CATACOMBE DI SANTO STEFANO

Sotterranei della Basilica.

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    CATACOMBE


    DI


    SANTO
    STEFANO




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    « E ci fu una battaglia nel Cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel Cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù: fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli. » (Apocalisse 12,7-9)



    Una antica leggenda, vecchia quanto l'uomo, cita la cittadina di Littoria essere il luogo esatto dove Lucifero e gli angeli ribelli precipitarono dal Regno dei Cieli. Fu lo stesso Michele a porre i sigilli come protezione per tenerli prigionieri in eterno. Sono trascorsi millenni e gli uomini hanno dimenticato che in quella terra, dove ora sorge la Basilica di Santo Stefano, fu scenario degli eventi più terribili della storia. Gli arcangeli però, non hanno voluto lasciare gli umani vulnerabili ed istituirono un ordine di sacerdoti guerrieri. Uomini valorosi e servitori della fede che tramandarono di generazione in generazione il compito di sorvegliare e custodire l'ingresso degli Inferi. La Chiesa di Roma è la sola ad essere a conoscenza di questo segreto. Le catacombe si diramano per chilometri nel sottosuolo della città, sono oscure e cosi vaste ed insidiose da costituire un vero e proprio labirinto. Si accede dai giardini del Chiostro e sono il luogo dove riposano le antiche spoglie del primo sacerdote a cui fu affidata la missione: Stefano e cosi quelli che vennero dopo di lui. Esistono altri ingressi, ma ormai andati perduti. E cosi facile perdersi che molti percorsi sono chiusi al pubblico. Le catacombe possono essere visitate dai cittadini e dai turisti amanti della storia.

    Ingresso 20 euro.
    Apertura al pubblico: Ore 8.OO - 18.OO
    Dal lunedi al sabato.



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    PRIMA ROLE.

    :Lucifero.png:

    Nella valle dei morti.


    Non gli era consentito accedere nel regno dei morti, ma , infondo cos'era un patto? Se non un qualcosa istituito per essere infranto. Proiettare la sua essenza al di fuori della prigione a cui era condannato gli costava uno sforzo notevole, ma possedere quell'anima valeva il disturbo di andare personalmente a prenderla.

    Una massa di tenebre e fuoco scivolo' fulminea lungo l'arida collinetta, al suo passaggio nella vallata tagliò la nebbia di netto, le anime per puro istinto di sopravvivenza si scostavano nel timore di essere investite. Quello che restava degli umani dopo la morte era una misera proiezione dello spirito in attesa del giudizio divino. Tra miliardi di anime insulse, prive di alcun valore, solo per una era disposto a rischiare di scatenare una guerra tra i due regni. In gioco c'era un qualcosa che andava al di là del semplice potere. La conoscenza.

    .. E finalmente la vide, così luminosa tanto da accecarlo, serrò gli occhi in due fessure, la investi' inghiottendola con una brutale violenza nelle tenebre della sua essenza. Era sua, ne era estasiato. Braccia maligne stritolarono l'anima pura, virtuosa per le eroiche e generose gesta compiute in vita in difesa del genere umano. Un urlo agghiacciante e vittorioso rimbombò nella vallata, l'eco si diffuse oltre i confini del regno dei morti. Quasi ottant'anni di agognata attesa, ed ora Monsignore Bernardo Ventura sarebbe appartenuto all'inferno.

    << Game over, fratello. >>

    Godere della sconfitta di suo fratello Michele gli donò un senso di appagamento che difficilmente riusciva a provare. Le morbide labbra si schiusero in un diabolico sorriso, il candore dei denti perfetti dimostrava come la purezza estetica molto spesso celava la ripugnanza di un'anima marcia.

    Sprofondò negli inferi portando via il servo di Dio.

    Riunione del Supremo Consiglio. Inferi.


    “ << Non mi prendi, Lù non mi prendi. >> , il soave suono della risata di Azrael era caldo come i raggi del sole sulla pelle. La osservò innalzarsi in volo e danzare con le sorprendenti ali bianche nei cieli del Paradiso. La seguì invaso da una gioia estrema ed insieme presero a volteggiare inseguendosi l’un l’altro. La brezza tiepida soffiava tra i capelli e le ombre dei loro corpi affusolati si proiettavano sulla superficie del lago immerso in una valle ricoperta di fiori dai colori sgargianti.
    Le grosse mani afferrarono i fianchi dell’angelo della Giustizia, la schiacciò contro il suo corpo. I lunghi capelli, neri come le piume di corvo, gli sfioravano il viso, una calda carezza dal profumo inebriante. Si riempì i polmoni dell’odore di lei.
    .. e si lasciò cadere. Precipitarono entrambi nell’acqua fresca del Grande Lago cristallino.
    << Presa! >> sussurrò ad un respiro dalle sue labbra. “


    << I ribelli non devono essere uccisi all’istante, l’esecuzione della condanna a morte deve avvenire sotto gli occhi di tutti. Deve servire da monito. >> , Samael si alzò in piedi e batté il pugno sull’imponente tavolo di marmo triangolare per cercare di spegnere, invano , il coro di voci che si accalcavano l’una sull’altra.

    Belial, braccio destro di Lucifero, ignorò completamente il parere del caduto e arrivò subito al dunque, erano giorni che fremeva per sussurrare la notizia al suo Signore, ma Lucifero per mesi si era rintanato nelle sue stanze private e non aveva avuto modo di avvicinarlo. Cosa avesse fatto in quel periodo era un mistero per tutti i membri del Consiglio.

    << Malacath si è ricongiunto a sua figlia. >>

    Tutti tacquero simultaneamente, quella notizia riuscì ad azzittire perfino Aamon e Legione che erano arrivati alle mani, distruggendo gran parte della sala, per stabilire chi delle due casate avrebbe dovuto pagare per l’assassinio della figlia del cavaliere Furcas, custode della biblioteca degli inferi.

    Quell’affermazione catturò l’attenzione di Lucifero, sei ore eterne di litigi e stupidi battibecchi erano riusciti ad annoiarlo fino allo stremo della sopportazione, presenziare alle riunioni del Consiglio era un dovere che non sempre riusciva ad evitare. Seduto sul piccolo trono al vertice del tavolo triangolare, alzò leggermente il capo e trafisse con lo sguardo dal gelido colore blu cobalto Belial.

    << Codesta fanciulla ha un nome? >> e per la prima volta la sua voce tuonò nel silenzio della riunione.

    << Beatrix, una zingara. Ultima e unica figlia vivente del Traditore. >>, il demone rispose impassibile, da lungo tempo era sulle tracce della progenie di Malacath. Finalmente una serva degli inferi era riuscita a rintracciarla, ma la strega era riuscita a fuggire.

    “Beatrix” , ripeté quel nome gustandolo sulla lingua. Il demone incubo era quindi riuscito a preservare una figlia fino all’età adulta. Non riteneva pericolosa la minaccia al trono da parte di Malacath, un tempo era stato un rispettoso membro del Consiglio, tra i più feroci e spietati demoni dell’Inferno. Uno sbaglio aveva commesso. Chiedere al suo sovrano di interessarsi dei problemi della sua gente a discapito dei suoi desideri. Chi cazzo era per stabilire quali avrebbero dovuto essere le sue priorità?

    << Và eliminata. >>, accarezzò lascivamente uno dei tanti teschi appartenuti ad un angelo ed assemblati a costituire il trono.

    < < Come desidera, Maestà. >> , Belial si esibì in un elegante mezzo inchino, smanioso di essere colui il quale aveva posto fine alla ribellione dell’incubo.

    Il padre non era nient’altro che un ribelle, uno dei tanti.

    L’Inferno stava mutando, lento ed inesorabile.

    Meditava da tempo. Erano passate ore? Settimane? Anni? Non esisteva uno strumento in grado di misurare un simile intervallo privo di limiti. L’eternità non poteva essere quantificata con un semplice algoritmo matematico. Era più un bisogno umano quello di scandire i giorni in ore, i minuti in secondi, per chi aveva a disposizione un tempo infinito a cosa serviva?

    Negli ultimi mille anni la sua fronte era stata perpetuamente accigliata, la mente stanca ed i pensieri piombati in una spessa coltre di apatia. Il Supremo Consiglio, un selezionato gruppo di demoni e caduti posti ai vertici del potere , sosteneva che il suo regno, nonché il trono, fosse insidiato da voraci sciacalli pronti a rovesciarlo da un momento all’altro. Scacciava quello stridulo vociare in uno sprezzante cenno della mano, come lo si fa per le mosche. Inutili ed insignificanti insetti. Ma un fondo di verità c’era. Le insubordinazioni erano aumentate dell’ 70%, il malcontento palpabile nell’aria che respiravano, faide che avevano decimato interi casati , inoltre l’aggressività delle bestie, che popolavano l’inferno stesso, aveva raggiunto massime un tempo inimmaginabili. Era il regno del caos, dove vigeva una sola regola: Tutti erano contro tutti.

    La politica che utilizzava era quella di un totale menefreghismo, difficilmente interveniva, avrebbero potuto scannarsi come animali in un mattatoio.. nonostante un’apparente indifferenza, aveva ogni cosa sotto controllo. Conosceva i nomi dei traditori, dei ribelli, delle vipere pronte a sibilare crimini che minavano la sua autorità, ma pronte ad azzannarlo alle spalle non appena fosse fuori portata d’orecchio. Stupidi ed inetti a credere che potessero ingannare colui che era l’inganno stesso.

    “ Le forti braccia intrecciate attorno alla vita sottile, restò per un eterno minuto a specchiarsi in quegli occhi dove i raggi solari riflettevano la luce, erano di un delizioso color ambra. Un brivido scivolò lungo la schiena infiammò la temperatura del suo corpo, dell’acqua del Grande Lago, dell’aria che respiravano.
    Il desiderio lo investì come una bollente tempesta di sabbia, le mani smosse dalla passione presero a risalire la curva della schiena tracciando spirali di una sensuale bellezza. Dimezzò la distanza tra le due bocche, schiuse le labbra bagnate dall’acqua salata e colmò la distanza. Accarezzò le morbide labbra di Azrael sfiorandola appena, non voleva lasciarsi andare, non ancora. Conoscere la risposta all’unica domanda che da tempo gli corrodeva le viscere come acido, era l’unica che realmente aveva importanza.
    Sei mia Azrael.
    .. avrebbe voluto dirle, ed invece quello che uscì dopo aver sfiorato le gonfie labbra salate, fu tutt’altro.
    << Unisciti a noi, Azrael. >> “



    << Maestà, occorre verbalizzare l’assenza di Manuel Silvestri. Sono giunto alla conclusione che si sia unito alla causa di Malacath. Non abbiamo più notizie, mettiamo ai voti la sua condanna a morte. >> , anche Malphas prese parola ed ebbe il suo momento di gloria.

    Era giunto all’orecchio di tutti, perfino a quelle di Lucifero che Manuel lo aveva pubblicamente umiliato nel rifiutare le avances del demone della discordia.
    Il Signore dell’Inferno rise, all’apparenza sembrava una risata bonaria, si alzò dal trono e in meno di un battito di ciglia era ad un passo dalla seduta di Malphas.

    << Vorresti metterlo ai voti? >> civettò con voce profonda come un’amante reduce dell’ultimo orgasmo dopo aver trascorso una lunga notte di sesso nel letto del suo compagno.

    << Ss-si, Maestà. >> rispose il consigliere inghiottendo un boccone amaro, ora non più sicuro della necessità della proposta avanzata.

    Lucifero gli accarezzò i capelli, le dita scivolarono tra la seta dei folti capelli rossi, il demone emise un lungo e flebile gemito. Inaspettatamente la mano si strinse in un pugno, i capelli furono tirati violentemente all’indietro.

    Fissò Malphas negli occhi dall’alto della sua statura.

    << Decidere chi deve vivere e chi morire, è un potere che spetta a me soltanto. >>

    Abbassò di scatto il braccio, il cranio del demone sfondò il tavolo di marmo. Con un sonoro crack di ossa rotte la tensione ed il silenzio perpetuò a diffondersi nella stanza. Lucifero era imprevedibile, si abbandonava all’ira come ai suoi capricci senza pensarci una volta.

    << Allora Consiglieri, avete altro da verbalizzare? >>

    Li guardò uno ad uno, ognuno di loro occupava una posizione di potere negli inferi, si prostravano ai suoi piedi spergiurando di essergli fedeli.. ma li conosceva come le sue tasche. Nel momento in cui si fossero trovati in una posizione di vantaggio non avrebbero perso tempo a conficcargli un pugnale nel petto e a eliminarlo.
    Era solo nella guerra contro Michele ed il Creato, lo aveva capito tardi ed ormai non aveva più importanza. I demoni non erano altro che pedine, da muovere a suo piacimento.

    Si sentì il rumore di una sedia che struscia sul pavimento, era quella di Astaroth, padre di Lyliana ed Alessandro. Il demone incubo sollevò i suoi 130 kg di muscoli e prese parola.

    << Siamo in guerra, ma stavolta la guerra è nelle nostre file. Non calmando la tensione ci ritroveremo ad attaccare e a difenderci su più fronti. >>

    Lucifero fece cenno con la mano di continuare.

    << La maggior parte delle ribellioni potrebbero essere represse accogliendo le richieste dei vostri servitori. >>

    Spazientito Lucifero, prese a percorrere la sala a grosse falcate avanti e indietro, mani dietro la schiena rifletteva sulle parole del consigliere.

    << Vi ho concesso potere, immortalità. Anime, denaro, sesso. Un luogo sicuro dove proliferare. >>

    Si fermò di scatto e fissò Astaroth negli occhi.

    << Pretendete. Sempre. Non siete mai sazi, mai appagati. Dovrei ascoltare ed esaudire ogni vostro desiderio, in cambio di cosa? >>

    Raggiunse il demone, ora erano occhi negli occhi.

    << Del nulla Astaroth! Gli angeli dominano i Cieli e NOI siamo costretti a marcire negli abissi.>>

    Il demone fece un lungo respiro, non affatto intimorito di essere al cospetto del suo Signore.

    << Siamo trattati come pezze da piedi. Schiavi di pretenziose e antiche ossessioni. Sono secoli che gli angeli restano rintanati nel loro grazioso limbo. L’Inferno necessita di un riammodernamento. Vi rintanate nell’ozio della vostra clausura ed ignorate la vostra gente. Cosa cazzo state facendo? >>

    D’improvviso scattò, un piccolo pugnale forgiato dalle ossa di San Pietro e nascosto nella cintura dei pantaloni, fu calato in direzione del petto di Lucifero, ma mai arrivò a toccare il corpo immortale, lo bloccò appena in tempo afferrando il polso del traditore.

    << TU, INGRATA E VISCIDA BESTIA. PAGHERAI CON LA MORTE QUESTO AFFRONTO! >>

    Lo agguantò per il collo, le dita si strinsero attorno alla gola stritolandolo fino alle ossa. Lo catapultò sul tavolo triangolare, sotto agli occhi sbigottiti dei consiglieri. Un ghigno malvagio incurvò le labbra sensuali.

    << TRA I TANTI PORCI CHE AFFOLLANO QUESTA SALA, NON AVREI SCOMMESSO SU DI TE, ASTAROTH. >>

    Legione e Belial afferrarono il consigliere per le mani e per i piedi, come una vergine sull’altare sacrificale. Pugnale alla mano fece scorrere la punta affilata della lama d’osso lungo tutto il corpo. Il demone urlò. La pelle ustionata dalla reliquia sacra lentamente si spaccava, come se la pelle del demone fosse a contatto con acqua benedetta.

    << Mi chiedo come te la sei procurata una simile arma. >> portò la lama all’altezza del viso, i suoi occhi rapiti dal sangue che ribolliva sulla superficie, l’avvicinò alle labbra, la lingua scivolò lungo la superficie ruvida. Bruciava.

    << Ha il retrogusto acido di un impostore. >>, si voltò a guardarlo.

    << Da quanto và avanti questa farsa? Hai sacrificato i tuoi figli. >>

    Il corpo di Astaroth iniziò a tremare, dalla gola si riversò una grossa risata. Pareva un matto prigioniero delle sue follie. In un attimo Lucifero gli fu addosso, lo afferrò per i capelli, il demone fu costretto a rovesciare la testa indietro ed esporre la gola. La lama del pugnale fu accostata alla pelle tesa, sul pomo d’Adamo.

    << Parla. Le tue divinazioni non erano altro che menzogne? >> ringhiò ad un centimetro dalla sua faccia.

    Aumentò la pressione, rivoli di sangue macchiarono la lama ed il collo, ma il demone serrò i denti, fissò il suo Signore negli occhi con un tale odio che distrusse millenni di calcolata fedeltà.

    Lo sputò in pieno viso.

    << Cinquemila anni fa gli eventi sono stati allineati. L’unione, che tanto hai voluto, tra i miei due figli scatenerà un effetto domino che .. non sarai in grado di fermare. >>

    Urla disumane, animalesche, feroci esplosero con una tale rabbia dalla gola del Signore degli Inferi da spaccare i capillari dei suoi occhi blu cobalto. La lama penetrò con violenza nella carne, il sangue schizzò ovunque, travolse Lucifero, i consiglieri, le mura di tufo. I legamenti e le ossa si spezzarono, la testa di Astaroth rotolò a terra insanguinando l’antico tappeto persiano.

    << UCCIDETE LA FEMMINA! MASSACRATE QUEL VENTRE IMMONDO A COLPI D’ASCIA! >> le sue grida investirono i consiglieri che intimoriti indietreggiarono contro la parete.

    Lucifero raccolse la testa di Astaroth dal pavimento, afferrandola per i capelli. Il suo viso una maschera di malvagità e rabbia.

    << Un solo passo falso e questo sarà solo un assaggio a ciò che andrete in contro tutti voi. Ora uscite.>>

    La mano si strinse a pugno stritolando i capelli della testa gocciolante di sangue e viscere.

    << FUORIII! ANDATE VIA SUBITO! >>

    I consiglieri velocemente sparirono dalla sua vista.

    " I delicati lineamenti della femmina per cui provava una ferrea ossessione si indurirono. La delusione e l’amarezza che vide in quegli occhi d’ambra aprirono un vuoto nel suo stomaco cosi infinitamente profondo da indurlo a pensare che il loro rapporto stesse giungendo alla fine in quelle fredde acque del Grande Lago.
    << Come puoi pretendere che io ti segua! >>
    Abbassò il capo, lei non avrebbe potuto capire. Azrael lo schiaffeggiò in pieno viso.
    << Guardami negli occhi Lù. >>
    .. e cosi fece. La fissò per un tempo che parve infinito.
    << Non farlo. Ti prego. >>
    Lucifero non rispose, indietreggiò, la guardò un’ultima volta per poi innalzarsi in volo.
    La sua anima era già terribilmente danneggiata.
    Addio Azrael. "






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    Edited by Iole88 - 25/1/2015, 00:04
     
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    :Sophie.png:

    CONTINUA DA: Luoghi cittadini-Città- Appartamento di Sophie


    Il patto col cane, era sempre quello. Dopo il lavoro, qualunque fosse stato il turno, Sophie avrebbe portato KC a spasso per un pochino.
    Immersa nel colletto della giacca di pelle, tirato ben su fino a sotto il naso gli fa un gesto con la mano e richiamando l'attenzione a sè cambia strada deviando dal solito percorso.
    Abitudinaria, anche nelle piccole cose..decide ora di andare a fare un giro per la città, volendo approfittare di quei momenti per godersi ogni via che quel luogo le riservava.
    Quella parte decisamente mancava come zona da vedere ed in fondo non avendo molta voglia di stare dietro agli altri o in mezzo alla folla, quella solitudine e quel silenzio andava più che bene. L'inizio del percorso non era molto fitto ma la penombra delle 17 e quella nebbiolina di certo rendeva tutto molto suggestionabile.
    Tendeva a richiamare a sè spesso il cane.
    Non voleva si perdesse, ne inoltrasse troppo..lo voleva propriamente a sè ed in bella vista e così camminando tranquilla, gli lanciava un legnetto che puntualmente le riportava indietro continuando così ad inoltrarsi ormai troppo in là.
    Guardandosi attorno bloccò il movimento della mano e rigirandolo appena tra le dita continuò a fissare avanti per poi vedere lo stesso identico panorama.

    Bene, credo come al solito ci siamo persi...
    ehi tu dovresti sapere tornare a casa..dai andiamo..


    Spingendolo così ad andare via si accorse di un'ombra muoversi veloce tra un albero all'altro lasciandola perplessa qualche attimo, decisa ora a filare via del tutto prima di bloccarsi con i piedi e fissare dietro di sè lasciando un sorrisetto curiosamente divertito. Ora era curiosa.
    Lo sguardo vagò sempre più attento verso quell'ombra che poi scoprì essere una foglia svolazzante, facendo si che sotto il lampione il movimento di questa risultasse qualcosa di particolare. Inclinò appena la testa di lato. Curioso che in inverno ci fossero del fogliame a terra dato che le strade erano spoglie dai rifiuti quanto i rami dalle fronde, decise di fare un passo in avanti. .il cane lasciò il legnetto che teneva tra di denti e mezzo masticato lo lasciò cadere a terra mettendosi sull'attenti. Lei se ne accorse e con la coda dell'occhio sorrise dolcemente come a tranquillizzarlo mentre il pelo tra le scapole di KC si rizzava leggermente.
    Un passo dietro l'altro ed ancora si trovò davanti ad un portone con un cartello bene affisso ed un'espressione, quasi, più rilassata si fece largo tra i tratti somatici della ragazza.

    Ingresso 20 euro.
    Apertura al pubblico: Ore 8.OO - 18.OO
    Dal lunedi al sabato.


    Tirò fuori dalla tasca il cellulare e controllando le informazioni sul display, alzò gli occhi alla porta su cui vi era affisso la targhetta degli ingressi.
    Era Giovedì 2 febbraio, ore 17.15.
    Annuì infilando l'altra mano in tasca e sentendo la carta tipica dei soldi, ricordò di avere l'importo giusto per entrare e concedersi quella visita.
    In fin dei conti impazziva per quei luoghi, ne aveva sentito parlare, si era documentata tra varie letture e trovarsi lì era decisamente un'occasione da non perdere. Il tempo nemmeno di formulare quel pensiero e la mano posò sulla maniglia pronta a spingerla per entrare, guardando il cane da sopra la spalla così da impartirgli l'ordine di restare fermo lì ad aspettare.
    Tanto in quel luogo.......cosa mai sarebbe potuto succedere?!
     
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    :Lucifero.png:

    Inferno: stanze private.



    Le corde di canapa scavavano solchi profondi nei polsi, più tentava di liberarsi più si stringevano conficcandosi nella carne lacerata. Un’altra gli segava la gola per tenerlo sospeso su una grossa superficie dura, a fatica le dita dei piedi feriti a sangue riuscivano a mantenere il corpo in equilibrio… doveva resistere altrimenti il suo stesso peso avrebbe stretto il nodo attorno collo, impiccandolo.

    << O Dio, creatore e difensore del genere umano, che hai creato l'uomo a tua immagine e somiglianza, guarda questo tuo servo che viene attaccato.. >>

    Fece una lunga pausa, la paura era un demone mostruoso che gli divorava lo stomaco e pregare era l’unica cosa che riusciva a permettergli di restare lucido altrimenti sarebbe impazzito.

    Tenebre ovunque.

    Soffocante.

    Ogni respiro bruciava i polmoni.

    << … dalle insidie dello spirito immondo, e turbato, scosso e impaurito dagli attacchi dell'antico Avversario, dell'antico Nemico della terra. >>

    Sangue e sudore rendevano viscida la pelle rugosa, un dolore terribile lo fece urlare quando alcune unghie dei piedi si spaccarono perdendo l’appoggio sulla lastra di marmo.

    Il corpo scosso dagli spasmi dal cappio alla gola che si stringeva, si stringeva sempre di più.

    “Sono già morto. Non posso morire di nuovo” rammentava l’infarto che gli aveva spaccato il cuore nel cortile della Basilica di Santo Stefano poi il nulla.

    << Qui non dimora il tuo Dio. >>

    Una voce graffiò l’oscurità che aveva intorno.

    Le lacrime presero a sgorgare copiose dagli occhi, non poteva essere disceso negli inferi, non poteva essere caduto tra gli artigli dell’Impostore.

    << Allontana, Signore, i suoi assalti, sventa le sue insidie fallaci, caccia via il tentatore. Segna il tuo servo… >>

    Una forza sconosciuta lo animò di coraggio tanto che iniziò ad urlare quelle parole consapevole che fosse stato il Demonio ad aver parlato.

    L’ottomana sulla quale sedeva era scomoda, seppur fabbricata per accogliere un culo reale, era rimasto in silenzio ad ascoltare i lamenti e la sofferenza del servo di Dio, cibandosi della speranza dell’anima immortale che lentamente stava scivolando via. Le dita stritolavano la testa mozzata di Astaroth che gli rammentava il fallimento, l’ennesimo. I consiglieri dovevano assolutamente estirpare il feto dal ventre della succube, prima che mettesse al mondo un’arma che avrebbe potuto minacciare lui ed il suo regno.

    Quando Monsignor Bernardo Ventura trovò la forza di invocare animosamente l’aiuto di Dio, si alzò di scatto, prese un attizzatoio e sferzò una micidiale bastonata alle gambe rachitiche del vecchio. Il prete perse quel precario equilibrio che invano aveva cercato di mantenere. Il corpo prese ad oscillare violentemente mentre la corda di canapa gli sigillava la gola.

    << Nessuno verrà a salvarti. Mi appartieni, prete. >>

    Appoggiò entrambe le mani sul bordo dell’imponente tavolo di marmo, dove il vecchio aveva cercato di sostenersi con gli alluci per non permettere al cappio di stringersi intorno al collo. Abbassò gli occhi sul piano , in miniatura era stata ricostruita con le tessere del domino una Littoria stregata, la terra che ospitava l’ingresso degli inferi. Grazie alla magia nera di Belial era riuscito nel corso dei secoli a vedere con i suoi occhi l’evoluzione della cittadina, aveva visto come fosse stato posto il primo mattone della Basilica a sigillare definitivamente la sua prigionia, le strade, gli edifici degli umani che prosperavano felici alle sue spalle. Contaminare il mondo risultava sempre più difficile pochi demoni riuscivano a lasciare l’inferno per camminare sulla Terra e molti una volta assaggiato il mondo degli umani non vi facevano più ritorno, almeno non spontaneamente.

    Udì il vecchio gemere ed un mezzo sorriso crudele incupì il volto incredibilmente perfetto.

    << Del sangue innocente è filtrato nel terreno sacro e l’inferno se ne è nutrito cibandosene del sacrificio. Ho sentito il cuore della terra tremare. Ogni demone ha avvertito il potere, il cambiamento e lo abbiamo apprezzato… >>

    Le iridi ultraterrene blu cobalto seguirono maniacalmente le dita posizionare una tessera del domino, l’una sull’altra.

    << … ma siamo bestie che digiunano da un tempo in quantificabile, siamo degli affamati a cui è stato offerto un tozzo di pane a placare un bisogno che ormai non può essere saziato. I sigilli posti da Michele sono stati compromessi, lo sai tu, lo so io e lo sanno le mie creature. >>

    ..l’ultima tessera venne aggiunta a completamento di un grande disegno. Solo allora i suoi occhi abbandonarono la superficie del tavolo e puntarono in quelli del vecchio che iniziò a tremare.

    << Voglio la chiave. L’ordine a cui appartieni la custodisce da millenni, lo stesso Michele ve l’ha affidata, affinché voi umani aveste nelle mani il destino della vostra stessa esistenza. >>

    Le mani del vecchio presero a strattonare i polsi per cercare di allentare la corda di canapa impregnata di sangue.

    << Menti Impostore. Non possediamo nulla. >>

    << NON FIATARE! >> la mano stretta a pugno si abbatté sul marmo innescando l’effetto a catena delle tessere del domino, quando l’ultima tessera cadde un nome prese forma nel disegno.

    AZRAEL.

    In un gesto impulsivo della mano spazzò via le tessere cancellando ogni lettera. Ne raccolse una e la stritolò nel palmo della mano disintegrandola.

    Il prete osservò la furia di Lucifero ad occhi sgranati non riuscendo a decifrare la scritta in quella lingua arcaica.

    Il caduto fece scricchiolare il collo, poi si avvicinò, gli occhi iniettati di sangue fissavano il prete con una tale malvagità che il poveretto sentì l’urina calda scorrergli sulle cosce gelate.

    << Cosa Lui ci trovi in voi di speciale ancora non l’ho capito. >> il tono della voce sprezzante e beffardo.

    << La custodisci ancora tu. Mi avete sottovalutato prete. Credevate non sapessi che la chiave passasse al nuovo reggente della Basilica di Santo Stefano alla morte del predecessore?... ma ancora devono nominarlo. >>

    La lingua accarezzò il labbro inferiore osservando il vecchio sbiancare in viso.
    Posò la mano sotto al costato e affondò le dita artigliate nella carne del vecchio che urlò dilaniato dal dolore.

    << Mi renderete libero. >>

    Individuò l’ultima costola a sinistra, le iridi blu cobalto oscurate dalle tenebre incatenavano gli occhi del vecchio, la spezzò e la portò alla luce, le incisioni recavano il marchio di Michele.

    Mai come ora, riuscì ad assaporare la vittoria.

    Lasciò le sue stanze dove fecero eco le grida del povero vecchio.

    Terra: catacombe di Santo Stefano.



    Un fascio di luce accecante lo investì non appena conficcò la costola in una fessura della parete che ricordava essere l’ingresso della sua cella. Per un momento credette che il suo corpo si stesse disintegrando, riconobbe il potere di Michele, chiuse gli occhi affidandosi al fato, non potendo più tornare indietro.

    Restò immobile per un tempo che gli parve infinito, una lieve corrente di aria fresca e leggera sulla pelle gli accarezzò il viso.

    Era libero?

    Ce l’aveva fatta?

    Il suo corpo, privato per millenni dell’abbraccio caldo del Sole, sarebbe tornato a scaldarsi?

    …e le ali, maledizione le sue ali, erano ancora capaci di innalzarlo nei cieli?

    Aveva paura.

    Ricordava quanta forza poteva esercitare su menti frangili e quanto potenti potevano essere le illusioni.

    La paura l'aveva provata una volta sola, il giorno che decise di sfidare Dio. Distorcere la realtà invece era un potere della sua mente.

    Aprì leggermente gli occhi, la luce delle fiaccole creavano un gioco di luci ed ombre sulle pareti.

    Fece un grosso respiro, l'aria seppur stantia, non era densa e non bruciava i polmoni come quella dell'inferno.

    Avanzò inoltrandosi lungo una tortuosa e stretta galleria sotterranea. Pareva un labirinto, facilmente avrebbe potuto perdersi, ma l'istinto l'avrebbe condotto all'esterno, il bisogno di osservare il cielo, dopo cosi tanto tempo, era cosi forte da attrarlo come una falena alla luce.

    Bramava il calore.

    Voleva bruciare nel fuoco delle stelle.

    Iniziò a correre, i suoi piedi sfioravano la roccia nuda... corse, corse cosi veloce che fermarsi divenne impossibile.

    Una figura indistinta gli apparve d'improvviso davanti ad ostacolargli la fuga, non ebbe il tempo di deviare che la travolse. L'impatto lo fece cadere a terra su di un corpo caldo e minuto.

    Lunghi capelli del color dell'oro incorniciavano un viso dai lineamenti delicati.

    " Un'umana. "

    Si rimise in piedi e la prese tra le braccia priva di sensi. La osservò a lungo, gli occhi blu cobalto seguirono la curva dello zigomo pronunciato, delle labbra color pesca leggermente dischiuse.

    La sua pelle profumava di buono.

    Quando la femmina si destò tra le sue braccia, lo trafisse con un paio di occhi acquamarina.

    << Siete svenuta. >> le sussurrò lievemente.






     
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  5. Lys Majken
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    Un attimo e quell'edificio seppure soffuso dalla luce interna divenne completamente buio.
    Non vi erano più pensieri, appena si trovò a contatto con qualcosa di solido non fece in tempo a dire una parola che sentì solo piegarsi le gambe, la testa inclinarsi all'indietro e lasciare le labbra appena schiuse mentre l'ultimo attimo prima di chiudere del tutto gli occhi la racchiuse in un buio più intenso sconnettendola dal mondo sempre più velocemente. Una frazione di secondi che per lei erano lunghissimi, in un perdere conoscenza e non avere più difese per contrastare quella condizione.
    Un colpo deciso, un tonfo sordo dell'impatto che ebbe la testa sul pavimento di marmo, facendo echeggiare quel rumore tra le pareti delle catacombe.

    La voce di lui.. la voce di quell'uomo che sollevava l' inerme corpo da terra, si fece più lontana, aver riaperto gli occhi qualche attimo a vedere un viso sfuocato e provare ad avere una prima reazione.
    Un qualcosa di ovattato come la voce che le arrivò sottile fin dietro le orecchie, la teneva a lui, così come le mani salde sotto le quali il corpo si adattava ad ogni movimento che lui decideva di fare in quell'attimo a Sophie e sè stesso.
    Un secondo momento di debolezza, un movimento del torace ridotto quasi ad un soffio la fece sprofondare da qualche parte per qualche minuto. di nuovo tra le sue braccia.
    La testa reclinata indietro, in un lento cedere alla gravità mentre la mano la sosteneva evitando così ulteriori scompensi al corpo che, per assurdo, sembrava concedersi qualche attimo di riposo nel trovarsi a perdere di nuovo conoscenza. Le gambe piegate in una posizione apparentemente scomoda così come un braccio che si posava sulla gamba di lui mentre l'altra mano se ne stava a sua volta riversa sul pavimento.
    Polpastrelli freddi che si ghiacciavano ancora di più a contatto con marmo, le davano come piccoli imput che scorrevano lungo il braccio, quasi a darle una sorta di motivazione a riaprire lentamente gli occhi.
    Erano passati alcuni minuti, interminabili per certi versi mentre la voce di prima riprendeva a risuonare tranquilla e vicina, a richiamare per forza l'attenzione con una precisa domanda; il mugolare qualcosa, muovere in una sorta di inarcamento la schiena e schiudere le labbra in un respiro più fondo come segno che quel riposo forzato ed imposto dal proprio corpo come ''stop'' stava finendo.
    Trovandosi a muovere le dita sulla gamba di lui come a prendere contatto con la realtà, a riaprire lentamente gli occhi prima di chiuderli un altro paio di volte ed una risposta flebile e masticata nuovamente male per far leva con l'altro braccio e cercare di mettersi a sedere anche se, stupidamente, doveva capire dove fosse in quel momento; trovandosi spaesata.

    Attimi interminabili e riprese contatto pieno con la realtà.
    Anche se faticava in qualche modo a tenersi sollevata se non fosse per il suo aiuto. Un guardarsi attorno prima di vedere da vicino il suo viso messo a fuoco e vederne distintamente i lineamenti e quel colore d'occhi che l'inchiodarono in qualche modo. Stirò un sorriso a sua volta mentre nella testa martellavano delle parole che sentiva e presa da ancora più imbarazzo per la situazione, si trovò a passare un braccio sulla sua spalla a scivolare con le dita sulla clavicola, come un vano tentativo di sollevarsi in autonomia mentre nel giro di poco si trova a stringere gli occhi in un abbassare la fronte sulla sua spalla, in un contatto con un uomo che ad occhio esterno poteva sembrare tutt'altra situazione. Un contatto che non provava da mesi interi, un profumo deciso ed intenso che le invadeva le narici e riempiva i polmoni, deglutendo una strana sensazione che le scorse lungo la spina dorsale. Le dita strette nel sentire quel movimento come ci fosse un altro impatto sul corpo e cercare ancora una volta di contrastare un qualcosa che stava lì lì per stenderla di nuovo. Mugolando qualcosa capì che lui stava sorreggendola ancora, capendo che il braccio dai muscoli decisi era ancora avvolto attorno alla schiena sentendo la mano aperta tra le scapole.

    Mi scusi, non so ..

    Non sapendo ancora come destreggiarsi a parole che di solito le riusciva abbastanza bene si trovò a cercare una motivazione poco dopo.
    Le mani scivolarono sulle sue braccia nell'accompagnare le proprie gambe a raddrizzarsi mentre le piante dei piedi si trovavano salde di nuovo a terra regalandole un senso di solidità accompagnato da un sospiro di sollievo.
    Cercò con l'imbarazzo più totale nella delicatezza dei modi e dei toni coi quali si esprimeva, un distacco ed una reazione da parte dell'uomo che aveva davanti. Disorientata appena rispose in modo sconnesso, come se il cervello potesse recuperare delle informazioni alle quali rispondere il più coerentemente possibile; guardandosi attorno poi cercò il suo volto come punto di riferimento. Il battito ancora elevato e la stanza a tratti sembrava girare tanto da spingerla ad ancorarsi con la mano al braccio.
    Con sottile ironia cercò di limitare i danni causati, a chiedersi se quello svenimento fosse dovuto alle sue emicranie che spesso la portavano a quello stato o se era semplicemente qualcos'altro. Quando un dolore sordo di sotto fondo si fece un attimo più acuto tanto da spingerla a portare la mano sulla nuca, scorrendo così le dita tra i capelli sentì un bernoccolo sotto una lieve pressione e sorridendo tesa, fece un passo indietro; trovando sola la propria risposta.

    le..le sono venuta addosso io per cadere a terra?
    in ogni caso mi scusi, credo..
    anche se non mi stupirebbe per nulla dato il mio saper inciampare da ferma.





    Edited by Lys Majken - 28/2/2015, 05:28
     
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    La Bella Addormentata pareva che dormisse di un sonno eterno tra le sue braccia. Un corpo delicato ed uno spirito selvaggio e combattivo come un fiore che sfida la gravità ed il clima rigido per fiorire in montagna, era la forza di volontà della donna che cercava in tutti i modi di sfuggire alle tenebre che l’avevano avvolta. Un fiore prezioso, della collezione di suo Padre, che lui voleva cogliere, strapparne via la vita.

    << Dolce fanciulla, un solo bacio su quelle labbra di pesca , per rubare la tua innocenza. >>

    Ed il Dio dell’Inferno l’avrebbe condannata ad esser sua. Per l’eternità.

    La vide destarsi per la seconda volta, ed incontrò ancora una volta due gemme acquamarina. Le sorrise dolcemente, di una calcolata e finta dolcezza. L’oscurità non si presenta mai come un qualcosa di ripugnante e minaccioso, ma è l’invito ad abbracciare qualcosa di spietatamente giusto e amorevole. Le dita erano intrecciate nei fili d’oro dei capelli, il palmo le sosteneva la testa per obbligarla, al momento opportuno, di restare ferma. Due enormi e robuste ali nere come la notte più buia, come le inesplorate profondità marine, impreziosite da calde sfumature d’ambra, si spalancarono ad isolarli dal resto del mondo. Le sue dita le sfiorarono i lineamenti, inducendola a dormire ancora, l’odore di Lucifero era uno dei più potenti e ammalianti afrodisiaci che erano stati mai creati, una irresistibile tentazione per gli esseri umani ed il mondo sovrannaturale da cui vi era difficile non abbandonarsi totalmente al delizioso torpore dei sensi in cui si sprofondava.

    Si avvicinò quel tanto che bastava, con due occhi che ardevano di un fuoco blu cobalto sovrannaturale ed eterno ,a sigillare il diabolico patto con le tenebre, quando il sopraggiungere di passi e voci privarono della solennità il gesto, che rimase incompiuto. Rapidamente riprese le ingannevoli sembianze umane. La donna sfuggì dall’opprimente sonno indotto e si destò definitivamente. Con voce flebile si scusò, di un qualcosa che non aveva commesso.

    << Non si agiti. E’ venuta meno nelle ginocchia e non sono riuscito a sorreggerla in tempo, allorché cadeste a terra. >>

    Penetrò nella sua mente, dove con non poche difficoltà riuscì a inculcarle quel pensiero, era come sfondare la robusta corteccia di una quercia secolare , ed inaspettatamente restò affascinato dall’intricato e complesso disegno che vi trovò all’interno . Una massa densa e oscura, soffocava come un cancro maligno, il sistema nervoso dell’umana. L’inferno l’aveva sfiorata, ed era bastato una sola volta per imprigionarla tra le sue spire. Se avesse voluto, come una mano fantasma avrebbe potuto risucchiare l’essenza maligna , e liberarla dal parassita che si nutriva di quel corpo ospite. Ma non aveva alcuna intenzione di recarle sollievo.

    Sentiva il leggero tocco della mani della donna sul proprio corpo. Il calore che vi infondeva sottopelle lasciava impronte che lo segnavano marchiandolo a fuoco. Erano tutte errate e discordanti le voci che circolavano nei gironi infernali, riguardo alla sua presunta vita sessuale. L’harem di uomini e donne bellissime esisteva per davvero, ma a nessuno era concesso di toccarlo, vi erano altri modi in cui riusciva ad apprezzare il piacere della carne, ed erano tutti estremamente dolorosi. L’unica donna che aveva potuto accedere al suo corpo , e non aveva voluto andare fino in fondo, era stata Azrael. Era stata lei, con il suo egoismo a forgiare il mostro che era diventato. L’angelo della giustizia aveva gettato piloni di ghiaccio nel fulcro dei suoi sentimenti. Aveva spento tutto. Aveva domato le fiamme. Ogni emozione e sentimento volò via, fumo che fugge da una brace spenta.

    L’umana si rimise in piedi sulle sue gambe, pareva ancora frastornata ed imbarazzata, la vide toccarsi la nuca e l’edema che le era cresciuto per l’impatto della caduta. La delicatezza e l’eleganza dei modi lo indussero a prendersi cura della donna, e dopotutto rubarle l’anima in un luogo affollato non era più il caso, altrimenti la sua copertura sarebbe saltata prima del previsto.

    << L’ accompagno fuori. Ha bisogno di sedersi e di applicare un impacco di ghiaccio alla nuca. >>

    Le andò accanto e le offrì il braccio, con fare cavalleresco.

    << Può chiamarmi Michele. >> incurvò appena le labbra in un sottile e sinistro sorriso crudele.

    .. e si incamminò nel tempio di suo Padre.


    CONTINUA IN: LUOGHI DI FESTA - DIVERTIMENTO - CHIOSTRO E BASILICA DI SANTO STEFANO
     
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  7. Lys Majken
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    In un continuo confondersi tra realtà e sogno, le sembrò di sentire le dita dell'uomo sfiorarle la pelle per poi venire di nuovo avvolta in una nebbia che lenta, nel tempo, fu dissipata a suo piacimento dalle sue stesse mani. Parole lontane ed un'aria le portava i polmoni in una sorta di stato d'ebrezza mentre le labbra si schiudevano quel poco di più come protese e pronte a ricevere qualcosa ..

    Era come spiazzata, turbata o qualche sentimento che le fece alzare entrambe le sopracciglia a fissarlo qualche attimo. Qualcuno si esprimeva in quelle parole, in quella forma di rispetto tra sconosciuti che pensava fosse morta e sepolta in un luogo simile a quelle catacombe..era una cosa che solamente lei si trovava a fare e di certo, anche, quel modo di porsi l'aveva colpita. Distinto, fiero ed eretto davanti a lei si prestava nella sua sicurezza e quell'accento così diverso dal proprio le fece appena abbassare lo sguardo coprendo le gote di un velo di rossore nel stirare un sorriso non appena le offrì il braccio che con leggero timore iniziale lo prese. Non si spiegò quel rossore. Non in quella situazione anche se per Sophie non era una cosa nuova arrossire dinanzi a qualcuno.
    Tutto il resto non sapeva nemmeno spiegarsi. Le dita attorno i suoi muscoli ne saggiarono con lucidità la consistenza e quel contatto le fece restare dritta con la schiena e fermarsi nei propri passi con la scusa di sentire qualche altro passo riecheggiare nei sotterranei.
    La direzione nemmeno si capiva, l'eco ingannava dandosi in un tutt'uno con l'aria e l'atmosfera che ora erano tra quelle quattro mura. Lui parlava e mostrandosi concentrata ed attenta fuori era con mille e più domande dentro a riversarsi come un fiume interiore non potendo far si che gli argini si rompessero e irrompersi proprio su quel signore galante che si era offerto di scortarla fuori per assicurarsi che stesse bene. Posando gli occhi sul suo volto nell'istante in cui riprese a camminare, gli zigomi di un viso delineato e scolpito quanto il corpo che spiccava accanto a lei almeno di una testa e mezza, per quanto indossasse i tacchi, labbra carnose piegate in un modo che inconsciamente la facevano rabbrividire per indurla così a stringere appena le dita prima di incastrare meglio il braccio e portare il gomito accanto al suo e posare le dita sull'avambraccio prima di farle scivolare e penzolare nel vuoto. Di buonismo crudele ne aveva visto fin troppo, l'aveva vissuto talmente tanto sulla propria pelle che quasi si stupiva come potesse non essere diventata come uno di quei vasi giapponesi ai quali veniva curata ogni crepa con filamenti d'oro per abbellire il tutto e riparare ogni frattura. Forse ironicamente lei era così ma al momento conveniva che mettersi a fare l'eroina dopo una botta in testa non era di certo una mossa intelligente. Se avesse dovuto prendere il via per la direzione opposta avrebbe dovuto pensarci, calcolare ogni mossa ed ora come ora non era nemmeno in grado. Una cosa, una cosa sola l' aveva ben imparata da chi si proponeva come il migliore delle persone. Scappare. Mettersi in guardia. Di certo qualcosa sotto c'era e on era nulla di buono. Se mai avesse dovuto adottare in quella o altre circostanze vissute, quella che citava ''l'abito non fa il monaco'' era perfetta.

    Ha un accento completamente diverso dal mio ma stupidamente pensavo che lei non potesse essere del posto, ed invece mi devo ricredere...Michele.

    Accentuò appena quel nome, piegandolo in una dolce assonanza di sillabe e vocali che lo componevano mentre un dialogo normale e convenzionale, per smaltire l'imbarazzo di qualche attimo prima prendeva il via. Lui di certo non sembrava di molte parole se non ben concise e lei per quanto chiacchierona fosse al momento doveva valutare il tutto anche se una parte d'istinto in lei predominava come una sorta di fuoco che pativa dal petto e si irradiava fino alle estremità del corpo. Così lo era anche nei dialoghi ma sapeva ben gestirle in base a chi si trovava davanti e per quanto anche lei sapesse fare la monosillabica criptica e misteriosa, sapeva usarle bene e piazzarle sotto alle persone come bombe se mai sarebbe stato necessario.

    La ringrazio per la gentilezza anche se ora mi viene davvero spontaneo chiederle dove possiamo trovare del ghiaccio in questo posto dispero da Dio..voglio dire, non che sia così lontano dal centro ma la stradina percorsa per arrivare fino a qui mi ha decisamente fatto intendere che sia piuttosto isolata come struttura..e la prego, mi chiami Sohpie. si pronuncia con un finale d'accento in francese.
    Detesto quando me lo storpiano, soprattutto se lo fanno di proposito ma al momento ho ancora mal di testa per trovarmi a discutere e dover tener testa per cui non me la prenderò se mai dovesse sbagliarlo e non la correggerò.


    Poteva risultare colpo d'occhio pretenziosa, tanti lo avevano fatto notare anche da quelle poche parole scambiate ma lei semplicemente diceva in chiaro le cose come stavano, in una sorta di non filtro tra bocca e cervello anche se quest'ultimo era un intricato complesso di pensieri ben celati nel profondo. Fermò quel flusso di parole anche per vedere se così le martellate che le scuotevano anche i timpani sarebbero cessate.
    E’ venuta meno nelle ginocchia e non sono riuscito a sorreggerla in tempo, allorché cadeste a terra.
    Queste parole la tormentavano poichè di certo sapeva che quasi mai le si piegavano le ginocchia se non per determinati motivi ma nemmeno quelli riuscivano a dare una risposta soddisfacente. Alla fine però qualcosa dentro la mente scattò come click e come di colpo ne se convinse. Dal tono di voce di lui che le aveva dato una spiegazione alla quale non si sarebbe opposta anche se..qualcosa nel profondo strideva. Era piuttosto brava a capire i segnali del proprio corpo ma in quella situazione confusa, ancora non capiva se qualcosa non andasse. Pace e quiete nello stesso istante. Nelle narici aleggiava la rimanenza un aroma intenso che non sapeva definire ma il tutto veniva contrastato del profumo che proveniva dagli abiti del giovane che continuava a camminarle accanto; scortandola all'uscita, faceva così capire che lui fosse pratico del luogo e di certo non era una cosa da andare a sottolineare con maleducazione e scontata ovvietà. Un camminare, un piede davanti all'altro ed i passi ancora si fermarono in una breve sosta, dove senza staccarsi dalla presa, si piegò in avanti per levare prima una scarpa e poi l'altra che tenne strette nella mano libera.
    Rivolgendogli un'altro sorriso, lo avvisò tacitamente di riprendere a camminare incastrando qualche attimo in occhi blu i propri, ardenti di una qualcosa che mai aveva visto prima e distogliendo subito lo sguardo prima che qualcosa la tradisse, si schiarì appena la voce assottigliando lo sguardo, intensificando il colore delle proprie iridi non appena iniziò ad intravedere la luce più intensa all'uscita. La mano con le scarpe si piegò appena così che l'avambraccio potesse dare una sorta di protezione da quella che sarebbe stata un'ambientazione diversa, abbandonando così la penombra del sotterraneo mentre parole non invadenti continuavano ad uscire tra loro..

    CONTINUA IN: LUOGHI DI FESTA - DIVERTIMENTO - CHIOSTRO E BASILICA DI SANTO STEFANO

    Edited by Maiky (Lys) - 30/3/2015, 00:04
     
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