OSPEDALE

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    Creatures of the night General Hospital

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    l'ospedale di Littoria



    Edited by (Stefan) - 28/1/2015, 19:48
     
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    CONTINUA DA LUOGHI CITTADINI - VIALE - REGGIA BREDISC

    :Armand.png:



    Mentre varcavo la soglia dell'ingresso dell'ospedale della mia Littoria tutto il personale infermieristico mi lanciava cenni di saluto, sapevano che il loro destino lavorativo era nelle mie mani se qualcuno mi sarebbe stato sul cazzo bastava una telefona ed il loro licenziamento sarebbe stato imminente e se non ci fosse stato per qualche cavillo burocratico la morte sarebbe stata ancora più vicina del licenziamento... prendetti posto in una saletta privata d'aspetto, calde potroncine in pelle marrone mi accolsero,
    sTqlKvBs
    presi posto accendendomi un sigaro cubano ed un addetto dal viso nuovo mi si avvicinò...

    Mi disse se potevo spegnere il sigaro...

    "E' chist chi cazz è?!" pensai infastidito...

    <ma vafangul a mammeta... togliti dal cazzo...> dissi schietto allontanandolo con la mano... poi aspirai il fumo senza dargli importanza... lui sconvolto indietreggiò mentre raggiungeva un collega che notai il borbottio lo mise sicuramente al corrente di chi ero e gli disse certamente che da ora si poteva considerare licenziato...

    "povuru strunz..." pensai...

    mi trovavo in ospedale poichè avevo appuntamento con un mio scagnozzo... che in quel caso era addirittura il dirigente dellìospedale in questione... dovevamo trattare sulla mrote di alcuni pazienti... mi servivano diversi cuori... per il mio futuro progetto... l'eliminazione del figlio di mio nipote, in qualunque modo doveva morire al più presto e se la mia amata stregoneria poteva aiutarmi come lo sarebbe stato in questo caso, dovevo anticipare tutte le mie mosse... e dei cuori erano per me di vitale importanza...

    intanto il mio interlocutore non mi raggiungeva e rischiavo di far tardi con l'appuntamento serale con Augusta...

    "mo ma rut o cazz chist oi... "

    poi mi suonò il cellulare... pensavo di sentire la sua voce che mi avvertiva del ritardo invece era uno dei miei ragazzi che lavoravano per me da Napoli... che mi informarono di un triste avvenimento...

    <che COSA?!?!?! CHI CAZZO E' STATO?!?!> urlai...

    la voce andò avanti per alcuni secondi nella spiegazione mentre trattennì il fumo nei polmoni che avevo aspirato un attimo prima... la rabbia mi salì dentro senza avvertimento e ricacciai il fumo dalla mia bocca con tanta rabbia... la giornata non stava andando bene...

    <non MI IMPORTA!!! CAZZO!! DISTRUGGETE SUBITO QUEL FOGLIO SU KRISTOFER CHE HANNO APPESO SU QUEL CAZZO DI ALBERO NELLA STAZIONE CENTRALE DI NAPOLI!! SCOPRITE SUBITO CHI E' STATO DI QUEI COGLIONCELLI NAPOLETANI E PORTATEMI LA SUA TESTA!!!>

    la notizia che mi avevano riportato da Napoli non era delle migliori, era stato ritrovato un foglio su un albero natalizio in stazione che desiderava il ritorno di mio nipote... il ritorno di Kristofer! Chi aveva lasciato quel foglio aveva segnato la sua morte...

    89Y4n4Tl




    Edited by (Stefan) - 26/12/2014, 19:27
     
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    Ero ancora furioso per la telefonata ricevuta... furioso che c'erano persone in giro libere a Napoli che volevano la risurrezione di mio nipote...

    <fanculo! Fanculo! Piccoli pidocchi...> blateravo da solo nella sala d'attesa, finalmente però non potei più continuare a chiacchierare da solo perchè venne il direttore dell'ospedale...o meglio la direttrice, una delle donne più hot viste mai in un ospedale in tutta la mia lunga vita la guardai dall'alto in basso mentre i miei ormoni già reclamavano di toccarla, ma ero lì non per dare sfogo alle mie voglie, ero lì per affari. ma la biondona con la divisa mi mandava in extasi

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    si sedette subito davanti a me e ricambiava i miei sguardi viscidi sul mio corpo...mi stava spogliando con gli occhi...

    <ciao Carla... sei sempre bella da impazzire...> dissi in tono fermo e caldo mentre le sorrisi, lei mi salutò e iniziò a parlando della faccenda prendendo il largo, io avevo poco tempo, quindi tagliai corto...

    <bambola senti... a me servono quei cuori ben custoditi e poi...> non finii il mio pensiero quando lei mi venne vicino e si sedette sulle mie gambe...

    ARMAND... NON BASTANO QUEI CUORI, MI SONO INFORMATA, TI SERVE ANCHE UN CUORE DI UN DEMONE, UN DEMONE POTENTE...

    <cosa cazzo dici...> dissi spostandola e facendola alzare dalle mie cosce dure... dure come ormai era duro anche quello che avevo tra le gambe per aver fiutato quel bocconcino così vicino a me...

    <sbagli!> continuai... non poteva dire sul serio...

    "anche un cuore di un demone?!" pensai...

    lei mi diede la conferma e mi giustificò dove aveva letto la cosa...

    imprecai bestemmiando...la ragazza ebbe paura... ma la ragazza non era umana era una strega anche lei strega al cento per cento e non poteva sbagliare su quell'informazione...

    <porca TROIA!> continuai... la faccenda si faceva più complicata del previsto non sarebbe stato facile uccidere un demone... ma gli feci cenno di rivenire verso di me... infatti si sedette dinuovo su di me, cercai di respirare e le scostai i capelli su di un lato... le succhiai l'angolo del collo...e quando sentii un suo gemito le dissi

    <grazie per avermi riportato questa notizia è di primaria importanza per me ora trovare un demone e farlo fuori...> le mie mani a quel punto si infilarono furtivamente nelle sue mutandine dopo avermi fatto spazio nella sua divisa... e le sussurrai

    <fammi consegnare i cuori umani appena possibile alla mia reggia...>

    ARMAND TI PREGO...FAMMI TUA

    disse la direttrice mentre le mie dita si infilarono dentro di essa... e gemeva furibonda

    <c'era bisogno di dirmelo? lo avrei fatto con o senza il tuo invito...> le dissi in maniera secca... ansimando anche io mentre facevo mie le sue labbra nella mia bocca...

    quella sala d'aspetto ne avrebbe visto delle belle prima del mio ritorno in reggia... in pochi minuti mi ritrovai nudo seduto mentre lei iniziava a spogliarsi facendomi uno spettacolo privato...


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    intanto però si sentiva della confusione sempre più insistente nel corridoio... stava arrivando qualcuno di grave in quell'ospedale?
     
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    CONTINUA DA: LUOGHI DI FESTA - LITORALE - NASCONDIGLIO DI MANUEL

    << Codice rosso in arrivo! Preparate la sala operatoria. >>

    Caos al pronto soccorso dell'ospedale Dei Miracoli di Littoria, medici e personale infermieristico correvano nei corridoi per assistere un paziente dopo l'altro. Erano più di cinquant'anni che un disastro simile non colpiva la cittadina costiera. La teatrale e macabra esecuzione di uno dei personaggi noti e ricchi dell'imprenditoria e del gossip della città, avvenuta durante la celebrazione delle sue nozze, aveva rapidamente fatto il giro di ogni singolo abitante. I telegiornali avevano trasmesso in diretta il luogo dell'omicidio, la Basilica di Santo Stefano, dove presunti e veri testimoni avevano raccontato sconvolti e terrorizzati l'accaduto ai giornalisti e alle forze dell'ordine. Il colpevole non era stato ancora identificato. La paura lentamente si stava diffondendo come una piaga, nessuno si sentiva più al sicuro nelle proprie case.

    Era stata una giornata lunga ed estenuante. Quasi un centinaio di persone erano state medicate ed assistite, presentavano gravi fratture dovute al panico generato in un luogo tanto affollato, ed inoltre molti avevano spiegato che magicamente il pavimento era diventato una lastra di ghiaccio, facendo scivolare maldestramente gli invitati. La maggior parte erano arrivati al pronto soccorso in stato di shock, nei casi più gravi avevano presentato segni di infarto ed ictus. L'assassino aveva mietuto altre vittime, come il Monsignor Ventura, anziano parroco della Basilica, colui che poche ore prima dell'omicidio aveva unito in matrimonio i giovani sposi. Il debole cuore del poveretto non ce l'aveva fatta ad assistere ad un massacro simile.

    << Il paziente non respira e non c'è battito! >>, all'infermiera Maria le tremavano le mani nel controllare i parametri vitali. Il volto incredibilmente bello del paziente con la gola brutalmente squarciata le ricordava il misterioso uomo che da un anno a questa parte ossessionava le sue notti ed invadeva i suoi sogni. Era un incubo dalla quale non riusciva più ad uscire. Ed ora i progressi raggiunti nelle ore di terapia dalla psicologa, che la seguiva una volta alla settimana dalla comparsa di questi disturbi, erano stati terribilmente cancellati.

    Tutta colpa di quella notte di cui non ricordava quasi nulla, si ripeteva mortificata.

    << Maria, si sposti per favore. >>, il chirurgo Daniele Vanni osservò l'infermiera sbigottito, vederla cosi imbambolata ed assente era una novità per tutti. Lei si riscosse e lentamente si allontanò dal tavolo operatorio, non se la sentiva di continuare.

    Lo staff paramedico dell'ambulanza aveva già provveduto a praticare una tracheotomia ed invano avevano cercato di ossigenarlo, anche il massaggio cardiaco e la manovra di defibrillazione non aveva funzionato. Il paziente avrebbe dovuto essere già morto, ma continuava a muoversi e a lamentarsi. Daniele Vanni cardio-chirurgo con più di venti anni di esperienza sul campo non aveva mai assistito ad una cosa del genere.

    << Non è possibile. >> sussurrò, mentre rivoli di sudore freddo scivolavano sulla fronte, nonostante lo sconcerto, nulla gli avrebbe permesso di venire meno al suo giuramento, cioè quello di salvare vite umane ad ogni costo.

    “ Sete. Il corpo di uno sconosciuto si dimena in preda ad una crisi epilettica sul pavimento di pietra dura. Fuoco. La gola brucia terribilmente, un incendio divampato nella trachea, le fiamme stanno per divorarlo vivo. Terrore. Le grida mostruose di una bestia si fanno sempre più acute, forti, vicine. Deve scappare. Nascondersi, ma il suo corpo non risponde ad alcuno stimolo. Conficca le unghie nella terra, lentamente cerca di avanzare strisciando. I muscoli sono pietrificati, perfino il più piccolo movimento lo fanno urlare con un maiale che è in procinto di venir sgozzato. Tocca finalmente le gelide e viscide mura di pietra, non c’è via di fuga, è prigioniero e non ricorda nulla. Cosa è successo? Perché gli hanno teso un’imboscata?

    Si rannicchia spalle al muro e ginocchia al petto, è completamente cieco. Spesse catene di ferro legano i suoi polsi, porta le mani sul viso ed il suono della catena che struscia su se stessa lo fa sobbalzare per paura che la bestia lo trovi. Si tocca il viso, le mani tremano, il suo corpo trema scosso dagli spasmi. Non è ferito, ma non vede nulla ad un palmo dal naso. Le tenebre come una spessa coltre oscura sono calate sugli occhi. Le mani scivolano smaniose sulla gola, le avvolge attorno alla trachea. Il dolore è insopportabile. Un altro intenso grido sovrumano riecheggia sulle pareti.
    Da quanto tempo è prigioniero? Chi è il suo carceriere? Il tempo si è fermato, non ricorda altra vita al di fuori di quest’inferno. Il pungente odore di muffa e polvere gli impedisce di respirare, annaspa l’aria affamato d’ossigeno. Strani e sinistri rumori rimbombano cosi forte nelle orecchie tanto da stordirlo. E’ un incubo. Non è reale. Sta impazzendo. “



    cantante


    << E’ morto, Daniele. Non c’è nient’altro da fare. >> , il collega di Vanni cercò di farlo ragionare, mentre minuziosamente ricostruiva e suturava la giugulare, vene e capillari. La priorità era quella di arrestare l’emorragia, il compagno doveva solo provvedere a recuperare il battito tra una breve pausa e l’altra.

    << Sta’ zitto. Come spieghi i rantoli ed i lamenti? L’anestesia non ha avuto alcun effetto, e Carlo è il miglior anestesista che abbiamo mai avuto. >>

    Era un mistero, un miracolo. Un piccolo peschereccio, utilizzato per la pesca notturna, lo aveva recuperato dal fondale marino ed immediatamente avevano chiamato i soccorsi. L’uomo era ancora cosciente. Il cuore riprendeva a battere ad intervalli irregolari, stravolgendo la scienza medica conosciuta. Stava dando gli ultimi punti di sutura quando vide l’infermiera Maria, sfiorare i lineamenti del viso del paziente. Vanni alzò la testa e vide la collega con le lacrime agli occhi. Tremava ed era in stato di shock.

    << Maria? Che diavolo sta facendo? >> , il cardio-chirurgo urlò esterrefatto.

    L’infermiera indietreggiò travolse il carrello dello strumentario..

    << Un anno fa abbia – mo, abbiamo fatto l’amore e lui … lui si è nutrito dal.. dal mio collo. >>, con le dita si accarezzò la curva destra del lungo collo sottile, aveva gli occhi sbarrati ed un colorito pallido come un lenzuolo.

    << Sei impazzita? Allontanatela subito! >>, Vanni sbigottito allertò gli altri infermieri, che prontamente la accompagnarono fuori.

    D’improvviso una mano gli afferrò il polso stringendolo forte. Urlò terrorizzato. L’uomo che aveva appena operato, che sembrava dormisse immerso in un sonno profondo, immobile come una straordinaria scultura di marmo, senza battito e senza respiro, lo teneva stretto in una morsa micidiale.

    << Che il Cielo mi aiuti. Co-cosa sei? >>, balbettò, cercò di strattonare il braccio ed allontanarsi, ma ogni tentativo fu del tutto inutile. Impaurito il resto dello Staff si era allontanato.

    << Aiutatemi, cazzo! >>, piagnucolò il medico.

    “ Freddo. Non riesce a controllare i tremori delle membra, un fiume ghiacciato scorre nelle sue vene, le sente lacerarsi, spaccarsi in mille frammenti. Passi. Il suono di tante voci lo mettono in allarme. Si schiaccia alla parete. Vuole sparire, diventare invisibile. Ansia. I muscoli si tendono, il cuore prende a battere a mille, cercare di sopravvivere diventa una corsa all’ultimo respiro. Al cigolio di una cancellata di ferro che viene spalancata si impone di restare immobile. Ogni cosa rallenta, il cuore smette di pompare sangue e ossigeno, i polmoni non si dilatano, il tremolio cessa di scuotere il corpo. Sta per morire. La Morte è venuta a reclamarlo.

    << C’est l’heure de dîner, vicomte. >>
    E’ ora di cena, visconte.

    Una voce. Quella voce. Un odore. Quell’odore. E’ indescrivibile. Un richiamo e non può sottrarsi. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora. Parlatemi, toccatemi ,vi prego.. avrebbe voluto sussurrare, ma è allo stremo delle forze, troppo tardi è giunto a salvarlo. Altre voci, altri odori, dei corpi cadono al suolo e implorano aiuto. Paura. La paura ha un odore. E’ pungente, un gusto acre sulla lingua. Si alza in piedi, le catene cozzano a terra, spalanca i polmoni e li riempie di quegli odori.
    Fame. Sete. Calore. Il respiro si accorcia. Le mani scattano in avanti ed azzannano l’aria, bramose di afferrare quei corpi bollenti, di sentirli dimenare sul corpo freddo. Lame affilate rompono le gengive. Il sangue riempie la bocca. E’ fuoco che scende come nettare nella gola arida. Urla agghiaccianti e disumane fanno tremare le mura di pietra. La bestia lo ha trovato. Lo ha raggiunto. E’ finita.

    << Bon appétit. >>
    Buon appetito.

    Un corpo gli viene gettato addosso. E’ caldo, si dimena, ha paura. Le zanne squarciano la carne del collo. Liquido denso, corposo e speziato come vino, scivola in gola. Il dolore allucinante per cui soffre pare placarsi lentamente. Ne prende ancora. E ancora, fin quando il corpo si immobilizza e gli viene strappato dalle mani. Un secondo pasto viene consumato, la preda è più piccola, il sangue ancora più dolce. Lentamente l’oscurità si allontana, gli occhi riescono a cogliere qualcosa. La luce sprigionata dalle fiaccole agganciate alle mura di pietra rivelano l’angusto perimetro di una cella sotterranea. Afferra un altro corpo, è un maschio adulto. Affonda le zanne nel collo, stavolta è meno bramoso, morde centrando la giugulare. Il sangue rinvigorisce i muscoli, placa la sete insaziabile. Si sente osservato, l’istinto gli dice di proteggere il pasto, stritola il corpo con forza animalesca per non mettere che gli venga sottratto. Scruta nella semioscurità, incontra due occhi grigi come la lama di un pugnale. Legge un’oscena soddisfazione in quello scambio di sguardi, la bocca è sul collo, se ne nutre ingoiando in avide sorsate, sente il corpo della preda afflosciarsi e lentamente esalare l’ultimo respiro. Non è mai abbastanza. Continua a succhiare, la sete è implacabile, ma il sangue è freddo, viscido.. alterato. Ringhia ferocemente, è l’urlo della bestia. Selvaggio e brutale. Il corpo gli viene strappato violentemente dalle braccia. Si dimena strattonando le pesanti catene che lo tengono prigioniero.

    << Assez, mon diable! >>
    Ora basta, mio diavolo.

    Arretra di un passo, il tono duro di quella voce basta a placare la bestia contro la sua volontà. Si sente forte e invincibile. Diverso. I suoi occhi ora riescono a cogliere le mille sfumature di colore delle iridi grigio-verdi del maschio che ha di fronte. Respira affannosamente, si pulisce la bocca con la stoffa della manica. Ma non appena abbassa lo sguardo sul pavimento di terra si rende conto che i cadaveri di un uomo, una donna ed un ragazzino giacciano esangui ai suoi piedi. Il terrore lega i muscoli paralizzandolo, lentamente i ricordi riaffiorano. Quei cadaveri sono la sua famiglia. Crolla in ginocchio e si getta sui loro corpi, le mani cercano disperatamente i volti. Lacrime salate, bagnano il suo viso. Urla stringendo la madre ed il fratellino tra le braccia.

    << Mon Dieu! Qu'est-ce que j'ai fait?? >>
    Mio Dio! Che cosa ho fatto??

    Il viso del suo carceriere è una maschera impenetrabile di ostilità, si volta una sola volta prima di chiudere la cella.

    << Avez-vous payé le prix pour l'immortalité, comte. >>
    Avete pagato il prezzo per l’immortalità, conte.

    Spalancò gli occhi e gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Era vivo, ancora una volta. Sentì il suono di ossa che si rompevano. Capì di aver afferrato il polso di quello che aveva tutta l’aria di essere un medico. Lo trascinò sopra il tavolo operatorio, una mano scivolò dietro la nuca ad immobilizzarlo. In meno di una frazione di secondo, le zanne avevano trapassato la giugulare, riempiendogli la gola di sangue, di linfa vitale. L’istinto lo obbligava a provvedere alla sua sopravvivenza, non aveva bisogno altro che di sangue. Scagliò il cadavere privo di vita contro la parete, in un battito di ciglio era già in piedi. Le ossa del collo scricchiolarono quando fece ruotare leggermente il capo, osservò medici e paramedici che si stavano accalcando verso l’uscita della camera operatoria in preda al terrore. Ma ogni prova doveva essere distrutta, troppi testimoni, umani scomodi da dover mettere a tacere.

    Li fece fuori uno ad uno, senza pensarci due volte. Era un dannato, un mostro, un sicario. Uscì a grandi falcate nel corridoio, interamente coperto di sangue, il camice verde allacciato al collo sembrava il grembiule di un macellaio. Intercettò subito occhi curiosi di un maschio statuario. Inspirò a pieni polmoni, e l’inconfondibile odore di lupo si insinuò nelle narici. Si pulì la bocca dal sangue, era pur sempre un uomo d’altri tempi, attento all’etichetta. Proseguì in quella direzione e snudò le zanne.

    Edited by Iole88 - 24/1/2015, 04:28
     
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    mentre ero intento a possedere con le mie mani quella femmina pronto ad entrare dentro di lei quegli urli che provenivano dalle altre stanze si facevano più forti ed i passi veloci del personale che correva in aiuto dei colleghi era sempre più frenetico...

    "qualcosa non va cazzo..." pensai mentre succhiavo un capezzolo turgido di quella donna che emanava passione e sottomissione...

    <bambola qualcosa non va...> gli dissi aguzzando l'udito sempre più la mia parte di lupo era in allerta...

    ARMAND NON VORRAI MOLLARMI PROPRIO ORA IN QUESTO STATO...

    mi disse mentre si scosto e sedendosi ancor meglio sul divano divaricò le gambe per farmi vedere meglio il suo ingresso pronto ad accogliermi...

    <porca puttana... sei uno spuntino delizioso...> imprecai mentre mi preparavo a darle ciò che voleva, poi però un urlo straziante, un urlo di morte fu così chiaro che anche la donna si pietrificò di paura... il terrore si impadronì di lei mentre io presi al volo lo slip me lo infilai e gli ordinai

    <scappa SUBITO DI QUI DALLA PORTA OPPOSTA. DAMMI TUE NOTIZIE QUANDO SEI AL SICURO> lei accennò un si son la testa al rallentatore e si incamminò mezza nuda mentre cercava di coprirsi velocemente con gli abiti, io non ebbi tempo, fuori nel corridoio non si sentiva più nulla, quindi mi scaraventai lì fuori... un silenzio ovattato mi colpì un silenzio temibile... molto temibile...ero in mutande avvolto soltanto da una maglia intrecciata sulle braccia e sul corridoio comparve un tipo glaciale, un ragazzone bruno cosparso interamente da sangue... sangue su tutto il camice, camice quasi irriconoscibile, doveva quindi esser stato portato lì... era un paziente...

    "brutta bestia del cazzo"... pensavo mentre ci guardavamo...

    era un vampiro... lo sapevo bene, la razza più brutta che odiava il mio lato da lupo...ed io odiavo loro...

    l'essere gelido mi guardò impassibile... aveva fatto una strage...

    i suoi occhi si fermarono su ogni centimetro della mia pelle e sulle mie mutande...

    <una STRAGE NELL'OSPEDALE DELLA MIA CITTA'?!> esordii in tono sarcastico mentre gli avanzavo incontro...
    il sangue mi ribolliva nelle vene... perchè lo aveva fatto?... quell'essere freddo dal sangue gelido... perchè aveva ucciso tante persone?... in quel momento dalla paura in giro eravamo solo io e lui...

    <sei SOLTANTO UNO SCIOCCO IMBECILLE... NU' PIEZZ E MERD...> gli dissi

    <e TU LO SAI CHE FINE FANNO I PEZZI DI MERDA QUANDO INCONTRANO ARMAND BREDISC?> i miei occhi ora puntavano nei suoi dritti in segno di sfida se non mi conosceva di certo aveva sentito il mio nome in giro per Littoria...

    <vengono SCARICATI VELOCEMENTE RINT' O CESS...> sospirai rabbioso

    <specialmente I PEZZI DI MERDA DELLA RAZZA DEI VAMPIRI CHE AGISCONO A CAZZO IN LUOGHI PUBBLICI...> lo indicai con un dito...

    <tu... O TI SCUSI E METTI TUTTO IN ORDINE E MI DICI IL PERCHE' HAI FATTO STO CASINO O TI TAGLIO LA TUA TESTA DI CAZZO MENTRE ME LO SUCCHIA... STRUNZ... A TE LA SCELTA.>

    ero imbestialito ma non potevo ucciderlo così su due piedi doveva darmi delle spiegazioni delle spiegazioni credibili e semmai non aveva niente a che fare con i miei progetti magari un essere glaciale e freddo come lui poteva essere un altro giocattolo nelle mie mani un altro braccio da utilizzare contro mio nipote e la vedovella e semmai quel bastardo era stato mandato da loro la sua strage in ospedale per uccidermi sarebbe stata vana poichè già mi stavano spuntando le zanne da lupo che gli feci vedere per bene con un ghigno la sua vita sarebbe finita in atroci sofferenze a causa mia

    qi79qP1l

    Edited by (Stefan) - 28/1/2015, 04:14
     
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    Il lungo corridoio era deserto. Il panico tra gli umani si era propagato come una macchia d’olio, lasciando me ed il gigantesco lycan l’uno contro l’altro. Udivo solo il respiro del lupo ed il pompare del cuore vigoroso. Ci fissavamo gelidamente negli occhi , e in quelli di entrambi vi era riflessa la morte dell’avversario. Quella tra vampiri e lycan era una guerra tra razze, antica come l’uomo, tanto che avevamo dimenticato il perché fossimo pronti ad azzannarci alla gola senza pensarci due volte, era ormai intessuto nel nostro DNA.

    Nelle vene sentivo lo scorrere impetuoso del sangue umano caldo e vitale… ne ero sazio, drogato e al tempo stesso ubriaco di cosi tanto potere ricevuto tutto in una sola volta. La strage compiuta in sala operatoria poteva crearmi più di un problema. La sete di sangue nei giorni a venire sarebbe stata incontrollabile e mi avrebbe indotto in una frenetica caccia all’uomo per domare una fame insaziabile. I vampiri che regredivano in Revenant, creature prive di una moralità ed incuranti di mantenere la razza segreta, oltre a succhiare sangue tendevano a cibarsi anche delle carni in una morsa di crudele voracità, se non andavano incontro all’autodistruzione da soli , dovevamo essere stesso noi ad ucciderli. Ed io avrei camminato su un filo sottile, tra i morsi della fame e l’autocontrollo. Imboccata questa via dalla quale difficilmente si riusciva ad uscire, se ne diventava dipendenti , come assuefatti, e dare una spiegazione ragionevole a Manuel , sui cadaveri lasciati lungo la strada e sui rapporti carnali consumati con le vittime , sarebbe stato alquanto complicato perché fame e sesso erano due bisogni strettamente collegati. Ma di queste conseguenze me ne sarei occupato l’indomani , il problema grosso ce lo avevo adesso. Il lycan, che con la sua imponente stazza bloccava la mia via di fuga, facendomi perdere tempo prezioso lontano da Matteo e Manuel. Se a uno dei due fosse successo qualcosa di irreparabile … la strage all’ospedale della Sua città, sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.

    Lo vidi avvicinarsi e lo squadrai da capo a piedi indossava solo un paio di slip ed un maglione allacciato alle braccia. Che cazzo ci faceva seminudo?

    Occorre non sottovalutare mai il nemico, ma studiare la postura e quei impercettibili movimenti che ad un occhio poco attento ed inesperto sarebbero sfuggiti , pagandone l’errore con la vita. Quel corpo era stato forgiato per la lotta, ed i muscoli delle braccia e l’ampiezza del torace gli avrebbero donato una forza fuori dal comune, uccidere gli risultava facile come per un umano era lo schiacciare una zanzara.

    Esordì con una serie di insulti e minacce in lingua napoletana, ma io la capivo, quando ero ancora assoggettato alla volontà del mio creatore intrattenevo una nobildonna napoletana che chiedeva esplicitamente la mia compagnia ogni qual volta per affari si recava a Parigi. Era stata una delle migliori amanti che avevo avuto in quella casa e si dilettava nel raccontare aneddoti,tra calde lenzuola di seta, nel dialetto della sua città.

    I suoi occhi puntavano dritti nei miei e quando mi gridò in faccia quel cognome maledetto le mie iridi sfolgorarono infiammate di rabbia e sete di vendetta.

    << B-r-e-d-i-s-c. >> sibilai quel nome con un disprezzo tale da sentire il retrogusto acido della bile riempirmi la bocca.

    Non avevo dimenticato le torture che il mio amato Manuel aveva patito quando la carogna di Kristofer lo aveva ammazzato e poi riportato in vita, abbandonandolo infine in una putrida cella in compagnia del suo compare.

    Mi sfidava a guardarlo negli occhi e mi descriveva i particolari della mia morte per punirmi dalle azioni sconsiderate che avevo compiuto nell’ospedale, sotto agli occhi di tutti. Scoprii le punte dei canini affilati in risposta alle sue fauci snudate di predatore, voleva intimorirmi. Ma il tempo per avere paura era finito da un pezzo e le scuse poteva ficcarsele su per il culo insieme al dito che mi puntava contro.

    << Chi ha pietà d’ ‘a carne ‘e ll’ate, ‘a soja s’ ‘a magnano ‘e cane. >> scandii bene le parole nonostante si sentisse il mio marcato accento francese.

    Restai fermo ad un palmo dal naso del lycan, il respiro rabbioso sfiorava la mia pelle fredda.

    << Portate un cognome pesante per cui nutro solo sdegno e furore.>>

    Lo guardai con occhi glaciali, quelli della morte e feci un ulteriore passo avanti, come a dire non ho alcun timore di affrontarti e lasciarti riverso a terra in un bagno di sangue.

    << Scalpore tra gli umani lo ha fatto lei Monsieur Brédisc . Non so se incazzarmi perché mi avete privato del diritto di vendicarmi su Kristofer o se, alla faccia del bastardo, devo andare a bere sulla sua tomba. Non devo scusarmi con nessuno quando è in gioco la mia sopravvivenza. Non è cosi anche per lei? >> feci un mezzo sorriso sarcastico, incurante delle sue minacce.

    Non abbandonai i suoi occhi, mai. Non avrei mai sottovalutato colui che aveva messo nel sacco Kristofer Bredisc.

    << … e comunque , Littoria non è ancora nelle vostre mani. Fin quando il compare di Kristofer sarà vivo e vegeto, non avete vinto alcuna guerra. Fossi in lei, mi guarderei le spalle perché il morto si è lasciato dietro tanta merda e mi gioco le palle che siete ancora all’oscuro di tutto. >>

    Mio padre ancora doveva allungare gli artigli su Bredisc, altrimenti nessun uomo potente o no che sia, avrebbe dormito sonni tranquilli, semmai sarebbero stati disseminati da incubi.

    << Adesso o si fa da parte o mi affronta, ogni minuto è prezioso. >>

    Avrei smosso mari e monti pur di ricongiungermi ai due fratelli e Bredisc era un ostacolo che si era posto, non volendo, sul mio cammino. Tra me e Manuel, di nuovo.

    Edited by Iole88 - 2/3/2015, 00:35
     
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    quel vampiro aveva fegato, sapevo chi ero e cosa avevo fatto, ma non mi colpì logicamente questo, ma quello che disse dopo su mio nipote, quello che mi fece capire che sapeva tante cose...dopo avermi sfidato parlando in napoletano anche se un graffio francese si ascoltava perfettamente...

    <bene bene bene... sei un vampiro che ha da scoprire tante carte, ma io sono il Bredisc che ti ha tolto dalle palle un Bredisc che volevi anche tu morto...> gli sorrisi lanciandogli uno sguardo d'intesa... mentre mi avvicinai sempre più...

    "che colpo di culo mi è arrivato"

    eravamo ora davanti all'altro guardandoci con aria tesa pronti a reagire... quando un medico corse nel corridoio e si fermò di colpo dopo averci visto... sta per ritornare sui suoi passi quando gli dissi di avvicinarsi... lo conoscevo...

    <dottor Nicolais... il ragazzo qui non ha fatto niente... malauguratamente sono riusciti ad entrare in ospedale degli animali selvatici ed hanno fatto quella triste strage... ripulisca tutto e si liberi dei corpi o ci libereremo noi del suo...> il medico stava per balbettare qualcosa... <non ho da ascoltare niente... si attenga a quello che ho richiesto o non vedrà l'alba di domani, ora vada via, qui dobbiamo discutere...> il medico con le lacrime negli occhi corse via...

    ritornai a guardare il vampiro, aveva uno sguardo furioso ma quello che avevo fattolo aveva di certo apprezzato era il mio gesto per siglare una tregua... gli poggiai una mano sulla spalla... e la strinsi fortemente...

    <dobbiamo togliere tutta la merda possibile dalla circolazione che ci ostacola nella nostra vita, dimostrami ... Ca' tien e' pall, seguimi...>

    "ha anche lui persona da sotterrare al più presto, si vede dal suo sguardo..."

    ed ora quello sguardo mi ricambiò una intesa possibile...

    mi avviai verso una piccola porta al lato destro del corridoi e con il capo gli feci cenno di entrare lì, mi sedetti dietro la scrivania di quello che era l'ufficio del primario dotato di ogni comfort, anche perchè lo avevo dotato io anni addietro di tali cose, visto che ero stato io stesso il primario anche di quel reparto...

    aspettavo impaziente di poter discutere con quel vampiro che per me era finalmente un bicchiere di acqua in pieno deserto.

     
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    Stavo guardando negli occhi l’assassino di Kristofer, eravamo cosi vicini che in un attimo uno dei due avrebbe potuto sferrare un colpo letale, e restai impassibilmente fermo. Lontano da Manuel il mio cuore era morto, le mie emozioni spente, il mio sangue gelido. Ero il mostro che più di due secoli prima , Alexandre, aveva creato.

    Mi disse che comunque era un Bredisc che aveva eliminato un altro Bredisc che volevo morto. Un uomo di cui non mi potevo fidare, lo sapevo bene. Nelle vene gli scorreva la stessa linea di sangue, faceva parte della stessa famiglia, della stessa stirpe , ed io odiavo quegli ibridi, ma gli alleati non si scelgono cosi come i propri nemici.

    Mi lanciò un primo sguardo di intesa, entrambi stavamo tastando l’avversario, lo scontro si arenò ad un punto morto, almeno per il momento.

    Un rumore di passi agitati spezzò quel silenzio e la tensione divenuta palpabile, non mi voltai in direzione dell’intruso, mi bastava sentire il battito di un cuore umano per valutare che non era una minaccia ma una preda, i miei freddi occhi blu zaffiro avevano attenzione solo per Bredisc.

    Obbligò il medico a ripulire l’orrore della sala operatoria, mi stava coprendo e pareva avesse l’intenzione di insabbiare tutto, addossando le colpe a degli animali selvatici che si erano introdotti nell’ospedale. L’umano sparì dopo un’esplicita minaccia di morte. Avrebbe fatto come gli era stato ordinato di fare, non avevo alcun dubbio.

    Sorrisi spietatamente ad un angolo della bocca, ed il Lycan, sigillò la nostra tregua, voltando pagina alla carneficina. Mi posò una mano sulla spalla e sentii la sua forte stretta. Dovevamo eliminare la merda che avvelenava le nostre esistenze, mi invitò a seguirlo.

    << Sbarazzarci degli infami senza alcuna pietà. >> con un cenno di assenso annuii.

    << .. ma prima, mi permetta di darmi una ripulita, la raggiungerò tra qualche minuto. >>

    Mi indicò un ufficio, ed entrai prima nei bagni situati dal lato opposto della corsia ospedaliera.

    Mi lavai il viso, e le braccia che erano ricoperte dal sangue, fissavo il vortice insanguinato sparire nelle condutture dell’acqua, non avevo alcun rimorso, quando d’improvviso delle preghiere sussurrate in un fil di voce ed il battito frenetico di un cuore immobilizzarono l’ultimo mio gesto. Chiusi il rubinetto, i miei piedi scalzi sfioravano le piastrelle bianche senza fare alcun rumore, aprii la terza porta, un uomo abbracciava il vaso di ceramica disteso in posizione fetale. Mi poggiai sull’uscio della porta a braccia incrociate.

    << Sei patetico. Ma questo lo sai bene.>>

    Scattò in ginocchio e mi pregò di risparmiargli la vita, guardai i suoi abiti, mi avrebbero fatto comodo una volta uscito dall’ospedale.

    << Spogliati, e ti lascerò andare via sulle tue gambe. >>

    L’umano non perse tempo si denudò , quando arrivò alle mutande lo fermai.

    Inarcai un sopracciglio, ero disgustato.

    << Quelle puoi tenerle. >>

    Mi passò con mani tremanti gli indumenti e non perse tempo a correre via dileguandosi come un razzo.

    Un cacasotto.

    Mi rivestii, gli abiti erano eleganti, e fortunatamente delle mia taglia.

    Raggiunsi Bredisc in ufficio rapidamente, non amavo farmi attendere.

    L’ibrido aveva preso posto dietro un imponente scrivania, mi sedetti anche io.

    << Mi chiami Vincent, è il mio nome di battesimo. Sono in pochi a conoscerlo. >>

    Badai bene a non rivelare il nome con cui mi facevo chiamare da quando ero divenuto immortale, lo feci per Manuel, lo avrei tenuto fuori dall’incontro con Bredisc. Lo facevo per proteggere lui e me stesso.

    << Quello che diremo tra queste quattro mura non deve uscire all’esterno. >> guardai dritto negli occhi il lycan.

    Mai e poi mai volevo il mio uomo ed Alexandre nella stessa stanza a respirare la stessa aria. E conoscendo il mio demone di fuoco non mi avrebbe permesso di affrontare il mio creatore da solo.

    << Abbiamo un nemico comune. >> accavallai le gambe, e mi adagiai comodamente sulla sedia.

    << Alexandre Spada, un ibrido, mezzo vampiro e mezzo demone. E’ spietato, pericoloso ed assetato di potere. >>

    La porta si aprì e vidi entrare una bella donna, si presentò come Carla, era palesemente preoccupata per Bredisc , non era andava via come lui gli aveva comandato di fare.
    Mi alzai e mi inchinai elegantemente, le etichette erano dure a morire, ed io restavo pur sempre un nobile. La femmina arrossì, probabilmente era la prima volta che vedeva un uomo comportarsi in tale maniera nei suoi confronti.

    Tornai a rivolgermi all’ibrido.

    << Veda Bredisc, lui è il mio creatore e socio di Kristofer. In passato, quando ero al suo servizio, ha aizzato guerre per poco meno. >>

    La donna si posizionò alle mie spalle, non mi fidavo di lei, poteva esser venuta non per assicurarsi della salute dell’ibrido, ma per vederlo uscire vivo dall’ospedale.

    Carla indossava Chanel n.5 , ma inconfondibile era la puzza di armi da fuoco, che sicuramente nascondeva nel reggicalze di seta nera.

    << Il suo prossimo obiettivo è lei, non si fermerà fin quando ogni vostro bene ed ogni vostro uomo, non verrà annientato. E’ un uomo d’onore, e lo avete sfidato uccidendo il suo compare. >>

    Dalle emozioni di Carla capii che era gelosa e protettiva nei confronti di Bredisc. Accarezzai con l’indice le dita affusolate della femmina, mi aveva posato una mano sulla spalla, da quella posizione era facile spararmi un colpo in testa, ed io abituato a far politica ed a fiutare il pericolo, le feci credere che stavo flirtando in maniera ostentata, una semplice scusa per afferrarle il polso e squarciarle la gola prima che avesse il tempo di premere il grilletto, in quella frazione di secondi fui obbligato a dimenticare che il mio cuore, il mio corpo, la mia mente erano devoti ad un solo uomo.

    Vi era una sola regola quando si faceva affari con un nemico. Non rivelare mai le tue debolezze. E Manuel era la mia.



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    il vampirello si chiamava Vincent... mi disse, ed era il suo gesto di tregua, poichè specificò che in pochi sapevano davvero il suo nome...

    "o vuoi celarmi il tuo vero nome coglione?!" pensai guardandolo con astuzia

    poi continuò... mi snocciolò informazioni molto prezioso, il vampiro si stava guadagnando la mia fiducia...

    <alexandre Spada...> ripetei poco dopo che lo nominò lui...
    quel bastardo che girava accanto a mio defunto nipote la doveva pagare ed in modo amaro... mi frullavano già molte idee e con la mente non ero più già nella stanza, infatti non capii quanto tempo passò ma mi ritrovai negli occhi Carla che flirtava con il ragazzo sbottai di rabbia... dando un pugno sul tavolo che fece vibrare tutta la stanza...

    <porca troia!... Vincent, conosco quel Spada,va eliminato... lui e Kristofer, mio nipote si fottevano di certo a vicenda...> bevvi un sorso di martini che era pronto lì accanto sulla scrivania...

    poi guardai con non curanza la ragazza che sapevo bene che era stracottadi me... ma era una delle tante la 128 della mia reggia se non sbagliavo... e quasi miagolava facendo mille fusa al vampirone...
    <e tu Carla! A proposito di Troie.... possibile che vuoi sempre un cazzo tra le cosce....! Levati dai coglioni per Dio!> la ragazza rimase basita e negli occhioni intravidi delle grosse lacrime che volevano cadere... tolse le mani da Vincent e corse via fuori...

    forse ero stato irruento... ed il mio ospite ne voleva approfittare...

    <vincent... forse volevi deliziarti tu della pollastra?> gli dissi alzando un sopracciglio... <vedi quando sto troppo incazzato non posso fare certe cose, se no le apro in due e fanno una brutta fine... invece a me piace collezionarle...> era la verità ero uno psicopatico sessuale che voleva collezionare donne a mio piacimento... tutte sotto chiave nella mia proprietà...

    <come pensi di agire?> gli dissi... quasi era sollevato che la donna era stata cacciata via... mi accesi un sigaro che inspirai profondamente...
    <dobbiamo uccidere anche un bambino... un altro Bredisc... tu hai i coglioni per entrare nella squadra?> sbuffai il fumo e lo guardai negli occhi
    <se mi aiuterai a fare fuori con ogni mezzo il tuo creatore ed il piccoletto, avrai Littoria ai tuoi piedi, ed il mio RISPETTO>

    pochi avevano il rispetto di Armand Bredisc sulla faccia della terra e di certo lui l'aveva capito...

     
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