Archeo-Tecnomagya

...nell'infinito oceano del Tempo capita che emergano degli scogli...

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    Laws and labours, structures tight. Memories of faded might...

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    Trovate Winged Sun in questa stessa sezione, se volete leggerlo e vedere le avventure di Xan a 27 anni :) se invece siete entrati/e incuriositE dal titolo molto figo, sappiate che non vi occorre in nessun modo aver letto il libro a cui questo fa da prequel.
    Archeo-tecnomagya è in tutto e per tutto stand-alone come storia :)
    Ma i lettori di Ws (se ce ne fossero xD) potrebbero scoprire dei dettagli interessanti :)

    Avviso ai naviganti: il rating è arancione scuro, più avanti vedrete perchè. Compariranno temi molto forti quali xenofobia, ideologie macabre, sangue, violenza e molto "grim-dark".
    Se volete leggere, sappiate che entrate in un universo di fantasia dove praticamente OGNI creatura di tutti gli universi è più cattiva e forte dell'essere umano, dove OGNI creatura senziente sta cercando di sterminarci e dove OGNI peggiore cosa viene moltiplicata per undicimila.
    Questo romanzo ha un tema distopico, se lo leggete vi porterà nel peggior contesto possibile dove vive il peggior Stato possibile a sua volta messo nelle peggiori condizioni possibili e costretto ad adottare le peggiori soluzioni possibili.
    Up to eleven thousands.

    A voi! ^^

    Archeo-Tecnomagya


    ...nell'infinito oceano del Tempo capita che emergano degli scogli...



    Atto I
    Relic Hunters



    Sette anni prima degli eventi di Winged Sun...
    Xantares Xeralla, primo ed unico sinrael esistente in tutta la distopica vastità della Confederazione di Solaria, lavora come cacciatore di taglie e guardia del corpo per i più disparati clienti.
    I sinrael, letteralmente “schegge di un dio”, sono esseri per metà divini i cui poteri possono spaziare ad interi sistemi solari dalle semplici correnti della magia...ma tanta forza richiede un controllo che un animo immaturo ancora non possiede.
    In Solaria esiste una linea sottile tra l'essere usato dagli altri e l'essere libero. Non c'è male o bene, solo scelte e conseguenze a volte capaci di portare devastazioni inconcepibili.

    Una stella incarnata potrebbe non spalancare mai le sue ali...oppure iniziare a percorre quel sentiero in grado di condurlo laddove più è richiesto, al cuore stesso di una umanità sparpagliata e stretta d'assedio su ogni fronte.
    Milioni di triliardi di persone invocano l'arrivo di un messiah.
    Altri cercano il potere, unica valuta in un multi-verso spietato quanto vasto, dove tra le stelle si nascondono solo più grandi e atroci massacri e dove la magia è soltanto un'altra arma..
    Il problema di Xantares Xeralla...è che lui è ambedue le cose. E deve scegliere cosa diventare.


    Gadya Eirela, piano dimensionale legato alla regione della Nebulosa di Ascary
    Anno della Confederazione 16.619


    Dandosi una solida spinta con i piedi fasciati dagli scarponcini da trekking, Halisa emerse da sotto il ventre dell'immenso braccio cromato sul quale stava operando infruttuosamente da quasi tre ore.
    La bestia non ne voleva sapere di tornare in funzione. Forse, pensava la sedicenne tecno-meccanica, voleva solo essere lasciata in pace. Talvolta gli artefatti andavano rispettati più come esseri viventi che come macchine, specie quando i loro creatori appartenevano ad una razza esistita da tempo.
    Guardando l'altro lato della medaglia, però, si arrivava alla ragione per la quale la compagnia si era messa in marcia e aveva attraversato tutta la strada che c'era tra il mondo-archologya di Irania Solar e il piano dimensionale di Gadya Eirela.
    Il valore sul mercato nero di quella macchina. Le reliquie aliene erano un piatto succulento e pagato profumatamente, inottenibili sui normali tragitti mercantili. Le autorità statali della Confederazione vietavano categoricamente anche il solo toccare un qualsiasi costrutto forgiato da mani non-umane. Se si veniva scoperti dalle squadre degli psi-commando della Homeland Guard, perennemente in viaggio alla ricerca di criminali e pirati, la pena più leggera era di trascorrere trent'anni di carcere duro con il supplizio dei lavori forzati in un mondo-prigione.
    E questo se i Magistratòs Legoris erano buoni e misericordiosi.
    Halisia aveva sentito storie su intere città che, scoperte ad impiegare o commerciare artefatti prodotti da razze aliene o comunque non-umane, erano state sommariamente prese e passate sotto le armi. I superstiti erano poi stati caricati sulle tristi Navi Infami e spediti nel buio dello spazio verso gli-dei-solo-sapevano quale posto.
    Era una sorte che l'umana di sotto-razza terechas non voleva assolutamente vivere.
    Per lei, per la sua intera razza, lavorare con le macchine tecno-magiche era qualcosa di più di un semplice impiego. Nata nelle viscerali ed ardenti profondità delle sotto-archologye solariane, la razza Terechas era geneticamente e magicamente legata a qualsiasi macchina. La loro mente non faceva distinzioni tra quanto era stato prodotto dalla superiore razza umana e quanto invece creato dalle menti degli elviras o dei qatryli o degli umran.
    Tutto era un fluire di codici sintetici ed uno scorrere di energie magiche che andavano comprese, studiate e poi riprodotte. Questa mentalità era in totale disaccordo con le linee guida che la teocratica oligarchia solariana aveva disposto per le sue genti: ciò che non era stato fatto dagli umani per gli umani era soltanto infida e disgustosa eresia, malefica stregoneria ed infame parodia.
    Andava distrutta e trasformata in cenere...dopo che era stata presa in consegna a tempo indeterminato dalle gelide menti degli esperti tecnomagici dell'Archiatro Solariano.
    A causa della loro innata voglia di conoscere, del loro ostinato voler lavorare su ogni tipo di congegno o artefatto e della loro peculiare capacità di comprenderne il funzionamento, i terechas erano unanimemente tacciati come eretici e trattati come paria dalle altre sotto-razze componenti il vastissimo mosaico di umanità della Confederazione.
    La Homeland Guard li confinava in campi di concentramento senza sbocchi alle stelle, con alte barriere di filo spinato elettrificato e droni armati di mitragliatrici ad impulso. Faceva inoltre in modo che non potessero mettere le mani neanche sul più innocuo ninnolo. Quando poteva, eseguiva una rituale epurazione che aveva lo scopo di fare tenere ai terechas la testa bassa e le menti occupate dai lavori forzati.
    Per la Confederazione quasi non esistevano come sotto-razza. Erano poco più sopra degli schiavi non solariani e subito sotto gli operai sottopagati delle colossali fabbriche che puntellavano il volto dei mondi-forgia. L'editto con cui erano stati banditi come “eretici eterni e recidivi, traditori e feccia”, scritto dalla mano della Kirye Inquisitrice Alena Val Meriadas, auspicava per loro occupazioni il più lontano possibile dalle sacre tecno-magie solariane.
    Potevano essere reclutati nel Grande Esercito, lo spietato padre che annullava ogni differenza razziale, ma molto spesso finivano per essere semplici fantaccini senza grado. Bersagli ambulanti per quelle centinaia di migliaia di razze che senza sosta azzannavano i confini di Solaria da oltre tre millenni e mezzo, affogandola in una serie di logoranti guerre di posizione estese ognuna a migliaia di mondi.
    Le gemme a-grav che brillavano di blu agli angoli del supporto emisero un breve ronzio nel momento stesso in cui Halisa si mosse, orientando la loro carica verso l'esterno.
    Lasciandosi cadere gli occhialoni a display retin-attivo sul collo, la giovane agitò il tablet diagnostico all'indirizzo del guardiano prezzolato. Questi era seduto su di una cassa in sinto-leghe metalliche colma d'inutilizzati pezzi di ricambio -alcuni dei quali illegali in tutta la Confederazione di Solaria- e guardava con aria assente la barocca volta del corridoio.
    Nella mano sinistra stringeva una bottiglia di whisky artaisiano da quattro soldi. Il liquido ambrato era stato ridotto ad essere sotto l'altezza di metà contenitore. Il tappo ottagonale era andato perso o gettato via da qualche parte.
    Da quando era entrato nel complesso al seguito della squadra, quel giovane dagli occhi color cobalto non aveva fatto altro che bere come una spugna e sorvegliare il corridoio. Halisia non poteva non chiedersi che razza di fegato si trovasse ad avere la gente della sua razza
    «Oey!» gridò la ragazzina, «mi serve una mano quaggiù! È pesante! Puoi aiutarmi?»
    «Cavatela da sola!» disse il ragazzo prima di mandare giù un nuovo sorso di whisky.
    «Dai! Solo un aiutino, Xanty! Siamo amici e tra amici ci si aiuta!»
    «Non sono tuo amico» borbottò il giovane posando la bottiglia sulla cassa, accanto alla carabina ad impulsi Tavor-16.6, «io non ho amici.» Un sussulto incurvò le sue ampie spalle, primo sintomo dell'ubriacatura che stava andando cercando dall'inizio di quella ricerca.
    Lasciando cadere il guanto-arsenale da lavoro sul pavimento, la ragazza terechasiana sbottò: «Non ti sto chiedendo tanto! È troppo pesante per me! Mi vedi? Sono piccola, dolce, sottile e con le braccia leggere leggere! Tu invece sei un metro e novanta di super-sbronzo jarichan alta-gravità che fa il cacciatore di taglie...che ti costa darmi una mano?»
    «Se ti aiuto la pianti di urlare?!»
    «Sì, ma aiutami!»
    Afferrando la balaustra che s'alzava dal cornicione, un passaggio telescopico in simil-alabastro che si portava in rilievo di quindici metri sulla stanza circolare dove riposava l'antico artefatto, Xantares si diede la spinta con un colpo di reni.
    Atterrò poggiando il ginocchio destro e la mano sinistra sul pavimento colmo di vecchissima polvere, sbattuta in aria dallo svolazzio della lunga giacca nera che il giovane vestiva sopra ad una t-shirt del medesimo, cupo colore.
    Scoccando un'occhiata inferocita alla ragazza terechasiana, il cacciatore di taglie si erse in tutto il suo aitante metro e novanta di statura.
    Se non fosse stato uno scostante isolazionista anti-sociale, a malapena in grado di scambiare qualche parola con il resto della squadra, sarebbe stato il sogno proibito di molte donne. Aveva sentito dire che quelli della sua razza, i jarichans, erano gente bella.
    Le voci si svergolavano di complimenti circa il loro equilibrio estetico, il loro aspetto imponente ma proporzionato, i colori accesi dei loro occhi e le linee nobili quanto selvagge dei loro volti. Erano tutte verità, ma per descrivere quell'antipatico ubriaco non bastavano.
    Era bello come un dio.
    C'erano delle volte in cui Halisia si trovava a provare un sincero imbarazzo nei confronti di quel tizio: per quanto lei si ritenesse una ragazza carina, quando gli era vicina si sentiva uno sgorbio sproporzionato...e lui era un uomo. Chissà che effetto potevano farle, allora, le donne di Jaricho!
    Sulle libertine riviste stipante nella scheda-tablet di suo fratello non se ne trovava una sola, neanche sfogliando quelle pagine che richiedevano la password. Forse si consideravano troppo belle per posare nude nelle pagine interattive di qualche uscita mensile atlariana.
    E probabilmente avevano ragione a considerarsi così, vista la loro controparte maschile.
    A riportarla alla realtà furono i nervosi rintocchi degli stivali del cacciatore di taglie. Anfibi scuri annodati fino in cima con lacci di tessuto blindato, primissime cause delle pieghe che adornavano gli scuri jeans stretti in vita da una cintura vagamente militare.
    Fermandosi ad un metro dalla ragazzina, Xantares ringhiò: «Allora? In cosa devo aiutarti?»
    «Questo è lo spirito giusto!» esclamò Halisia sollevando i pugni in aria, «entusiasta di lavorare e sempre disposto ad aiutare gli amici. Un sorriso su quel volto da divo del cinema -e magari l'alito fresco e non al sapore di whisky da quattro soldi- aiuterebbe ancora di più la nostra collaborazione!»
    Xantares girò i tacchi e si allontanò a grandi passi, le code della giacca a sventolargli dietro la schiena.
    «No, dai!» lo pregò Halisia, «Ho bisogno del tuo aiuto! Davvero! Xanty!»
    Scoccandole uno sguardo da sopra la spalla, Xantares replicò acido: «Non sei mia madre. Tieni i tuoi pareri per te, io non mi ci pulisco neanche i guanti.»
    «Già...mi chiedo come faccia tua madre a vivere in pace con se stessa sapendo di avere un figlio così... scorbutico, per non dire di peggio.»
    Girandosi, Xantares ventilò per un momento la possibilità di scaricarle contro un fulmine. Resistendo alla tentazione, più per il fatto che non avrebbe visto il suo prossimo stipendio che per la reale gravità dell'opportunità presa in considerazione, il cacciatore di taglie si strinse nelle spalle.
    «Non vive.»
    «Aiyeh
    «Non vive, terachasiana. È morta. L'hanno giustiziata su Karia per ordine diretto dell'Inquisizione.»

    Le luci delle lanterne da campo allo yodium proiettavano spettrali aloni cianotici e lattescenti su liscie pareti a strapiombo su pavimenti intrisi di sincretismi tra formule magiche ed equazioni tecno-scientifiche.
    Al riparo dietro le ghiere di contenimento, i soli illuminatori fluttuavano in un campo di forza che non emetteva alcun suono. Il silenzio, quello pesante e funebre che solo certi discorsi sapevano creare, pareva essere giunto portandosi in rinforzo una coltre di tenebre.
    «M-m...mi dispiace. Hai le mie condoglianze, Xanty...so cosa voglia dire perdere un genitore.»
    «A me no.» Tagliò corto il cacciatore di taglie. «Il confessionale chiude qui i suoi battenti. Dimmi in cosa devo aiutarti e facciamola finita.»
    «Bevi per dimenticare?»
    «Bevo per i maledettissimi fatti miei. Allora?»
    Halisia capì che non sarebbe riuscita a scavalcare quella barriera e riportò gli occhiali a display retin-attivo in posizione. La stretta canottiera senza maniche era in più punti sporca di grasso rivitalizzante ed olio a formula metallo-reattiva.
    «Il nodo di questo braccio...credo che i legamenti siano statici. Devi sollevare l'estremità e farla piegare all'interno! Io non ci provo nemmeno, quella roba peserà tonnellate.»
    «Ah.»
    «Non mi sembri molto convinto.»
    «Perché non usi l'argano?» disse Xan muovendo un cenno alla macchina quadri-ruotata che dormiva in un angolo della stanza, facendo ronzare flebilmente il suo reattore a cristalli liquidi di cyanocriosta.
    Halisia schioccò le dita all'indirizzo della macchina: «Perché non reagisce! Ignora tutti i miei tentativi di applicarli la non-gravità. Per questo devi piegare il braccio! Non possiamo spostarlo di peso o distruggerà la formule del pavimento!»
    «Ignora l'a-grav?»
    «Aye, aye
    Xan si appoggiò con noncuranza al ginocchio di una delle cinque gambe reggenti la struttura centrale dell'artefatto, squadrò pensieroso il castello centrale e la cupola superiore. Lo sporco e la polvere di millenni coprivano i pannelli, creati in un lega vetro-cristallina sconosciuta in Solaria.
    Dando una serie di amichevoli pacche alla macchina, il cacciatore di taglie mormorò: «Oh, ma davvero? Allora io e questo bestione andremo d'accordo.»
    Halisia aggrottò le sopracciglia.
    «Perché...?»
    «Perché t'ignora come vorrei fare io. Andiamo, solleviamo questo braccio...»
    «Ma che gentile che sei! Davvero!»
    «Non mi pagate per essere simpatico» disse Xantares mentre afferrava a mani nude la sezione più stretta del braccio indicatogli dalla tecno-meccanica, «mi pagate per...», ringhiando un'imprecazione sollevò l'arto cromato sopra alla propria testa, «...uccidere quello che cerca di uccidere voi! Dove lo lascio questo affare?»
    Halisia attivò la funzione zoom dei suoi occhialoni, ingrandendo sui primi strali di torace nudo che l'uomo aveva involontariamente scoperto con quel gesto. La t-shirt non era così lunga e il sollevare le braccia tanto sopra alla testa ne aveva fatto alzare più di un semplice lembo.
    «Puoi lasciarlo...» il puntatore prese a danzare sul quarto d'addominale in libera quanto golosa vista. La prima sensazione che davano era quella di solidità marmorea.
    Se qualcuno li avesse sparato con una pistola da dieci metri colpendogli il ventre, si ritrovò a pensare Halisia, l'impulso sarebbe rimbalzato via. Sembrava essere stato assemblato da degli scultori abili nel lavorare l'hyper-legea di Carbonia.
    L'incarnato bronzeo era...esotico.
    Come ogni persona proveniente dalle sub-archologye, Halisia era abituata a vedere stirpi e razze pallide, spesso e volentieri prostrate dai turni di lavoro nelle fabbriche di articoli bellici, con occhi a volte persino senza la confortante presenza dell'iride.
    Il cacciatore di taglie di Jaricho, invece, si presentava con l'incarnato bronzeo e vitale di un'abitante delle spire più lussuose.
    «Ey!» esclamò lui, «non ho tutto il kronois del multi-verso! Dove-devo-mettere-questo-affare?»
    «Inclinalo! Un po' più su...sii...ancora un po'...oh! Ecco, spingilo all'interno!»
    «C'era un doppio senso?»
    «Ss...no! Siamo professionisti!»
    Alzando gli occhi al soffitto completamente al buio, Xan mormorò un esasperato: «Oh, ma andiamo...»

    Edited by dany the writer - 5/1/2013, 08:18
     
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