno in spiaggia. Poi avrei chiamato Sam per farmi venire a rendere prima che fosse partito per l'università. Ma almeno fino in spiaggia, mi ripetei, dovevo arrivarci! A metà strada cominciai a sentire il fianco destro bruciare, le gambe chiedevano pietà ed il respiro quasi mi moriva in gola prima ancora di raggiungere i polmoni. Mi fermai un attimo a prendere fiato, ma fu la mossa sbagliata. Come mi bloccai, sentii tutta la stanchezza impossessarsi del mio corpo, rendendolo sempre più schiavo della gravità. Allora ripartii, quasi strascicando i piedi a terra dalla fatica. Fortunatamente non erano tanti i pazzi che decidevano di andare a correre alle cinque di mattina, quindi potevo evitare di preoccuparmi di fare figuracce. Quando ormai la mia determinazione cominciava seriamente a vacillare, sentii l'odore della vittoria. Spronai ancora di più il mio corpo, dando lo scatto finale e finalmente sentii le mie scarpe vacillare sotto i sassi della spiaggia. Il lento cullare delle onde mi fece quasi salire le lacrime agli occhi. Ce l'avevo fatta! Un moto di gioia e di orgoglio m'invase, facendomi dimenticare momentaneamente della fatica cui avevo sottoposto il mio corpo. Avanzai fino alla riva e mi lasciai cadere a terra. I sassi spigolosi resero la caduta non tanto piacevole, ma non importava. Rimasi lì, nel buio ormai rischiarato dal crepuscolo, a mirare le onde infrangersi sulla riva. Socchiusi gli occhi e liberai la mente da ogni cosa. Inspirai l’aria salata ed espirai, trovando la pace che non riuscivo a raggiungere da tanto. Potevamo circondarci di tecnologie e comodità quanto volevamo, ma la vita vera, le emozioni vere, forti, importanti..potevamo essere noi stessi solo davanti ad uno spettacolo simile. L’immensità, la grandezza e la forza di qualcosa che va oltre al nostro volere, oltre alle nostre capacità. Dovrebbe spaventare, eppure è quella sensazione che ti fa rimanere coi piedi per terra. Che ti fa sentire realmente viva. Una brezza più gelida delle altre mi fece sobbalzare. Decisamente bizzarro. La pioggia cominciò a cadere lenta e sinuosa tra i massi, scivolando su di essi per poi svanire chissà dove. Cominciai a sentire i brividi pervadermi il corpo. Ci mancava solo che mi ammalassi. Mi alzai in piedi e cominciai a correre per la spiaggia. Non avevo il tempo di stare a tornare a casa. Ormai cominciavo a capire come funzionava il clima inglese. Una pioggia improvvisa non durava mai tanto, ma in quell’attimo cadeva giù il mondo. Vidi in lontananza una capannina dei bagnini e sperai con tutto il mio cuore che fosse aperta. Mi fiondai sulla maniglia ed essa girò senza fare alcuna resistenza. Richiusi la porta alle mie spalle giusto due secondi prima di sentire la pioggia cadere a cascata all’esterno. Le gocce picchiavano così intensamente sul tettuccio di legno che pensai potesse realmente farlo crollare dalla potenza della sua caduta. Mi guardai intorno. La casetta era piccola e poco illuminata. Le finestre erano chiuse da ante di legno e l’unica luce che illuminava la casetta era quella proveniente dalla finestrella di plexiglass sulla porta. Un semplice tavolino spoglio, sopra solo alcuni fogli, era situato appena sotto la finestrella chiusa. La sedia era messa lateralmente, come se il bagnino fosse stato troppo impegnato o sbadato per metterla ordinata sotto il tavolo. Il salvagente era appeso al muro, così come un paio di binocoli e la cassetta del pronto soccorso. Mi guardai ancora in giro e vidi il mini frigorifero. Mi ci fiondai ma vidi subito che la presa della corrente era staccata. Poi, finalmente, trovai qualcosa di realmente utile. Una coperta. Mi schifava un po’ l’idea di quante persone l’avessero usata, e se fosse mai stata lavata o meno. Cacciai indietro quei pensieri e me la misi sulle spalle, seppur con un leggero disgusto. Presi il cellulare dalla tasca e composi il numero che ormai sapevo a memoria.
    -Mhhh- fu la risposta dell’apparecchio.
    -Buon giorno anche a te Sam- sentii un ennesimo mhhh dalla cornetta. Guardai l’orologio ed immaginai avesse mandato al creatore l’ennesima sveglia dato che sarebbe già dovuto essere in partenza.
    -Buon giorno? Che buona giornata vuoi che sia con stò vento?-
    -E’ la pioggia- silenzio.
    -Ah. Peggio ancora direi. Ma che ore sono? Dov’è la..oh- sentii Sam che si alzava e faceva alcuni passi sul parquet cigolante. –Dovrei comprarmi una sveglia a muro. Pensi che esistano sveglie che si possano saldare al comodino?- risi.
    -A quel punto lanceresti anche il comodino oltre la sveglia. Non mi sembra ti convenga- sentii le ante dell’armadio sbattere ed immaginai che si stesse vestendo mentre eravamo al telefono. Era mio cugino, tuttavia la cosa mi imbarazzava un poco.
    -Comunque dove sei a sto giro? Vuoi che ti venga a prendere, giusto?- cominciai a girare per quei tre metri quadri di stanzetta e presi in mano il binocolo. Chissà com’era figo vedere il mare in tempesta da lì. Annuii anche se lui non poteva vedermi.
    -Sono in spiaggia. Vicino agli scogli in una cabina di un bagnino-
    -Con il bagnino?- gli feci la pernacchia.
    -Sbrigati che sono bagnata e fa freddo! E poi chi la sente più zia Sonia se mi dovessi ammalare!- sentii la porta di casa richiudersi e Sam correre sotto la pioggia mentre la malediceva con una sfilza di parole esiliate dai vocabolari civili.
    -Non vedo l’ora di non sentirla più. Penso che sia l’unica persona al mondo a non aver mai avuto mal di gola. Cos’ho fatto per meritarmi un tale castigo divino?-
    -Sei nato troppo affascinante- dissi prendendolo in giro, ma il silenzio dall’altra parte della cornetta mi fece presagire che mi aveva preso in parola.
    -Hai ragione..Pazienza. Cinque minuti e sono da te!- e chiuse il telefono. Rimisi il cellulare in tasca e mi avvicinai al tavolino. Mi ci appoggiai, guardando il binocolo che tenevo tra le mani. Se avessi aperto quelle finestre di legno, molto probabilmente mi sarei bagnata di brutto dalla potenza con cui scendeva la pioggia. Eppure era la mia unica possibilità. Quando ancora avrei potuto vedere la bellezza del mare in burrasca, con la superficie picchiettata da miliardi di microscopiche goccioline? Sentii la pioggia affievolirsi un poco. Magari stava già passando. Forse..un’occhiata veloce non avrebbe di certo peggiorato la situazione. Di certo più bagnata di così era impossibile esserlo. Aprii un’anta e vidi il chiarore del sole mattutino illuminare in lontananza la spiaggia. Un arcobaleno di colori riempiva il cielo rendendo visibile la danza delle gocce di pioggia. Appoggiai i gomiti sul bordo della finestra e guardai dentro le lenti del binocolo. Il mare era agitato e le onde increspavano la sua struttura solitamente calma. La superficie sembrava bucherellata da mille aghi che creavano minuscoli schizzi e spruzzi di schiuma. Rimasi meravigliata da quello spettacolo. Era la prima volta che vedevo una scena simile e mi colpì profondamente. Mi ritrovai a sorridere. Feci per sporgermi più in fuori ma mi scivolò il gomito sul legno bagnato. Persi l’equilibrio per alcuni secondi, ma non caddi. Tuttavia..mi era sembrato di vedere qualcosa di strano. Tornai col binocolo a guardare le onde. Poi mi spostai verso la spiaggia. Ne ero sicura. Avevo visto qualcosa luccicare sulla spiaggia. Continuai a vagare con la vista sulla spiaggia, ma non vi era traccia della cosa che aveva attratto la mia attenzione. Sentii il cellulare suonare due squilli e poi silenzio. Era il segnale di Sam. Rimisi a posto il binocolo, ripiegai la coperta e l’appoggiai sopra alla scrivania. Poi uscii e cominciai a correre verso la banchina quando un ennesimo luccichio catturò la mia attenzione. Nonostante la pioggia fosse diminuita, era ancora fastidioso sentirla cadere sulla pelle nuda. Tuttavia me ne scordai presto, come posai gli occhi sull’oceano. I miei piedi si mossero da soli verso le acque. Sentii Sam suonare il clacson per chiamarmi, ma non ci prestai attenzione. Riuscivo a vederlo seduto sul pick up. Mi sarebbe bastato girarmi verso di lui, fare quei due minuti di corsa e sarei stata ancora nella normalità della mia vita. Ero al bivio decisivo del mio destino. Potevo tornare da Sam, ma non lo feci e, invece, corsi verso il mare. Le scarpe schiaffeggiarono l’acqua come furono in contatto e sentii subito le calzature divenire pesanti e scomode. Continuai la mia lotta contro il mare agitato per raggiungere il bagliore. Dovevo afferrarlo. Dovevo raggiungerlo! Ormai l’acqua mi arrivava al torace, ma le onde che mi sbattevano contro arrivavano fin sopra il collo. Sputai un po’ d’acqua salata ed allungai la mano. C’ero quasi. L’avevo quasi preso! Come le mie dita sfiorarono il loro obiettivo, sentii la vittoria gonfiarmi di gioia. L’ennesima onda spinse il corpo verso di me e riuscii finalmente ad afferrargli il braccio. Non mi fermai a pensare chi fosse, cosa ci facesse in mare con quel tempo. Né se fosse ancora vivo o meno. Volevo solo tirarlo fuori da quell’inferno. Come lo afferrai per il braccio, però, mi salirono i brividi lungo la schiena ed una brutta sensazione s’impossessò di me. Sentii la corrente sotto le onde risucchiarmi verso il mare aperto. Cercai di puntare i piedi ma sentivo che scivolavano sotto la forza delle acque, scavando solchi nella sabbia mista a sassi. Tirai con tutte le forze per tornare a riva, ma la corrente era così forte e fredda che presto non sentii più i muscoli delle gambe.
    -Grianne!- l’urlo mi arrivò forte e minaccioso. Come mi girai, mi ritrovai di fronte un torace completamente nudo. Asciutto, muscoloso e leggermente abbronzato. –Cazzo stai li ferma!- mi rimproverò Sam. Afferrò il ragazzo al posto mio e si mise il suo braccio sopra le spalle, circondandolo con un braccio per il fianco. Poi mi allungò la mano e mi guardò con urgenza. Ingoiai e gli strinsi la mano, aggrappandomi a Sam. Anche lui faticò un po’ a tornare a riva, ma alla fine raggiungemmo la terra ferma. Sam cadde sui massi stremato, facendo cadere accanto a sé lo sconosciuto. Io mi accasciai in ginocchio accanto a lui e lo girai a pancia in su. Tastai sul collo come avevo visto fare nei telefilm ma non riuscii a sentire niente, se non il martellare continuo ed assordante del mio cuore. Sentii le lacrime salirmi agli occhi. Sam si alzò e premette le dita al collo dello sconosciuto. Poi avvicinò l’orecchio alle sue labbra e vidi il suo sguardo corruciarsi. Cominciò a fare il massaggio cardiaco ma niente. Provò e riprovò, i minuti passavano ma il ragazzo non dava segni di vita. Io non fui in grado di fare niente. Riuscivo solo a guardare il suo volto. I suoi capelli erano corti e di un biondo d’orato così intenso che sembravano essere stati dipinti col miele. Erano spettinati, scompigliati dall’acqua ed ora erano pieni si sabbia. Un taglio gli attraversava il sopracciglio destro e sanguinava ancora. Era a torso nudo ed il suo fisico era così perfetto da farmi venire i brividi. Sembrava forte, in forza e sano..com’era possibile che non fosse riuscito a tornare a riva? E’ vero che anche Sam aveva avuto difficoltà, ma doveva trascinare me e lui e quel ragazzo sembrava più forte di mio cugino. La sua pelle, dalla carnagione chiara, era lacerata in molti punti da ferite, graffi e sangue. Doveva essere stato preso alla sprovvista dal temporale e la marea l’aveva spinto contro gli scogli..forse aveva sbattuto la testa. Finalmente, il ragazzo s’animò di colpo. Tossì fuori l’acqua che aveva nei polmoni e si piegò subito di lato, con il viso a pochi centimetri dalle mie ginocchia. Rimasi ferma, immobile. Avevo paura persino di respirare. La sua schiena..la sua schiena era tremenda. Due enormi cicatrici gli segnavano dalle spalle a quasi metà fianco. La pelle era lacerata ed il sangue si era ormai rappreso in alcuni punti. Mi venne da vomitare. Come feci per distogliere lo sguardo, il suo viso si alzò ed i suoi occhi incontrarono i miei. I ricordi di una persona possono modificarsi col tempo. Possono svanire, andare persi, sfuocarsi o divenire vaghi. Ma quell’attimo, quello scambio di sguardi, sarebbe stato marchiato a fuoco nella mia anima. La mia mente pensò all’oro, al cioccolato al latte più dolce, al legno più pregiato, al colore delle castagne leggermente abbrustolite e alla doratuda delle nocciole appena tostate. Delle pagliuzze verdi ed azzurro acqua macchiavano quegli occhi così particolari, così..unici. Non avevo mai visto in vita mia degli occhi simili. Le miliardi di sfumature, l’intensità, la meraviglia ed il timore con cui scrutavano, studiavano, vedevano e sentivano.. Come gli occhi di un bambino che guardano per la prima volta il mondo. Restammo in silenzio, lui che guardava me ed io che guardavo lui.
    -Base terra chiama sconosciuto mezzo morto. Come ti senti?- appena Sam parlò, la magia che legò i nostri sguardi svanì. Il ragazzo si mise seduto e girò leggermente la testa verso Sam. Aprì le labbra ma non ne uscì alcun suono. –Come stai? Ti fa male la testa?- Sam controllò i suoi occhi per vedere se potesse avere un trauma cranico. Non lo vidi particolarmente colpito dai suoi occhi. Come poteva non essersi accorto di quegli occhi?!
    -Sh..- disse lo sconosciuto. Si inumidì le labbra e portò una mano alla tempia, infilando le sue dita lunghe ed affusolate tra i capelli color miele. –Shinno qu?- Sam mi guardò perplesso.
    -Inglese! Puoi-parlare-inglese?- lo straniero parve pensarci su. Premette anche l’altra mano sulla tempia e chiuse gli occhi. Lo sentii sussurrare –In..glese..-
    -Sam..forse dovremmo portarlo in ospedale..-
    -No- rispose di colpo lo sconosciuto.
    -Ehi sei ricoperto di ferite e contusioni. Ti devi fare medicare- il ragazzo guardò Sam con aria assente. –Medicare!- alzò la voce e lo straniero lo scrutò con sguardo serio.
    -Non posso andare in ospedale- la sua voce..parlava un inglese praticamente perfetto. Ogni traccia di quel linguaggio strano era svanito e non aveva neanche qualche strano accento. Non come il mio fastidioso, a detta della zia, accento americano. Sam alzò le mani al cielo in tono esasperato.
    -Fa come ti pare. Ora mi sembri abbastanza lucido da prenderti cura di te stesso da solo- si diresse verso il suo mucchio di vestiti e incominciò a rivestirsi. Solo allora mi accorsi che era in boxer.
    -Sam..Sam!- lo chiamai. Non mi diede retta e cominciò ad incamminarsi verso la macchina. –Sam non possiamo lasciarlo lì così! Guarda com’è ridotto!- il ragazzo si girò e piantò i suoi bellissimi occhi azzurri nei miei. Il suo sguardo era serio e non ammetteva repliche.
    -Grianne è mattina, sono in ritardo tremendo per l’università e non ho tempo per stare dietro ad uno straniero addicted al dolore. Né ne ho la voglia- lo fulminai con lo sguardo. Non era suo solito atteggiarsi così. –Ti porto a casa o no?- disse infine esasperato, facendo segno verso la macchina. Io rimasi lì immobile a fissarlo seria. Schioccò la lingua con sdegno e se ne andò. Come salì in macchina sbattè rumorosamente la porta del pick up e se ne andò, facendo fischiare le gomme sull’asfalto. Mi girai verso il ragazzo e lo trovai a fissarmi. Abbassai subito lo sguardo e cominciai a guardare i sassi. Non so quanti minuti passarono. Lo sconosciuto cercò di alzarsi in piedi ma una fitta al fianco lo fece ricadere a terra. Gli corsi incontro e m’inginocchiai accanto a lui.
    -Lo sapevo. Devi andare in ospedale..-
    -Non posso- rispose a denti stretti.
    -Oh al diavolo non fare il bambino!- a quelle parole si pietrificò. –Insomma..volevo dire…almeno lascia che ti veda un medico di famiglia se non vuoi ospedali..- il ragazzo mi guardò per alcuni istanti e poi distolse lo sguardo.
    -Niente medici- sbuffai e mi sedetti, scoraggiata, sui sassi accanto a lui. Ormai aveva smesso del tutto di piovere.
    -Perché non vuoi essere visitato? Sai che potresti morire se non ti disinfettiamo questi..- l’occhio mi cadde alla sua schiena. Maledetti scogli, pensai.
    -Non lo so. Non riesco a ricordare..so solo che non posso. Ospedali, medici..non posso..- cominciò a scuotere la testa, premendosi le mani alle tempie. Un brivido mi attraversò la schiena.
    -Come ti chiami?- gli chiesi. Lui si bloccò. Gli occhi aperti guardavano un sasso ai suoi piedi. –Ricordi come ti chiami?- chiesi nuovamente con più gentilezza. Tuttavia non arrivò alcuna risposta. Non ce n’era bisogno. Sospirai rassegnata. Era un tipo cocciuto, ma dovevo pur fare qualcosa.
    -Vieni con me- mi alzai e gli allungai una mano per aiutarlo. Lo sconosciuto alzò la testa ed i suoi occhi color nocciola colpirono dritto il mio cuore.
    -Ti prego non insistere. Nessun ospedale, nessun medico-
    -Ti medicherò io- tagliai corto. Stavamo perdendo troppo tempo e vedere quel rivolo di sangue scendere dal taglio al sopracciglio mi faceva agitare ancora di più. Ne era pieno, pieno di tagli simili se non peggiori! Che tolleranza del dolore doveva avere per resistere a tal modo? –Non sono un medico e mio zio..ha una clinica veterinaria. Non è un ospedale quindi va bene, no?- lo sguardo spaesato del ragazzo mi fece capire che ci stava riflettendo su.
    -No..così va bene- disse infine. Fece per sollevarsi ma gli fui subito accanto, aiutandolo. Mi misi un suo braccio dietro la nuca, imitando il gesto di Sam. –Grazie..e perdonami-
    -Non dirlo neanche. Dai, andiamo- in quel momento mi trovai al grande bivio della mia vita. Quello che determina con una singola azione ciò che sei e che sarai per sempre. Che determina il proprio destino. Ed io scelsi la strada parallela alla sua.

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    Ho letto il primo capitolo! L'ambiente famigliare è molto divertente, l'hai reso bene, complimenti! ^^ Il meteorite avrà importanza più avanti?
     
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  6. Rue89
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    Grazie mille dany! Eh..vedremo :)

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  7. Rue89
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    CAPITOLO 3

    -Aspetta qui- dissi al ragazzo. Tornai dentro il capanno del bagnino ed afferrai la coperta. Come feci per uscire mi tornò in mente la cassetta del primo soccorso. Tornai indietro e raccolsi un paio di cerotti ed una garza. Volevo lasciare scritto l’indirizzo dell’ambulatorio per poter pagare quelle cose, ma non trovai né carta né penna. Sarei tornata più avanti a pagargli il tutto. Uscii e ritrovai il ragazzo nello stesso, identico punto in cui l’avevo lasciato. Non aveva mosso nemmeno un muscolo. –Eccomi- dissi e mi avvicinai a lui –Siedi un attimo solo-continuai, indicandogli la sabbia. Il ragazzo mi guardò con sguardo interrogativo. Alzai gli occhi al cielo. Se continuava a guardarmi con quegli occhi avrei perso il controllo dei miei pensieri. Dovevo guardarlo il meno possibile in viso, mi faceva paura ciò che scatenavano in me i suoi occhi. Si sedette senza fare domande. Il suo viso era costantemente rivolto verso di me e mi guardava con curioso interesse. Mi sentivo come un pesce rinchiuso in una bolla con un gatto fuori, che resta a fissarlo intensamente per ore e ore.. M’inginocchiai vicino a lui e presi un cerotto. Come avvicinai le mani alla sua fronte, vidi il suo corpo irrigidirsi e si ritrasse al mio tocco. Il suo sguardo, per la prima volta da quando Sam se ne andò, non era più puntato su di me. Bensì sui microscopici granelli di sabbia nascosti tra i sassi. Feci finta di non aver visto la sua reazione ed allungai nuovamente le mani per medicarlo. Questa volta non si ritrasse e gli misi il cerotto sul sopracciglio. Non sarebbe servito granchè, ma era pur sempre qualcosa. –Ora avrei bisogno mi dessi una mano..- non si girò. Afferrai la garza e premetti un’estremità sul suo petto, per fasciargli il torace. Come le mie dita sfiorarono la sua pelle, il ragazzo scattò all’indietro e per poco non mi faceva cadere. –Ma che cavolo?-
    -Scusa..- disse sinceramente dispiaciuto. I suoi occhi imbarazzati saettavano in ogni direzione. Sembravano due palline di ping pong. –Io..non sono abituato a..al contatto fisico- mi avvicinai a lui e presi la sua mano nelle mie. Decisa, risoluta. Lui mi osservò con incredulità.
    -Ti dovrò medicare che tu lo voglia o meno. Quindi abituati a sentire il mio tocco- dicendo ciò, spostai le mie mani dalle sue al suo viso. Gli toccai i capelli e gli sfiorai la guancia ed il collo. Il suo respiro si fece più agitato e corto. Stava dicendo la verità, davvero non era abituato al contatto fisico. –E va bene. Tieni questa estremità ed io lo farò girare senza toccarti- dissi mettendo fine alla sua agonia personale. Lo sconosciuto mi ringraziò e sorrise. Avvolto il suo torace, gli misi qualche altro cerotto su braccia e gambe. A questi ultimi tentativi non si ritrasse, era già qualcosa.
    -Grazie..-
    -Grianne- risposi. Mi alzai in piedi, soddisfatta del mio lavoro. Come prima medicazione poteva bastare, almeno fino alla clinica dello zio. Il ragazzo mi sorrise e sentii il sangue salirmi alle guance.
    -Grazie, Grianne- il silenzio ci avvolse nuovamente e capii di dover fare qualcosa per porre fine a quell’attimo di puro imbarazzo. Il ragazzo si alzò e testò il suo equilibrio precario delle gambe. Sotto la flebile luce nascente, i muscoli asciutti delle sue braccia rilucevano di riflessi dorati e ambrati. Mi ritrovai a fissarlo ancor prima che lui alzò lo sguardo verso di me. Mi sorrise con imbarazzo. Si era accorto che lo stavo fissando? -Meglio..meglio che vada-
    -Dove?- come pronunciai quella parola mi maledissi. Certo, non erano affari miei. Sicuramente non mi avrebbe risposto..
    -Ho degli..affari in sospeso..-
    -Dove?- la mia voce si fece più insistente. Volevo sapere.
    -Non..lo so- finì. Lo sapevo. Quella botta alla testa doveva avergli causato per forza un’amnesia. Forse solo momentanea, ma non era il caso che girovagasse per Hastings in quelle condizioni. Lo guardai seria, col mio tipico sguardo da non lasciar spazio ad ulteriori commenti. Lo sguardo che rivolgevo sempre alla mamma quando, nell’ultimo periodo, si rifiutava di andare a fare le chemio. Quel ragazzo avrebbe appena imparato che, con quello sguardo, non accettavo un no come risposta.
    -Non ti ricordi niente di te, nemmeno come ti chiami. Non posso lasciarti andare in giro per l’Inghilterra ferito e senza memoria. No!- feci subito vedendo che apriva la bocca per parlare. –Fiato sprecato bello mio. Ora vieni con me alla clinica, ti medico come si deve, e se incominci a ricordare qualcosa allora ti lascerò tornare a casa- lo sconosciuto rimase a bocca aperta, meravigliato da tale determinazione e sicurezza. Poi rise, rise di gusto e senza freno. Che risata meravigliosa. Era..forse il termine più corretto era celestiale. Dei brividi mi scossero il corpo. Era il freddo?
    -Questo ha tutta l’aria di essere un sequestro, Grianne- mi avvicinai a lui e lo spronai verso la strada.
    -Reputati rapito fino a nuovo ordine, allora- fece di no con la testa, sorridendo. Gli misi la coperta sopra le spalle, per nascondere le ferite ad occhi indiscreti. Non che un ragazzo, soprattutto se strafigo come lui, che girava per strada con indosso una coperta fosse normale..ma decisamente era più accettabile di un ragazzo ferito. Per tornare a casa impiegammo quasi tutta la mattina. Il poveretto era mezzo zoppo e non riusciva a camminare tanto svelto. Ci fermammo anche un paio di volte per farlo sedere a riposare ma, alla fine, fummo alla clinica. Decisi di farlo entrare dalla porta di casa. A quell’ora la zia era al suo solito appuntamento al solarium con Stacy, la sua migliore amica. Meglio non dar spiegazioni per il momento. Aprii la porta di casa ed entrai. Il ragazzo si fermò sulla soglia, indeciso sul da farsi.
    -Puoi entrare, sai?- dissi sorridendo. –Non ti mangio mica- ed ora fu lui a sorridere.
    -Me lo auguro- e mise piede in casa. Sentii il mio stomaco brontolare, ma prima dovevo medicare il ragazzo. Mi girai a guardarlo e rimasi accigliata. Vederlo lì, in piedi a casa mia aveva un non so chè..di sbagliato? Gli indicai il piano di sopra.
    -Seconda porta a sinistra c’è la mia camera. Aspettami lì, nel frattempi vado a prendere le cose per medicarti- feci per andarmene, ma non sentii rumore di passi. Mi girai e lo ritrovai lì. –Allora?-
    -Non mi sembra..conveniente- cosa non gli sembrava conveniente? Fece un colpo di tosse ed ammiccò in cima alle scale. Mi avvicinai a lui e guardai il punto che aveva indicato. Niente.
    -Puoi spiegarti meglio?-
    -Io..nella tua stanza. Non è conveniente per una ragazza avere un ragazzo nella propria stanza. Potrebbe essere pericoloso..- disse imbarazzato. Si portò una mano ai capelli e fece come per grattarsi. Tipico gesto di chi non sapeva come districarsi da una situazione complessa. Gli scoppiai quasi a ridere in faccia. –Non c’è niente da ridere sai?-
    -Scusami scusami- risposi mentre mi asciugavo le lacrime. – Vai ora e non farti tutti sti problemi!- mi girai e corsi verso la porta di vetro che divideva la parte di casa dalla clinica.
    -E se ti facessi del male?- urlò lo sconosciuto. Sorrisi.
    -Non lo farai. Se avessi voluto farmi del male, non faresti di tutto per convincermi a non fidarmi, non trovi?- ed entrai nella clinica.
    -E se lo facessi apposta per indurti questo pensiero?- fu il sussurro che intrappolarono le mura del corridoio.

    Come misi piede nell’ala della clinica, un forte odore di detersivi e sanificanti m’investì come un treno. Non mi ero ancora riuscita ad abituare ad un tale odore. Camminai con passo deciso e sicuro verso il magazzino. Non era la prima volta che usavo dei cerotti o delle garze dello zio. Non avrebbe avuto niente da ridire per una bottiglietta d’acqua ossigenata, un ago e qualche filo per dei punti di sutura.
    -Grianne!- oddio eccola.. mi girai stampandomi il mio falso sorrisetto da “ma da quanto tempo”. Alycia, la stagista tutta tette e micro cervello che l’università aveva assegnato allo zio insieme a Sam. Era alta almeno un metro e ottanta, con altri sedici centimetri buoni di tacchi rigorosamente a spillo, capelli biondi ossigenati (chiaramente tinti) e super truccatissima. Non sembrava neanche dover visitare degli animali, piuttosto pareva stesse andando ad una sfilata d’alta moda a Londra.
    -Alycia- la salutai, mi girai dandole le spalle e me ne andai. Tuttavia, il rumore di tacchi e l’odore acre del diavolo in persona mi continuavano a seguire imperterriti.
    -Grianne, non vorrai di nuovo rubare dal magazzino spero. In clinica ti si vede solo quando hai bisogno di qualcosa..- la ignorai. –A proposito.. Stamattina ho visto Sam uscire di casa mentre si metteva la maglia. Che bicipiti ragazzi..- mi girai e la fronteggiai dall’altezza del mio metro e settanta..dal mio scarso metro e settanta.
    -Alycia, ringrazia che questa è la clinica di mio zio e che non voglio causargli problemi- la ragazza fece alcuni passi verso di me, squadrandomi dall’alto al basso.
    -Altrimenti?-
    -Alycia- la voce profonda dello zio mi fece ringraziare il cielo di non aver dovuto rispondere. Altrimenti? Niente! Non potevo di certo causare problemi ai miei zii azzuffandomi con una stronza di prima categoria. Mi avevano accolta in casa loro, dovevo essergli riconoscente. E poi, non ero di certo stata cresciuta in questo modo dalla mamma. La ragazza mi guardò con astio, poi si girò verso zio George ed il suo sguardo da arpia lasciò posto ad un sorriso così falso e calcolato che mi fece accapponare la pelle. Non ce la volevo una vipera simile vicino a mio zio, né tanto mento vicino a Sam. Erano persone troppo gentili e brave per avere a che fare con serpi simili. Vidi mio zio parlare con lei alcuni minuti e poi la ragazza se ne andò.
    -Zio mi dispiace. Non volevo litigare ma quella..-
    -Lo so Grianne, lo so- la voce dello zio parve stanca e debole. Nonostante fosse un uomo alto e forte, l’età ed il lavoro incessante gli avevano fatto incurvare leggermente le spalle in avanti, perdendo almeno dieci centimetri di altezza. I suoi capelli neri cominciavano a cedere sempre più terreno a quelli bianchi ed i suoi occhi verdi erano velati dalla stanchezza. Mi si strinse il cuore. Mi parve di rivedere mia madre le ultime settimane. Quando la malattia l’aveva consumata a tal punto da quasi non riconoscerla più. Tuttavia i loro occhi erano uguali. Dello stesso identico colore dei miei. Era l’unico ricordo di mia madre. Per il resto avevo preso da mio padre. Sia i capelli castani mossi che il sorriso. Diceva che ogni volta che ridevo, rivedeva mio papà. Sentii le lacrime salirmi agli occhi al suo ricordo, perciò cercai di cambiare discorso.
    -Ho trovato un cane nel vicolo. Ha solo un graffio quindi volevo prendere alcune cose dal magazzino e medicarlo io..- lo zio mi guardò sorpreso.
    -E ne saresti capace? Portalo pure qui che lo medico io. Se non è niente ci metterò un attimo- cavolo. Cercai di trovare una scusa, e alla svelta. L’idea di dire che era un cane non era stata una delle mie uscite più brillanti.
    -Hai tanto lavoro zio..è solo un graffio davvero. E il suo padrone..il mio amico Logan..non vuole disturbarti..- cominciai a sudare freddo. Lo zio mi guardò di sottecchi. Poi mi fece segno di seguirlo.
    -Dimmi cosa ti serve- feci mente locale di tutte le ferite che aveva lo sconosciuto, cercando di quantificare più o meno il tutto.
    -Due bottigliette di acqua ossigenata, tre scatole di cerotti, un ago da sutura e dei fili per dei punti..- mi bloccai.
    -Non sei proprio capace a dire le bugie. Proprio come Fiona..- la mamma. Mi guardai la punta dei piedi. Mi ero fregata da sola, come sempre. Non sapevo proprio mentire.
    -A cosa ti serve tutta questa roba Grianne? Neanche ad un alano servirebbe un quantitativo così eccessivo di medicamenti- guardai lo zio in volto e sperai alla buona.
    -Un mio amico è ricoperto di ferite che non ho idea di come se le sia fatte. E non vuole andare all’ospedale. Sembra che sia nosocomefobata..- zio George mi fissò negli occhi per alcuni attimi.
    -Saresti in grado di medicarlo da sola?- feci di si con la testa.
    -Ho dovuto imparare a fare un po’ di tutto quando la mamma era malata..- non ci fu bisogno di dire altro. Lo zio mi passò vicino e mi mise una mano sulla spalla.
    -Sei una brava ragazza Grianne. Sono fiero di te- poi se ne andò. –Io non ti ho ancora vista oggi- e sorrisi. Presi ciò che mi serviva e corsi a casa. Come superai la porta di vetro mi fiondai sulle scale appena in tempo. Corsi svelta verso la cameretta e richiusi la porta alle mie spalle giusto alcuni secondi prima di sentire le chiavi girare nella serratura di casa. Il rumore dei tacchi invase la casa in pochi attimi. Mi girai verso il ragazzo e corsi verso di lui. Gli buttai tra le braccia tutti i medicinali e lo spinsi verso l’armadio.
    -Ma cosa?-
    -Sh! Muoviti stà arrivando mia zia!- fece per rispondere quando aprii le ante dell’armadio e lo spinsi al suo interno. Avendo pochi vestiti c’era abbastanza spazio per lui, ma se la zia avesse aperto le ante..non sarebbe riuscito a nascondersi con molto. Chiusi le ante e feci giusto in tempo a buttarmi sul letto aprendo una pagina a caso del libro sul comodino. Mia zia irruppe nella stanza come un uragano con le mani piene di borse di negozi di marca.
    -Grianne tesoro! Oggi pesca grande!- si avvicinò al mio letto e chiusi senza farci molto caso il libro.
    -Ah si zia Sonia? Cos’hai preso di bello?- il sorriso della zia si fece ancora più ampio, euforica del mio interessamento. Ogni tanto lanciavo un’occhiata all’armadio, tra un “mh..” ed un “bellissimo”. Alla fine, arrivati all’ultima borsetta, la zia me la porse con il volto pieno d’orgoglio.
    -E questa è per la mia dolce nipotina- il mio viso doveva chiaramente lasciar trapelare ciò che provavo, perché subito la zia si rabbuiò. Non è che non mi piaceva che mi facessero regali…solo già mi mantenevano e mi vietavano di cercare un lavoro part-time..volevo pesargli il meno possibile. Tuttavia ripensai al ragazzo nel mio armadio. Dovevo liquidare la zia alla svelta, allora decisi di assecondarla. Non l’avessi mai fatto. Presi la borsetta e l’aprii. Tirai fuori un baby doll di una stoffa bianca sul trasparente, con strisce di seta bianca come orlo. Decisamente..troppo sexy per i miei gusti.
    -Ehm..grazie Zia. E’ molto..-
    -Come l’ho visto ho pensato subito a te Grianne!- ma dove?! Pensai ironicamente. La cosa più sexy del mio guardaroba era una canottiera con su snoopy! Rimisi il babydoll nella borsa e le sorrisi.
    -Mi piace è..particolare. Grazie zia per avere pensato a me. Non ce n’era bisogno..-
    -Avrei sempre desiderato avere una figlia per poter condividere con lei queste passioni- eccola giocare la carta della lacrimuccia all’occhio. Un leggero tonfo uscì da dentro l’armadio e mi paralizzai all’istante. Sperai che la zia non l’avesse sentito, lo speravo con tutto me stessa. Ma non sempre le cose vanno come si vorrebbe. La zia corrucciò le sopracciglia e si girò verso la fonte del rumore.
    -Cos’è stato?- perché non ero brava come Sam ad inventarmi una bugia lampo? Cercai di pensare a qualcosa ma la zia si era già alzata.
    -Non sarà niente zia! Forse è solo caduta una scatola delle scarpe..- malissimo, pessima idea. Come sentì quell’eresia, il volto della zia da corruciato si fece grave. Quasi avesse sentito che un fiume in piena aveva distrutto abitazioni e paesi interi.
    -Non saranno mica il paio di Jimmy Choo che ti ho regalato settimana scorsa spero!- corse come una pazza verso l’armadio e io la rincorsi per fermarla. L’afferrai per un braccio ma non riuscii a bloccarla in tempo. Come aprì l’anta lo vide. Aveva un’aria colpevole ma non cercò neanche di nascondersi dietro ai vestiti. Mia zia rimase a fissarlo per minuti. Ad un certo punto pensai che avesse avuto un colpo al cuore e che era rimasta secca in quella posizione.
    -Zia..? Posso spiegare non è come..- si girò verso di me e sorrise, poi uscì dalla stanza e chiuse la porta. Non disse niente. E quel silenzio fù la cosa più raccapricciante che mi sia mai capitata. Mi girai verso il ragazzo e vidi a terra il colpevole. Una bottiglietta di acqua ossigenata.
    -Mi dispiace..- uscì dall’armadio e si chinò per raccogliere la bottiglia. Lo fermai, afferrandolo per un braccio e mi chinai io al posto suo.
    -Non è colpa tua- gli indicai il letto. –Siediti che ti medico. Poi andrò a spiegarle la situazione- forse capì che non era il momento giusto per contraddirmi, perciò fece come gli avevo detto. Per prima cosa volevo medicargli la schiena. Le due ferite più brutte inferte dagli scogli. Mi sedetti dietro di lui e solo allora notai come la sua schiena fosse ampia e muscolosa. Sembrava di vedere un dipinto surreale da quanto era bello. Allungai una mano e gli spostai la coda davanti. Presi un paio di tamponi e pulii come meglio potei le ferite.
    -Quindi non ricordi proprio niente? Il tuo nome, quanti anni hai?- fece di no con la testa.
    -E’ tutto..come avvolto da una nube densa- annuii. Finito di pulire le ferite, presi l’ago sterile e i fili per suturare.
    -Questo ti farà sicuramente male ma non ho antidolorifici da darti. Siccome non vuoi andare in ospedale, non hai diritto di lamentela, intesi?- la schiena fu scossa da una leggera risata.
    -Lo terrò a mente dottoressa- misi un guanto chirurgico e rimasi alcuni attimi vicino alla ferita. Dovevo farmi coraggio. E’ vero che ero stata istruita a fare tutto..ma l’essere istruita e mettere in atto gli insegnamenti erano due cose totalmente diverse. –Tutto bene?- chiese espirai e mi decisi. Come bucai la pelle il ragazzo non diede alcun cenno di dolore.
    -Ti ho fatto male?- fece di no con la testa, ma riuscivo chiaramente a vedere le sue mani strette a pugno appoggiate sulle sue gambe. Le stringeva così forte che potevo chiaramente vedere le sue nocche divenire bianche. –Forse dovremmo veramente andare in ospedale..-
    -Cosa dirai a tua zia?- cambiò discorso. Mi rassegnai. Se dovevo farlo, era meglio se facevo in fretta. Almeno non avrebbe sofferto troppo a lungo. Continuai a suturare.
    -La verità. Che ti ho trovato in spiaggia e che avevi bisogno di cure-
    -Perché non le menti? Sarebbe più facile- tirai leggermente di più il filo e lo sentii soffiare.
    -Non sono brava a mentire. E poi non voglio dire bugie a loro. Sono brave persone. Te piuttosto..- cercai di cambiare il soggetto della conversazione. –Che lingua era quella che hai parlato prima?-
    -E’ del mio paese..credo- annuii. Immaginavo che era straniero, si vedeva dai suoi lineamenti.
    -Cosa significava?- scosse la testa.
    -Scusa non ricordo..-
    -Nemmeno il tuo nome?- fece ancora no con la testa.
    -L’ultima cosa che ricordo è una fortissima luce e poi l’oscurità più densa- girò la testa di lato per guardarmi. –Ed il tuo viso è la prima cosa che ricordo di aver visto- Sentii il sangue salirmi fino alle orecchie. Dovevo essere completamente rossa ormai. Finii di suturare la prima ferita, quindi passai a quella parallela.
    -Logan- dissi.
    -Come?- mi schiarii la voce.
    -Se posso..non mi piace continuare a chiamarti sconosciuto, ragazzo o solo “tu”. Posso chiamarti..Logan? Finchè non ti ricorderai il tuo vero nome- il ragazzo parve pensarci su alcuni minuti.
    -Era il nome del tuo ragazzo? In quel caso non penso..-
    -Era il nome di mio padre- ed un sorriso amaro spuntò sul mio viso, insieme al magone.
    -Allora ne sarei onorato- rispose Logan. Continuai a suturare, seppur non riuscissi a vedere bene per colpa delle lacrime che mi annebbiavano la vista.

    Rue
     
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  8. ironic;
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    Brava, brava, brava :DDD
    muahaha siamo tutti curiosi di sapere come va avanti u_u
     
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  9. Rue89
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    Grazie mille iro :) cm va?

    Rue
     
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  10. ironic;
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    lol, dovresti sapere cosa penso di quei 'grazie' xDDD

    accaldatamente bene ;D tu?

    ps: solo 3 capitoli a IC
     
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  11. Rue89
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    lol si si ho presente xDDD
    Eh lo so geme xD oggi avrei un paio di ore x scrivere ma solo il pensiero che ho tempo limitato xke poi devo andare a milano mi fa passare la voglia :(


    Rue
     
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  12. Rue89
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    Ta daaaaaaan xD

    CAPITOLO 4
    -Bene, direi che così potrebbe andare- guardai il suo corpo pieno di cerotti e dovetti smorzare un sorriso. –Cavolo non sembravano così tanti- poi lo sguardo mi cadde sulla sua schiena. Le due cicatrici più profonde, quelle lasciate dagli scogli, erano unite come meglio ero riuscita coi punti. Erano storti e non molto precisi, ma si sarebbe dovuto accontentare per il momento. Si girò verso di me e mi sorrise. I suoi occhi brillarono per un secondo, ma il suo sorriso mi lasciò completamente spiazzata.
    -Ti ringazio per ciò che hai fatto- i miei occhi, invece, erano fissi sulle sue labbra. Non riuscivo a distogliere la mia attenzione da quella bocca. All’improvviso, qualcuno bussò alla porta. Solo allora, quando tornai in me, vidi che avevo allungato la mano verso di lui ed ero sul punto di sfiorare le sue labbra con la punta delle mie dita. Scattai in piedi e subito mi tornò in mente zia Sonia. Oddio come le avrei spiegato la situazione adesso?
    -Grianne- la voce calda e gentile di zio George mi calmò all’istante. Andai verso la porta ed aprii uno spiraglio. Gli occhi azzurri dello zio mi guardarono senza giudicare. Alzò la mano come in segno di resa e mi fece vedere delle garze. –Posso..?- mi girai a guardare Logan e lui mi ricambiò lo sguardo, incuriosito. Cosa dovevo fare? Se lo facevo entrare, avrebbe visto che c’era un ragazzo mezzo nudo in camera mia, sul mio letto per giunta..ma se non l’avessi fatto entrare, avrebbe pensato che la situazione era più..”intima” di quanto non fosse realmente. Sospirai ed aprii la porta. Lo zio rimase alcuni attimi sulla soglia, probabilmente a studiare la situazione. Da quando mi ero trasferita, non era mai entrato in camera mia. Penso volesse rispettare il mio spazio. Entrò in camera e richiuse la porta alle sue spalle. Fece qualche passo verso Logan, ma io rimasi in piedi dietro di lui. Ero terrorizzata da ciò che sarebbe potuto capitare di li a pochi attimi.
    -Salve signore- salutò Logan. Si alzò in piedi e fece qualche passo zoppicante verso lo zio. –Mi scusi per la situazione alquanto..strana. Speravo di conoscerla in un modo meno..-
    -originale- finì per lui lo zio. Si avvicinò a Logan e gli strinse la mano. –Logan presumo- a tutta risposta, il ragazzo gli sorrise.
    -Grianne le ha parlato di me?- sembrava sorpreso, piacevolmente sorpreso. Cominciai a sentirmi un’intrusa nella mia stessa camera.
    -Ero venuto a dare manforte alla mia nipotina ma..a quanto pare non c’è né alcun bisogno- vidi lo zio vagare con lo sguardo sul corpo di Logan. Sembrava incredulo ma, allo stesso tempo, compiaciuto da come lo avevo medicato.
    -Sua nipote è un’infermiera nata-
    -Ehi! Basta parlare di me come se non fossi presente! E’ imbarazzante!- alzai un po’ la voce. Mi avvicinai ai due e girai Logan per far vedere allo zio le ferite che più mi preoccupavano. Appena vide la schiena di Logan, zio George sgranò gli occhi.
    -Buon Dio..- sussurrò. –Ragazzo siediti!- spinse quasi Logan a sedersi sul letto e cominciò ad esaminare i due tagli.
    -Signore..non mi fanno male, stò bene. Grianne mi ha già messo dei punti..-
    -Stai scherzando vero? Sono così profonde che qui si riesce a vedere persino il tessuto del muscolo! Tuttavia..- lasciò la frase vagare nella stanza. Stava tastando ed esaminando la pelle vicino alle ferite. -Il taglio non è lineare. Sembra più che qualcosa ti abbia strappato la pelle più che una ferita procurata con uno scoglio..- Logan si tirò subito in piedi e mi diede le spalle, girandosi verso mio zio. Ciò che aveva detto lo zio mi fece pensare. Effettivamente non ci avevo pensato..ma lo zio aveva ragione..Poi lo sentii parlare.
    -Stò bene. Non si preoccupi, davvero. Sua nipote ha fatto uno splendido lavoro, non ho bisogno d’altro- Zio George rimase a guardarlo con sguardo vago, come se stesse pensando sul da farsi. Poi si destò e gli sorrise.
    -Va bene..non posso di certo importi qualcosa- si alzò e fece per uscire. –Ah, vuoi rimanere a cena? Stasera ci dovrebbe essere..che giorno è oggi Grianne?-
    -Il giorno dopo il cinese zio. Se non ricordo male..tocca all’italiano?- lo sguardo dello zio s’illuminò.
    -Lasagne! Sei fortunato ragazzo! Se fossi arrivato ieri..- lasciò la frase in sospeso ma il suo sguardo disse tutto. Sogghignai mentre richiudeva la porta.
    -Simpatico tuo zio-
    -Si..è la persona più in gamba che conosco- sentii qualcosa sfiorarmi la spalla e poi, una leggera pressione, mi spense il sorriso dal volto. Il cuore cominciò a martellare come un pazzo.
    -Lo sei anche tu- non potevo vederlo visto che era dietro di me, ma il leggero solletico che il suo respiro mi procurò, sfiorandomi dolcemente l’orecchio, mi fece intuire che era molto vicino. Troppo vicino. Alzai il piede e lo feci cadere con tutta la potenza che possedevano le mie gambe, sommato ad una buona dose di forza di gravità. La sola della mia scarpa incontrò il piede di Logan e sentii un lamento trattenuto dietro di me. Mi girai e lo vidi indietreggiare fino al letto. Come si sedette si portò il ginocchio al petto e prese il piede tra le mani.
    -Si può sapere che ti è preso?! Mi hai fatto malissimo!- Gli puntai un dito contro e feci di no.
    -Patti chiari ed amicizia lunga, bello. Nessun contatto fisico di quel genere, intesi?- Ora sembrava sul punto di morire dal ridere. Possibile che non vedesse che ero seria?!
    -Mi hai chiamato bello?-
    -Non è questo il punto focale del discorso!- risposi ironica.
    -Contatti fisici..di che genere?- si vedeva che gli costava un grande sforzo il non mettersi a ridere.
    -Lo sai benissimo!- ribattei e lì, non ce la fece più e cominciò a ridere. –Cosa ti ridi!-
    -Perché, dovrei piangere?- rispose mentre cercava di soffocare le risa.
    -No! Ma..-
    - Ah! Che contraddizione vivente questa fanciulla!- si alzò in piedi e si stiracchiò. Vidi i suoi muscoli asciutti contrarsi con quel movimento. Mi girai di colpo e corsi fuori dalla camera. Mi fiondai in quella di Sam, presi i primi vestiti che trovai e tornai da Logan. Glieli lanciai addosso, incurante se li aveva presi al volo o se stavano adornando il pavimento.
    -Ti..ti aspetto di sotto!- mi chiusi la porta alle spalle ed espulsi tutta l’aria che avevo nei polmoni. Sentivo le orecchie pulsare ed immaginai di essere completamente rossa in viso. Dovevo darmi una controllata. Mi ero ripromessa di non farmi fregare più da un ragazzo. Non dovevo cedere.
    Scesi le scale e mi diressi verso la cucina. Mi pietrificai come misi piede sulle piastrelle della stanza. La zia..stava..no, dovevo aver visto male, sicuramente. Mi strofinai gli occhi con le mani ma era ancora lì. La zia..stava cucinando! Da quando la conoscevo, e a detta di Sam, le volte che la zia aveva davvero usato quei fornelli, si potevano contare sulle dita di due mani. Rimasi sulla soglia della stanza ad osservarla, ma lei era così intenta e concentrata da non accorgersi neanche di me. Come vidi che prese lo zucchero anziché il sale per condire il ragù, mi fiondai verso di lei e le bloccai la mano a mezz’aria. La zia mi guardò con sorpresa. Se la situazione non fosse stata così tesa, mi sarei messa a ridere. Aveva la faccia sporca di farina. Persino i capelli! E la cosa buffa era che per preparare il sugo, non si usava la farina! Come cavolo aveva fatto a sporcarsi?
    -E’..è zucchero zia Sonia- cercai di giustificarmi. Lei lasciò la presa e scostò una ciocca di capelli che le ricadeva lungo la fronte.
    -Grianne cara..- si guardò in giro in cerca di qualcosa o, forse, di qualcuno che potesse darle man forte. Non trovando nessuno, tornò rassegnata a guardarmi. Mi indicò il tavolo da pranzo. –Siedi tesoro-
    -Zia, se è per Log..-
    -Shhh! Siedi e basta- insistette. Alzai gli occhi al cielo e mi preparai alla ramanzina. Come ci sedemmo, la zia accavallò le gambe e cominciò a tamburellare sulla superficie laccata del tavolo. –Grianne. Tua mamma ti ha mai..insomma..avete mai parlato di argomenti, come dire..- si avvicinò a me, allungandosi sul tavolo, e sussurrò –“delicati”?- cosa? Di che argomenti delicati stava parlando la zia? Probabilmente la perplessità era visibile sul mio volto, infatti la zia si affrettò a dare il colpo di grazia. –Sai..quando un ragazzo ed una ragazza si vogliono bene..-
    -Ah!- esclamai alzandomi improvvisamente dalla sedia. Quella cadde a terra con un tonfo sordo che fece tacere entrambe. –Zia! L’ho appena conosciuto! Non faccio certe cose con..-
    -Permesso?- E come sentitosi chiamare in causa, ecco apparire Logan alla porta. I vestiti di Sam gli andavano un po’ grandi, ma tutto sommato potevano andare. Si sporse timidamente verso di noi e, come vide la zia, sorrise, mettendo in bella mostra quelle file di denti bianchissimi.
    -Tu! Perché indossi gli abiti di Samuel?- Ero pronta a risponderle, ma Logan le si avvicinò e fece un inchino. Prese la mano della zia e la portò alle sue labbra. Quel gesto tanto cavalleresco colpì la zia a tal punto che, per la seconda, stranissima volta in una giornata, non ebbe niente da dire. Ora osservava il viso di Logan mentre si rialzava e mi si avvicinava.
    -La prego di non prendermi per scortese se non mi presento, ma non ricordo chi sono. Stamane il temporale mi ha sorpreso in mare e devo aver sbattuto la testa contro gli scogli..- percepii un leggero solletico alla mano e sentii la sua stringere la mia. Mi irrigidii all’istante. Ma non aveva detto, poco prima, che non era abituato al contatto con le persone? Ora sembrava essere fin troppo a suo agio a toccarmi.. Nel frattempo, si lavorò mia zia per bene. Come sentì che aveva perso la memoria, zia Sonia divenne la madre più premurosa del mondo. Le venne quasi da piangere sentendo la storia di Logan.
    -Povero caro! Dev’essere terribile non ricordare manco il proprio nome..- esclamò la zia mentre si portava un fazzoletto ai lati degli occhi. Non stava piangendo realmente, ma era una persona molto..come dire..teatrale. Logan le sorrise ed assunse l’aria della vittima. Non so perché, ma mi diete la sensazione di non sentirsi realmente vittima di quella situazione. Mi dava più la sensazione di chi stava recitando una parte. Maliziosa! Ero troppo sospettosa nei suoi confronti.
    -Finchè non scoprirò chi sono, sua nipote è stata così premurosa a cedermi il nome del padre. Le sono molto grato per quest’onore, soprattutto dopo aver scoperto la sua storia..- gli argini della diga di zia Sonia si ruppero definitivamente. Cominciò a piangere ed urlare così forte che lo zio accorse subito preoccupato.
    -Chi è morto?!- esclamò entrando in cucina.
    -Tranquillo zio..è solo l’elevata emotività della zia- lo rassicurai. Logan, seduto accanto a me, non aveva smesso per un attimo di tenermi per mano. E lo zio notò subito quel suo atteggiamento.
    -Sonia, amore. Ti preparo una bella tisana ti va? Così ti rilassi un po’. Ti porto il tuo beauty case?- lei annuì ed i singhiozzi diminuirono come sentì la parola beauty. Poi mormorò come una bambina.
    -Anche il beauty degli smalti..- zio George sorrise e le diede un tenero bacio sulla fronte. In quei momenti, immaginai che lo zio avesse due figli di cui occuparsi, non uno.
    -Ma certo tesoro. Vieni..- l’aiutò ad alzarsi ed uscirono dalla stanza. La zia era ancora scossa, di tanto in tanto, da spasmi di pianto, ma le sarebbe passato non appena avesse aperto la prima boccetta di smalto per le unghie. Mi girai verso di Logan e puntai lo sguardo fisso verso le nostre mani. Poi lo sollevai verso di lui e mi ci volle tutta la forza di questo mondo per resistergli. Poi tornarono di nuovo alle nostre mani, poi ancora verso di lui.
    -Grianne? E’ leggermente inquietante questo tuo continuo via e vai di sguardi, sai?- crollò finalmente il ragazzo.
    -Ho la netta sensazione che tu stia fingendo- mi maledissi subito dopo aver pronunciato quella frase. Era una mia brutta abitudine dire sempre quello che pensavo e, quello, era uno di quei momenti che avrei fatto meglio a tacere. Logan alzò il sopracciglio destro e mi guardò con sguardo ferito.
    -Perché mai dovrei?-
    -Non lo so..ma sento che nascondi qualcosa. Forse non menti sul fatto di avere un’amnesia, ma sei anche tu molto contradittorio- mi alzai e feci per andarmene, quando sentii la sua mano stringersi sulla mia, impedendomi di allontanarmi. –Puoi per favore..- mi girai per chiedergli di lasciarmi, quando vidi il suo sguardo serio. I suoi occhi erano come ipnotici. Due pozzi profondi ed oscuri ma così dannatamente invitanti, misteriosi..attraenti.
    -Non vuoi andartene davvero..- sussurrò. I miei occhi si spostarono lentamente verso le sue labbra, come se stessi assistendo ad una scena a rallentatore. –Vuoi restare seduta qui, accanto a me- spostò la sedia su cui ero seduta poco prima, e mi fece gesto di sedermi. Poi avvicinò la mia mano verso la sua bocca per fare il baciamano come per la zia. Aprii le dita e, poco dopo, le richiusi a pizzicotto sulla sua guancia. Avvicinai il mio viso al suo e piantai i miei occhi nei suoi.
    -Nessuno mi dice cosa voglio e non voglio fare. Tanto meno un tizio che conosco da poche ore. Intesi?- lasciai la presa, girai i tacchi e feci per andarmene. In quell’esatto istante, la zia irruppe come un fiume in piena nella stanza.
    -Logan caro!- urlò con il suo solito entusiasmo. La sua terapia aveva funzionato più in fretta di quanto pensassi. –Io e Georgiecaro ne abbiamo parlato e..che ne dici di restare qui finchè ti ritorna la memoria?-
    -Zia! Un ragazzo sotto questo tetto? Non ho neanche mai potuto invitare i nuovi compagni di classe maschi perché non volevi problemi!- obiettai. A prima vista, Logan mi era sembrato un tipo a posto. Ma ora non ne ero totalmente sicura. C’era qualcosa di lui che mi faceva provare strane sensazioni..
    -Oh, non essere ridicola Anne!- si girò verso Logan ed addolcì la voce. –Non faresti mai niente contro il volere della mia nipotina innocente, vero?- Logan sorrise ed abbassò lo sguardo imbarazzato. Poi sollevò nuovamente la testa e, sempre sorridendo, le rispose con semplicità.
    -Non potrei mai..-
    -Allora è deciso! Vado a preparare la stanza degli ospiti!- e l’uragano Sonia, così in fretta com’era comparsa, si dileguò nel nulla. Rimasi lì, impalata, ad osservare Logan.
    -Cosa si dice in questi casi? Scusa il disturbo?-
    -Ti..ti pare..- ero completamente senza parole. Avevo bisogno di aria. Aria pura con, se non chiedevo troppo, quel leggero retrogusto di salsedine. La mia collinetta segreta. Girai i tacchi ed uscii dalla stanza. Sapevo che era maleducato da parte mia lasciarlo lì da solo, ma se da oggi avrebbe vissuto lì finchè non avesse riacquistato la memoria, allora non potevo stargli sempre dietro. Pensai a Sam e a come avrebbe preso quella notizia. Un altro ragazzo nel suo regno..avrebbe dato di matto come un leone, me lo sentivo. Uscii dalla cucina senza prestare attenzione a niente. Tantomeno al mio nuovo coinquilino ed al suo sorriso che, da imbarazzato, s’indurì fino a divenire un ghigno di vittoria.
    -…a meno che non sia lei ad implorarmi..-

    Il sole splendeva alto nel cielo. Leon odiava dover andare a fare commissioni in quell’angolo sperduto del paese. Ovunque posavi gli occhi, era tutto prateria, prateria e..ah! Ancora praterie. Alberi, foreste, verde..di segni di civiltà zero. Tuttavia, il suo lavoro da postino lo costringeva a dover portare la posta a tutti. E tutti comprendeva anche la vecchia signora Scapes che viveva come un’eremita in mezzo ai boschi. Pedalava da quella che gli sembrava un’eternità. Era a metà strada o, forse, era più corretto dire che era ancora solo a metà strada. Il caldo torrido dopo l’acquazzone di quella mattina era una cosa quasi insopportabile. Cominciava ad avere persino le visioni per colpa di quel caldo! Adesso gli sembrava di vedere un enorme cratere avvicinarsi, proprio lì in mezzo alla strada. Come se fosse possibile..Si accorse solo troppo tardi che quella non era affatto una visione. La ruota davanti della bici si piantò nel terriccio fresco e lo ribaltò, facendolo volare dentro al cratere. Rotolò finchè non arrivò in fondo alla buca. Aprì gli occhi e vide che tutto il mondo continuava a girare, sfuocato, intorno a sé. Aveva anche perso gli occhiali! Meraviglioso. Cominciò a tastare vicino a lui finchè, muovendosi, sentì un rumore strano provenire dal suo fianco. Allungò una mano ed osservò gli occhiali che aveva rotto col suo peso morto. Quando il mondo decise di rallentare un poco, si mise i suoi occhiali mezzi scassati e si guardò in giro. Non era facile vedere con entrambe le lenti che sembravano caleidoscopi, ma sempre meglio che andare in giro senza riuscire a vedere ad un palmo di naso. Alzò lo sguardo verso il cielo per vedere quanto fosse profondo il buco quando vide un’immagine stagliarsi sulla soglia del cratere. Era alta, molto alta. Non riusciva a vedere bene la persona con quelle lenti rovinate, ma poteva intuire che era a petto nudo ed aveva dei capelli molto scuri.
    -Aiuto! Potresti venire a darmi una mano? I miei occhiali sono rotti e non vedo benissim..- Poi riuscì a vedergli gli occhi. Erano gli occhi più strani che avesse mai visto. Erano dello stesso colore del.. Un raggio di sole gli abbagliò la vista già provata. Quando Leon riaprì gli occhi, la figura era sparita.

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  13. Rue89
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    CAPITOLO 5
    Andare fino alla collinetta senza l’ausilio del pick-up di Sam era una vera e propria impresa, soprattutto dopo la corsa di quella mattina. Cavolo mi aveva proprio sfiaccata! Dovevo ricominciare a fare un po’ di moto, oppure avrei rischiato di avere un’insufficienza in educazione fisica l’anno prossimo. Rimasi alcuni attimi ferma davanti casa a riflettere. Vidi due uccellini che si rincorrevano nel cielo, cinguettando, per poi svanire in mezzo agli alberi. Il cellulare vibrò nella mia tasca. Lo presi in mano e lessi il messaggio che mi era appena arrivato.
    <tu straniera! Da O’Hare! S-U-B-I-T-O!!!> sorrisi. L’unica che mi chiamava così era Miley. E’ stata la prima ragazza in classe a rivolgermi la parola appena ero arrivata. E’ una ragazza molto espansiva e serena. Grazie al suo carattere simile al mio, non ci abbiamo messo molto a legare. Bene, non sapevo dove andare? La mia amica aveva appena risposto al posto mio e O’Hare non era neanche tanto lontano. Infilai le mani nelle tasche e m’incamminai.

    -Gqhue mhuai?- rimasi a fissarla. Eravamo seduti da O’Hare al nostro solito tavolino. Ormai Elisabeth, la proprietaria, non ci chiedeva neanche più cosa volevamo prendere. Colazione all’inglese con doppia pancetta per Miley, e cappuccino con muffin al cioccolato per me. In questo momento Miley si stava divorando con gusto l’uovo strapazzato cercando, al contempo, di sostenere una conversazione. Con scarsi risultati mi azzarderei a dire.
    -Si si, concordo in pieno con te Smiley- e sorrisi.. La ragazza capì che la stavo prendendo in giro e mi diede un colpetto ed ingoiò.
    -Ehi! Solo Sam può chiamarmi così!- Da quando aveva visto Sam a casa mia, poche settimane prima, si era presa una vera e propria cotta per lui. Siccome non faceva che ridere, Sam la chiamò Smiley, sorrisina. –Comunque, ti ho chiesto che hai! Il tuo muffin è ancora intatto ed il cappuccino ormai è senza schiuma a furia di continuare a girarlo!- finì, prendendosela, questa volta, con la pancetta. Guardai il mio piatto ed, effettivamente, aveva ragione.
    -Forse il motivo è che, a quest’ora, sarebbe stato più adatto un brunch che la colazione, non pensi?- mi fece sciò con la mano.
    -Dettagli! Siamo in vacanza possiamo fare colazione anche alle 4 di pomeriggio!-
    -Dicesi Merenda a casa mia- e risi.
    -Beh non è colpa mia se ora sei in Inghilterra! In America potete chiamarla come vi pare, qui è sempre colazione!- sorrisi. Aveva un modo molto diretto di parlare e di certo non aveva peli sulla lingua. Forse era stata questa sua schiettezza a colpirmi fin dall’inizio. Non me la prendevo neanche più per le sue frecciatine dell’americana, sapevo che lo diceva senza malizia. Afferrai il muffin e l’addentai. Se pensavo che i muffin americani fossero il massimo, mi sbagliavo di grosso. La prima volta che Miley mi portò al Cafè O’Hare e lo provai..mi sembrò di non aver mai mangiato un muffin in vita mia. Il cappuccino lasciava un po’ a desiderare, ma non riuscivo a campare un giorno senza un minimo di caffeina nelle vene. Guardai Miley e pensai. Avrei dovuto parlargli di Logan? Dello sconosciuto che mia zia aveva accolto subito in casa come fosse stato uno di famiglia? Mi fidavo di lei e sicuramente mi avrebbe dato un parere schietto e senza mezzi termini. Eppure, non volevo che qualcun altro lo sapesse. Avevo come l’impressione che dovesse essere un segreto mio.
    -Anne sei mai venuta a casa mia?- Miley mi distrasse dai miei pensieri.
    -Ma certo! Non ricordi queste ultime due settimane che abbiamo fatto la strada insieme dopo scuola? Ci fermavamo in spiaggia a raccogliere conchiglie e, per tornare a casa mia, si passava davanti a casa tua. Quindi so bene la strada…- m’interruppi. Mi stava fissando con uno sguardo così intenso che mi paralizzò. Sarebbe stato uno sguardo di ghiaccio se, nel frattempo, non avesse continuato a masticare molto lentamente il cibo che aveva in bocca. Quel gesto rese tutto così comico che mi fece scoppiare a ridere.
    -Ehi! Stò cercando di fare un discorso serio qui!- brontolò la mia amica, poi cominciò a ridere anche lei.
    -Perché questa domanda stupida?- diedi un ennesimo morso al muffin.
    -O-MIO-DIO!- era il tono che Miley usava sempre quando un bel ragazzo entrava nel suo radar. Vidi la mia amica fissare dietro di me e feci per girarmi. –No! No ma che fai sei pazza? Se ti giri se ne accorge e se ne va!- urlò a bassa voce.
    -Ma ora mi hai incuriosita!- per aver fatto smettere Miley di mangiare, doveva essere proprio un bel pezzo di ragazzo.
    -E’..oh mamma Anne non penso di aver mai visto un ragazzo così..è ancora meglio di Zac Efron!-
    -Nessuno è meglio di Zac Efron secondo te! Gli hai eretto un vero e proprio altare in camera tua!- Miley corruciò il viso e fece di no con la testa. –Beh? Cos’aspetti? Descrivilo no?- Miley scansò il piatto e si distese sul tavolino ed io feci lo stesso. Cominciò a sussurrare.
    -E’ molto alto, spalle larghe, fisico asciutto..- cercai di immaginarlo. –Ha dei lunghi capelli biondi portati con la coda e corti sotto..- brivido lungo la schiena. Non poteva essere.. –Oh merda! Si è girato e ci ha viste! Stà venendo qui!- mi girai di colpo ma non vidi Logan da nessuna parte. Nel locale c’erano solo coppie sedute al tavolino che mangiavano il loro pranzo. Capii subito cos’era successo. Mi girai verso la mia amica che, nel frattempo, aveva recuperato il suo piatto e si era fiondata su una salsiccia.
    -Ecco perché la domanda di prima. Ci hai visti stamattina- alzò le mani al cielo.
    -Alleluja! Anne pensavo fossi più sveglia! Comunque, chi era quel tizio? Vi ho visti solo dalla finestra di camera mia quindi non ho avuto una visione molto dettagliata del fusto..-
    -Logan non è un fusto-
    -Ah! Logan..tipico nome da figo- assentì, muovendo la forchetta nella mia direzione per dare forza alla sua affermazione.
    -Ma se non è neanche il suo vero nome! Potrebbe chiamarsi anche Rupert o Pinco Pallino per quanto ne sappia- se prima solo l’aspetto fisico di Logan aveva suscitato tanto effetto alla mia amica, questo particolare che mi era appena scappato decretò la mia condanna a morte definitiva.
    -Cosa vuoi dire che non è il suo nome?- sospirai. Portai il cappuccino alla bocca ma ormai era freddo e senza schiuma. Lo misi da parte, abbandonandolo al suo destino e mi feci coraggio. Raccontare tutto a Miley non fu difficile. Le dissi anche dei miei sospetti e del fatto che c’era qualcosa di strano in quel tipo. Lei rimase ad ascoltarmi, stranamente in silenzio, finendo la sua colazione ed ordinando del cheesecake. In cuor mio la odiai in quel momento. Come poteva mangiare così tanto e non mettere su neanche un etto? Tenendo conto che non faceva affatto attività fisica, doveva avere un metabolismo invidiabile.
    -E questo è quanto. Stavo giusto cercando un posto dove sfuggire quando il tuo tempismo perfetto mi ha salvata- aspettai una sua reazione. Finì di sorseggiare il suo milkshake al doppio cioccolato e mi fissò con sguardo rassegnato, facendo di no con la testa. –Che c’è?- chiesi infine, snervata dal suo atteggiamento misterioso.
    -Anne..tu hai la minima idea di quante ragazze venderebbero la propria madre per avere un figo simile come coinquilino? Per di più accettato dagli adulti?- la guardai storta. L’unica spiegazione era che tutti quegli zuccheri le avessero mandato in corto il cervello.
    -Miley ti sei forse persa la parte in cui ti dicevo che mia zia, e ribadisco, mia ZIA, lo ha invitato a vivere da noi? La stessa che, quando hai voluto organizzare la mia festa di benvenuto in clinica, si è messa sulla porta ed ha fatto entrare solo le ragazze lasciando i ragazzi in cortile?-
    -La gente cambia-
    -I maiali sono magri- replicai. Lei alzò le spalle.
    -Rispetto ad una balena sono magri. Sai che veniva usato il grasso delle balene per fare candele, colla e molto altro? Di certo non ho mai visto una candela fato con grasso di maiale- alzai gli occhi al cielo. Quando ragionava così, non era assolutamente il caso di darle corda. Mi arresi.
    -Quindi il tuo consiglio?- Elisabeth arrivò al tavolo con un vassoio di patatine fritte. Mi guardò con aria arrabbiata.
    -Io non so te, ma mi sento di rappresentare tutto il genere femminile dicendo che non è possibile che questa ragazza non metta su nemmeno un grammo mangiando tutte queste porcherie!- e sentire i miei pensieri prender vita da una donna sulla quarantina abbastanza formosa, mi fece sorridere. –Non che il nostro cibo sia una porcheria..ma ordina solo cose grasse e caloirche e dolci..- cercò di correggersi senza molto successo.
    -Bethy è solo questione di fato. Il destino ha voluto che io rimanga sempre magra e bella- ammise senza vergogna Smiley. Elisabeth era ormai abituata alle sue uscite, ma se ne andò comunque senza dire niente.
    -Comunque ha ragione lei. Divideresti un po’ del tuo fato destinato con me?- sparò il suo dito indice verso la mia faccia e fece di no, accompagnandolo con uno schiocco di lingua.
    -Il tuo destino, signorina mia, è quello di stare con quel fusto venuto dal mare. Niente capita per caso ed il fatto che tu ti trovassi su quella spiaggia, in quel preciso istante, è di certo qualcosa di speciale!-
    -Fa venire i brividi- corressi.
    -Brividi di passione!- la gente agli altri tavoli si girò verso di noi ed io mi rannicchiai sulla mia sedia, cercando di farmi piccola piccola. Poi gli occhi della mia amica s’illuminarono e comparve il solito ghigno da vittoria sul suo volto.
    -Che c’è ora? Quello sguardo implica sempre qualcosa di brutto per me..-
    -Penso che dopo di questo comincerai a credere di più al destino- e rise.
    -Se pensi che cascherò un’altra volta al tuo giochino di prima, ti sbagli di grosso!- poi un colpo di tosse. Mi girai e lo vidi in piedi dietro la mia sedia. Vederlo con indosso i vestiti di Sam, in un luogo che non era casa mia, era abbastanza strano. Sentii il mio cuore perdere un battito. Cazzo era davvero troppo figo. Sentire Miley continuare a ripeterlo ormai mi aveva fatto diventare troppo cosciente del suo aspetto fisico.
    -Ciao! Tu devi essere..Logan, giusto? Mi chiamo Miley, sono la migliore amica di Grianne- volevo sprofondare ancora di più, arrivare in Cina mi sembrò un’ipotesi allettante. Quando mio zio lo aveva nominato prima, il suo sguardo si era illuminato nel sapere che ne avevo parlato con lui. Figuriamoci la sua reazione ora a sapere che persino la mia migliore amica sapeva di lui.. Alzai gli occhi verso Logan ma vidi solo un normalissimo sorriso, forse un po’ imbarazzato, spuntare sul suo volto.
    -Certo che le notizie volano in questo paese- brivido. La speranza che non se ne fosse accorto, svanì quando sentii quell’inconfondibile nota di trionfo nella sua voce.
    -Come..come mi hai trovata?- si girò verso di me e mi guardò sorpreso.
    -A dire la verità..avevo piuttosto fame. Tua zia era alle prese con gli smalti e tuo zio era in clinica..quindi Sonia mi ha dato dei soldi e mi ha consigliato questo posto..- disse tirando fuori dalla tasca dei pantaloni 10 sterline. Saltai in piedi dalla sedia e glieli strappai di mano. –Ehi!-
    -Ti offro io il pranzo per oggi. Ma non accettare più soldi da loro! Non sono persone ricche che possono regalare soldi a tutti-
    -Non credere che mi abbia fatto piacere accettarli. Me li ha infilati nelle tasche a forza! Mi sono svegliato stamattina senza sapere manco chi sono, senza soldi né documenti e morivo di fame. Non vedevo molte alternative- l’aria si fece pesante.
    -Beh..io sono abbastanza ricca, modestia a parte dato che è un dato di fatto..quindi plebei, per oggi offro io. Senza complimenti ovvio..- Logan mi guardò abbastanza spaesato.
    -Plebei?- feci cenno di lasciar perdere. Si sedette sulla sedia accanto alla mia e Miley chiamò Elisabeth.
    -Beth potresti portarmi un tortino di carne e piselli e uno sformato della casa formato maxi per il mio amico? Grazie- Si girò verso di noi tutta contenta.
    -Sformato della casa?- chiese Logan. Poi si girò verso di me. –Ma questa è un uragano! La conosco da pochi minuti e mi ha già monopolizzato il pranzo!- sorrisi.
    -Non te ne pentirai, vedrai- replicò soddisfatta la mia amica. Mi piegai verso Logan.
    -Ne ha già mangiati due stamattina, quindi puoi fidarti del suo giudizio- gli sussurrai.
    -Ecco a voi! Grianne te sicura che non prendi nient’altro?- Beth era l’incarnazione della mamma chioccia. Feci di no e si rassegnò.
    -Non ho molta fame e devo risparmiare soldi per il college..- gli occhi di Elisabeth s’illuminarono, unì le mani ed alzò gli occhi al cielo.
    -Che Dio benedica questa gioventù- un tonfo sordo mi fece girare di colpo. Logan aveva lasciato cadere la forchetta che andò a sbattere contro il piatto. Stava fissando lo sformato come in transe. Allungai una mano esitante e gli toccai la manica della maglia. Come lo toccai, sembrò tornare in sé e si girò a fissarmi.
    -Tutto bene?- chiesi. I suoi occhi vagarono spaesati da me a Miley alla signora Elisabeth.
    -E’..non ho mai assaggiato niente di così buono- Beth sfoderò il suo solito sorriso a trecento denti e se ne andò tutta soddisfatta. Continuando a canticchiare una canzone che dovrebbe dirmi qualcosa, ma non lo fece. Miley sorrise verso di me e poi si girò verso Logan.
    -Mai dubitare di Miley- alzò e sopracciglia e fece l’occhiolino. Poi si tuffò sul suo tortino di carne e piselli. Lo fissai per alcuni attimi. Perché..avevo quella stranissima sensazione che c’era qualcosa che non andava? Mentre diceva che era buono il piatto, aveva uno sguardo assente. Il suo sguardo si posò sul mio e vide che lo stavo fissando. Distolse subito gli occhi e tornò a mangiare. Niente, non c’era niente da fare. Logan aveva qualcosa che non andava, e non mi sarei data pace finchè non avessi scoperto cosa fosse.

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  14. Rue89
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    CAPITOLO 6
    -Certo che è più facile averla vinta col dottor House che con te Smiley- eravamo ormai usciti da O’Hare e stavamo passeggiando per le vie di Hastings. La meravigliosa idea che ebbe la mia migliore amica e che, ripetutamente, avevo ribadito essere una pessima idea, era di far vedere il paese a Logan. Lui non si oppose né ne sembrò entusiasta. Si limitò a sorridere, scoprendo quella fila di denti bianchissimi e perfetti.
    -Perché sono una persona determinata Anne! So quello che voglio e lo ottengo- trotterellava dinnanzi a noi con la voglia di un bambino che stava andando alle giostre del paese.
    -Oh, credimi. Anche Grianne sa esserlo quando vuole- rispose Logan, sorridendo. Quell’affermazione mi colpì. Mi conosceva da neanche mezza giornata e già pretendeva di sputare sentenze.
    -La tua gamba va molto meglio, vedo- ed ecco ancora spuntare il suo sorriso. Era furbo. Rispondere a qualsiasi domanda scomoda con quel sorriso era troppo comodo.
    -Fa ancora un po’ male ma penso sia più per la botta- i cerotti sul suo corpo erano appena visibili ora che indossava gli abiti di Sam. Ad eccezione per quello sul sopracciglio che gli proferiva un’aria misteriosa.
    -E la schiena?- quando ci ripensavo, mi tornavano i brividi.
    -Oh molto meglio anche quella. Prima di uscire tuo Zio mi ha spalmato una pomata che si è fatto dare da una sua apprendista..Ha detto che è a dir poco miracolosa- Alzai le spalle e tornai a guardare Miley davanti a noi. Riconobbi subito la strada, sapevo dove ci stava portando. Spiaggia a parte, le uniche attrazioni interessanti ad Hastings erano il fiume e..
    -E questo, è il Castello!- disse con aria solenne. Logan allungò il collo dietro la ragazza ed alzò un sopracciglio. Sorrisi. Era pressappoco la stessa reazione che ebbi io quando era stato il mio di turno per il “viaggio turistico”.
    -I ruderi, vorrai dire- disse il ragazzo facendo alcuni passi verso di essi. L’entrata era a pagamento, ma a Miley bastò allungare la sua carta e l’addetto non emise suono. Entrammo e cominciammo a girare per quegli ammassi di pietra. Ormai erano rimasti solo qualche muri, in alcuni punti era ancora possibile immaginare come fosse composto, in quale sala saremmo stati e le dimensioni. La cappella di St Mary era ancora leggermente riconoscibile, ma era vietato l’accesso. L’unica cosa per cui valeva aver speso i soldi, era quello. Il tramonto sulla manica visto dai ruderi del castello. Ed era esattamente a quello che puntavo. Mi diressi con passo deciso dove, un tempo, c’era l’ala sud del castello, ormai scomparsa in mare a seguito di una frana. Mi lasciai cadere a terra tra l’erba fresca e rimasi a guardare il sole rosso cominciare a tramontare sul mare della manica. Quello era, senz’ombra di dubbio, un paesaggio da immortalare. Tirai fuori il cellulare e cercai l’angolazione perfetta. Sulla destra c’era la collina con un pezzo di muraglia di pietra del castello, poi lo strapiombo sulla sinistra. Sotto si vedeva il mare increspato di un blu scuro, quasi nero, ed il sole rosso che lasciava dietro di se una miriade di colori dell’arcobaleno. Premetti e fui soddisfatta dello scatto. Andai a rivedere la foto sul cellulare e la fissai con meraviglia. Era impossibile immortalare la bellezza di quell’attimo, ma in piccola parte c’ero riuscita.
    -Posso?- alzai lo sguardo e vidi Logan illuminato dalla luce rubina del tramonto. Allungai il cellulare verso di lui e lo prese, facendo attenzione a non toccare le mie dita con le sue. Poi si sedette vicino a me, incrociando le sue gambe lunghe con disinvoltura.
    -Dov’è Miley?- non sentivo la sua voce quindi immaginai non fosse nei paraggi.
    -Ha visto un ragazzo carino e ci si è fiondata addosso- rispose quasi ridendo. Non potei che ridere anche io. Tipico suo atteggiamento. –Foto notevole. Ci vuole un talento naturale a fare foto simili con un cellulare- sentii le guance divenirmi rosse e ringraziai la luce rossastra del tramonto. Magari Logan non se ne sarebbe accorto..Ripresi il cellulare da Logan e me lo infilai in tasca. Rimanemmo in silenzio ad osservare il sole che si nascondeva dietro l’acqua, divenendo sempre più piccolo. La fredda brezza che nasceva sempre in Inghilterra al calar del sole, mi fece rabbrividire. Mi strinsi nelle spalle e non riuscii a nascondere un brivido di freddo. Eppure..per qualche ragione..la mia parte sinistra del corpo sembrava stesse andando a fuoco. Come se avessi il sole in persona seduto al mio fianco, non lui. Sentivo il cuore battermi forte nel petto, le orecchie pulsavano. Non ero mai stava così tanto vicino ad un ragazzo che non fosse Sam.
    -Forse..forse dovremmo tornare a casa- sentii Logan alzarsi e sbattè le mani contro i pantaloni per liberarsi dell’ebra e del terriccio che si era attaccato ai Jeans. Feci per alzarmi anche io quando me lo ritrovai davanti. La sua figura si stagliava contro il cielo ancora leggermente illuminato, ma già sulla tonalità del blu. Riuscivo persino a vedere qualche stella dietro la sua sagoma. La sua figura, contro di esso, era scura, quasi del tutto nera. Se non fosse per quegli occhi di quel colore meraviglioso. Allungò una mano verso di me e mi ci vollero alcuni secondi per capire che voleva aiutarmi. Accettai esitante, allungano la mano per affidarla alla sua. Come la toccai, la sentii calda proprio come avevo immaginato. E Grande. Era la prima volta che mi rendevo conto di quanto fossero grandi le mani di un ragazzo rispetto a quelle di una ragazza. Mi tirò su con facilità e quasi gli finii in braccio. Come fui in piedi, gli lasciai subito la mano, facendo finta di pulirmi anche io i pantaloni.
    -Grazie- sussurrai, ma fui coperta dal suo urlo.
    -Ehi! Smiley siamo qui!- mi vergognai. Possibile che ero l’unica a cui importasse realmente di quei piccoli gesti? Possibile che solo io davo così tanto valore ad una cosa simile? Possibile che..mi importasse così tanto? Scacciai quell’ultimo pensiero dalla mente. Sentii Miley parlare come una mitraglia ancora prima di sentire la scia del suo profumo. Mi girai e vidi che era inviperita.
    -..ed era Gay! Possibile che il mio radar sia rotto? O forse sono destinata a rimanere bellissima per tutta la vita ma il prezzo da pagare è non trovare un ragazzo alla mia altezza? Quando penso di averne trovato uno si scopre o che è una mammola, o che è gay, come questo qui, o che è fidanzatissimo, o che è troppo egocentrico o che..-
    -Dimmi che ha un interruttore per spegnersi- mi chiese Logan mentre tornavamo verso la funicolare che ci avrebbe riportati ai piedi della collina.
    -..Troy era carino certo, ma gli puzzava l’alito! Mentre Geoffrey era ok, certo se non fosse per il vizio di uscire con più ragazze! A me sarebbe anche andato bene finchè non mi ha chiesto di fare una cosa a tre! Ma vi rendete conto?! Io proprio una..- gli sorrisi.
    -Quando inizia così, sorridi e annuisci. Quando ti chiederà se la stai ascoltando dille che ha ragionissimo ma..-
    -Ma mi state ascoltando?- chiese furiosa girandosi verso di noi. Logan, credendosi preparatissimo al riguardo, rispose subito.
    -Certo, concordo in pieno- Miley lo guardò a bocca aperta, poi si girò verso di me.
    -E’ il primo ragazzo che concorda con me sulla castrazione fisica come pena per il tradimento! O è scemo o non mi stava ascoltando-
    -Ma io..-
    -Lascia stare, non mi importa- lo interruppe, poi si girò e continuò per la sua strada. Logan ci era rimasto palesemente male, sconcertato, allibito. Mi veniva da ridere ma cercai di evitare.
    -Stavo finendo di dire..di darle ragione ma non di essere d’accordo. Se le dai ragione, non vuol dire che sei d’accordo e, in caso non lo saresti come adesso, potresti sempre rettificare dicendo che aveva ragione, ma che non eri d’accordo- ora alzò entrambe le sopracciglia.
    -Non c’è niente da fare, voi genere femminile siete troppo contorte per noi poveri maschi-
    -Su con la vita, imparerai presto ad avere a che fare con lei- mi avvicinai e gli tirai una pacca sulla schiena. Logan cadde in ginocchio e portò la testa alle ginocchia. Merda..la schiena!
    -Oddio Logan!!!- mi chinai verso di lui e vidi che aveva del sudore in viso e stringeva forte gli occhi. La maglietta di Sam era leggermente sporca di sangue nel punto in cui l’avevo colpito. Non era stto un colpo forte, era più una pacca. Idiota! Idiota idiota che ero! –Logan scusami io…io non volevo..- Miley stava correndo verso di noi. Vedendo che non la stavamo seguendo, doveva essersi girata ed aveva visto Logan accasciarsi a terra.
    -Grianne! Cosa succede? Che ha Logan?- feci per rispondere quando Logan allungò una mano e trovò le mie ginocchia. Al suo tocco, sentii la pelle bruciare. Anche le sue mani stavano bruciando e sudavano.
    -Stò bene..Solo un giramento di testa..ho bisogno di zuccheri..-
    -Vado subito a prenderti un tè freddo! Un milkshake! No forse è meglio una bibita energizzante..al diavolo! Le prendo tutte e tre!- e corse verso il baracchino delle bibite.
    -Logan non è un calo di zuccheri..la ferita sulla tua schiena è tornata a sanguinare..-
    -Lo so, ma non voglio che lo sappia- il solito orgoglio maschile. Eppure..con me non si faceva problemi. Mi chinai verso di lui e passai un suo braccio sopra il mio collo, aiutandolo ad alzarsi.
    -Ci stai prendendo gusto a farti aiutare da me, vero?- rise ma subito tossì. Si vede che ogni minimo movimento gli procurava dolore. Non ce l’avrebbe fatta a tornare a piedi fino a casa. Presi il cellulare dalla tasca e feci per fare il numero della clinica, quando vidi la casella dei messaggi con un messaggio non letto. Andai a vedere ed era di Sam.
    <prof assenti! Stasera stelle sulla collina, fifona?> tempismo perfetto! Guardai quanto tempo fa l’aveva mandato e notai che l’aveva inviato poco dopo le tre di pomeriggio. Ormai doveva già essere a casa. Composi il numero di casa, mentre cercavo di sostenere Logan. Non era pesante come quella mattina, tuttavia stava piegato in avanti per il dolore ed avevo paura cadesse di nuovo.
    -Pronto, casa Coleman!- sospiro di sollievo.
    -Sam! Niente domande! Vieni subito ai piedi della funicolare della Castel Hill! Subito!- feci per mettere giù quando lo sentii parlare. Rimisi il cellulare vicino all’orecchio –Cosa?-
    -Ho detto!- urlò –Cos’è sta storia che un ragazzo si è trasferito qui?!- sbuffai.
    -Niente domande Sam! Corri e ti spiego stasera!- prima che rispondesse, misi giù. Stava già pronunciando uno “spero per te” molto minaccioso quando chiusi la chiamata. Miley stava tornando verso di noi con una borsa piena di cose da bere. Sentii Logan trattenere il fiato, mi girai a guardarlo e potei leggere l’imbarazzo ed il dispiacere sul suo volto. Mi sciolse il cuore. Forse..non era un così cattivo ragazzo come pensavo..forse ero solo scettica, forse lo stavo giudicando troppo in fretta. Quando Miley arrivò davanti a noi, prima che potessimo dire qualsiasi cosa, allungò la mano verso me e Logan con alzato solo un dito, come per dirci di aspettare un attimo. L’altra mano la appoggiò sulle ginocchia e si piegò in due ansimando. Dopo un paio di respiri, si tirò su e sospirò.
    -La signora Fitch sarà contenta di sapere che faccio attività motorie al di fuori dell’istituto- aprì la borsa ai piedi di Logan e ne uscirono sei diversi tipi di tè, una ventina di buste di zucchero, una gassosa, tre bottigliette di latte alla fragola e svariate altre bibite.
    -Oh..ehm..Grazie Miley..una bottiglia d’acqua con un po’ di zucchero era suffieciente..non dovevi spendere così tanto per me..- a quell’affermazione, Miley lo guardò male.
    -Se tu questo lo chiami spender tanto, dovresti venire a fare shopping con me a Londra- e qualcosa mi fece capire che..no, vivevo benissimo anche senza saperlo. Alla fine Logan prese un tè verde e lo sorseggiò, mentre andavamo, pian piano, verso la funicolare. Miley ci anticipò per andare ad aspettare Sam ai piedi della collina. Quando salimmo, c’era solo una famigliola con due bambini con noi, evidentemente annoiati dai ruderi. Il bambino, più piccolo, si divertiva a tirare le trecce della sorella più grande. Logan si fermò a fissarli.
    -Preferisci stare in piedi o sederti?- tornò a posare i suoi occhi su di me e mi guardò, ma questa volta il suo sguardo aveva qualcosa di strano. Sembrava..perso. –Forse..è meglio se ci sediamo, che dici?- ci pensò su alcuni attimi, poi fece di si e si sedette, molto lentamente, sulla sedia. Faceva attenzione ad ogni movimento, dovevo avergli fatto tremendamente male. Dio quanto mi sentivo in colpa! Mi sedetti vicino a lui e la funicolare partì. La partenza fu brusca e diede alcuni colpi. Vidi Logan chiudere gli occhi e stringere le mani a pugno. Allungai la mano verso la sua e gliel’appoggiai sopra. Non si mosse, non fece niente, e quella sua mancanza di reazione mi fece sentire una sciocca. Come staccai la mano per toglierla, il suo pugno si aprì e l’afferrò con tocco leggero. Non disse niente, semplicemente mi comunicò coi gesti che voleva il mio contatto. Mi voltai, puntando il mio sguardo imbarazzato fuori dal finestrino.
    Quando arrivammo ai piedi della collina, Miley stava parlando con Sam e potei notare la sua posa da accalappiamento. Tuttavia non mi diede fastidio vedere che ci provava con Sam. Nonostante il suo carattere, era una brava persona. Molto meglio di Miss infermierina coi tacchi che aveva messo gli occhi su Sam. Aiutai Logan ad uscire e come Sam ci vide, potei chiaramente vedere i nervi del suo volto tendersi e la mascella irrigidirsi. Corse verso di noi ed afferrò Logan liberando me dal suo peso.
    -Ci rivediamo, sconosciuto- lo salutò con palese assenza di garbo. Logan sembrò non farci caso. Rispose col suo solito sorriso, questa volta non molto convinto. Miley salì davanti con Sam, io dietro con Logan. Portammo prima a casa Miley, poi salii davanti vicino a Sam e ci avviammo verso casa.
    -Sicura che non devo portarlo in ospedale?- chiese per l’ennesima volta Sam.
    -No, tranquillo! Te l’ha detto anche Miley, non è niente..- ma non sembrava molto convinto. Forse perché, io per prima, non lo ero. Arrivati in clinica, la Zia Sonia era già fuori che ci aspettava. I bigodini in testa facevano presagire che era troppo in ansia per finire il suo trattamento di bellezza. Come ci vide, partì verso il Pick-up ancora prima che Sam frenasse di colpo per evitare di investirla.
    -Samuel! Muoviti che fai lì impalato! Aiuta il povero Logan ad entrare!- cominciò a sbraitare la zia. Lei ed il figlio ebbero un leggero, seppur urlato, battibecco ma alla fine Sam aiutò Logan. Il poveretto, nel frattempo, era sceso da solo e cercava di convincere la zia che non ce n’era bisogno, che ce la faceva da solo.
    -Samuel Peter Coleman! Io ti impongo di aiutare questo ragazzo!- urlò infine la zia. Sam ormai sapeva, come avevo ormai ben capito anche io, che quando la zia pronunciava il nome per intero, compreso il secondo nome, non c’era replica che teneva. Sostenne il suo sguardo per alcuni attimi, con furia, prima di girarsi verso Logan ed aiutarlo ad entrare in casa. –Ah! E..per la cronaca..userà la tua stanza che è più calda! Samuel usa pure quella degli ospiti- e quello che era troppo, era troppo. Vidi la vena sulla tempia di Sam pulsare pericolosamente ed ebbi seriamente paura che le stesse per urlare dietro.
    -Signora, va benissimo la camera degli ospiti per me..non riuscirei mai a dormire sapendo di occupare impropriamente la stanza di qualcun altro..- s’intromise Logan, salvando la situazione. Sam tacque, zia Sonia lo fissò per alcuni istanti, indecisa. –La prego..- ed a quella richiesta, ora, non poteva più non acconsentire. Logan e Sam salirono le scale e si diressero a destra. La stanza degli ospiti era esattamente di fronte alla mia. Prima che arrivassi io, anche la mia stanza era una stanza degli ospiti. Il letto era stato appena fatto, forse la zia l’aveva preparato per Sam, ma Logan non parve farci caso. Come si sedette sul materasso, tirò un sospiro di sollievo. Era diventato piuttosto pallido. Zia Sonia tornò al suo trattamento di bellezza mentre o rimasi alcuni attimi sulla soglia della porta.
    -Ti serve qualcosa?- Logan scosse la testa.
    -Riposo solo un poco..grazie- chiusi la porta e, come sentii il legno frapporsi tra me e lui sentii un improvviso gelo impossessarsi di me. Guardai Sam e vidi la durezza nei suoi tratti del volto.
    -Immagino che ti debba non poche spiegazioni..- soffiò dal naso e passò il pollice contro di esso, come facevano i cowboy nei film western. Ultimamente aveva il vizio di farlo quando era nervoso.
    -E non solo Grianne- mi fece segno con la mano verso la mia camera. Feci strada e mi preparai mentalmente il discorso da fare a Sam. Anche se, alla fine, non servì granchè.

    Il paese era piuttosto piccolino. Si stava addentrando sempre più verso il centro. Sentiva come uno strano filo legato al suo ombelico tirarlo, attrarlo quasi verso la spiaggia. Quando arrivò ai sassi sconnessi ed umidi in riva al mare, si fermò e si guardò intorno. Niente di familiare. Niente che potesse dirgli chi fosse, dove fosse..e perché fosse lì. Si girò e ricominciò a camminare. Passò davanti ad una vetrina tutta illuminata e potè vedere, per alcuni istanti, il suo riflesso. I suoi capelli neri come l’inchiostro ed i suoi occhi azzurri come il cielo di primavera. I suoi lineamenti erano armoniosi, era alto e slanciato ed il fisico era asciutto ed atletico. Si rimise in cammino, verso dove non sapeva. Poi un formicolio alla nuca lo svegliò come da un sonno latente. Doveva toccare..Non ne era certo, non sapeva perché..ma sentiva di doverlo fare. Doveva toccare le persone, cercare qualcosa, trovarne una..Una di loro avrebbe avuto tutte le risposte alle sue domande, ne era certo. Vide una signora sui sessant’anni avvicinarsi. Stava aspettando che scattasse il verde pedonale così da attraversare. Lui le si avvicinò e le porse il braccio.
    -Permette, signorina?- la signora fece un sorriso esponendo tutta la lucentezza della sua dentiera ed acconsentì. Come lui le toccò la mano, la pelle ruvida e fredda della sua mano, seppe subito che non era lei. Per educazione, la scortò fino all’altro marciapiede e poi se ne andò. Un uomo sulla trentina gli stava andando incontro. Allungò una mano e lo sfiorò. Lui nemmeno. Sarebbe stata lunga…ma doveva trovare quella persona. Non importa quanto ci sarebbe voluto..

    Rue
     
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  15. ironic;
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    xD continuo a sostenerti, anche se non ti commento qui. posta presto :)
     
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22 replies since 13/7/2012, 19:04   191 views
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