DIMORA HOLOPAINEN

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    E' la tipica villetta meridionale posta in una zona appartata del promontorio, lontano dalla città e dalle altre case sulla costa. L'arredamento interno è un perfetto connubio tra moderno e rustico. Dal terrazzo si gode di una vista mozzafiato sul mare. Fornita di ogni comfort, è la casa ideale per chi cerca un po' di tranquillità pur non rinunciando a niente. E' stata da poco acquistata dalla cantante lirica Zalera Holopainen.

     
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    CONTINUA DA LUOGHI DI FESTA - DIVERTIMENTO - GRAN CASINò SPADA

    Raggiunsi a volo la mia nuova casa, librarmi nel cielo notturno di Littoria dopo quel baccano infernale all'interno del Casinò fu quasi terapeutico! La villetta superava di molto le mie aspettative, mi sarei accontentata di qualcosa di più semplice e anonimo, ma dopotutto ero una cantante di fama mondiale e la mia casa italiana doveva essere all'altezza della mia celebrità.
    Diedi un rapido sguardo al panorama mozzafiato sul mare sotto il promontorio dove sorgeva. La casa più vicina distava un paio di chilometri. Ero immersa nella natura più incontaminata, lontano da tutto e tutti, proprio come desideravo.

    Varcai la soglia per la prima volta e ammirai l'arredamento scelto con gusto e raffinatezza. Rimandai l'esplorazione della casa al mattino successivo, desideravo solo stendermi e riposare un po. Entrai nell'unica camera da letto, una matrimoniale in stile rustico, semplice ma molto elegante.

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    Appoggiai la maschera sopra il comodino e mi sfilai il vestito scarlatto, indossando una leggera sottoveste di raso nero. Mi voltai verso il letto e solo allora me ne accorsi: il cuscino era ricoperto di rose bianche. Quell'idiota del mio agente ci provava continuamente, non si rassegnava al fatto di non avere la minima possibilità con me! Non avevo voglia di mettermi a toglierle tutte, così mi distesi e vi appoggiai sopra la testa. Il profumo inebriante dei fiori mi avvolse, risvegliando in me ricordi lontanissimi, seppelliti da secoli. Ricordi di un tempo passato, di un lago cristallino in una valle ricoperta di fiori sgargianti dalle fragranze più profumate. E di due angeli, morti ormai da tempo...

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    Era sempre stato diverso da tutti gli altri angeli, così come diverso era il rapporto tra noi due. Ciò che provavo per lui non era lo stesso affetto che provavo per i miei fratelli e sorelle, c’era qualcosa che ci legava, come se fossimo sulla stessa lunghezza d’onda. La complicità che c’era tra noi, il capirsi senza dover dire una parola, solo con uno sguardo o un gesto, l’arrivare allo stesso ragionamento insieme e dirlo ad alta voce perfettamente all'unisono per poi guardarci stupiti e scoppiare a ridere… erano tutte cose che condividevo con lui soltanto. Ma non ci vedevo nulla di strano, era come se semplicemente lui fosse il mio fratello preferito, quello con cui avevo un rapporto speciale, niente di più.

    Non so se anche per lui era lo stesso o se già dall’inizio quello che provava per me era completamente diverso. Ma allora ero giovane, e in certo senso ingenua. Non riuscivo a vedere, non capivo che il suo comportamento era dettato da qualcos’altro, da un sentimento di cui ignoravo perfino l’esistenza. Non c’era niente di insolito se cercava continuamente la mia compagnia, o se con le nostre sorelle si comportava in maniera diversa rispetto a quand’era con me. Non c’era nulla di sbagliato nel tempo che passavamo insieme, solo io e lui, a parlare, a scherzare, a rincorrerci come dei bambini. O nelle ore intere passate a guardarmi e ascoltarmi, quando cantavo per lui. Dopotutto, nessuno ci capiva come solo noi due riuscivamo a fare. Ed era così divertente e comica la sua gelosia quando passavo giorni interi in compagnia di Gabriele a giudicare le anime che lui mieteva. Perché in realtà ero veramente convinta che stesse scherzando, che lo facesse solo per farmi ridere. Dopotutto, si è sempre comportato in maniera diversa da tutti gli altri angeli e le sue stranezze erano una normalità.

    Perciò non mi resi contro di nulla fino a quando non accadde, cogliendomi totalmente di sorpresa e lasciandomi sbigottita, incapace di reagire o di capacitarmi di quanto stava accadendo...



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    Quel giorno, quando mi prese improvvisamente tra le sue braccia, credetti che fosse un altro dei suoi giochi. Ma capii immediatamente che c’era qualcosa di diverso, di completamente diverso. Il modo in cui le sue mani stringevano i miei fianchi, il modo in cui mi guardava, quasi febbricitante. Era come se da quel contatto dipendesse tutta la sua vita, che se le sue mani avessero smesso di stoccarmi sarebbe morto. Erano le sue due caratteristiche peculiari, che lo distinguevano dagli altri angeli: la passione che lo infiammava e l’egoismo. Quello che voleva se lo prendeva, senza chiedere il permesso a nessuno. Non sapevo cose fare, cosa dire o come reagire. Ero completamente disorientata.

    < Lu, costa stai…?>

    avevo balbettato, incapace di connettere le idee. Perché la cosa che mi sconvolgeva di più non era il suo comportamento, ma quello che provavo in quel momento mentre le sue mani percorrevano le linee del mio corpo. Il mio cuore aveva preso a battere all’impazzata e sentivo come se il mio corpo dovesse prendere fuoco da un momento all’altro. Non avevo mai provato nulla si simile e la cose mi lasciava senza fiato. Si avvicinò ancora di più a me, ormai pochi centimetri ci separavano.

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    < Lu… non ci è permesso…>

    mormorai in un ultimo barlume di lucidità, prima di perdere totalmente il controllo. A quelle parole lui si fermò di colpo, come se si fosse risvegliato da uno stato di trance. Mi guardò negli occhi e senza dire una sola parola se ne andò, abbandonami lì ansante e attonita.


    Non lo vidi fino al giorno seguente, quando ci convocarono in assemblea con tutti gli altri angeli. Ero ancora preda dell’agitazione, non sapevo come comportarmi e soprattutto non sapevo come lui si sarebbe comportato. Ma quando mi ignorò per tutto il tempo, come se non fosse successo nulla, rimasi ancora più sbigottita. E per un certo verso delusa. Una parte di me aveva sperato che non appena fossi entrata avrebbe attraversato il salone e mi avrebbe presa nuovamente tra le braccia, lì davanti a tutti, incurante delle regole come al suo solito. Ma non mi degnò neanche di uno sguardo e non mi rivolse la parola per tutto il tempo.
    Lasciai il salone ancora più sconvolta di quando ero entrata. E fu solo colpa del mio stato d’animo se riuscì a cogliermi di sorpresa. Di colpo mi sentii afferrare e trascinare nell’oscurità di un vicolo. Stavo per urlare, più di sorpresa che per altro, ma mi tappò la bocca. Guardai allarmata il mio assalitore, specchiandomi nei suoi bellissimi occhi azzurri. Si era appostato lì non appena eravamo usciti e aveva atteso il mio arrivo. Mi ritrovai contro il muro alle mie spalle, immobilizzata dal suo corpo che premeva contro il mio. E prima che potessi controllarle, le mie braccia gli cinsero al vita, sorprendendoci entrambi. Mi guardò intensamente, prima di sorridermi come non aveva mai fatto prima, e io mi abbandonai a quelle sensazioni sconosciute per me, ignorando la mia parte razionale che continuava a ripete “non vi è permesso” sempre più fievolmente. L’amore, quel tipo di amore passionale e travolgente, non era consentito agli angeli, ma quando le nostre labbra finalmente si incontrarono, nient’altro aveva più importanza.

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    Il nostro amore cresceva sempre più, tra baci rubati e carezze proibite. Ciononostante non eravamo mai andati oltre, nessuno dei due ne sentiva il bisogno. Ci bastava essere insieme e passare quelle ore uno tra le braccia dell’altra. Per me era tutto nuovo, e ogni giorno che passava il nostro legame si rafforzava sempre di più. Era come se non potessimo più vivere l’uno senza l’altra. Per lui avrei potuto fare qualunque cosa, se solo me l’avesse chiesto. Avrei affrontato orde intere di demoni, li avrei uccisi uno per uno senza provare la minima pietà, e avrei anche dato la mia vita se fosse stato necessario. Il mio cuore gli apparteneva e niente ci avrebbe mai divisi. O almeno questo era quello che credevo. Fino a quel giorno, quando tutto cambiò. Quando il mio modo andò in frantumi e con lui il mio cuore.

    < Non mi prendi, Lù non mi prendi>

    Correvamo, nel nostro luogo segreto, quel lago che aveva visto il nostro amore crescere. Io scappavo da lui, come al solito, volteggiando in aria. Ero più veloce e mi divertivo a farlo volare da una parte all’altra inutilmente per poi lasciarmi catturare. Le sue mani cinsero la mia vita, stringendomi a sé.

    < Presa!>

    sussurrò a pochi centimetri dal mio volto, trionfante. Lo guardai negli occhi, perdendomi nell’azzurro infinito come il cielo sopra di noi. Le nostre labbra si cercarono, incapaci di rimanere separate troppo a lungo. I nostri corpi combaciavano alla perfezione, come se fossimo due metà dello stesso essere. E capii che in quel momento mi sarei potuta concedere totalmente a lui, non solo col mio animo o col mio cuore, ma anche col mio corpo. Ero pronta a fare quel passo che ci avrebbe uniti indissolubilmente. Ma le parole che uscirono dalle sue labbra non erano quelle che mi ero aspettata. E quelle parole distrussero ogni cosa. Capii in un istante che era tutto vero, che i sospetti, le voci di corridoio, le insinuazioni bisbigliate a cui ero stata sorda fino ad allora erano la pura verità. Lucifero voleva ribellarsi a nostro padre.

    < Unisciti a noi, Azrael.>

    Fu come se mi avesse trafitta con la sua spada. Avrebbe potuto chiedermi qualunque cosa, ma non quello. Per lui avrei rinunciato a tutto, ma non potevo cancellare me stessa. Io ero l’angelo della giustizia e non avrei mai potuto schierarmi contro nostro padre, il bene superiore. Lo fissai incredula, scuotendo la testa.

    < Come puoi pretendere che io ti segua!>

    Lo sapeva, doveva saperlo che non mi sarei mai potuta unire a lui, ciononostante aveva preso ugualmente quella decisione. Il suo egoismo aveva vinto e aveva deciso di percorrere quella strada, calpestando il nostro amore e distruggendo tutto quello che c’era stato tra noi fino a quel momento, tutto il nostro mondo. Abbassò il capo, evitando di guardarmi.

    < Guardami negli occhi, Lù!>

    La mia mano partì istintivamente, senza che la controllassi, a schiaffeggiare il suo volto perfetto. Lui mi guardò, ma non servì a nulla. Aveva già preso la sua decisione e l’avrebbe portata avanti, anche senza di me.

    < Non farlo. Ti prego.>

    Indietreggiò e senza dire una sola parola si alzò in volo, abbandonandomi lì. Urlai impotente, mentre le lacrime mi rigavano il volto. Ma lui se n’era già andato, senza mai voltarsi. E in quel momento mi sentii svuotata di ogni cosa. Tutto quello che avevamo provato, tutto quello che avevamo fatto insieme non esisteva più. C’era solo un grande vuoto, al centro del mio petto, dove una volta si trovava il mio cuore., quel cuore che lui aveva fatto battere e infiammare come nessun altro aveva fatto prima e mai avrebbe fatto. Quel cuore che gli apparteneva, e gli sarebbe appartenuto per sempre.

    Non lo rividi più, fino a quando non ci incontrammo di nuovo sul campo di battaglia. Ma come nemici.

    pGIqvck

     
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    Ciò che accadde da quel giorno in poi lo ricordo a malapena, come se fossi stata in trance. Quando Lucifero e gli altri ribelli dichiararono guerra a nostro padre ognuno di noi fu chiamato a prendere le armi e opporsi alla loro rivolta. Io agii meccanicamente, come un automa. Non provavo più nulla, non sentivo nulla. Ero completamente svuotata.
    In prima fila insieme a me c’erano Raffaele, infuriato come non mai per il tradimento di Lucifero, l’angelo con cui aveva sempre condiviso una sorta di rivalità fraterna come due galli in un pollaio, che celava il suo dolore sotto la maschera dell’odio; e Gabriele, il più sensibile tra noi tutti, che con la sua falce nera combatteva contro coloro che fino al giorno prima aveva chiamato fratelli, mentre il suo volto puro era solcato dalle lacrime che non riusciva a frenare. Io mi aprivo la strada tra lo schieramento nemico senza provare pietà o dolore o rancore verso quegli angeli traditori. Avanzavo imperterrita, lasciandomi un tappeto di cadaveri alle spalle finché non ci trovammo faccia a faccia.

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    Il suo volto passò dallo stupore alla rabbia fino all’odio nel vedermi lì, decisa a soffocare nel sangue la sua ribellione. La mia presenza era per lui un tradimento, quando in realtà era stato lui a tradirmi per primo, a tradirci tutti. Si scagliò contro di me, urlando come una belva inferocita. Parai il suo fendente e risposi meccanicamente, colpo su colpo.
    E d’improvviso mi fu tutto chiaro. La soluzione a tutti i miei problemi era lì, di fronte a me: se fossi morta in quel momento avrei trovato finalmente la pace. Non avrei dovuto scegliere fra lui e nostro padre, non avrei dovuto passare l’eternità col rimorso di aver abbandonato il mio cuore per rimanere fedele a ciò che ero, a ciò che rappresentavo. Essere uccisa da lui avrebbe risolto tutto. Perciò quando tornò all'attacco non opposi alcuna resistenza. Guardai i suoi occhi un’ultima volta, e per istante rividi l’angelo che mi aveva insegnato cos'era l’amore. Poi la sua lama affondò nella mia carne, squarciandomi il petto. Mi accasciai a terra, sollevata e in pace con me stessa, prima di sprofondare nell'oblio. Era tutto finito.

    Ma non fu così. Quando mi risvegliai fu per me un duro colpo essere ancora in vita. Michele era al mio fianco, aveva vegliato a turno con Raffaele e Gabriele al mio capezzale per tutti i mesi che ero stata priva di conoscenza. Disse che era un miracolo se ero ancora viva, la spada di Lucifero aveva mancato il mio cuore di un soffio. Io abbassai il capo. No, non c’era nessun miracolo: Lucifero era uno dei migliori spadaccini tra gli angeli, non avrebbe mai potuto sbagliare. Se ero ancora viva era solo per una sua scelta. All’ultimo istante aveva deciso di non uccidermi, forse in memoria di quello che c’era stato tra noi, o forse per punirmi privandomi della pace che solo la morte avrebbe potuto darmi. Perché in realtà io ero già morta quel giorno al lago.
    Appresi con assoluta indifferenza della sua sconfitta e dell’inevitabile caduta. Ormai non provavo più niente, il mio cuore non esisteva più da tempo. Da quel giorno fui solo l’angelo della giustizia, spietata e priva di compassione per ogni peccatore. La donna che era in me era morta insieme all'angelo che aveva amato.

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    Mi risvegliai di soprassalto portando una mano al petto, dove un tempo si trovava la cicatrice ormai sparita dalla mia pelle, ma non dalla mia anima. Mi guardai intorno smarrita respirando affannosamente, prima di ricordarmi dove mi trovassi: la mia nuova casa a Littoria. Chiusi gli occhi, inspirando a fondo per calmarmi. Era da secoli che quei ricordi non riaffioravano nella mia mente tormentando il mio sonno.

    Mi alzai a sedere, allontanandomi dalla fragranza emanata dai fiori sparsi sul cuscino. Mi voltai a guardarli, assottigliando gli occhi. Era forse colpa loro se il passato era riemerso proprio quella notte? Quel profumo così somigliante a quello della valle col lago?
    Mi alzai dal letto e con fare deciso li scagliai nel caminetto che si trovava nella camera, dando loro fuoco. Rimasi a fissare le fiamme che danzavano crepitando con le braccia conserte. Era in quelle stesse fiamme che Lucifero ardeva, imprigionato nell'inferno?

    Uscii di casa sbattendo la porta, cercando rifugio all'aria aperta. Il vento gelido che saliva dalla scogliera portando con sè l'odore del mare mi investì con tutta la sua forza. Chiusi gli occhi e allargai le braccia abbandonami alla sua furia, come se così facendo potesse far uscire da me l'agitazione di cui ero preda, insieme a quei ricordi che non volevo.

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    Riaprii gli occhi e le parole cominciarono a scorrere da sole, le parole di una canzone che non cantavo più da molto tempo.

    < Cease the pain/Life`s just in vain/For us to gain/Nothing but all the same
    No healing hand for your disease/Drinking scorn like water/Cascading with my tears
    Beneath the candle bed wo saddened angels - in heaven, in death
    Now let us lie/Sad we lived sad we die/Even in your pride I never blamed you
    No sympathy/No eternity/One light for each undeserved tear
    Beneath the candle bed two souls with everything yet to be said>


     
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    I miei sensi ultraterreni mi permisero di sentire il suono del mio cellulare, anche col frastuono delle onde che si infrangevano contro la scogliera sotto di me. Emisi un lungo sospiro prima di rientrare a casa. Il telefonino era appoggiato sopra il mobile dell'ingresso. Guardai il numero sul display: era il mio agente.

    < Dimmi che hai buone notizie e non mi chiami solo per sapere se ho gradito i fiori.>

    Dall'altra parte ci fu un istante di silenzio, come se l'avessi preso in contropiede. Si schiarì la voce prima di rispondere:

    < N-no, signorina Holopainen, la chiamo per informarla che ho contattato il signor Spada.>

    A quella rivelazione i miei occhi si illuminarono.

    < E?>

    chiesi impaziente.

    < A gestire il teatro è una donna per conto del signor Spada, una certa Dianne se ho capito bene. Aveva un accento strano...>

    Alzai gli occhi al cielo. Odiavo quando si perdeva e cominciava divagare. Mi schiarii la voce, in modo da riportare la sua attenzione sul fulcro del discorso.

    < Mi perdoni, comunque ha accettato la nostra proposta, deve solo stabilire la data.>

    Esultai soddisfatta. Finalmente una buona notizia.

    < Ottimo lavoro. Lascio a te il compito di organizzare l'evento, decorazioni, fiori, tutto quello che vuoi, non sono dell'umore adatto per occuparmi di queste cose. Ma voglio che Littoria sia tappezzata di cartelloni pubblicitari. Ce ne deve essere uno ogni cinque metri, ci siamo capiti? Non badare a spese! E voglio che ogni singolo abitante riceva per posta un invito ufficiale, mettici dentro un qualche coupon con uno sconto sul biglietto o che ne so... Ma deve riceverlo! Anche chi abita nel posto più sperduto e isolato della città, tutto chiaro?>

    < C-certo signorina Holopainen, mi metto subito all'opera!>

    < Ottimo lavoro. Ti ringrazio.>

    < E' un piacere lavorare per lei.>

    Con queste parole, il mio agente interruppe la chiamata. Ormai doveva essersi abituato alle mie richieste insolite e aveva imparato ad eseguire i miei ordini senza fare domande. Quanto al mio piano, speravo che in un modo o nell'altro Raphael e Gabriel vedessero la locandina del concerto o ricevessero l'invito e, riconoscendomi, si sarebbero presentati al teatro, se non altro in memoria dei vecchi tempi o per la curiosità di sapere cosa ci facevo tra gli umani.

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    C'era molto da fare prima del concerto. Raccolsi le mie cose e uscii di casa, chiudendo la porta a chiave. Non mi servivano vestiti o trucco, sapevo che avrei trovato tutto ad aspettarmi nel camerino del teatro.
    Potevo avere un taxi se lo desideravo, anche in quel posto sperduto dove si trovava la mia villetta, ma preferivo fare il tragitto a volo, da sola, con il vento che mi sferzava il volto e il corpo fasciato da quel leggero vestito nero che avevo indossato solo per dormire.
    Liberai la mente, cercando di pensare solo all'incontro con i miei due fratelli. E non ai ricordi che erano riaffiorati quella notte.

    CONTINUA IN LUOGHI CITTADINI - CITTA- THEATRE DES VAMPIRES
     
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8 replies since 10/2/2015, 21:59   139 views
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