Techmagya Archeologa

Demoni, magie, antiche rovine ed un multi-verso tutto vostro da esplorare...

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    Laws and labours, structures tight. Memories of faded might...

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    Techmagya Archeologa



    Il multi-verso è un luogo vasto molto oltre l'infinito.
    Non è possibile quantificarne o definirne le dimensioni poiché richiederebbe dei calcoli così enormi e barocchi da non essere semplicemente concepibili dalle menti delle razze che vivono e tribolano e guerreggiano in esso.
    Se anche tali calcoli venissero compiuti e si arrivasse ad una dimensione finita, il tempo richiesto da tale opera magna sarebbe così lungo da annoverare i secoli come singole unità di un numero che sfiorerebbe le diverse migliaia...e in quel tempo il multi-verso sarebbe già almeno trentamila volte più grande.
    Non è semplice materia quanto non è nemmeno un comune organismo vivente; esso è energia prima di ogni e qualunque altra cosa.
    Energia psichica proiettata da triliardi di razze, energia magica alzata da miliardi di popoli benedetti da tale dono ed energia pura e semplice causata da un numero non quantificabile di stelle e corpi celesti.
    Ma questo preambolo non serve a fare nascere delle speranze di comprensione. Il multi-verso non lo si può comprendere, né soggiogare.
    Imperi come il nostro, capaci di abbracciare più di cinque galassie e quasi-infiniti miliardi di triliardi di piani dimensionali, sono solo un minuscolo riflesso su di una piccolissima goccia d'acqua posta in un oceano che si espande in continuazione.
    Pur non avendo regole, il multi-verso ha delle costanti...ed una di queste è la guerra. Puoi viaggiare in lungo ed in largo visitando decine di migliaia di milioni di mondi; la maggior parte sarà ingolfata in guerre che a volte non si possono nemmeno comprendere.
    Solo i divini Signori di Azuras hanno una reale cognizione di cosa accade in questo mero piano della realtà. Mero perché singolo tra altri infiniti multi-versi che si espandono senza soluzione di continuità. In tutto questo bailamme di grandezze fuori scala che importanza può avere il singolo individuo o il singolo mondo? Quando stati ed imperi che abbracciano nei loro domini centinaia di migliaia di mondi s'imbarcano in guerre catastrofiche, che dimensione ha la singola persona?
    Dal basso della nostra umiltà umana possiamo solo affermare, con ogni certezza, che i nostri sedici millenni di storia sono una nota molto piccola all'interno di uno spartito gigantesco, ma sono una nota presente. Noi ci siamo e nessuno può affermare il contrario.
    Molte volte il nostro popolo è stato paragonato all'arco di Sagitter e alla sua freccia di luce stellare. Come l'arco sappiamo piegarci quando è saggio farlo e lasciare il campo alle stirpi più giovani e folli, come la freccia sappiamo colpire e distruggere le vite di chi si alzano contro di noi. Al multi-verso non abbiamo mai chiesto niente e il multi-verso ha fatto lo stesso con noi.
    Abbiamo forgiato il nostro stato partendo dal fango e dopo sedici millenni possiamo volgere lo sguardo alle nostre spalle e dire senza presunzione che noi abbiamo fatto la Storia.
    E continueremo a farla fino a quando i confini del multi-verso non geleranno e si sgretoleranno su se stessi. Siamo il popolo di Solaria, i primi e più nobili ed unici figli di Azuras. Siamo la genia della Regina di Tutte le Umanità e finché anche il più debole e misero di noi avrà ancora un alito di vita nei polmoni tutta la sua gente vivrà in lui e lo farà brillare.

    -Estratto da “Prime introduzioni alla Nostra Storia, volume I”, incluso nell'opera magna “Inita Cronachaerya septazurise-infamya naer Thermida” per comandamento dato dalla saggia volontà dell'Inquisizione dei Signori di Azuras.



    Prologo
    A proposito di spedizioni, archeologi e simili eresie



    Gadya Eirela, piano dimensionale legato alla regione della Nebulosa di Ascary
    Tasca multi-versale della galassia di Andromeda, una delle cinque facenti parte del Dominio della Confederazione di Solaria
    Vascello privato CCSS Discoveryan, plancia di comando.
    Ore 5.35
    Anno della Confederazione 16.624


    Il fondale nero punteggiato di stelle dello spazio siderale regnava in quella regione da molto tempo prima che l'umanità di Solaria alzasse la propria testa dal fango. In effetti si poteva dire che lo spazio regnasse su se stesso da molto prima che qualunque razza vivente, magica o non magica, uscisse dal proprio brodo primordiale e cominciasse a lavorare i primi utensili.
    Nonostante questo patrimonio di storia virtualmente infinito, lo spazio si faceva possedere abbastanza facilmente da chiunque disponesse di due elementari requisiti: l'intraprendenza per esplorarlo e le armi per difenderlo dopo averlo conquistato.
    Una delle poche leggi fondamentali del multi-verso era proprio quella delle armi, valida non soltanto per l'umanità di Solaria. Qualche razza aliena poteva puntarle il dito contro e definirla una tra le specie più xenofobiche, aggressive, guerrafondaie e di visione ristretta dell'intero creato, ma qualunque accusa risultava sempre compromessa da un pizzico più o meno grande di ipocrisia.
    Le specie che non avevano mai fatto ricorso alle armi per ritagliarsi il loro spazio tra le stelle si potevano davvero contare sulle dita di una mano. E le razze esistenti all'infuori dell'umanità di Solaria erano milioni di miliardi. Un folle una volta aveva cercato di catalogarle tutte ed era morto di vecchiaia prima di completare l'un percento della sua opera.
    Ed aveva vissuto e lavorato su quel catalogo per sei interi secoli.
    Certo, l'umanità di Solaria deteneva il poco invidiabile primato di aver estinto almeno un miliardo e mezzo di razze diverse dalla sua nell'arco di diecimilacinquecento anni, ma poco le importava. Volendo essere del tutto onesti bisognava correggere quell'affermazione e dire che con tutta certezza ai solariani delle razze estinte non gliene importava letteralmente un darn.
    Se erano alieni, o anche solo umani non solariani, l'importanza complessiva della loro esistenza poteva essere paragonata a quella di un microbo, un batterio molesto, un cancro del multi-verso che andava rimosso pseudo-pacificamente se andava bene o completamente distrutto e seppellito nella cenere con il fuoco e con le armi se alzava troppo la cresta. E se lasciavano delle vestigia...le bombe termonucleari ad iper-carica magica necessarie per per spazzarle via erano sempre pronte ed in canna.
    Ma talvolta capitava che rovine di particolare importanza appartenute a genie di rilievo, ritenute tali da determinati poteri forti all'interno del vasto e dispotico stato solariano, diventassero l'oggetto di studi più o meno approfonditi. Questa eresia, perché tale era la portata dell'infamia dovuta al voler conoscere i lasciti dei non-umani, era permessa solo a seconda dell'utilizzo che se ne voleva fare e delle persone che intendevano approfondirne la conoscenza.
    Bisognava comunque tenere a mente che lo stato solariano non era uniforme nelle attuazioni dei precetti e dei comandamenti che giungevano dai suoi mondi-trono. La sua vastità rendeva la regolamentazione di base una questione veramente titanica e non erano mancati casi di mondi o intere regioni che della legislatura di Areth ne possedevano solo un'ossatura molto scarna e liberale.
    Se tali mondi capitavano all'attenzione di altri poteri forti, meno liberali di quelli interessati allo studio delle antiche vestigia, il meglio che poteva capitare alla loro gente era di finire la propria esistenza in un campo di concentramento o venire sommariamente sterminata.
    Questo non premetteva che la burocrazia solariana fosse un mastodonte lento, ma solo che la dimensione dello stato era talmente oltre l'immaginario collettivo che bisognava dare per certo che non tutti seguissero le leggi alla lettera e che non tutti fossero fedeli come i mondi-troni pretendevano.
    Onde evitare simili disgrazie, chi voleva studiare gli antichi resti delle razze non-umane o dei popoli xeno-umani non alleatisi con Solaria doveva affrontare un particolare tipo di calvario: richiedere le autorizzazioni, tutte quelle necessarie e magari anche un migliaio supplementari per andare sul sicuro, a tutte le autorità competenti.
    Se si era fortunati si risolveva la questione nell'arco di mesi o al massimo di anni.
    Se si era davvero sfortunati, invece, si veniva condannati dalla Watchtower Guard per i crimini di Eresia dell'Ordine, Spreco di Tempo Statale, Fastidio Perpetrato e Renitente, Sedizione, Tradimento, Eresia dello Studio Concesso, Arroganza, Hybris e il più delle volte anche Sedizione Politica, malgrado non centrasse nulla.
    La Watchtower Guard, il braccio armato e più sacro del potentissimo apparato statale-religioso che sostanzialmente tirava le redini dell'intera Confederazione di Solaria, aveva l'ingrato compito di controllare che nessuno alzasse troppo la testa e che nessuno attentasse alla sicurezza del complesso.
    Non era solita occuparsi di semplici casi di studio quanto più di tenere una maledetta ed invisibile linea di trincea contro potenze maligne il cui nome bastava a far esplodere il cranio di un miliardo di persone. Lottava strenuamente e ad armi impari contro fazioni terroristiche, eresie ed altri culti portati in Solaria dall'esterno, traffico di stregonerie e magie proibite, evocazioni e migliaia di altri pericoli che lei e soltanto lei poteva combattere....o più realisticamente, provare a tentare di combattere.
    Questo non premetteva che non gettasse mai una parte del suo Occhio Onnisciente su quanti, più o meno innocentemente, desideravano studiare le vestigia del passato non-umano.
    I più semplici ed ignoranti sudditi dei mondi agricoli potevano credere che accendere un computer o toccare una macchina emersa dalle sabbie del tempo fosse una semplice curiosità che non poteva danneggiare nessuno, ma la Watchtower Guard sapeva fin troppo bene che quel computer arcano-alieno così tranquillamente toccato per umana voglia di mettere le mani dove non si doveva era perfettamente in grado di fare esplodere mezzo continente...a duecentomila anni-luce di distanza.
    Esplorare una caverna appartenuta a qualche razza aliena estinta allo stadio primitivo da un bombardamento bio-chimico poteva anche essere innocuo, ma entrare in un complesso architettonico lasciato nel bel mezzo di un mondo densamente popolato o con un altissimo tasso di energie magiche planetarie era una pessima idea.
    Un passo in fallo e mezzo pianeta poteva deflagrare, scomparire nell'iperspazio, venire annientato o diventare un enclave di forze magiche o anche di spettri affamati dalle intenzioni tutto tranne che amichevoli.
    E questa era una proiezione tutto sommato positiva, basata su schemi ripetuti e considerati più o meno tranquilli. Se si volevano prendere degli estremi bastava volgere il capo all'anno della Confederazione 12.423, quando un gruppo di archeologi aveva inavvertitamente trovato un mondo-arsenale degli alieni Tsapphiri e stupidamente deciso di studiarne i resti.
    Il risultato ultimo delle loro infantili cacce alle conoscenze inutili e pericolose aveva portato alla creazione di un buco nero che si era divorato settemila pianeti prima che la Watchtower Guard trovasse il modo di ucciderlo. L'accademia dalla quale erano partiti gli archeologi era stata chiusa e la sua esistenza cancellata da ogni archivio. Tutti gli studenti e i docenti e il personale esterno era stato sommariamente passato per le armi, indotto nei campi di lavoro oppure coscritto nel Grande Esercito e spedito a morire contro le invasioni barbariche che martoriavano i confini della galassia di Jonia sulla linea difensiva della Mashada-Gates Joniara.
    Ogni volta che i signori curiosi avevano fatto i loro danni era stata la Watchtower Guard a dover arginare la marea, a dover mettere i cerotti e sgridare chi di dovere, servendosi degli scudi di carne del Grande Esercito per riparare all'ennesimo disastro venuto alla luce perché la sua maledetta gente non aveva ancora capito di dover tenere la testa bassa, interessarsi delle cose solo umane e NON ficcare il naso dove non doveva.
    Era tanto difficile per loro capire la lezione? Era così difficile dire “non m'interessa” e restare a morire di fatica nei campi, di stenti nelle fabbriche o con le viscere di fuori su qualche fronte dimenticato da tutti gli dei?
    Non si accorgevano che la Watchtower Guard era costretta ad inasprire sempre di più le proprie misure a causa loro, onde evitarsi nuovi e più tremendi disastri?
    E se c'era una genia umana che la Watchtower non riusciva in alcun modo a fermare dal mettere le mani sui resti antichi e sull'eretico contrabbando tecno-magico alieno, quella razza era rappresentata dai maledetti terachasiani.
    Gli avevano chiusi nei campi di concentramento a morire di stenti nelle fabbriche, sterminati in quasi ogni modo conosciuto e ancora si ripresentavano alle soglie delle grandi archologye e delle metropolis-formicaio, con l'incidenza genetica che avevano sulla gente normale sempre maledettamente regolare ed un tasso di comparsa che li aveva più che giustamente fatto guadagnare il nomignolo di “ratti dei tunnel”.
    In alcune centinaia di mondi gli era stato consentito di vivere come solariani di classe C, in altri miliardi potevano e dovevano venire uccisi a vista da qualsiasi solariano avesse un'arma a disposizione, in altri ancora erano costretti nei campi di lavoro e nelle miniera, in altri luoghi li si chiudeva in riserve spoglie di qualsiasi tecno-magia onde evitargli di giocarci e fare altri danni.
    I terachasiani erano questo.
    Erano bambini infantili con una predisposizione genetica a capire le tecnologie e le magie delle altre razze, prima e meglio dei più alti luminari delle Pozze della Conoscenza del Templis Lumen. Bastava metterli da un semplice ninnolo alieno ad un'incomprensibile fortezza volante davanti alle mani per vederli risolverlo e capirlo anche senza strumenti...e, di conseguenza, dare vita a disastri tremendi.
    Solo gli dei sapevano quante migliaia di mondi avevano sofferto per i loro svaghi!
    Quella della curiosità era come una droga che colpiva tutti i terachasiani, bambini ed adulti. Una droga della quale non potevano assolutamente fare a meno. La soluzione più etica era quella delle riserve, ma molti ufficiali ed inquisitori della Watchtower Guard non erano così buoni. A seconda delle correnti potevano decidere per il loro reclutamento in massa o per il loro sterminio totale.
    Qualsiasi scelta facessero era però nella sacra ottica della sicurezza nazionale e come tale era investita di un potere che non si poteva combattere né recriminare. Era sacro per definizione e andava eseguito senza osare fiatare anche solo mezzo lamento.
    Loro decidevano che tutti i livelli inferiori di una archologya da ottocentosei miliardi di persone andavano epurati? Li si epurava dal primo gradino fino all'ultimo canale di scolo. Loro decidevano di mandare il supporto aereo e i corazzati contro i ghetti di lamiera dove i terachasiani stavano diventando troppo numerosi? Li si bombardava con i composti chimici e le cannonate ad impulsi e chi sfuggiva veniva tritato dai cingoli.
    La salvezza del complesso schiacciava quella di pochi triliardi all'anno.
    E poi c'erano sempre le riserve pronte.
    Erano questi i pensieri che agitavano la mente dell'ufficiale inquisitrice di undicesimo grado Calista Phoros mentre guardava le correnti dell'iperspazio scorrerle davanti agli occhi.
    Che gli dei avessero in odio i suoi superiori e chi l'aveva destinata a quella pagliacciata di lavoro! Fare da balia e da controllore all'ennesimo gruppo di pseudo-accademici da quattro soldi che, grazie ai loro attacchi ai poteri forti, erano riusciti ad ottenere i permessi per fare ricerche archeo-tecnomagiche su vecchie rovine!
    Non era una missione, non era la ragione per cui era venuta al multi-verso.
    Era una maledetta presa in giro.
    Lei, che aveva fatto qualcosa come quindici domande per essere inviata sul fronte di Kolium a combattere i demoni, era spedita nelle retrovie delle retrovie a guardare quali catastrofici danni avrebbero fatto quei ricercatori e la loro scorta.
    Una divinità doveva averla davvero in odio...oppure negli strati alti della Watchtower Guard c'era chi si prendeva gioco di lei e non voleva farla avanzare di grado.
    Era un'ufficiale di undicesimo grado, temuta dalla gente normale che non conosceva le gerarchie della Watchtower...ma considerata quanto una pedina dagli ufficiali già di decimo grado. Per quelli di quinto o di quarto nemmeno esisteva, una come come lei.
    Per il Comandante-Inquisitore Gerey Nere, l'Eroe della Confederazione, gli ufficiali del suo grado erano l'equivalente dei fanti di prima linea del Grande Esercito. Carne da cannone senza nome e senza identità da sacrificare come e quando serviva...e anche quando non serviva.
    Dal suo punto di vista, Calista sapeva soltanto di aver davanti a sé una missione lunga, noiosa e pateticamente inutile. Un tempo fin troppo esteso da passare in compagnia di una squadra di archeologi, studenti ed elementi assunti per la protezione di quest'ultimi che la nauseavano ed un luogo dove passare quel periodo tra i più brutti e dimenticati di tutto il piano dimensionale.
    Decisamente c'era qualcuno che l'aveva presa in odio.

    Atto I
    I cacciatori di taglie



    Gadya Eirela, piano dimensionale legato alla regione della Nebulosa di Ascary
    Tasca multi-versale della galassia di Andromeda, una delle cinque facenti parte del Dominio della Confederazione di Solaria
    Vascello privato CCSS Discoveryan, ponti mediani, alloggi del personale di supporto alla spedizione.
    Anno della Confederazione 16.624
    Ore 5.36


    Si chiamava Xantares Xeralla ed era un cacciatore di taglie, ma prima di questo era un uomo posto a metà strada tra la natura divina e quella mortale.
    Personalmente non aveva mai lasciato che la sua natura di semidio, o sinrael, gli desse alla testa.
    Pur avendo nascosto quella sua natura al grande numero di colleghi e conoscenti, Xantares non l'aveva mai considerata una cosa straordinaria più grande di quante ne esistevano già nel multi-verso. Nei suoi quasi dieci anni di carriera come cacciatore di taglie ed investigatore privato aveva visto, parlato e combattuto con cose la cui sola esistenza bastava ad adombrare la sua.
    Certo, essere un sinrael lo piazzava nella disarmante situazione di chi sapeva di poter vivere virtualmente all'infinito...ma non era il solo a beneficiare di un dono del genere e umilmente aveva preso coscienza del fatto che tra le stelle e le realtà esistevano cose di gran lunga più potenti di lui. Anche se solo per metà lui restava un uomo di carne ed ossa...pur essendo queste caratteristiche quelle di una sotto-razza umana che spiccava di gran lunga sulle altre presenti nella corte di genie e specie annoverate dalla Confederazione di Solaria.
    Geneticamente parlando lui non presentava alcuna differenza con un suo simile della stessa casta genetica o dalle medesime caratteristiche. Non aveva stringhe di DNA ammantate d'argento o sangue tinto di luce dorata. La sua natura per metà divina era una questione molto più spirituale, incamerata e ben nascosta all'interno della sua aura magica.
    Lo rendeva molto più potente di quanto potesse essere un suddetto simile, ma allo stesso tempo gli aveva procurato abbastanza grattacapi da essere paragonabile ad una vecchia e leggendaria lama a doppio taglio. Quanti Incubi, Spettri o demoni erano venuti a cercarlo perché ubriacati dalla sua aura ed affamati dal sapore che potevano avere le sue carni?
    Troppi.
    Troppi come troppi erano stati i casi in cui li aveva uccisi, combattuti o scacciati. Anche per quella fastidiosa tendenza alle disgrazie, non cercate ma recapitate alla sua porta, aveva scelto la carriera del cacciatore di taglie.
    Guerra preventiva. Fai agli altri prima che sia fatto a te ed assicurati di colpire più velocemente e più duramente di quanto potrebbero fare i suoi nemici.
    Il concetto era quello, preso di prepotenza in prestito alla politica standard della Confederazione ed adottato parzialmente come stile di vita ad ottagono completo. In questo, se non altro, la sua natura di semidio e di umano appartenente alla razza jarichan l'avevano aiutato.
    Quale background migliore per un cacciatore di taglie se non quello di un popolo foggiato dal mondo-assassino dov'era approdato al termine dell'Esodo dalla Lunga Madre, mondo vivo e pulsante che aveva preso i coloni scalzi per elevarli, attraverso un'evoluzione spietata ma selettiva, all'apice delle capacità umane?
    Un mondo che non aveva mai abbracciato le tecno-magie solariane pur essendosi dissanguato per costruire ai “cugini” il loro stato nel corso di una guerra condotta praticamente tutta in avanzata durata ben dieci millenni e mezzo.
    Ma in quel momento Xantares Xeralla era solo un ventisettenne che cercava di riprendere sonno.
    Si girò su di un fianco, la modesta coperta termica piegata in malo modo sulle gambe costrette ad essere piegate per le dimensioni della cuccetta non certo a prova di jarichans, e sprimacciò il cuscino borbottando qualcosa d'indefinito, ancora miscelato agli ultimi spasmi dell'ennesimo incubo portato al suo sub-conscio dagli eventi vissuti.
    Dava le spalle all'interno del claustrofobico alloggio che la spedizione aveva assegnato a lui e alla seconda personalità adibita alla protezione degli archeologi, volgendo lo sguardo dagli occhi chiusi contro la parete grigio-acciaio.
    Quella soluzione non l'aiutò a riprendere sonno: le ombre gettate dai tubi luminosi allo yodium ceruleo danzavano immobili sui muri creando riflessi opachi e fastidiosi. Si girò ancora, costringendo la rete metallica della branda a scricchiolare un lamento, aprì gli occhi per guardare quanto stava sopra alla sua testa e soffocò uno sbadiglio.
    Nelle iridi color cobalto si riflesse il dondolio di un pendente nero in catena d'argento incastrato nelle maglie della rete della branda sopra alla sua. Alzò la mano per prenderlo, ma un guizzo grigio-azzuro glielo sottrasse prima che le sue dita si potessero serrare sull'oggetto.
    Il monile sparì dalla sua vista per finire a rimbalzare come una palla sul palmo di quella mano che glielo aveva sottratto. Xantares volse la testa verso la più che conosciuta ladra e, stancamente, sospirò.
    «Posso riaverlo?»
    La ladra fece rimbalzare il pendente un'ultima volta e poi glielo lanciò con disinteresse; assicurato in volo nella mano sinistra, Xantares allentò la presa e lasciò che il piccolo gioiello gli penzolasse davanti agli occhi. Ricordo prezioso di un tempo sprecato e buttato via per infantili diatribe, il monile emetteva una nota musicale, quasi un suono basso e tranquillo, non appena tornava nelle mani del suo unico vero proprietario.
    «Bentornato dal mondo degli incubi, collega!» Esclamò la ladra chinando la testa per sedersi sul bordo della branda. «Lo sai cosa ci aspetta oggi?»
    Mettendosi il pendente al collo, Xantares mormorò: «Non credo di avere questo piacere, Shara...»
    Chiamata per nome, la cacciatrice di taglie di sotto-razza umana chanois inarcò una delle due affilate sopracciglia nere lumeggiate d'azzurro.
    «Dicono che oggi attracchiamo, ragazzone. Se non oggi, domani.»
    «Sono alla dodicesima Elysia dopo questa notizia, sai?» Messosi a sedere sul bordo dello scomodo letto, Xantares occhieggiò alla collega con fare annoiato. Shara era sempre stata più mattutina di lui, ma non era uno svantaggio che Xan sentiva particolarmente pesante nei propri confronti. Al di là delle differenze planetari che intercorrevano tra i due, e lo scarto di tre anni che c'era tra la più giovane chanoisica e il più vissuto jarichans, erano accomunati dal fare lo stesso ingrato lavoro e dall'essere stati riuniti da un contratto più che buono che prometteva un'ottima paga.
    Ma le differenze sul piano fisico non erano nemmeno quantificabili.
    Xantares aveva la pelle della bronzea tonalità riconosciuta come appannaggio quasi-unico della sua genia, torreggiava di una testa e mezza sulla maggior parte delle persone e faceva di quella statura elevata una delle sue presentazioni migliori. Il suo metro e novantaquattro non era quello di un semplice e gracile operaio a basse gravità e nemmeno l'equivalente umano di uno stecco di legno, ma una sapiente combinazione magica di ossa in fibra biologica di carbonia e muscoli blindati senza essere portati all'eccesso.
    Caratteristiche, le sue, necessarie per adattarsi alla spaventosa flora e fauna di Jaricho, dove forse anche un lombrico era capace di uccidere un comune essere umano. Dentro al torace gli battevano due potenti organi cardiaci inconciliabili, nel caso di un trapianto, con quelli di una persona non appartenente alla sua stessa sotto-razza.
    Battevano e pompavano con una frequenza ed una forca muscolare che avrebbe fatto esplodere il ventre di un uomo o di una donna “standard” dopo quindici minuti dall'innesto.
    Questi due cuori erano legati al suo organismo da quattro principali vie sanguigne, tutte più veloci e capaci delle controparti dalle quali si erano evolute, e garantivano ai jarichans una temperatura corporea di tre-cinque gradi più alta ed una portata d'ossigeno che amplificava la loro già innaturale resistenza. A questo quadro di già schiacciante superiorità andavano aggiunte questioni come quella rappresentata dal terzo polmone, dall'enorme tasso di magia presente nel sangue e dalla sua veloce capacità di rigenerazione, la vista portata a trentacinque decimi sulla media solariana di dieci e la capacità che gli occhi di quel popolo avevano di catturare molta più luce per vedere in condizioni di bassa luminosità.
    Qualora nemmeno quella poca luce fosse sufficiente, l'intero sistema visivo passava ad una magica e nitida via di mezzo tra ultravioletti ed infrarossi.
    Molti si lamentavano del fatto che il popolo jarichans avesse tante caratteristiche superiori rispetto alla media, ma pochissimi sapevano che erano il risultato di un processo evolutivo accelerato e denso di magia voluto dal loro stesso caotico, infernale e spietato mondo a gravità sei volte più grande di quella normale.
    Quando una divinità-pianeta ti voleva portare all'apice per il suo semplice desiderio, c'era molto poco da fare per contrastarla. Ci si evolveva come comandava lei e si prendevano tutti i lati migliori dei suoi interventi.
    Shara non aveva un simile background, anzi. La verità era che nessuno in Solaria poteva vantare un'origine come quella e il più delle volte doveva fare fronte a delle modifiche ambivalenti causate dai mondi dove si era sviluppata la vita umana dopo l'Esodo o dove erano approdati gli eserciti e i coloni sulla via delle passate grandi espansioni.
    Chanois Tar non era un bel mondo dove nascere.
    Bloccato in un piano dimensionale d'infima importanza nascosto dentro un secondo piano dimensionale di ancora più scarno rilievo per Solaria, bloccato tra due stelle magiche che invece di sparare luce e calore sparavano luce e freddo, Chanois si era sviluppato nel freddo e nelle gelide tempeste solari per sopravvivere...e l'aveva fatto al meglio delle sue modeste possibilità.
    Portato dal vento solare fin dentro l'atmosfera, il freddo che calava ad ogni ora aveva una natura crepuscolare, molto più magica che fisica, e come tale influiva in maniere sempre diverse e sempre più letali sull'ambiente di Chanois Tar. Piante e bestie si erano evolute non solo allo scopo di sopravvivere ad una temperatura media di -714 gradi centigradi, ma al fine di viverci e prosperarci.
    Faceva così freddo che ogni cosa poteva venire ricoperta da una mano di cristallo al diamante invece che dalla neve o dal ghiaccio, troppo naturali per emergere da una situazione tanto pregna di potere magico.
    Esistevano triliardi di casi assurdi come quello di Chanois, dove la magia interferiva così pesantemente con la natura da causare controsensi e paradossi troppo difficili anche da riassumere.
    Nel solo piano dimensionale di Gadya Eirela, quello che il vascello degli archeologi stava solcando, esistevano almeno quarantottomila pianeti con specifiche contrastanti, fauna e flora rivoltate dalle correnti multi-versali ed umanità adattatesi in condizioni più o meno pietose.
    Sedici giorni prima avevano fatto una sosta per rifornirsi in un mondo-forgia dove giorno e notte non esistevano perché il pianeta in questione non aveva alcun moto apparente ma restava congelato in una bolla di sospensione temporale, dalle nuvole color surrogato di mostarda pioveva soda caustica radioattiva e dalla terra s'innalzavano geyser alti sei chilometri d'inutilizzato petrolio che bruciavano appena emergevano da un suolo fatto di minerali, magia solidificata e carbone.
    E la cosa più strana, oltre al fatto che quel combustibile fossile si formava più velocemente di quanto non bruciasse, era che l'umanità aveva trovato il modo di colonizzarlo e sfruttarne a fini economici le enormi potenzialità. Non era un mistero, quindi, che tal pianeta fosse un crocevia di commerci in prevalenza industriali per gli altri pianeti.
    Ma in tutta la sua straordinarietà restava soltanto il lato più piccolo del più dimenticato riflesso di una vacua goccia d'acqua in un oceano infinito ed incostante.

    Alzatasi in piedi, Shara guardò il collega che ancora faticava a prendere contatto con il mondo reale.
    Gli occhi color ghiaccio della giovane donna si strinsero in una smorfia che sul suo mondo veniva intesa come curiosità e che sugli altri poteva significare da rabbia ad irritazione.
    «Cosa ti prende, Xan?»
    Il jarichans appoggiò i palmi delle mani sui jeans neri e fece per dire qualcosa, salvo ricredersi all'ultimo e tirare solo un sospiro teso. Incrociate le braccia sul petto, la chanoisica tamburellò con la punta dello stivale sul pavimento.
    «Ed io che pensavo di essere quella fredda tra noi due! Certe volte sei...lontano.»
    «Lontano? Forse...ma non farti problemi, è stato solo un incubo.»
    «Ascoltami bene, ragazzone: hai incubi ogni notte da quando abbiamo lasciato Everna Valaria per seguire i mocciosi e le teste d'uovo qui. Sono quarantacinque giorni che ti sento e ti vedo dormire male. D'accordo che quelli come noi una notte di sonno buono non l'hanno praticamente mai, ma tu sei un caso clinico.»
    «Vampiri. Contenta?»
    Il gelo scese sul viso color ghiaccio metallizzato di Shara e ne oscurò i già freddissimi occhi.
    Vampiri. L'equivalente solariano degli orrori più spaventosi che potessero esistere, forse oltre le armate demoniache delle Schiere Oscure che stavano massacrando la Confederazione nella galassia di Kolium.
    «Hai incubi sui vampiri?»
    «Così parlo Sacra Shabbat-es!» Borbottò Xantares levandosi in piedi e stirando le braccia, che fecero risuonare una copiosa serie di schiocchi. Quella branda lo stava deformando, da quanto era a misura di uomo normale.
    «Non è divertente.»
    Occhi fermi, incatenati al torso nudo dell'uomo. Atletico, bronzeo...ma incoerentemente privo di cicatrici di battaglia. Strana cosa per chi come lavoro si buttava a capofitto nei casi e nei crimini più brutti di mezza Solaria, quelli che nemmeno la Homeland Guard voleva sistemare.
    «Già...» Uno sbuffo coperto da un accenno di risata, l'accento profondo del corintha tipico degli abitanti di Jaricho influenzato dalla più canterellante e triste inflessione delle regioni della galassia di Andromeda. Gli occhi persi a ricordare le parole di uno sciamano cieco, le sue mani dipinte che gli sfioravano le tempie, le sue parole primitive ma cariche di un condannato futuro.
    Tu sei Archa Azuris. Tu sei Speranza. Tu sei El-Solar, El-Archa, El-Azuris.
    Xar-El.
    Ultima stella portatrice di speranza in quest'era di sola e cupa disperazione.

    «Ma i vampiri non ci sono, Xan. Li abbiamo combattuti una volta, te lo ricordi? Sulla nave della Homeland Guard, con l'Accolito e la tua schiava...a proposito, è uscita molto presto.»
    «Ti ha detto dove andava?»
    «Nope» momentaneo affiorare del gelido corintha di Chanois, lingua veloce e che tagliava le parole inutili come una lama di cristallo. «Sai che quella scema non mi parla se io non le parlo per prima.»
    «Non dire mai più che è scema» Ringhiò Xantares mentre indossava la prima t-shirt a portata di mano. «Ayarra è dogmatica ed è attaccata all'etichetta. È una schiava di compagnia, lei vive per queste cose, ma non è scema...e non permetto a nessuno di dirlo.»
    L'aria nell'alloggio a pianta ottagonale si fece tesa, carica di elettro-staticità magica. I tubi-lampada allo yodium incassati nelle pareti tremolarono ed uno fu sul punto di spegnersi. A mezz'aria esplose un piccolo fulmine globulare azzurro.
    Shara alzò le mani in segno di resa e fece un passo indietro, le delineate labbra blu cianotico contratte in un accenno di scuse. «Non volevo offenderla...scusami.»
    Più velocemente di quanto fosse nata, la tempesta si placò.
    «Te la cavi solo perché stamattina sono di buon umore, Shara. Alla prossima non sarai così fortunata.»
    «Per la carità dei Signori, non volevo insultarla!» Si difese la cacciatrice di taglie. «Mi dimentico sempre che tu tieni tanto a quella schiav...ad Ayarra.»
    «Quella schiava, come stavi dicendo tu» mormorò Xantares annodandosi i lacci degli scuri stivali militari. «Mi ha ricucito e rappezzato e rimesso in piedi così tante volte che tu non potresti nemmeno contarle. Ogni volta che si è vista tornare il sottoscritto da una caccia non si è fatta prendere dal panico e si è messa a curarmi. Lei che cura me. Fai un po' tu i conti di quanto coraggio abbia.»
    «D'accordo, d'accordo...è una sacra vivente, contento? Ora possiamo fingere che questo discorso non abbia mai avuto luogo e cercare qualcosa da mettere sotto i denti? Non so tu, ragazzone, ma io ho fame...l'iperspazio me ne fa sempre venire un sacco.»


    Continua, se vi è piaciuto :)
     
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    Insomma...proprio non vi piace quello che scrivo, eh? xD
     
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    ma no Dan ke dici! il fatto è che è difficile seguirvi se non c'è diciamo una frequenza per starvi dietro ;) appena c'è del tempo io mi leggo tutto :D
     
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    discussione chiusa perché da troppo tempo inattiva
     
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