Almost Home - Eve Tyler

Jules_Evermore

Posted on 24/3/2013, 23:17

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Spero che il primo capitolo della mia fan fiction susciti in voi abbastanza curiosità per condurvi a leggere i prossimi capitoli che pubblicherò.
Se avete voglia di commentare e dirmi cosa ne pensate ne sarei contentissima *-* grazie in anticipo per chiunque leggerà la mia storia! ♥
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Avete presente quando fate un sogno ed è lo stesso che vi attanaglia la mente da più di dieci anni? Ecco, è esattamente quello che succede a me da tutto questo tempo. Avevo solo tredici anni quando in una sera di luglio feci quello strano incubo: io che vengo risucchiata nel nulla più assoluto, solo buio e freddo intorno a me, cado a picco senza mai toccare fondo, mi sento come se fossi quasi a casa ma non riesco a raggiungerla. Il luogo non è del tutto estraneo, in un certo senso mi è familiare, mi sento comunque a mio agio ma la solitudine mi fa chiudere la gola e avvertire quella potente debolezza la quale è la paura.
Mi alzo dal letto facendo volare via le lenzuola che hanno voglia di tenermi in trappola fino alla mattina seguente ma nonostante la prospettiva futura sia a dir poco allettante, devo rispondere ai miei doveri, andare alla caffetteria e iniziare il mio solito turno di lavoro.
Fortunatamente abito in una cittadina piccola e sperduta della Virginia, Hellwood, non succede mai nulla di eclatante se non per le gare annuali di canoa che si svolgono nel lago principale del paesino, è piuttosto tranquilla ma il pericolo in questi casi si nasconde bene, dove nessuno può vederlo, pronto a scattare e partire alla carica quando meno ce lo aspettiamo. Perché il male esisterà finché c’è il bene e noi non viviamo in una favola felice ma in un presente troppo reale ed è per questo che devo sempre tenere gli occhi aperti.
«Caffè doppio al tavolo numero 4» E’ così che esordisce Ector, il mio amico da sempre, alto, biondo e con occhi azzurri, il classico principe azzurro che tutte vorrebbero e non è un caso che il bar è sempre pieno di ragazzine che, con qualsiasi scusa, si accalcano al bancone per poter scambiare anche una sola parola con lui. Roteo gli occhi e sbuffo con aria contrita, al tavolo 4 si siede sempre una signora alquanto bizzarra e ogni volta che le porto la sua ordinazione si rivolge a me come se mi conoscesse da sempre. Si diverte a praticare magia bianca o almeno è quello che lei definisce la sua specie di attività. Ha un negozio in fondo alla via, un chiosco piuttosto scuro pieno di cianfrusaglie, ci sono entrata una volta con Ector solo per curiosità. Si chiama Adelasia e per me è una specie di zingara gitana ma come mi fa notare spesso il mio migliore amico, non è carino etichettare una persona solo perché ci spaventa, è bene non giudicare. Avrà anche ragione ma la signora mi trasmette qualcosa di oscuro, come se sapesse troppo rispetto a quello che vuole far credere e vedere.
«Lo sai che mi dà i brividi quella donna, potresti portarglielo tu il caffè ogni tanto!» Ector mi rivolge uno sguardo divertito e spinge la tazza di quel caffè verso di me per incitarmi a muovermi.
«Eve… per favore, è solo una tazza di caffè, vai lì la posi sul tavolo e torni qui da me. Andiamo…» Scuote la testa ridendo e torna a prestare attenzione agli altri due clienti che sono entrati proprio ora, prendo un respiro profondo e mi faccio coraggio da sola, Ector ha ragione, è solo una tazza di caffè ed è ridicolo avere timore di una signora come Adelasia, sotto ai suoi vestiti dai colori vivaci e quella chioma folta e riccia nera, in fondo c’è solo una donna minuta e riservata, con un bel sorriso tra l’altro.
«Ecco a lei, signora.» Faccio per andarmene ma la sua voce pacata e delicata mi ferma.
«Ciao Eve. Sembri stanca anche oggi, posso fare qualcosa per te?» “Ci risiamo” Mi fingo rilassata in apparenza, è solo una semplice domanda certo, ma me la rivolge ogni volta che la notte ho quel incubo ricorrente. Muovo qualche passo per allontanarmi e così evitare qualsiasi discorso compromettente, forse questa volta riesco ad evitare qualche viaggio interiore del mio essere più profondo.
«Non credo, no. Ho dormito poco, sai… non è un bene stare fino a tarda sera al computer. Ehm… credo che Ector abbia bisogno di me.» Indico alle mie spalle pronta a fuggire via ma Adelasia non è certo una che molla facilmente.
«Temi chi ti fa sentire viva, chi in qualche modo suscita in te curiosità, hai il terrore di fare la fine di tuo padre ma non è così Eve! Io posso aiutarti.» Mi giro di scatto e la guardo accigliata, come fa a sapere di mio padre? E che fandonie sta dicendo?
«Senti, non ho alcuna intenzione di farmi psicanalizzare da te, perciò fammi il favore di non nominare mio padre. E non ho bisogno di nessun aiuto.» Lo avevo detto che Adelasia era strana ma come al solito nessuno mi dà ascolto. Con ancora quelle parole che mi ronzano in testa, torno dietro al bancone dove Ector ovviamente non ha notato nulla di ciò che è avvenuto. Rimetto una mia ciocca bionda dietro l’orecchio e riprendo a lavorare in silenzio. Quella donna non me la racconta giusta, nessuno sa la storia di mio padre e in quale modo potrebbe mai aiutarmi? No, è solo una povera pazza che gioca ad essere una strega.