Scritto nel sangue

Breve racconto slegato dai precedenti.

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    SCRITTO NEL SANGUE.



    CAPITOLO PRIMO



    Galassia-trono di Solar, centro del Dominio della Confederazione di Solaria
    Mondo Interno di Aiuraon, Prima delle Tre Corone
    Pòlis di Mekir Gallyeon
    Anno della Confederazione 16.642
    Ore 6.30 del mattino del giorno Primo del mese (1/16) di Sacra Adhara


    Cadendo come dardi lenti quanto appuntiti, i raggi di un sole dal vivido colore oro brunito battevano con inesorabilità la Piazza dell'Approdo.
    L'ombra dei Militi Ignoti si stagliava sulle scalinate di sinto-marmo bianco incantate per non corrompersi mai nei confronti dell'usura del tempo. Sottile come la proiezione di una meridiana, quella figura dalla tinta fosca recava il profilo delle figure per sempre scolpite nella loro posa.
    Una donna ed un uomo erano il soggetto di quella statua alta dodici metri. Bardati con le semplici uniformi e le modeste protezioni balistiche in plast-acciaio della fanteria di prima linea, erano ritratti reggere una bandiera della Confederazione di Solaria.
    Esteticamente non rappresentavano nessuno e simboleggiavano tutti. I loro visi erano parzialmente nascosti dal visore dell'elmetto; quanto sfuggiva a quella lente scura era stato sagomato in modo da ispirare familiarità senza tuttavia richiamare alla memoria una figura che qualcuno potesse dire sua parente.
    Le autorità avevano deciso di rappresentarli come semplici fantaccini di prima linea perché nessuno, nemmeno il colono del mondo più lontano e sommerso nel piano dimensionale più dimenticato, potesse rischiare di disconoscerli.
    La Regina delle Battaglie non conosceva l'oblio, ma la sua scelta era stata fatta nell'ottica di ricordare ogni donna ed uomo andato martire oltre l'estremo sacrificio durante la Lunga Notte. In loro c'era l'anima dei piloti sprezzanti del pericolo, dei carristi che avevano affrontato i demoni nello chassis blindato dei loro mezzi, dei paracadutisti che sempre per primi erano saltati verso la morte e contro il crepuscolare invasore, dei marinai che avevano guidato i vascelli dell'Arma dei Cieli per tutti i lunghissimi tremilaseicentotrenta anni della guerra più dolorosa ed impari della storia solariana...
    La statua era per tutti loro. Un tributo modesto ma onnipresente.
    Un veicolo del ricordo che doveva insegnare alle nuove generazioni cosa aveva significato la Lunga Notte per chi ora faceva loro da genitori. Il sole, infine, era tornato ad illuminare la Confederazione.
    Quella che i suoi raggi avevano ritrovato non era stata tuttavia la Regina di Tutte le Umanità del 12.999.
    L'umanità di Solaria aveva vinto la propria Grande Guerra contro le Schiere Oscure, aveva affermato e gridato con ogni stilla del suo essere l'incrollabile volontà a sopravvivere non soltanto come nazione ma come razza umana stessa, aveva lottato e vinto grazie alla propria disperata incapacità di arrendersi...soltanto per ritrovarsi prostrata e svuotata d'ogni forza.
    La Galassia di Kolium e l'insieme dei suoi piani dimensionali, l'apocalittico campo di battaglia di quella guerra combattuta senza esclusione di colpi e senza quartiere per tremilaseicentotrenta anni, era stata ridotta ad un cumulo di macerie annerite.
    Pegasòs ed Andromeda si erano risvegliate prostrate economicamente e moralmente. Jonia non aveva mai smesso d'essere la vittima di milioni di quotidiane invasioni barbariche; li la vita non era cambiata molto dalla fine della guerra.
    Solar, il gioiello di tutta la Confederazione, era una malinconica guerriera che sapeva con la morte nel cuore di non poter mettere via l'usurato fucile ma che altre sì sentiva d'essere obbligata riprendere in mano gli strumenti e cominciare a ricostruire.
    Solaria era sopravvissuta alla Lunga Notte, ma prima di potere anche solo quantificare i danni causati dalle Schiere Oscure sarebbero dovuti trascorrere secoli.
    Quel rito, cadente il dodicesimo anniversario del Giorno della Vittoria, era rivolto ad onorare le anime dei caduti durante quei tre millenni di guerra e ad insegnare alla nuova generazione cosa l'aspettava.
    Schierati davanti alla statua non c'erano soltanto dodicimila soldati provenienti da dodici pianeti scelti a caso. Presenziavano anche dodicimila civili. Mille di Aiuraon e altri undicimila scelti da altrettanti pianeti determinati dal fato.
    Ventiquattromila persone che, sotto il cocente sole di Aiuraon, aspettavano l'inizio della cerimonia.
    Allineate sopra la statua c'erano sei bandiere poste a circonferenza di una settima, sei metri più alta e fatta sventolare da un vento temperato e costante.
    Le sei del circondario appartenevano a pianeti di Kolium distintisi in modo particolare nella resistenza al demoniaco invasore.
    La settima, la più alta e decorata da una banda d'alloro ricamata sopra l'astro a dodici punte di lancia di Solaria, era per onorare e commemorare Taris. La banda d'alloro era un riconoscimento rarissimo, quasi oltre il concetto di unico.
    La sua assegnazione era un marchio d'onore e gloria che per obbligo di legge doveva perdurare per tutta l'eternità. Nessuno doveva dimenticarlo, pena la morte e la cancellazione completa da ogni genere di archivio anagrafico.
    Quella banda d'alloro ricamata sopra l'astro a dodici punte voleva testimoniare l'elevarsi di quel pianeta da mondo confederato a Pianeta Eroe di Solaria.
    Nessuno lo meritava più di Taris, sul quale le Schiere si erano inutilmente infrante per duemilaseicentotrenta anni. Nonostante tutta la loro stritolante superiorità in fatto di magie, tecno-magie, stregonerie, numero e strategie belliche non erano mai riuscite a prenderlo e mantenerlo.
    Taris aveva reso possibile il contrattacco. Taris aveva sofferto due millenni e mezzo di lotta senza quartiere da oltre cento milioni di morti ogni ora.
    Taris aveva difeso Solaria con ogni goccia del suo sangue ed ogni anima della sua popolazione.
    Tra i soldati e i civili presenti, mille di uno e mille dell'altro erano di Taris.

    Ashleya “Ashley” Sharin Xeralla si girò sul materasso del divano ed intrecciò i piedi scalzi mentre appoggiava il mento sulle mani congiunte. I gomiti affondavano nell'enorme cuscino da lei regolato per allungare il divano e la facevano sentire come appoggiata su di un mare di bolle.
    Gli occhi color blu cobalto chiaro, eredità paterna della quale dire che andava fierissima era peccare gravemente di falsa modestia, si concentrarono sullo schermo dell'apparecchio TV-novitaris e sbatterono le palpebre un paio di volte.
    Come preda di un incantesimo, la sempre vispa ed energica quindicenne sentì il battito dei suoi due cuori farsi più lento.
    Ne avevano parlato all'accademia superiore di quel giorno. Il dodicesimo anniversario della Vittoria. Ogni istituto scolastico aveva chiuso i battenti e promulgato sette giorni di vacanza per dare a tutti gli allievi e gli studenti modo di festeggiare quella ricorrenza e celebrare gli opportuni riti alla memoria dei caduti.
    Non erano stati richiesti compiti o temi da fare a casa. La legge Solariana impediva, tranne per casi estremi, di assegnare ogni e qualsiasi genere di lavoro durante simili occorrenze.
    Le donne e gli uomini morti per salvare la Confederazione dalla marea oscura non avrebbero gradito gli sbuffi e le lamentele degli studenti costretti a scrivere della loro storia per un voto. Con quella mentalità, gli edifici dell'insegnamento avevano chiuso le porte la settimana precedente e rimandato ogni corso a dopo il termine della “vacanza”.
    Sarebbe stato più opportuno, nonché giusto, definirlo un permesso per lutto.
    «Già sveglia?»
    Ashley mugolò un assenso al padre e dondolò i piedi.
    L'Agente Scelto dei Protettori Xantares Xeralla, fino a quindici anni prima unico semidio Azuriano esistente in quell'era, inarcò un sopracciglio davanti a quella risposta. Sua figlia sveglia a quell'ora? In un giorno che sarebbe dovuto essere di festa?
    Non era normale.
    «Ti ricordavo come una dormigliona!» Esclamò Xantares appoggiando la mano sul dorso rigido del materasso. Proiettandosi con un balzo dall'altra parte, l'ex cacciatore di taglie atterrò senza alzare un suono sul tappeto Atlariano steso davanti al divano e rivolse uno sguardo al Tv-Novitaris.
    «Se ti dico che questa cosa m'interessa» Ashley occhieggiò al padre on un gesto che fece tintinnare la piccola catenina d'oro finemente inciso che portava arrotolata attorno ad una ciocca di capelli cadente vicino all'orecchio sinistro «tu mi credi?»
    «Perché non dovrei? In fin dei conti è storia recente.»
    «Storia? Me l'hai detto tu che vivrò in eterno senza invecchiare! Che significato dovrebbe avere per me la parola “storia”?»
    «A volte penso di dirti troppe cose...»
    «Grazie della prova di fiducia» borbottò Ashley fingendo una smorfia di disappunto. «Non hai risposto alla mia domanda, però.»
    Evitando di sedersi sul divano, regno incontrastato della giovane figlia sia quando il Novitaris veniva acceso in remoto dal controllo telematico della Homeland Guard sia quando era lei stessa a metterlo in funzione per guardare qualcosa, Xantares si portò la destra sul mento e cominciò ad accarezzarsi con noncuranza l'accenno di barba non ancora rasata.
    «Ashley chiama padre-che-dovrebbe-radersi. Mi riceve? Passo!»
    «Il cliente con cui desiderava avere una conversazione non è al momento raggiungibile» disse Xantares facendosi parte di quel gioco. «Siete pregata di richiamare in un secondo momento e non occupare la linea per cose futili. La Homeland Guard apprezza la vostra ubbidienza. Nel caso in cui il cliente chiamato sia morto o scomparso, sarete informata a tempo debito.»
    «Ma piantala!» Ashley li lanciò un cuscino in testa, ridacchiando. Suo padre morto? Non poteva succedere. Tra le tante cose che lui le aveva trasmesso come eredità genetica patrilineare, c'erano una gran parte delle sue capacità ed una scintilla del suo potere.
    Sarebbero cresciute con il tempo, come succedeva a quelle dello stesso Xantares.
    Non riusciva a volare e Xantares sembrava non volerglielo insegnare. Forse era una cosa che si manifestava più avanti...
    «Stanno per cominciare» Recuperata la sua compostezza in un batter d'occhio, Xantares fece un cenno alle immagini che scorrevano sullo schermo touch del Novitaris. Il cuscino era caduto ai suoi piedi, oscurando una parte dello stivale destro.
    «Posso chiederti una cosa?» Quelle parole fuggirono dalle labbra di Ashley, la loro linea superbamente disegnata e donatale dalla commistione tra il sangue del padre e quello della madre, mentre la ragazzina abbandonava la propria comoda posizione per alzarsi in piedi.
    Sentire il tappeto sotto le dita le dava una sensazione di casa che non era in grado di trovare da quasi nessun'altra parte.
    «L'hai appena fatto, ma...si. Chiedi pure.»
    Che fosse curiosa l'aveva preso decisamente da sua madre. Una qualità che alla prima non aveva portato alcuna fortuna, Xantares sperava potesse invece averla per la figlia. Da lui aveva però ereditato quell'istinto alla sopravvivenza che aveva la sua genesi addirittura nel padre di sua nonna.
    Di Sharin aveva quel gioiello per capelli, parte dei dolci lineamenti nel viso e la profondità dello sguardo. C'erano la nonna paterna e la madre in lei, quasi a volere testimoniare un ritorno di due figure che avevano plasmato Xantares attraverso quasi quattro decenni.
    «Questo giorno tu l'hai festeggiato solo e sempre con me o i tuoi colleghi? Voglio dire: io sono nata nel ventisette e la vittoria è arrivata nel trenta. Quando è morta la mamma eravamo ancora in guerra? Non hai nessun ricordo di questo giorno con lei?»
    «Io...»
    Il Sinrael ammutoliva sempre a quel punto.
    «Non me lo vuoi dire, papà?»
    «No, è che...mi fa male ricordare. Facciamo così: te ne posso parlare una prossima volta?»
    «Lo sapevo, finisce sempre così...»
     
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    Seconda parte del primo capitolo ^^
    Qualcuno ha visualizzato il thread, ma come al solito non ho commenti...se è per l'assenza di vampiri e streghe non avete che da portare un po' di pazienza, su...

    Mormorando quelle parole deluse, Ashley distolse gli occhi dalla figura del padre e li portò a guardare con astio il tappeto. Posti a mezz'asta, esprimevano un rancore che lei stessa sapeva arderle dentro da anni, ma del quale non poteva incolpare Xantares.
    Non davvero, almeno.
    Lui si teneva tutto dentro e faceva male, ma Ashley aveva capito che quella sua natura era orientata ad evitare che altri soffrissero per lui. A dispetto della motivazione, lei non lo trovava nobile. Era un gesto carino verso gli estranei, ma egoistico nei suoi confronti.
    «Tutte le volte è “una prossima volta”. Se ti fa tanto male, perché non te ne liberi e me ne parli? Maledizione, non so niente di lei! E poi come farebbe un ricordo a ferirti? Tu guarisci da tutto.»
    «Sarebbe bello se fosse così» Xantares espirò per evitarsi di alzare la voce. «Ho scoperto molto prima di te di poter guarire da ogni ferita e...diciamo che non è sempre andata bene. Sparami in testa e, nel caso in cui il dardo energetico non sia rimbalzato via e basta, vedrai tuo padre rialzarsi come se non fosse mai successo niente. Chiedimi di tua madre...e non so cosa dirti.»
    «Potresti cominciare con il dirmi se era bella come nelle foto o se era contenta di avermi...o come se ne sia andata...qualcosa, qualsiasi cosa. Non ho ricordi di lei.»
    «Un giorno te lo dirò. Un giorno.»
    «Si, magari quando non m'interesserà più saperlo...»
    Sapendo che le note dell'inno stavano per cominciare, Xantares si riservò di replicare a quelle parole e preferì ritirarsi in un colpevole silenzio. Facile come un libro aperto agli occhi della figlia, ignorante del talento che egli aveva nel saper fingere e nel calarsi la maschera dell'attore sul volto, l'atteggiamento di riserbo la lasciò con uno sbuffo ferino.
    Quando provava a spingere sull'acceleratore, lui si ritraeva e la lasciava a mordere il freno. Magari era un modo per insegnarle la pazienza, ma se era così Ashley si era stancata di provare ad apprendere qualcosa che chiaramente non le si adduceva.
    Concentrò gli occhi sullo schermo dell'apparecchio Tv-Novitaris, cercando di recuperare l'interesse per l'evento che l'aveva destata. Le telecamere stavano eseguendo una circolare panoramica sulla Piazza dell'Approdo in modo da fare comprendere a tutti gli spettatori, con particolare accento su quelli esterni ad Aiuraon, la vastità di quell'elemento architettonico.
    I dodicimila militari e gli altrettanti civili occupavano soltanto un decimo dello spazio a sagoma di ottagono chiuso dal monumentale ingresso del Tempio dei Dodici sulla destra, l'Altare di Madre Solaria al centro esatto e le due Vie del Ricordo sulla sinistra e sul fondo.
    Le effigi marmoree dei Signori di Azuras erano state incantate più di sedici millenni prima per non proiettare alcuna ombra al suolo, così da non stendere sulla grande piazza dodici esatti mari d'ombra alti nel cielo per mille metri.
    Saltando dalle unità per la panoramica alle occhio-camere dei droni automi fluttuanti grazie ai magici sistemi a-grav, la visuale si portò in fronte allo schieramento.
    Rispondendo ad un ordine non verbale, i soldati spostarono le loro armi dalla posizione di riposo a quella di guardia. Dodicimila fucili ad impulsi Kyrie-Namara 16.6 ruotarono così dal fianco al centro del corpo, stretti contro l'uniforme da una presa rigida e avvolta in leggerissimi guanti bianchi.
    Era quello il colore che in Solaria rappresentava l'aspetto celebrativo del lutto. Bianco come le stelle più luminose e come le leggende ritraevano una parte del vessillo di Azuras. Leggende, miti e storie erano tutto quello che il passato grande impero aveva lasciato in eredità a quella figlia che con enormi fatiche era appena emersa dalla sua Grande Guerra.
    Nei profondi dischi di mech-bronzo ardevano già dei fuochi rossi. Gli ufficiali che li avevano accesi stavano loro a fianco, stringendo le torce con ambedue le mani. Non c'erano emozioni sui loro volti. Lentamente battevano le palpebre, quasi fossero increduli di trovarsi davvero a dodici anni dalla fine di quella guerra durante la quale non erano soltanto cresciuti, ma avevano imparato cosa volessero dire le parole “lutto”, “disfatta”, “vana resistenza eroica” e “vittorioso bagno di sangue”.
    Solaria non aveva vinto la guerra contro le Schiere di larga misura. Lo spazio della sua vittoria era riassumibile come quello che correva tra l'unghia e del mignolo e l'unghia dell'anulare. Un momento d'insperata fortuna ed un ultimo, disperato colpo di reni.
    Vedendo le occhio-camere che passavano in rassegna i soldati, Ashley sentì un groppo salirle alla gola. Alternati con parità numerica tra uomini e donne, erano tutti serrati sotto degli stendardi che parevano irradiare una loro Aura di potenza.
    Tra le linee figuravano nuove leve al pari di veterani di quella lotta terminata dodici anni prima. Quest'ultimi colpivano la mente di Ashley al pari di un pugno: benché fasciati nelle loro divise da parata e chiusi nei ranghi, restavano quegli eroi che avevano dato tutto per Solaria fino all'ultimo secondo.
    I loro volti recavano cicatrici da schegge, protesi bioniche per occhi spappolati dagli impatti e sfregi vecchi di oltre dodici anni che già costituivano materia di leggenda.
    Non erano giganti di tre metri chiusi in barocche armature fatte in Hyper-Legea di Carbonia, ma semplici uomini e semplici donne che avevano dato battaglia a dei demoni con niente più che uno scadente fucile e qualche protezione balistica efficace tanto quanto l'ormai perduto cartone bagnato.
    Mortali.
    Mortali che avevano fatto la guerra a degli esseri eterei ed avevano vinto.
    Mortali come lo erano stati i loro antenati, quegli stessi uomini e quelle stesse donne che per sedici millenni si erano battuti contro orrori di ogni tipo per difendere la Confederazione e ciò che essa rappresentava agli occhi di tutti i popoli umani desideranti un'isola fatta da loro e solo per loro.
    Quando si alzò, il loro esordio del canto fu un vibrare unisono di corde vocali ed un sincronizzato movimento di labbra. Tanta coordinazione colpì l'immaginario di Ashley, rimasta a bocca aperta.
    Xantares guardava le immagini in maniera molto più distratta e meno coinvolta.
    Scorto l'interesse della figlia egli decise di non commentare quell'immagine. Sharin, dalla quale Ashley aveva preso il suo secondo nome, non sarebbe stata molto contenta di quella visione. Cosa avrebbe detto se fosse stata viva?
    In che modo avrebbe reagito al fatto che sua nipote stava crescendo come parte della prima generazione solariana dopo la conclusione della Lunga Notte?

    (Sì,)
    Ardono sempre le Fiamme della Nostra Speranza;
    Bruciano al pari delle nostre anime,
    quando vennero sparse tra campi freddi
    e aliene stelle...
    Oh Azuras, ascolta il lamento del popolo che ti è unico figlio

    Illuminando le oscurità eterne,
    le Fiamme della Nostra Speranza
    brillano.
    Nostro è il dolce sogno
    di potere rivedere te
    Oh Azuras...

    Innalziamo un canto a chi non è più.
    Queste Fiamme della Nostra Speranza
    non hanno dimenticato i rami
    perduti e verdi della Tua storia
    Oh Azuras
    Non hanno dimenticato
    il Tempo del Dolore che fu.


    Insegnato tra le primissime cose ai bambini che compivano il loro esordio nel mondo degli studi, l'inno della Confederazione si caratterizzava sulla scena politica del multi-verso per non essere un canto di felicità.
    Era un triste requiem levato verso delle divinità che pur venendo adorate erano come sorde ai richiami speranzosi della loro gente.
    I Signori di Azuras, questo lo sapeva soltanto Xantares ed una ristrettissima cerchia di eletti, avevano da tempo quasi interamente dimenticato la loro gente. Non gli era più di alcun interesse sapere come questa affrontasse il multi-verso e le sue infinite minacce.
    La Confederazione aveva vinto la sua Grande Guerra da sola, battendo come mortale -e senza mai cedere gratuitamente un solo millimetro di terreno- contro l'esercito di un dio oscuro. Una lotta impari su ogni fronte che lei era riuscita a procrastinare fino all'ultimo sanguinoso trionfo.
    E questa risoluzione a condurre la guerra totale, quel tipo di conflitto dove ogni donna ed uomo e vecchio o bambino era pienamente considerabile come soldato e come bomba umana, era nata ancora prima della vera fondazione di Solaria. Era una “qualità” che le razze aliene del Multi-verso riconoscevano stringendo i denti alla sola umanità.

    Ora cantiamo, nel Tuo ricordo
    Laddove i tuoi dolci occhi hanno guardato.
    Ora combattiamo.

    Solaria ha chiamato
    Le Fiamme della Nostra Speranza
    Hanno illuminato la via alle armate.
    Le prime sentinelle sulle nostre Mura
    Del Dolore
    Solaria ha chiamato, noi ora combattiamo.

    Sì, ardono sempre le Fiamme
    della Nostra Speranza;
    Bruciano al pari delle nostre anime,
    che muoiono per te!
    Solaria, unica e più nobile figlia della perduta Azuras!


    Ventiquattromila anime legavano le proprie voci con quelle parole colme di una tristezza lontana nei millenni e vicina negli ultimi decenni. Era una canzone che prima di glorificare Solaria rendeva ben chiaro cos'era servito per portarla ad essere quello che era.
    Rendeva ben chiaro che le sue guerre non era mai stata belle. A dispetto di quello che milioni di popoli alieni ed altro-umani potevano pensare, Solaria non aveva amato condurre altre guerre dopo quelle necessarie a fondarsi riunificando tutte le umanità dispose a salire al suo seno.
    Le Guerre Religiose erano state una delle pagine più cupe di tutta la storia Confederata.
    Le Lotte per la Secessione Coloniale un periodo di atrocità dove i Solariani avevano sparato su altri Solariani.
    I tre decenni del Terrore Monoteista avevano portato la Confederazione sull'orlo della psicosi di massa e rinvigorito quella bestia nera che prendeva il nome di Watchtower Guard, donandole altro potere ed aprendole le strada per inasprire ogni aspetto della vita nella Confederazione.
    Le Tre Guerre Solar-Egypte avevano dolorosamente fatto intendere a quell'umanità che la più antica razza morente della Galassia di Lactarya aveva abbastanza forza da mettere in pericolo la Confederazione, riuscendo ad attaccarne le porte in Solar.
    Le invasioni barbariche avevano e avrebbero sempre inflitto un prezzo pesantissimo alla galassia di Jonia.
    L'Impero Chineriano era da cinquemila anni sul piede di guerra e fino a quel momento erano state l'ostinazione e i disperati progressi tecno-magici a salvare Solaria dal venire invasa su ogni fronte.
    La Guerra Solariano-Oscura aveva fatto toccare il fondo del barile alla Confederazione, che ne usciva pesta e dissanguata oltre tutte le definizioni.
    L'inno delle Fiamme rendeva tutti quei concetti senza dirli, accompagnando alla musica le immagini di tutte le vittime legate all'ultimo conflitto cui era stato possibile recuperare fotografie e dati. Per moltissime di loro, davanti all'Altare Solare, c'era soltanto una fila di elmetti e caschi spaziali vuoti.
    Volti di uomini, volti di donne e facce di giovani bambini e vecchi martiri scorrevano su triliardi di triliardi alla miliardesima potenza di schermi, diverse in ogni dove ma tutte uguali circa il come riuscivano ad unire la gente della Confederazione nel dolore del ricordo.
    Finché durò l'inno, in Solaria vi fu silenzio.
    Alcuni identificativi erano sormontati dal titolo di Eroe o Eroina della Confederazione. Un gesto delle autorità che serviva ad elevare i loro sacrifici ad una più alta pergamena. Chi era benedetto da quell'insignia era destinato a vivere per sempre nella memoria del popolo che, con la propria morte aveva, contribuito a difendere
    Assieme a quei volti, scorrevano i profili di centinaia di milioni di pianeti. Erano i luoghi dove quella lotta era stata combattuta con più accanimento. Quasi mai in avanzata, Solaria aveva dato battaglia su ognuno dei pianeti del suo dominio sotto attacco.
    Non pochi erano stati i casi in cui aveva preferito distruggerli lei stessa, fare spietata terra bruciata per togliere alle Schiere punti d'appoggio e possibilità di rifornimenti, durante i furibondi combattimenti.
    Da Vama fino a Vesa Prima, tutti i mondi di Kolium erano uguali: spettrali forme bombardate fino allo sfinimento, madri di miliardi di esseri umani violentate dall'implacabile nemico e lasciate al silenzio della decomposizione e delle macerie.
    La vista di Empyrea fece chiudere gli occhi allo stesso Xantares. Quando la grande fortezza era caduta, tutta Solaria aveva capito che le speranze di resistere alla marea erano svanite e che la prossima terra a venire attaccata sarebbe stata Vesa Prime.
    Su Empyrea il colpo del martello demoniaco era caduto con più violenza.
    Le Schiere Oscure si erano accanite contro quel bastione fino a spogliarlo di tutto, perfino della sua atmosfera e di parte della sua crosta. Empyrea era morta, ma era caduta portando con sé triliardi di demoni e le migliori tra le flotte in mano al nemico.
    Era stata una disfatta schiacciante per Solaria, ma una Vittoria di Pirro per le Schiere.
    Vedendo il padre distogliere lo sguardo, Ashley si sentì costretta a chiedersi come fosse stato vivere in quel momento.
    Cosa aveva frenato i Solariani di ogni mondo dal cacciarsi una pistola in bocca e farla finita? Quale titanica motivazione li aveva sorretti in quell'ora buia, convincendoli che sebbene persa in partenza la lotta meritava d'essere condotta ancora ed ancora?

    Illuminando le oscurità eterne,
    le Fiamme della Nostra Speranza brillano.
    Contro il buio che avanza,
    la loro luce
    Le Fiamme della Nostra Speranza brillano.


    Sul finire dell'inno, l'Altare Solare venne coperto da trentasei ombre sfuggenti e velocissime. Baluginii scuri disegnati contro il marmo bianco, veloci come l'istante e catalizzatori di una rinnovata attenzione.
    Le occhio-camere si spostarono verso l'alto ed inquadrarono tre squadriglie da dodici intercettori exa-atmosferici severamente composti nella Formazione Areth.
    Dai loro ventri esplosero lunghe strisce di colore rosso, dorato e blu. Evolvendo in acrobazie complicate e possibili solo grazie alla commistione tra la tecnologia del controllo gravitazionale e i reattori a combustibile magico, i caccia disegnarono una stella a dodici punte nel cielo e si allontanarono verso le bianche nuvole del mattino.
    Come ultima parte del loro spettacolo, tutti e trentasei diedero vita ad un avvitamento collettivo con scarti e sostituzioni di posizione serrate e velocissime.
    La formazione sparì e con loro calarono le ultime note dell'inno. Bellissimo e triste, il simbolo di Solaria dall'anno 00.000 a quel 16.642 scese di volume fino ad assurgere al silenzio totale.
    Per tre ritualistici minuti, tutta la Confederazione fu tenuta al silenzio.
    «Papà...»
    «Hai già smesso di essere arrabbiata con me?»
    «Si, no...non lo sono mai stata...però se ti siedi possiamo guardare la parata.»
    «Addirittura sedermi sul divano?» Scherzò Xan mentre rivolgeva ad Ashley uno sguardo più che stupito. «Quanta generosità da parte di sua maestà la reginetta del mio salotto! È una cosa più unica che rara...»
    «Dai, piantala di fare storie» Ashley si sedette vicino al centro del divano e si puntellò le gambe con i gomiti delle braccia, incrociando poi i piedini scalzi.
    Vedendo Xantares che stava appropinquandosi a reclamare un modico spazio sul comodo oggetto di mobilio acquistato durante il trasloco su quel pianeta, Ashley fece un sorriso sghembo e si volse a guardarlo.
    Non aveva tutti i suoi poteri e certo le mancava la capacità di volare, ma aveva il potere di colpirlo con una stregoneria verso la quale lui non aveva protezione.
    Gli occhioni dolci.
    «Prendi il gelato?»
    «Ma sono le sei e mezza del mattino!» Esclamò Xantares fingendosi offeso, cosa che realmente un po' era. Quella piccola streghetta era fenomenale nel lanciargli l'amo e poi tirare indietro tutta la canna.
    «Come fai ad avere fame di gelato a quest'ora?»
    «Dai...»
    «Alla tua età quasi neanche sapevo cosa fosse, il gelato...»
    «Non è vero! Dici sempre, e con sempre intendo sempre sempre sempre, che la nonna ti faceva mangiare tanti dolci quando eri piccolo.»
    «Si, è vero, ma...» Xantares tentennò nel replicare, si grattò rassegnato la nuca e quindi girò i tacchi per muoversi verso la cucina. Nel mezzo della camminata, il quarantenne con l'immutato aspetto da florido trentenne borbottò qualcosa in Jarichans.
    Ashley lo sentì e non nascose una smorfia divertita. Visto che si era lamentato, la ragazza ritenne giusto dargli un po' di carico in più. «Prendi anche i biscotti! Quelli dolci, però! Non quelli amari da zuccherare dopo che mangiate solo tu ed Ayarra!»
    «Finirai per perdere la linea con tutti questi grassi!» Gridò Xan dalla cucina.
    «Non si dicono queste cose alla propria figlia! E poi è impossibile! Non posso ingrassare, io! Sono una Jarichans...anzi, metà delle mie compagne di corsi si rodono i nervi per l'invidia!»
    Dopo un secondo di pausa, Ashley decise di rendergli l'epurazione termo-nucleare come risarcimento per la sassata.
    «Pensa alla tua di linea, padre-che-dovrebbe-radersi! Mi sembri leggermente ingrassato, cos'è quell'accenno di pancetta che ti ritrovi? troppa birra e pasta dolce con i colleghi, eh?»
    «Piccola streghetta!»
    «Ah, colpito e distrutto!»
    Non sono ingrassato, si disse Xantares mentre aiutava Ayarra a disporre in due vassoi tutto il banchetto saturo di grassi preteso dalla figlia. È solo che non ho niente da fare e ci sono tanti negozi di dolciumi, qui...

    Video l'Inno Solariano è stato ispirato alcuni mesi fa dall'ascolto di questo. La sinfonia mi piacque così tanto che decisi di usarla durante la stesura di quello di Solaria.
     
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    letti! che dire sei come sempre bravissimo però mi piacevano di più gli altri ^_^
     
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    Quelli più sul tema della guerra o gli altri? :)
    Specifica! ^^
     
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    seconda stella a destra poi dritto fino al mattino

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    Discussione chiusa perché da troppo tempo inattiva
     
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